Rimuginando Su Librinnovando

Come promesso, parliamo di Librinnovando.

Cominciamo col dire che conoscere di persona gente che segui via Twitter è sempre una simpatica esperienza. Poi io non sono fisionomista e non distinguo la gente nemmeno dopo averla vista in faccia – figuriamoci da un avatar! – per cui ho impiegato un po’ a capire chi era chi… Problema che evidentemente non affligge Mattia Nicchio di Sudare Inchiostro, che è entrato in un cortile affollato insieme a Marta Manfioletti di e-Letteratura, mi ha individuata a colpo sicuro e… “Tu sei la Clarina? Non ero sicuro di riconoscerti a colori naturali!”

Quindi il primo impatto di Librinnovando è stata una bizzarra rimpatriata tra gente che, in molti casi, si conosceva senza conoscersi e si parlava per la prima volta dopo avere comunicato per anni.

Dopodiché, provvisti di cartelline arancioni e passi, ci siamo disposti per iniziare, nelle aule caldissime e affollate dello IED. Ora, posso confessare qualche difficoltà di scelta tra le sessioni contemporanee? Ero davvero incerta tra marketing e diritti, tra didattica e rapporto contenitore/contenuto… L’unica cosa che ero certa di non voler perdere era la sessione dei BookBloggers.

Poi ho finito con lo scegliere marketing e contenitore/contenuto. E per prima cosa ho scoperto che Librinnovando è calibrato principalmente sul punto di vista degli editori – con uno spazio interessante per i lettori e non molto per gli scrittori. La cosa ha una certa misura di senso: che può fare la casa editrice tradizionale per agganciarsi al treno (in corsa?) dell’editoria digitale? Di che cosa ha bisogno l’editore che nasce digitale? Quali sono le nuove figure dell’editoria? Come si combinano a quelle tradizionali? Come cambia il modo di vendere libri? Sono interrogativi fondamentali, e le risposte segneranno il futuro dell’editoria.

Tuttavia, il precedente anglo-americano (cui si guarda inevitabilmente) mostra che anche l’autopubblicazione sta cambiando in modo radicale le regole del gioco, e gli indie authors sono una forza da tenere in considerazione – ma di questo, almeno nelle sessioni cui ho assistito, s’è parlato poco.

Indirettamente applicabile è stato l’intervento di Cecilia Averame (Quintadicopertina), che ha confrontato due diversi esperimenti di marketing – uno riguardante un prodotto molto particolare e uno basato più sull’autore che sulle opere (comprate praticamente al buio, in un abbonamento annuale trainato dalla fama dell’autore). Interessanti le osservazioni sul campo: da un lato, pubblicizzare presso un pubblico più vasto non sempre porta risultati in termini di vendite, e dall’altro, nel caso di fidelizzazioni basate sulla relazione lettore-autore, i lettori apprezzano il contatto con l’autore, ma lo preferiscono personale, anziché esposto. “Il lettore non è uno strumento di marketing,” stava scritto in una mail ricevuta da Averame – o quanto meno non vuole esserlo, ed è qualcosa su cui meditare.

Mauro Sandrini, che invece di self-pub ha parlato, ha sottolineato la differenza tra marketing del libro e marketing dell’autore, questa pratica che consiste non tanto nel convincere i lettori a comprare uno specifico libro, quanto a mostrare loro che favolosa persona è l’essere umano che l’ha scritto – e che ne ha scritti/scriverà molti altri.

La prima sessione pomeridiana è stata interessante al modo di qualcosa che suscita domande su domande. Si trattava di apps ed enhancements, e sapete che covo ancora più di un dubbio in materia. Ne parleremo più diffusamente in futuro, ma qui volevo rimarcare un invito ripetuto da tutti i relatori: per questo specifico mercato non si può pensare di limitarsi a digitalizzare materiale preesistente. La competizione è destinata a incentrarsi sullo sfruttamento a tutto campo delle potenzialità del mezzo, cosa che è possibile solo a partire da materiale creato appositamente. Forse non ci avevo mai pensato in questi esatti termini, ma l’osservazione collima con alcuni dei miei interrogativi in proposito. Come ho detto, ne parleremo. 

