L’Ammirabile Critonio: Lo Sbregaverze Mal Riuscito

James_Crichton_1.jpgNon tutti gli Sbregaverze riescono col buco, e questo è il solo punto di contatto che veda tra gli Sbregaverze e le ciambelle. Forse bisognerebbe qualificare, perché di James Crichton letterari ne contiamo almeno due*, ma mostreremo perché, a dispetto delle apparenze, Sir Thomas Urquhart non sia affatto il nonno di tutti gli sbregaverzizzatori; e perché William Ainsworth, con uno Sbregaverze al suo attivo, è un autore completamente dimenticato.

Prima, però, tanto per sapere di cosa (e di chi) parliamo, cominciamo con un po’ di storia.

James Crichton of Eliock and Cluny era nato nel 1560, figlio del Lord Avvocato di Scozia e di una Stewart di sangue reale**. Siccome il ragazzino pareva promettere assai bene, fu spedito giovanissimo all’università di St.Andrews, dove si laureò alla matura età di tredici anni, e fu licenziato Master of Arts a quattordici. Poi, come un antesignano del Progetto Erasmus, passò in Francia per completare la sua educazione. Dopo di questo, le notizie diventano un po’ vaghe. Potrebbe avere servito per due anni come cavaliere nelle truppe del Re di Francia senza ricoprire alcun grado di rilievo, oppure no. Potrebbe avere lasciato una profonda impressione di sé a corte e negli ambienti accademici parigini, oppure no, checché ne dicano gli adoranti biografi scozzesi, contemporanei e posteri. Next we know, il giovanotto riemerge a Genova nel 1579, e lo sappiamo per certo perché c’è un’orazione di Giacomo Critonio, Scoto rivolta alla Repubblica di Genova. Non un successo travolgente, se dobbiamo giudicare dal fatto che l’anno successivo il Critonio era già a Venezia. Lì andò meglio: i patrizi, gli eruditi e i professori di Padova erano impressionati: Aldo Manuzio il giovane c’informa che il suo scozzese parlava dieci o undici lingue, disputava di filosofia, teologia, araldica, matematica, musica, politica e chi più ne ha più ne metta; tirava di scherma, danzava, cavalcava, saltava (!)… ed era pure bello. Pur avendo incontrato tanto entusiasmo, il giovane Giacomo passò a Mantova in tempo per il Carnevale del 1582, e lì divenne, alla velocità del fulmine, il favorito del gobbo, cinico e sospettosissimo Duca Guglielmo Gonzaga. “Come diavolo avrà fatto?” si domandavano tutti, per primo il figlio del Duca, il brillante, irresponsabile, bel Don Vincenzo, cui in vent’anni non era mai riuscito d’andar d’accordo con il padre… A parte il Duca e le dame di corte, però, Mantova si mostrò meno entusiastica di Venezia. Meno felice di tutti era Don Vincenzo, cui non piaceva vedersi capitare tra i piedi un rivale in tutti i campi. Come fu, come non fu, la parabola mantovana del Critonio durò fino ai primi di luglio, quando ebbe la cattiva sorte d’incontrare Piccoli Duchi Crescono in una stradina buia. Uno spintone, un insulto o due, le staffe perdute, i pugnali sguainati… ben presto sul terreno restò un amico di Don Vincenzo, mentre il nostro Scozzese, ferito al fianco, correva via in cerca di soccorso. Arrivò a una bottega di speziale giusto in tempo per morirci. Aveva ventidue anni. Forse era stato un prodigio di erudizione multiforme, forse un millantatore intrigante. Non lo sappiamo per certo, perché le fonti sono dubbie. Forse non lo sapremo mai.

