Giu 10, 2011 - Spigolando nella rete, tecnologia    Commenti disabilitati su C’è Un Giorno Per La Biro

C’è Un Giorno Per La Biro

Quando si parla di ricorrenze bizzarre…

Oggi, sull’altro lato della Tinozza, è Ballpoint Pen Day. Sissignori: il Giorno Della Biro.

Di primo acchito, viene da chiedersi perché l’America ritenga di dover festeggiare la penna a sfera con niente di meno che una giornata nazionale – ma in realtà, non vi è mai capitato, leggendo un tomo alto una spanna di una sorella Bronte, di Dickens, o di qualunque altro autore da inchiostro e calamaio, di rabbrividire all’idea delle penne da temperare, del grattare dei pennini, delle macchie e di tutto il resto? A me sì. Chi non ha sentito terrificanti storie famigliari di castighi scolastici inferti per avere fatto macchie sul quaderno? O di inchiostro rovesciato sul banco (inclinato) con effetto devastante? O di calamai riempiti di carta assorbente per dispetto o rappresaglia? Per non parlare degli scrittoi portatili, ingombranti, precari e potenzialmente disastrosi, con i loro calamai malchiusi…

E anche le stilografiche, ve le raccomando. Se il pennino non è eccellente, s’intasano, perdono, grattano e in generale mostrano tutto il temperamento di un regista d’opera. E anche quando il pennino è quello che dovrebbe essere, c’è sempre la necessità di riempire la penna – o cambiare la cartuccia – con una frequenza proporzionale alla quantità di scrittura praticata. Ammetto che la cartuccia semplifica le cose, ma quando si è distratti e si dimentica di potarsi la debita scorta, che si fa? In molti casi, si passa alla prima biro a portata di mano.

E in effetti, la penna a sfera nacque proprio nell’intento di superare gli inconvenienti congeniti della stilografica. Ci si provava fin dalla fine dell’Ottocento, a dire il vero, e il primo a brevettare l’idea era stato un conciatore di pelli che aveva progettato un arnese per segnare il cuoio con l’inchiostro grasso. Non entrò mai in produzione, così come tutti i successivi (e numerosi) tentativi di applicare il principio alla scrittura su carta.

penna a sfera,biro,bicA raggiungere una parvenza di funzionalità furono i fratelli Biro, il brillante, talentuoso e incostante Laszlo e il suo più posato fratello Georg. Laszlo, che aveva studiato medicina, arte e ipnotismo senza molto costrutto, nel 1935 dirigeva un piccolo giornale – e aveva la sensazione di passare più tempo a riempire la sua stilografica che a fare qualunque altra cosa. Perché non poteva esistere una penna che non avesse bisogno di essere riempita, che non macchiasse, che non strappasse la carta sottile dei giornali? Laszlo strologò, trafficò, sperimentò e se ne venne fuori con una cannuccia dotata di sferetta per distribuire sulla carta l’inchiostro – ma non quello liquido delle stilo, e nemmeno quello grasso delle rotative. E qui entrò in gioco il chimico Georg, deputato a ideare un inchiostro della giusta densità. I due fratelli avevano fatto passi avanti quando, durante una vacanza, incontrarono il presidente dell’Argentina e gli parlarono della loro nuova e miracolosa penna.

Augustìn Justo s’innamorò dell’idea, e invitò i due Biro in Argentina per aprire una fabbrica. Intanto la guerra incombeva: i nostri giovanotti raccolsero armi e bagagli, brevettarono la penna e migrarono a ovest. 

Forse non avevano considerato per bene: la prima produzione dei boligrafos Birome fu un disastro. La penna non scriveva affatto se non era tenuta in posizione scomodamente perpendicolare al suolo, era inutilizzabile sui piani di scrittura inclinati e tendeva a perdere (al caldo) o a intasarsi (al freddo). Ancora non c’eravamo. I Biro apportarono un fondamentale miglioramento – la sfera rugosa e porosa che permetteva di distribuire l’inchiostro per capillarità e non per gravità – ma la fiducia del mercato nella penna miracolosa era scemata. Gli unici a mostrare entusiasmo erano i piloti inglesi e americani, che scoprirono in Argentina la nuova meraviglia che scriveva anche in quota. Avete mai provato a portare una stilo carica in aereo? E allora capirete la gioia dei flyboys – quanto meno degli ufficiali di rotta.

