Il Dilemma Del Recensore – Un Esame Di Coscienza

Tutto è cominciato con questo post di Davide Mana sul suo Strategie Evolutive (bel blog di libritudini, intelligente e ironico – da tenere d’occhio, by the way).

I recensori, dice Davide, si son messi a fare i critici e/o gli editor, e invece di offrire al lettore i lumi essenziali di cui il lettore è in cerca per decidere se il libro valga o no i suoi quattrini e il suo tempo, si lanciano in astruse disamine critico/tecniche.

Ma una recensione è un’altra cosa, dice Gene Siskel (riportato da DM): “Io sono un reporter, ed il soggetto del reportage è come io mi sono sentito guardando questo film.”

E qui cominciamo a divergere da Strategie Evolutive. La citazione mi blocca sulla soglia di un esame di coscienza, perché in realtà può darsi benissimo che “io” mi sia sentita colma di furore crociato per la quantità di minute o maiuscole irregolarità tecniche impilate dal regista/scrittore. È del tutto possibile che il recensore che fiammeggia riga dopo riga brandendo una copia corazzata di Strunk&White non faccia altro che prendere un po’ troppo alla lettera la massima di Siskel.

Ed è vero anche che un elenco dei paragrafi in cui l’autore ha detto anziché mostrare non mi è di grande aiuto nel decidere se voglio o non voglio leggere il libro in questione – anche perché nella maggior parte dei casi – e tanto più nella narrativa di genere – davvero non ci tengo a leggere particolari rivelatori sul plight del protagonista a pagina 434, grazie tante.

Mentre scrivevo questo ho avuto, credetemi, la grazia di arrossire – pensando alle mie analisi cruente… però datemi credito di una cosa: ho imparato a premettere le istruzioni per l’uso. Questa non è una recensione, questa è un’analisi: faremo il libro a pezzetti molto piccoli, smonteremo il giocattolo, riveleremo senza misericordia trama, sorprese e finale… Lo dico sempre, nevvero? Ma d’altra parte, e questo mi sembra fondamentale, SEdS è quel genere di blog: i miei lettori sanno che qui si parla di meccanismi narrativi, di tecnica e talvolta anche di editing.

E difatti non si tratta di recensioni.

Le recensioni sono quelle che scrivo, ad esempio, per la HNR – e qui qualche ulteriore scrupolo mi coglie. Per una serie di circostanze, come ho già avuto occasione di lamentare, mi sono ritrovata a recensire negativamente tre libri di seguito – e non è come se non fosse mai capitato prima. Rileggendo le mie doléances numero per numero ritrovo problemi narrativi e, più spesso, magagne stilistiche – più un certo numero d’inaccuratezze storiche. Queste ultime mettiamole pure da parte: scrivo per una rivista specializzata, ed è ovvio che l’accuratezza storica sia un elemento fondamentale su cui richiamare l’attenzione del potenziale lettore. Ma il resto? Sto confondendo recensione e editing? infliggendo al potenziale lettore le mie ubbìe in fatto di goffaggini espositive e dialoghi stentati? Sto soggiacendo alla mia conclamata ossessione per la fabula?

Confesso, arrossendo di nuovo e chinando contrita il capino, che la cosa non è del tutto impossibile.

E tuttavia…

Penso a una collega HNRiana che si limita a raccontare la prima metà della trama. Ho fatto acquisti molto incauti leggendo le sue recensioni. Penso alla volta in cui, lievemente incredula, cercavo recensioni su un libro (pubblicato in Italia) e trovavo soltanto citazioni verbatim della IV di copertina – del tutto inutili perché, a dispetto delle premesse allettantissime, il libro era davvero brutto.

