Un (e)Romanzo Nella Cappelliera

Avevo detto che ne avremmo riparlato, ed eccoci qui. Torniamo a rimuginare su Librinnovando, o piuttosto sulla sessione “Contenuti & Contenitori: l’evoluzione dell’eBook e nuovi contenuti editoriali”, che si è rivelata singolarmente istruttiva nella sua capacità di sollevare dubbi e domande. E questo, preparatevi, sarà un post pieno di dubbi e di domande.

Il sugo della sessione era, apparentemente, che l’editoria dispone di nuovi e straordinari mezzi e, per sfruttarne appieno le potenzialità, non basta buttare nel calderone digitale il materiale cartaceo esistente così com’è: occorre crearne di nuovo, pensato in funzione delle possibilità dei nuovi mezzi.

So far, so good. Un testo o un’illustrazione nati per la lettura tradizionale sono proprio “solo” questo, e poco importa che li si veda su carta o su uno schermo, ma le nuove tecnologie consentono di guardare in quelli che il fumettista Tito Faraci ha efficacissimamente descritto come “gli spazi bianchi tra le vignette”…

A illustrare il concetto in modo particolarmente vivido ci ha pensato Giorgia Conversi di Elastico App, mostrandoci in video l’anteprima della bellissima app per iPad Pinocchio. Bellissima e stupefacente (date un’occhiata qui per convincervene): il piccolo “lettore” ha la possibilità di esplorare e spostare  tutti gli elementi delle illustrazioni, scoprendo quel che c’è dietro. Attraentissimo, in via di principio: da bambina sognavo di entrare nei libri, esplorarne il mondo e incontrarne i personaggi… devo ammettere che il lavoro di Elastico App ci va abbastanza vicino. L’app dialoga con il “lettore” a più livelli – più o meno latenti, come dimostra la scena celebre in cui pinocchio si brucia i piedi addormentandosi davanti al camino, e la musica, una tenera ninnananna, è pensata nel preciso intendo di rallentare la percezione della drammaticità della scena. Solo in un secondo momento il “lettore” nota il problema di Pinocchio – assistito da un provvidenziale fulmine sullo sfondo. E questa, lasciatemelo dire, è regia a tutti gli effetti. 

Molto bello, ma quali sono gli sviluppi di tutto ciò? In che direzione si sta andando, di preciso?

Intanto si capisce che la letteratura per fanciulli è destinata ad essere un campo privilegiato da questo punto di vista e, dice Marco Dominici, lo stesso vale per la didattica, in un’ottica di abbandono dell’apprendimento lineare. Una didattica flessibile e scomponibile, una didattica personalizzabile all’estremo. E qui devo dire che Dominci è una persona molto in gamba e un ottimo oratore, ma non finisce di convincermi. È possibile che io sia soltanto vecchia, ma quando sento parlare di approfondimenti costituiti da “una serie di piccoli – ma piccoli, eh? – moduli”, solleverei volentieri le antenne, se ne avessi. È davvero possibile approfondire alcunché a colpi di piccoli – ma piccoli – video di due minuti? Non dubito che brevità e impatto visivo favoriscano l’apprendimento, ma tutto ciò mi ricorda un po’ il modo in cui, al Ginnasio, nei momenti di disperazione mettevo in musica elenchi e formule che non riuscivo a memorizzare. A vent’anni di distanza sono in grado di canticchiare che nella Quollà etiope si coltivano dura, mais, cotone e tabacco*, e posso richiamare le proprietà delle particelle grazie a un certo Studio di Chopin… il problema è che non ricordo né cosa fosse la Quollà né a quali particelle appartengano le propietà. Brevità e impatto visivo (o sonoro nel mio caso) hanno funzionato come escamotage d’emergenza, ma non come sistema di apprendimento altro che mnemonico. E poi vogliamo parlare dell’apprendimento incrementale? Forse può non essere del tutto necessario in fatto di lingue (almeno una volta superato un livello base), ma si può davvero studiare la storia in modo non lineare? Come capirò il Medio Evo se non ho studiato l’Impero Romano? E l’Impero senza la Repubblica? Che ne sarà del rapporto di causa ed effetto e della soglia di attenzione quando i discenti avranno a che fare con una vasta scelta di brevi moduli misti assortiti?