Questa romantica associazione salvò i Biro dal tracollo, ma cominciavano ad averne abbastanza: finirono col vendere i loro diritti alla Faber. La Faber non ebbe molta fortuna, ma gli Stati Uniti si rivelarono più interessati dell’Argentina alla “penna dei piloti”. Progettisti e produttori saltarono fuori da tutte le parti, e un giorno, nell’ottobre del 1945, i grandi magazzini Gimbels di New York misero in vendita la “fantastica… miracolosa penna stilografica  che scrive per anni senza bisogno di essere riempita – garantita!” La folla si assiepò alle porte in attesa dell’apertura, e Gimbels esaurì in poche ore la sua scorta di 10000 penne – al tutt’altro che popolare prezzo di 12 dollari e cinquanta al pezzo.

In realtà, i problemi non erano ancora del tutto risolti. Oltre ad essere costosa, la penna a sfera non funzionava eccessivamente bene – e di certo non durava per anni. Le perdite d’inchiostro restavano il problema principale. Si scatenò una furiosa guerra commerciale a colpi di miglioramenti tecnici e pubblicità (uno spot aveva per protagonista Esther Williams che scriveva sott’acqua!*), ma di fatto la penna a sfera continuava ad essere un’eccentricità dal funzionamento erratico, e i prezzi precipitarono fino a 19 centesimi al pezzo.

E poi entrarono in scena due uomini di buon senso, audacia e idee.

Il primo fu Patrick Frawley, che si concentrò sullo sviluppo di un inchiostro antimacchia e una punta retraibile, creando la penna Papermate. Per lanciare un prodotto a cui tanti predecessori mediocri sembravano avere scavato la fossa, Frawley ideò una campagna davvero surreale – battezzata Project Normandy: i suoi giovani e spudorati rappresentanti irrompevano armati di Papermate negli uffici dei grandi magazzini, dei grossisti e delle catene di cartolerie, e procedevano a scarabocchiare le camicie dei funzionari. Poi si offrivano di pagare una camicia nuova (di qualità superiore) se gli scarabocchi non fossero scomparsi con il lavaggio. Ora, non so quanti rappresentanti rimediarono una denuncia o un occhio nero, ma l’inchiostro veniva via alla perfezione e, come immagino possa succedere solo in America, la campagna ebbe un successo strepitoso presso grossisti convinti, dettaglianti al seguito e divertitissimo pubblico.

L’altra persona sveglia fu il barone italo-francese Marcel Bich, che si rese conto di una cosa: per conquistare il mercato era necessario produrre a basso prezzo una penna di buona qualità da vendere per poco. Per prima cosa, Bich cercò i fratelli Biro e offrì loro dei diritti sul brevetto e poi, con la loro assistenza a distanza, studiò per due anni ogni modello di penna a sfera in commercio, catalogandone scientificamente magagne e pregi. Alla fine, emerse da tutto questo lavoro con l’Idea: una penna che scriveva bene e, invece che di metallo, era fatta di plastica stampata. Era nata la Bic, la penna trasparente col cappuccio che tutti abbiamo usato almeno una volta nella vita. Un oggettino di plastica usa e getta, che esiste solo nella sua funzione e, appena non scrive più, si butta via per sostituirlo con un altro identico.

Era il 1952, e da allora la penna a sfera è diventata uno strumento irrinunciabile, meravigliosamente pratico e tanto quotidiano che quasi non ci facciamo più caso. Se, in un mondo di tablets e programmi di scrittura, la biro abbia un futuro fuori dai musei è materia di speculazione**. Intanto può vantare un passato pittoresco, un giorno celebrativo, un movimento artistico un tantino eccentrico e quel genere di quieta onnipresenza** che segna il successo di un’invenzione.

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* Non so quanto sia vera, ma circola questa storia: qualche decennio più tardi, durante la corsa allo spazio, Americani e Russi incontrarono lo stesso problema – quello di uno strumento che scrivesse in assenza di gravità. Gli Americani investirono qualche milione di dollari nello sviluppo della biro spaziale, e i Russi dotarono gli astronauti di matite proviste di laccetto per impedire che galleggiassero via…

** E pareva che già qualche anno fa non promettesse molto bene, a giudicare da questo articolo di Repubblica…

*** Dagli astucci scolastici ai tavoli del G8, in apparenza: leggete questo comunicato stampa della BIC.

C’è Un Giorno Per La Biroultima modifica: 2011-06-10T08:22:00+02:00da laclarina
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