E so benissimo che non è questo che intende Davide Mana. La sua posizione in materia è che le regole sono per gli scrittori e non per i lettori – e condivido in pieno. Il fatto si è che quando parliamo di scrittura, non mi stancherò mai di dirlo, la forma è sostanza. La sostanza non giungerà mai (o almeno non giungerà bene) al lettore se non è in buona, attraente e ragionata forma. Per cui, se è vero che le “regole” sono per gli scrittori, è pur vero che l’effetto delle regole è rilevante dal punto di vista dei lettori. Non vorrò spiegare dettagliatamente al lettore che l’autore X si macchia del gravissimo peccato di dire anche quando dovrebbe mostrare, ma sarà caritatevole da parte mia avvertirlo che il libro non risulta coinvolgente – perché questo al lettore interessa molto.

Pertanto, credo che qualificherò un pochino la massima siskeliana: il soggetto del reportage è come ritengo che si sentirebbe il potenziale lettore leggendo il libro – perché “io” potrei avere il dente avvelenato, l’ossessione della fabula, la deformazione professionale o whatever.

Che ne pensate? Che cosa cercate in una recensione?

Il Dilemma Del Recensore – Un Esame Di Coscienzaultima modifica: 2011-11-16T08:10:00+01:00da laclarina
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12 Commenti

  • Uh, no-no. Io voglio tutta quella roba lì. Non mi basta sapere se ti è piaciuto o meno un romanzo e come ti sei sentita. Chemmi frega? Questa è roba soggettiva, non riproducibile.

    Io voglio sapere perché non va: mi piace smontare il giocattolo almeno quanto dimenticare tutto e abbandonarmi alla magia del giocattolo.

    C’è spazio per tutti, vai avanti così.
    (se ci fosse bisogno di dirtelo)

  • Bel post, ottimo, che mi mette un po’ in difficoltà.
    Perciò comincio col dire qui qualcosa che non ho esplicitato sul mio blog, e che invece tu hai segnalato subito – è una questione di emotività.
    La recensione è personale ed emotiva – ed è per questo che ha valore.
    La risposta al “Chemmi frega?” qui sopra (senza alcun intento polemico!) è proprio che mi frega, e mi frega un sacco, dell’opinione e delle emozioni di una persona con la quale ho una sintonia, il giudizio emotivo della quale io rispetto, della quale apprezzo lo stile di scrittura.
    E io credo perciò che il linguaggio della recensione non debba e non possa essere quello della critica.
    Posso parlare di prosa legnosa, di personaggi privi di vita, di linguaggio non all’altezza delle ambizioni dell’autore, di prosa sciatta, dialogo artificioso…
    Ci capiamo, e non scendo nel tecnicismo, e ti indico dove i meccanismi cigolano senza bisogno di smontarli.

    Poi, ok, gestisco un blog di scrittura, apro ogni paragrafo altrui per segnalare i meccanismi in movimento, dicendo qui l’autore fa così, qui fa cosà, qui sarebbe stato meglio… ok, nessun problema.
    Ma non è recensione, e non è critica, ed è sbagliato, e leggermente disonesto, presentarla come tale.
    (così come non è recensione raccontare la prima metà della trama, ovviamente – anche quello è un eccesso abbastanza sciocco, e irrispettoso del lettore)

    Le mie due preoccupazioni (e poi chiudo) sono che
    a . si arrivi a dire “è stata infranta la regola numero 15, quindi questo è un brutto libro”, e si spacci una cosa del genere per critica o recensione; o che, peggio, si passi dall’infrazione alla regola all’attacco all’autore “X è un idiota perché scrive paragrafi espositivi troppo lunghi”.
    b . il lettore cominci ad avvicinarsi alla pagina non domandandosi “vediamo cosa succede!” ma “vediamo se l’autore mostra o racconta!”

  • PS – grazie per il commento positivo su strategie evolutive!

  • @Renzo: già, ma tu – per l’appunto – leggi SEdS in cerca delle analisi truci, ed è vero che non sono recensioni. Chi cerca recensioni, forse, se ne va con le mani nei capelli quando comincio a disquisire di narratologia e punto di vista…
    Alla fin fine credo che sia questione di equilibrio e di intendersi su cosa è cosa.