Chi credeva di avere le idee chiarissime in proposito era Sir Thomas Urquhart. Ho già accennato a lui, ThomasUrquhart.pngqualche post fa: un altro erudito scozzese, viaggiatore, scrittore, traduttore di Rabelais, inventore di lingue universali… bel soggetto. Nel 1652, Sir Thomas dedicò alle prodezze di James Crichton, che era il suo idolo e modello, la maggior parte del suo Exkybalauron, ovvero La Scoperta di un Meraviglioso Gioiello, singolarissimo trattato sul carattere nazionale scozzese, che sovrasta, lo si capisce bene, il carattere nazionale di qualsiasi altro popolo. Sir Tom era fatto così, e anche il suo Crichton era fatto così: un eroe senza macchia e senza paura, ineffabile nella sua spavalderia e presunzione, che attraversa l’Europa vendicando torti altrui per pura magnanimità, riducendo al più umiliato silenzio gli eruditi di tutte le università, battendo in duello chiunque gli si pari davanti, e ovunque ottenendo il plauso e l’ammirazione degli ottimati, l’amore delle donne e la grata adorazione del popolo. Unica eccezione, naturalmente, Mantova, dove il malvagio, invidioso Don Vincenzo va in giro con dieci compagni armati fino ai denti. E lo stesso, riesce a battere “Crichtoun” solo con l’inganno: riconoscendo il suo augusto avversario, lo Scozzese si ferma, s’inginocchia e porge la spada… e Vincenzo prende l’arma e trapassa l’avversario disarmato! Non so se mi spiego. Comunque, non siamo davanti a uno Sbregaverze. Sir Tom fa sul serio, sul serissimo: non considera la sua improbabilissima storia un romanzo, ma un’opera storica, una biografia e un trattato tutto assieme. E’ fermamente convinto di non avere esagerato nemmeno un pochino, e gli attributi sbregaverzeschi di Crichtoun sono del tutto involontari. Poco importa che sconfigga spadaccini seriali per sport, che sia sopraffinamente geloso del suo onore, che faccia fuori da solo tutti e dieci i compagni di Don Vincenzo, spacciandolo in altrettanti modi diversi, tutti “scientifici”… Resta il fatto che a Sir Tom, gentiluomo barocco e scozzese, non sembra di avere ritoccato la verità***… E la creazione di uno Sbregaverze deve essere deliberata. Peccato, vero?

Ma non è finita qui.

