Ott 28, 2011 - Oggi Tecnica    3 Comments

Trascrivi… Ed Essi Verranno

“Essi” nel senso di “personaggi con una voce propria.”

Nel corso di un seminario sul dialogo narrativo, Elizabeth Sims consigliava di sedersi in luoghi pubblici e ascoltare la gente che parla. E di trascrivere, magari.

“Io lo faccio spesso,” dice. “Mi siedo da solo in qualche Starbucks affollato, fingo di lavorare e in realtà ascolto e annoto. Ho trovato delle gemme, in questa maniera…”

E badate che non si riferisce a gemme di storie, ma gemme di usi colloquiali, espressioni, giri di frase e cose del genere. Il tipo di gemme che, opportunamente lucidate e incastonate nel posto giusto, servono a dare a un personaggio una “voce” individuale e credibile.

Qualcosa del genere consiglia anche Jeffrey Sweet in fatto di teatro: “Non potrò mai raccomandare abbastanza l’utilità di registrare conversazioni e trascriverle.”*

Perché entrambi cominciano col raccomandare di leggere trascrizioni: libri di storia orale, raccolte di interviste, trascrizioni di processi e tutto quello su cui si possono mettere le mani – e non so bene che cosa e quanto si trovi in giro in Italiano. Oddìo, tutte le trascrizioni giudiziarie che si possono volere e anche molte di più, apparentemente, ma pensavo alla storia orale e alle interviste senza interventi cosmetici…

Tolto questo, e al di sopra e al di là, però, Sims e Sweet cantano separatamente le lodi dell’ascoltare conversazione spontanea e trascriverla. Sweet propone un’alternativa per la gente che, come la sottoscritta, è un po’ terrorizzata dall’idea di farsi beccare a trascrivere la conversazione altrui: registrare un talk show e – you guess it – trascriverlo. L’idea di base è, suppongo, che in un talk show non si parli in modo particolarmente sorvegliato… ed è quello che si vuole: conversazione per quanto possibile spontanea**, in cui la gente s’interrompe, usa intercalari, ellissi, sgrammaticature, espressioni peculiari, digressioni.

E, dice Sweet, sarà particolarmente istruttivo notare la scarsità di aggettivi ed avverbi che si usano davvero in conversazione. Gli aggettivi che Twain consiglia di sterminare. Gli avverbi che secondo King lastricano la strada per l’inferno… Questo è un esperimento interessante: ascoltatevi e ascoltate altra gente, e vedrete che parlando si usano altri mezzi per far passare intenzioni, sfumature e colori – tutta la roba che, in un romanzo (e nel teatro di autori inesperti), viene affidata alle bestioline infestanti.

Sweet dice addirittura che l’attore americano medio, quando trova un aggettivo altisonante o un avverbio decorativo, ingrana un riflesso automatico e inserisce un’impercettibile esitazione. Come se il personaggio stesse cercando l’aggettivo o l’avverbio in questione. Affascinante teoria – e istruttiva.

Badate: con questo nessuno vuol dire che si possa ascoltare la conversazione dei vicini di tavolo e piazzarla così com’è in una pagina scritta. Il buon dialogo narrativo (e teatrale), si sa, è pesce già sfilettato: solo le parti buone, accuratamente ripulite da tutto ciò che è innecessario o non significativo.

Jon Dorf propone una versione “per sottrazione” dell’esercizio: ascoltare una conversazione*** e badare tutti gli “Er…” e “Ah,” tutte le ripetizioni, tutte le frasi non terminate, tutto ciò che non aggiunge nulla alla conversazione. E tutti sappiamo che, scrivendo, ogni parola deve servire ad almeno una di due cose: avanzare la trama e/o caratterizzare il personaggio.

E quindi? E quindi la sfida consiste nel bilanciare tra essenzialità dell’informazione e individualità della voce, e il segreto potrebbe risiedere proprio in quei patterns of speech, quelle costruzioni peculiari, quei modi d’interrompersi a vicenda o di implicare strati di conoscenza in comune – quelle gemme che Sims raccoglie da Starbucks.

Insomma, ecco un gioco: ascoltare, annotare, trascrivere. Perché in fondo in scrittura, come in alchimia, nihil ex nihilo fit. Le voci ci sono già, basta catturarle, sfilettarle e combinarle per la bisogna dei personaggi e delle storie.

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* Da The Dramatist’s Toolkit – trad. mia.

** Col che non intendo dire che ci sia alcunché di spontaneo in un talk show dal punto di vista del contenuto, ma la forma dovrebbe essere uncensored e brada quanto basta. E poi non lo so per certo, perché parlo da platanicola poco meglio che ignara. dubito di avere mai davvero guardato un TS per più di un paio di minuti…

*** “La prossima volta che uscite con gli amici, passate un po’ di tempo ad ascoltare davvero, senza dire nulla, e prendete mentalmente nota…” Oh sì, fatelo: è un po’ meno imbarazzante che farsi sorprendere con un taccuino o un registratore, ma è il genere di cose che vi fa considerare distratti e inclini ad attacchi di vaghezza. Then again, i vostri amici non ci faranno caso, perché vi considerano già così. In fondo siete scrittori – vale a dire gente un pochino strana.

Trascrivi… Ed Essi Verrannoultima modifica: 2011-10-28T08:05:00+02:00da laclarina
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3 Commenti

  • Per anni ho usato in questo modo il tram, nel tragitto da casa all’università ad esempio.
    Perché da noi gli Starbucks non ci sono.
    Ascoltare la gente che parla “per davvero” è una fonte continua di idee e ispirazione.
    E talvolta di orrore 😀

  • Stamattina (e mi sa che presto la pubblico sul blog :D), camminando per andare ad un corso, sento nella pizzeria al taglio sotto casa il seguente discorso tra due studenti universitari:
    – Stai attento!
    – Perché? Che mi fai?
    – Guarda. Non ho intenzione di fare fatica. Ma ricordati che sei come una merda sotto le foglie secche: puoi anche nasconderti, ma prima poi arriva uno che ti pesta. Con gli stronzi funziona così. Vengono sempre fuori.
    Mi giro, lo guardo e continuo a camminare.
    Genio.
    P.S. Scusa il linguaggio, ho riportato quanto detto. :_)

  • @Davide: i miei osservatori preferiti adesso sono i treni e le sale d’aspetto dei dottori. ma dipende dall’età che t’interessa. Per i ragazzini e le famigliole anche McDonalds è un buon posto. Nella vita precedente la gente che entrava e usciva dal mio ufficio era una fonte inesauribile – e ancora non so dire il motivo per cui dovessero venire a raccontare la loro vita alla sconosciuta che calcolava i preventivi dei loro tetti e porticati…

    @Dalailaps: Epico! Mi sa che il ragazzo guarda i film di Sergio Leone? 😀