E infine la sessione più stimolante e più innovativa, quella che ha attirato anche molti non addetti ai lavori, è stata quella dei BookBloggers*, otto ragazzi acuti e tosti che, dai loro blog di libritudini varie e capeggiati dal curatore eFFe, hanno indagato il rapporto tra editori, libri, lettori e rete. Peccato, peccato, peccato che i tempi abbiano costretto a sfrondare parecchio proprio questa sessione ma, pur a un ritmo un nonnulla concitato, è stato affascinante scoprire dal questionario di Marta Manfioletti la bassa percentuale di lettori contrari alla pirateria in via di principio**; o sentire Arturo Robertazzi che illustrava il modo in cui alcuni grandi editori usano Twitter come un canale a senso unico – ma non per questo, va detto, perdono necessariamente followers o influenza – benché, come ha mostrato bene Marta Traverso, un uso accorto dei social network (in particolare quelli letterari) possa essere uno strumento impagabile per una casa editrice; o sorridere con Noemi Cuffia sul fatto che solo due scrittori sugli otto intervistati*** fossero interessati alla lettura digitale. Questo perché gli scrittori sono “lettori forti”? Perché sono tradizionalisti? Ma, come ha detto Marco Dominici, i lettori forti si possono conquistare al mercato digitale – anche se non a colpi di enhancements, perché i lettori forti non vogliono interattività, vogliono interazione.

E questo mi porta ad alcune impressioni conclusive. In primo luogo, come è logico che sia, il mondo dell’editoria digitale è ancora pieno d’incognite per le quali nessuno ha risposte pronte. Bisogna essere disposti a navigare a vista e, perché no, a rischiare. Poi c’è da sperare che, nella sua corsa agli enhancements e alla didattica non lineare, l’editoria digitale non perda di vista chi i libri li vuole solo leggere – e prima o poi si farà una ragione dell’inchiostro elettronico, ma difficilmente digerirà l’idea di farsi imporre una colonna sonora o di imparare la storia in pillole predigerite dalla durata non superiore ai due minuti. E infine, posso dire che mi aspettavo un’interazione via Twitter più vivace? Ho visto molti dei presenti twittare ripetutamente durante tutta la giornata – e questo significa un flusso notevole d’informazioni da Librinnovando verso l’esterno, ben al di là di quello ufficiale. Ero troppo lontana dallo schermo su cui scorrevano i tweets per constatare se ci fosse un flusso corrispondente verso l’interno – ma di certo non è stato dato molto spazio a “interventi e domande direttamente dal web”, come invece prometteva il programma.

Librinnovando ha entusiasmo da vendere, ottime idee e tutte le potenzialità per essere una fucina in un campo in magmatica evoluzione. La mia personalissima impressione è che forse ci sarebbe bisogno di un pizzico di focalizzazione in più, di una cura speciale nello stimolare la discussione anche all’esterno – e magari di un apparato tecnico un po’ più affidabile.

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* E sì, lo so: Librinnovando li chiama “i Books Blogger”… Bear with me – I choose to do otherwise.

** La pratica è, lo sappiamo tutti, un cavallo di tutt’altro colore…

*** Ma in realtà, mi par di capire che gli scrittori contattati fossero una ventina – gli altri non hanno risposto o non hanno rilasciato l’intervista. Se ne deduce che la percentuale degli scrittori digitalizzati (almeno all’interno del campione di Noemi) sia del 10%. Uh.

Rimuginando Su Librinnovandoultima modifica: 2011-11-28T08:05:00+01:00da laclarina
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1 Commento

  • Avrei tanto, tanto, tanto voluto esserci. :_(
    Grazie del post! ^_^