  • @Davide: figurati, SE è stato una bella scoperta.
    Detto ciò, direi che alla fin fine concordiamo. Mi ripeto da qui sopra: l’importante è intendersi su che cosa è cosa – precauzione che ho imparato badando a SEdS. Dopodiché c’è gente capace di infrangere tutte le regole e catturarti, e gente che scrive by numbers senza mai sollevarsi oltre il corretto-competente. L’analisi delle parti non è sufficiente a dare un’idea della somma.

  • Il problema è che a parlare genericamente di dialoghi artificiali, di linguaggio sciatto e simili non necessariamente ci si capisce: per te è artificiale, per me magari no. Senza esempi come lo capisco?
    Io posso dire che un libro è eccessivamente lento e inserisce informazioni ripetute, ma senza esempi il lettore della recensione non ha mezzi per valutare quest’affermazione. Porto un esempio (lo traggo da Il Treno di Moebius, di Alessandro Girola; scelgo questo perché l’ho già fatto a lui parlando del libro):

    «Tony, anch’io non so ancora se definirti un attore fallito o uno di serie B, però non ti rompo le palle ogni due minuti per fartelo notare.»
    Ecco il difetto della ragazza: è piuttosto fumantina

    Se oltre che dire “L’ho trovato lento e inserisce informazioni ripetute” porto quell’esempio, dicendo che la frase della ragazza ne mostra già il carattere, quindi è inutile ripeterlo (per riprendere da Lo Scrittore di Buon Senso, fa tanto discorso espositivo: lo scrittore non si fidava del lettore, pensava che senza prenderlo per mano non avrebbe capito?), do al lettore gli strumenti per capire cosa intendo.
    Sottolineo che questo è importante nei due sensi: so che Alex mette apposta quei pezzi, quindi evidentemente gli piacciono; e visto che viene letto altrettanto evidentemente ci sono lettori cui quello stile piace. Portando quell’esempio, do modo a tutti di valutare il mio scritto: a chi la pensa come me, a chi la pensa come Alex. Senza quell’esempio… uno lo legge e non sa valutare se quanto ho scritto valga o no anche per lui.
    Ora: c’è chi dice che una recensione è tecnica, per quanto magari l’aspetto tecnico esca poco; e chi dice che è personale ed emotiva; a questo punto, cos’è una recensione? È un “Esame critico, in forma di articolo più o meno esteso” (Il Treccani; il Sabatini-Coletti concorda).
    Andare a spulciare un vocabolario in simili casi potrà sembrare inutile pedanteria, ma trovo che quando si discute cosa sia o non sia un oggetto andare a vedersi la definizione sia la prima cosa da fare, per non rischiare di mettere la propria idea preconcetta davanti a ciò che veramente è l’oggetto, e per avere una base comune da cui partire: se non so com’è definito, come posso sapere cosa ci rientra?
    Quindi, la recensione è un esame critico (e non solo da noi, si veda per esempio Frederick Busch); l’aspetto personale ed emotivo ci può rientrare, ma se non spiego perché mi sono sentito così dov’è l’esame critico? E se non spiego le motivazioni (“È scritto sciattamente”, senza spiegare quell’aggettivo) come fa il lettore a sapere sia cosa intendo, sia se la mia idea è motivata, sia se rientra nei suoi gusti?
    Anche perché nel mio giudizio personale ed emotivo potrebbero rientrare criteri tecnici: ciò che per qualcuno non è personale ed emotivo, per altri può esserlo.
    Inoltre, come dice Chiara (sempre nel libro), la forma è sostanza, non è meno importante; fa parte del libro ed è importante: se recensisco il libro, recensisco anche la forma.
    E non è editing, anche se si portano esempi e si analizza il testo: lo scopo non è prendere l’opera per togliere tutti gli errori e dire all’autore come renderla migliore/pubblicabile/altro, lo scopo è dire al lettore della recensione cosa si pensa dell’opera, dandogli gli strumenti per capire il perché del giudizio. L’importante è rendere chiari i criteri su cui si baseranno le proprie recensioni.
    Ovvio: se si arriva al “A pagina 15 Ludovica ha i capelli rossicci, a pagina 8496 ramati: che libro di merda” allora la recensione perde di significato, perché come quella senza esempi non dice nulla; fortunatamente, nessuno dei siti che ricordo arriva a simili assurdi.