E a dire il vero, non posso fare a meno di pormi la stessa domanda a proposito dei lettori. I libri tradizionali continueranno ad esistere, si dice. La lettura pura non scomparirà. Vero – almeno nelle intenzioni, ma quale sarà l’atteggiamento di fronte alla lettura pura dei nativi digitali allevati ad app come quelle realizzate da Jekolab? Silvia Carbotti ci ha presentato alcuni degli adorabili prodotti realizzati dallo studio, come questi Tre Porcellini, destinati a un pubblico prescolare e realizzati in collaborazione con la facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Torino. Anche qui, come in Pinocchio, la parola chiave è interattività: i piccoli “lettori” sono incoraggiati a esplorare il mondo della storia mentre una voce narrante racconta quel che accade. “Volevamo una voce femminile, calda e accogliente, che richiamasse l’idea di una mamma,” ha detto Carbotti. “Volevamo creare un’esperienza di lettura attraente e accattivante.” Già, ma proprio questo è il punto cruciale: si tratta davvero ancora di un’esperienza di lettura? Qual è la differenza tra I Tre Porcellini di Jekolab e una app contenente un gioco? Che cosa ne fa un libro?

Perché è logico immaginare che il bimbo cui sono destinati i Porcellini, quando avrà tra i sei e gli otto anni leggerà il Pinocchio di Elastico – e in proposito Conversi ci ha raccontato una storia molto interessante. Pare che il progetto originario non prevedesse una voce narrante. “Ci aspettavamo che i bambini di quell’età leggessero il testo semplificato accostato alle illustrazioni.” Poi è successo che il blog del progetto, su cui era possibile seguirne e commentarne l’evoluzione, sia stato inondato di richieste di genitori che bramavano una voce narrante – e così Elastico ha aggiunto una narrazione affidata a più attori e provvista di effetti sonori. “E ci siamo accorti che era meglio così, perché il testo, che prima restava in secondo piano rispetto agli enhancements, tornava ad essere rilevante.”

Ecco che ci siamo. O mon présage fatal… Il testo, vedete, non è più in primo piano. Non è più così rilevante, perché è soffocato dagli enhancements e da solo non ce la fa a catturare l’attenzione del piccolo “lettore”.

E quindi, dov’è finita l’esperienza di lettura? A tre anni il lettore in fieri sposta porcellini e lupi in giro per uno schermo, a otto gioca con le meravigliose illustrazioni di Pinocchio e (forse) ascolta la storia letta dalle voci recitanti, e a quindici apprende la storia della letteratura in moduli non lineari corredati da approfondimenti di due minuti. Quando, come, dove, da chi verrà iniziato alle gioie, alle fatiche e all’enorme soddisfazione intellettuale della lettura pura? Al rapporto individuale, imprevedibile e mai esausto tra il lettore e il testo?

Ecco, in tutto questo parlare di interattività mi sembra che ci si lasci sfuggire qualcosa. C’è un’altra collana di app prescolari di Jekolab – deliziosa e inquietante ed estremamente simbolica, I think. Si chiama Ditamatte, ed è una i-versione del buon vecchio libro da colorare. Date un’occhiata al video, e vedrete che il gioco consiste nel toccare la schermata su cui appare un disegno in bianco e nero che si colora al contatto. Immagino che sia divertente, ma se ho capito bene non c’è modo di scegliere i colori e non c’è modo di uscire dai contorni, perché è tutto già predisposto – si tratta solo di toccare la superficie con un sufficiente grado di energia**. Il grado di interattività manuale è elevato – ma dov’è l’interattività intellettuale? Dove sono le scelte, le intenzioni, il gusto, gli errori e la fantasia del bambino? Lo stesso, temo, vale per la lettura: l’idea di futuri lettori troppo occupati a badare a quel che fa il marchingegno per fare qualcosa a loro volta – e magari anche per badare a quel che ha fatto lo scrittore – mi sconcerta. Molto.

Qualche anno fa era uscito un romanzo storico in forma epistolare di cui non ricordo né il titolo, né l’editore né l’autrice (ma brava, Clarina!). Ciò che ricordo è che era uscito in due versioni – quella tradizionale e quella “nella cappelliera”. A un prezzo esorbitante, era possibile avere, anziché un volume a copertina rigida, una cappelliera piena di lettere manoscritte, disegni e fotografie sbiadite – il tutto dall’aria molto autentica. Era molto bello ed era, non c’è altro modo di definirlo, un ur-enhancement. Era anche dissennatamente costoso e rimase un’isolata eccentricità editoriale. Adesso è possibile ricreare un’esperienza del genere in modo virtuale per una frazione del costo, in modo assai più accessibile e comodo.

Ma siamo sicuri di volere libri, didattica, storie per bambini – tutto confezionato in cappelliera, colorato, attraente, accattivante, predigerito e pieno di bells&whistles? Perché non posso fare a meno di chiedermelo: dentro la e-cappelliera manipolabile, manipolatrice e (forse) interattiva, che ne è dell’individualità, dello spirito critico e dell’immaginazione del lettore?

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* Sulla melodia di “Maramao Perché Sei Morto”, in case you wonder.