180px-William_Harrison_Ainsworth_-_Project_Gutenberg_eText_12369.pngLasciamo passare un altro paio di secoli, e scendiamo dalla Scozia a Londra. Enter William Harrison Ainsworth. “E chi era costui?” vi chiedete voi. Ebbene, WHA era un romanziere storico, un contemporaneo di Dickens, autore di una quarantina di romanzi storici, tra cui The Admirable Crichton. Vale la pena di ricordare che per un certo numero di anni Ainsworth fu considerato al pari, se non più di Dickens, che ebbe il suo periodico, che i suoi lavori venivano adattati per il teatro… come ciò sia possibile non mi è del tutto chiaro. E’ vero, di suo ho letto solo TAC, che non è il suo capolavoro, ma credetemi: è uno dei libri più brutti che abbia mai letto. Che cos’ha che non va? Voglio dire, Sir Thomas o no, a prima vista, il Critonio ha tutto quello che serve per un eroe da romanzo vittoriano: nobile, bello, giovane, avventuroso, diseredato o qualcosa di simile, un duellatore di prima forza… andiamo! Che si può volere di più? Ma Ainsworth, no. Non contento delle pittoresche (pur se dubbie) fonti a disposizione, va a scegliere il periodo più oscuro della vita del Critonio, quello di cui non sappiamo praticamente un bottone: gli anni francesi! Be’, avrà voluto lasciarsi margine di manovra, pensa il lettore ottimista. Sssì… e per cosa lo usa, questo margine? Per la più improbabile storia di congiure, alchimia e veleni che si possa immaginare. Oh, l’intenzione sbregaverzesca questa volta c’è: di Sir Tom, Ainsworth conserva una cosa sola, ed è l’aura da Sette Ammazzai Tutti d’Un Colpo di Crichton, solo che non siamo più nel XVII Secolo. Per cui, ecco la facile suscettibilità, ecco la professione delle armi (gentiluomo povero con precedenti in cavalleria), ecco lo sprezzo incosciente del pericolo, ecco la straordinaria abilità con la spada, ecco la condizione di outsider (un Inglese alla corte di Enrico III…), ecco l’irresistibile impulso a difendere le cause perdute (l’impossibilmente piatta principessa Esclairmonde), ecco l’amata poco significativa (vedi sopra), ecco una specie di sideckick (lo studente inglese Simon Blount), ecco… ecco. Basta. Crichton non invecchia per rimpiangere la sua giovinezza turbolenta e felice, ma non muore nemmeno. Anziché far morire Crichton pugnalato o altrimenti, a Mantova**** o altrove, Ainsworth gli fa sventare non uno, ma due attentati alla vita del Re nel giro di venti pagine. Seguono matrimonio con la principessa e concessione di una paria. Oh gaudio! Oh tripudio! Ne viene che Crichton non ha tristezze di sorta. Ma d’altra parte, non ha mai nemmeno dubbi, né incertezze, né rimpianti, nulla di nulla: è sempre perfetto, sicuro, cavalleresco ed efficace. Difficile affezionarsi a uno così. Eppure, ci dice Ainsworth, tutti adorano Crichton! Reali, nobili e popolani, uomini e donne, buoni e malvagi non meschini, tutti cantano in coro le sue lodi. In coro con l’autore, intendo. Perché, come dicevo prima, tutto questo non è che lo vediamo: ce lo dice Ainsworth. E ce lo ripete. E ce lo ripete ancora. E ancora. E ancora, tante volte che a pagina 18 noi lo detestiamo già cordialmente, ‘sto Ammirabile Crichton. E quanto più Ainsworth insiste, tanto più lo prendiamo in antipatia. Ricordate quando dicevamo che gli Sbregaverze traboccano di fascino? Be’, ecco a voi il motivo per cui non avete mai sentito parlare di Ainsworth: non è capace di mostrarci un singolo motivo per cui dovremmo essere affascinati da James Crichton, ma spera tanto che, se continua a ripetercelo, finiremo col crederci*****.

Insomma, la morale di questa settimana è che non bastano una spada e un ego delle dimensioni di un melone per fare uno Sbregaverze. Bisogna che l’autore sappia quello che fa. Che riconosca nel suo personaggio uno Sbregaverze, e che sappia dargli una personalità, delle malinconie, delle debolezze, delle nostalgie, dei momenti di furia, delle giornate storte, delle idee irragionevoli, delle aspirazioni inappagate, delle testardaggini. Tutte quelle irritanti, adorabili, umanissime ombre che fanno dello Sbregaverze una persona vera, e non una figurina di cartone colorato.

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* Oddìo, se fossi in vena di autopromozione, potrei dire che ce ne sono tre: c’è anche il mio “Lo Specchio Convesso”…

** Sì, sì, sì: un nome da Re, come Alan. Ma, credetemi, le somiglianze finiscono qui.

*** Per qualche motivo, il Chrictoun di Sir Tom ha una trentina d’anni, anziché poco più che venti. Non sono mai riuscita ad accertare se si trattasse di una svista o di una scelta deliberata. E nel secondo caso, perché mai? Un ragazzino ventenne non gli sarebbe parso all’altezza di tante qualità?

**** Mantova compare solo di straforo, nella persona di Don Vincenzo Gonzaga, vilain occasionale, malvagio, meschino e inefficace.

***** Eppure qualcuno dovette cascarci. Non ricordo chi fosse il recensore secondo cui The Admirable Crichton stava “solo e irraggiungibile alla testa di tutti i romanzi inglesi di ogni tempo”!

L’Ammirabile Critonio: Lo Sbregaverze Mal Riuscitoultima modifica: 2009-11-18T08:49:00+01:00da laclarina
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2 Commenti

  • perfetta fotografia del momento in cui lo Sbregaverze attraversa il sottile velo che lo separa da Gary Stue…

  • Eh… Gary Stue è un pericolo sempre in agguato. Da questo punto di vista credo che Sir Thomas sia più colpevole di Ainsworth, comunque…