    In fondo (ma anche in principio), la recensione è un esame critico; come può quindi essere estranea al linguaggio della critica?

  • La faccenda si fa interessante – e fluida, è chiaro.
    D’accordo, la recensione è un “esame critico” (e spero che tu apprezzi debitamente il fatto che, nel cercare conferme sul Treccani, ho evitato per puro miracolo un incontro ravvicinato del III tipo con le illustrazioni del lemma “ragno” – qualcosa che difficilmente avrei potuto sopportare), ma il punto è: a chi è rivolta?
    Altro punto: quanto ci si aspetta che sia oggettiva?
    Perché, per esempio, a me il brandello che citi non dispiace. Non credo che l’osservazione del narratore sia una precisazione superflua sul carattere della ragazza – lo prendo piuttosto come un bit of characterization della voce narrante, per tono e per scelte lessicali.
    Se poi mi dicessi che la scrittura è lardellata di queste faccende ad ogni pie’ sospinto, il discorso diventa diverso, ma non divaghiamo.
    Il punto è, io credo, che la scrittura su blog ha cambiato le regole della faccenda. Un tempo la recensione media era quella che compariva sulle riviste: due o trecento parole intese a far capire al potenziale lettore se voleva il libro o no. Non c’era spazio per disquisizioni ed esempi, solo un accenno alla trama e una descrizione in broad strokes di pregi e difetti. Un blogger, per contro, ha tutto lo spazio che vuole, e talvolta lo usa per la caccia alle pulci.
    Davvero non hai mai visto questo genere di cose? Eppure esiste – e parlo con cognizione di causa, perché l’ho fatto anch’io più di una volta.
    E volte si sconfina: la gente che se la prende con le sfumature capillari di Ludovica c’è eccome, e allora la domanda non è tanto se sia un’operazione legittima, quanto che cosa sia l’operazione stessa.

  • Di certo sapere a chi è rivolta e quanto la si vuole oggettiva è importante, il punto è che portare esempi e analizzarli non toglie la natura di recensione; mi va bene che non debba obbligatoriamente essere così tecnica, quello che non mi trova d’accordo è che, se è tecnica, non è una recensione.
    Portiamo un esempio, per non parlare di fumo: la recensione che Zweilawyer ha fatto di Unika (ne prendo volutamente una lunghissima e infarcita di esempi): il sarcasmo può dare fastidio, il puntiglio può sembrare eccessivo, ma essere piena di esempi non le toglie la natura di recensione; anzi: rende chiarissimo perché l’autore giudica così il testo, dando i mezzi per decidere se si è d’accordo.
    Se si fosse limitato a dire “Usa tanti aggettivi” non sarebbe servito a nulla, perché non avrei avuto idea di cosa voleva dire.
    Ora, tu dici che l’estratto che ho citato non ti dispiace; ma questo conferma quanto dicevo: a me non piace, a te non dispiace. Se avessi detto solo che lo scrittore ripete ciò che ha già detto non sarebbe servito a nulla; con l’esempio e l’analisi, hai una chiara indicazione di cosa intendo, e puoi quindi capire che valore ha per te la recensione.

    Internet ha cambiato le regole? Sicuramente. Ma avere esempi a sostegno di quanto detto non è un male, anzi.
    Poi, ovvio: un solo esempio non è indicativo, se è l’unico o se il libro è infarcito di casi simili è significativo; semplicemente, non vedo come l’analizzare tecnicamente esempi possa essere sufficiente a togliere la natura di recensione.

    Comunque, confermo che non ricordo recensioni che per piccolezze come quella da me ipotizzata cassino un libro: recensioni estremamente critiche, sì; molto incentrate sull’aspetto tecnico e infarcite d’esempi, sì; ma non che cassino il testo solo per piccolezze simili. Anzi, ricordo libri “salvati” nonostate una tecnica povera (o almeno definita tale dal recensore).