** E devo proprio chiedermelo: quanto è robusto lo schermo di un iPad?

Un (e)Romanzo Nella Cappellieraultima modifica: 2011-12-14T08:10:00+01:00da laclarina
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6 Commenti

  • Discorso interessante.
    Di solito quando li faccio io, discorsi così, mi dicono che sono un retrogrado troglodita che odia gli ebook e che è fermo all’800, al ‘700, al terzo periodo predinastico, ai sabati sera a casa di Gilgamesh…
    Io invece sono convinto che l’ebook debba diventare qualcosa di diverso dal… beh, ok, dal book, per poter sopravvivere.
    Perché nella competizione, il libro cartaceo e la narrativa lineare hanno ancora troppi vantaggi.
    Riversare semplicemente il testo in digitale è limitato, è vecchio.
    È la versione digitale del lavoro dell’amanuense.

    Un paio di anni addietro, all’Ebookfest di Fosdinovo, proposi libri con copertine animate, montati con il software Sophie (ipertesto condiviso e modificabile, con elementi multimediali)… molti furono piuttosto entusiasti all’idea, a livello accademico/istituzionale mi risposero che un incunabolo sopravvive ad una inondazione (!!), un libro elettronico no.
    Ma le cose stanno cambiando.

    Quindi – io credo che la situazione non sia poi così tragica.
    I libri cappelliera (bella definizione!) sono sempre esistiti – da anni sono a caccia della versione “a dossier” (con tanto di foto, bossoli e cicche di sigarette etichettati e inbustati) di IPCRESS, di Len Deighton – che uscì nei primi anni ’80.
    L’interattività sarà importante in futuro (Sophie, Squeak e altri software permettono di creare libri esplorabili come ambienti aperti… bello) – ma non credo che questo ammazzerà il libro (inteso come testo lineare passivo, quale che sia il supporto) più di quanto lo abbiano ammazzato gli sceneggiati televisivi o gli adattamenti cinematografici di titoli più o meno famosi.
    Ci sarà chi ci dirà che ha preferito il film al libro?
    Probabile.
    Ma individualità e spirito critico non dipendono tanto dal medium, quanto dal come viene usato, e da cosa lo accompagna.

    Certo, se l’unico approccio possibile alla narrativa sarà limitato al libro interattivo (per di più “chiuso” e pilotato, in quanto destinato ai giovanissimi) allora avremo conseguenze nefaste.
    Ma non ne vediamo già oggi all’opera – semplicemente grazie a insegnanti malamente competenti e programmi ministeriali che scoraggiano la lettura?

    Insomma, io sono ottimisticamente pessimista sull’intera faccenda.
    O viceversa 😉

  • “Di solito quando li faccio io, discorsi così…” È un modo obliquo per dirmi che sono una retrograda troglodita, Monsieur? 😀

    Scherzi a parte, è ovvio che non sto predicando un ritorno all’incunabolo e non sono preoccupata di quel che si *può* fare con gli enhancements – è quello che vedo fare per ora a darmi da pensare. Il modo in cui si vogliono formare i futuri lettori, diciamo.

  • Uh, e davvero esiste una versione siffatta di Ipcress?…

  • No no no no… nessuna insinuazione… era per sottolineare come il tuo blog abbia, di fatto, dei lettori più moderati del mio 😀

    Insinuazioni a parte, anch’io sono abbastanza dubbioso sul cosa si sta facendo, a fronte delle potenzialità del ciò che si potrebbe fare.
    Specie considerando che gli strumenti (gratuiti e potentissimi) esistono da vent’anni, e solo ora qualcosa pare muoversi (male).
    E onestamente, credo che nessuno, ma proprio nessuno, abbia dedicato più di trenta secondi all’idea di formare futuri lettori negli ultimi due o tre decenni.
    Ma ripeto, sono io che sono cattivo… 😛

    Sulla versione con prop e raccoglitore di IPCRESS, ne confermo l’esistenza, ma non ho più tracce da anni – un paio di copie sparirono su eBay a colpi di multipli di cento euro… una meraviglia perduta, temo.
    E dire che avrebbe dovuto essere il primo di una serie… mi pare fossero in programma anche un Holmes e un Chandler…

  • Ah, dannata fretta… Holmes nel senso di Conan Doyle, o se preferisci, Chandler nel senso di Marlowe…

  • Come credo di aver già scritto proprio sul tuo blog, sono estremamente incuriosito da questi cosi, affascinanti proprio perché non sappiamo bene come saranno e cosa saranno, perché libri non sono.

    Ad esempio: leggendo, carta colla ed eink spariscono. Cosando con quei cosi è l’opposto: è proprio col mezzo che si cosa.

    Tuttavia nessuno ci toglierà mai i libri solo-testo. Del resto, come una appassionata d’opera come te e un appassionato di sinfonica come me sanno bene, nell’opera la musica passa in secondo piano, però la sinfonia è ancora là, viva e vegeta, per fortuna.