  • No, non intendevo gente che stronca sulla base di una singola occorrenza di un singolo difetto – ma gente che gira un po’ ossessivamente attorno a un difetto per migliaia di parole, riportando treni merci di esempi – be’, questo sì.

    Ho letto la recensione di Zweilawyer: all’inizio mi sono divertita, poi ho cominciato a levare un sopracciglio, poi a scorrere avanti… E bada che sono a mia volta una cacciatrice di pulci, ma dopo l’ennesimo esempio (calzante, calzantissimo e pittoresco, ma ennesimissimo) mi son detta: cui prodest? Certo non al potenziale lettore, che ha deciso di seppellire Unika al § 5… Zweilawyer si diverte un mondo, si sfoga e dà corso a tutta la sua furia nei confronti di Unika e di chi l’ha scritto – ma possiamo davvero chiamarla una recensione?
    Non ne sono affatto sicura.

    Detto questo, we can agree to disagree on that senza pregiudizio per nulla e per nessuno. Continuerò a vivisezionare libri, di quando in quando, e quando lo farò non chiamerò il prodotto “recensione” – e già che ci sono cercherò di non indulgere a più tecnicismi di quelli che servono…

  • Anche per me quella recensione è troppo lunga, infatti piú andava avanti, meno la leggevo e piú la scorrevo; e l’unica motivazione che mi viene in mente – a parte eventualmente il divertimento/sfogo di Zwei – al numero di esempi è che davanti a quella quantità diventa impossibile sostenere in buona fede che si tratti solo di esempi isolati estrapolati per il gusto di dare contro all’opera (cosa che è ripetutamente capitata anche in recensioni con un buon numero di esempi). Ma davvero il fatto di avere tanti esempi (troppi, almeno per qualcuno) le toglie lo status di recensione? Direi che al massimo diventa una recensione inutilmente pesante, ma pur sempre una recensione. Posto che lo scopo sia comunque dire al lettore se valga la pena leggere il libro, se non è una recensione, cos’è?

  • Ecco, appunto: secondo me c’è un limite oltre il quale la sovrabbondanza degli esempi e la vena sempre più sarcastica ne fanno qualcosa che non è tanto una recensione, quanto uno sfogo del furore omerico di Zweilawyer.
    Probabilmente non del tutto ingiustificato, sia chiaro – ma non più una recensione.
    Le cose possono andare al di là delle loro intenzioni.
    Quando Conrad iniziò Lord Jim con l’idea di scrivere un racconto, poi decise che era meglio estendere in novella, poi in romanzo breve e alla fin fine si ritrovò tra le mani un romanzo full-fledged, le cose *erano* cambiate. E LJ è un capolavoro, ma davvero non è il racconto che era partito per essere. Romanzo preterintenzionale, se vuoi, ma di sicuro non un racconto.
    Per cui sì: I contend che la recensione di Zwei non è una recensione. È un rant – e non giurerei nemmeno sulla preterintenzionalità. 🙂

  • “Rant” mi dà piú l’idea di qualcosa il cui scopo sia lo sfogo, non l’indicazione di un giudizio al lettore; ma il problema a questo punto passa al definire il limite di cui parli, perché, se non è possibile definirlo, allora non è possibile definire cos’è una recensione, e si arriverebbe al punto che un articolo è una recensione a seconda che il singolo lettore la consideri tale o no (e infatti tu non consideri tale quella di Zwei, lui sí).
    So che non è possibile definire il limite (dieci esempi? e perché non nove o undici? E questo senza andare sul sarcasmo), ma a questo punto un articolo è recensione se il lettore lo considera tale?

    Comunque sul fulcro direi che concordiamo: una recensione fa uso del linguaggio della critica e può contenere esempi discussi piú o me tecnicamente.
    E, giusto per chiarezza: ovviamente sono possibili sovrapposizioni, un articolo che sia sia sfogo, sia recensione.