Libri Tribali

Ricordate che si parlava di milionidicopie, annessi e connessi? Quel post ha condotto a quest’altro post over at strategie evolutive, che v’invito nuovamente a leggere, se non l’avete già fatto.

Vi si dice, tra molte altre cose, questo:

Ed il fatto che tutti abbiano letto il romanzo di un certo autore è un fenomeno culturale – a meno che non ammettiamo che l’acquisto (e non necessariamente la lettura) di quel libro, avvenga per segnalare l’appartenenza ad un gruppo, come metodo di rassicurazione sociale e segnale di appartenenza tribale.

Ebbene, sì, sì, . Questo è uno degli aspetti che cercavo di far notare a Mme X: è mia ferma convinzione che l’acquisto e/o la lettura di uno o più libri funzionino come segni di appartenenza tribale – in un modo o nell’altro.

Il caso più facile e ovvio è – mi si dice – nell’ambito della letteratura di genere. Tolkien, per dirne uno – culto che si divide tra ortodossi rigorosi, ecumenici shannariani, convertiti via film e ogni genere di sette e confessioni. Tuttavia il possesso de Il Libro è il segno di appartenenza almeno al più esterno dei cerchi concentrici e contigui che formano la tribù, nonché un segno di distinzione rispetto a Tutti Gli Altri.

Poi c’è il caso dei Seguaci di Un Autore – e questo può trascendere il genere sconfinando nel mainstream. Da Richard Bach a Camilleri a Baricco, ci sono quelli che leggono tutto ciò che l’autore in questione scrive, lo seguono su Twitter, su Facebook o dovunque l’autore appaia, discettano su aNobii – e possono sviluppare uno spirito semiproprietario nei confronti dell’autore stesso. Mi si racconta una storia a proposito di un’autrice che non ricordo. Costei aveva una vasta quantità di lettori di questo tipo e una lunga storia di successi editoriali. Qualcosa come una trentina di titoli – tutti scritti in terza persona. A un certo punto, sentendosi avventurosa (o forse un tantino satolla) decise di tentare la prima persona. O forse era viceversa, ma fa lo stesso. Ciò che conta è che la sua tribù reagì con orrore e sconcerto. Il romanzo non era affatto peggiore dei precedenti, né diverso in contenuto, tono e ambientazione – ma il tipo di narrazione era cambiato e la tribù si sentiva tradita. Orrore – orror! Non ricordo il finale della storia, ma dal modo in cui la mia memoria l’ha rimosso, temo che l’autrice se ne sia tornata in carreggiata con la coda tra le gambe e le orecchie basse. Comunque questa è una storia anglosassone – ovvero di un mondo in cui la segmentazione del mercato editoriale tende(va?) a raggiungere livelli che noi ingenui Continentali non possiamo nemmeno immaginare.

Ma ci sono altre e più sottili forme di struttura tribale.

C’è Il Libro Di Pochi (o L’Autore Di Pochi, o anche L’Argomento di Pochi), e allora la faccenda diventa simile a una piccola massoneria letteraria. Ci si riconosce dalla citazione buttata lì, dalla copertina sbirciata in treno, dal paragone eccentrico, dalla dichiarazione d’interesse – quando tutti gli altri sobbalzano o guardano con occhi vitrei, tutti tranne una persona, e allora ci si saluta con un sorriso d’intesa e comprensione. “Ah, anche a te piace Lord Jim…” E non cito LJ a caso, perché quest’altra persona che condivide il nostro raro interesse letterario la guardiamo con affetto quasi possessivo. È uno di noi.

E naturalmente, oltre a riconoscersi, ci si fa riconoscere. Di recente parlavo della mia ossessione marloviana e gl’interlocutori cominciano a levare gli occhi al cielo. “Oddìo, un’altra…!” Levo un sopracciglio e… “No, è che abbiamo questa amica che parla sempre di Marlowe. Bisogna che vi mettiamo in contatto.”*

Variante speculare di questa forma è “Ah, anche tu detesti…” diciamo un titolo a caso? Diciamo Le Petit Prince? In un mondo che venera il marmocchio siderale, un’avversione comune è un vincolo forte. Ci si sente una carboneria – noi che a nominarci il colore del grano ci vengono le convulsioni.

Poi ci sono le tribù che trascendono il singolo libro, autore e genere in favore del fine. Per esempio una Coscienza Civile. Con le maiuscole. Un tempo c’era un’implume che veniva da me a lezione di Italiano, Latino, Inglese, Francese e Storia. Le lezioni di Geografia erano rese superflue dal fatto che l’insegnante in questione interrogava a libro aperto. Le lezioni di Matematica erano state richieste e rifiutate a motivo della mia caprina ignoranza. Il tutto era reso doloroso dall’indole generale della fanciulla e dalla necessità di spiegarle ogni parola che avesse più di due sillabe… “Ma tu leggi?” Le chiesi una volta, in un momento di disperazione. “Oh, sì,” ribatté l’implume facendo gli occhi tondi. “Ho letto Il Razzismo Spiegato A Mia Figlia. Per la scuola.” Era l’epoca in cui, scoprii, tutti gli adolescenti leggevano Ben Jelloun, e non c’era insegnante  che si sentisse a posto se non l’aveva propinato ai suoi discenti. E i discenti si sentivano esclusi se non l’avevano letto. Esclusi dalla tribù della gente per bene e non razzista, in definitiva. In questo senso e in anni più recenti, Saviano è assurto al rango di totem tribale: quanta gente è convinta di avere acquisito una coscienza civile perché ha letto Saviano? E qui si tratta di un’appartenenza feroce e onnicomprensiva. Bisogna condividere ogni parola che Saviano dice, bisogna apprezzare ogni comparsata televisiva o otherwise che Saviano fa. Se si critica Saviano, anatema**!

Ma non è detto che si tratti di coscienza. C’è anche la Cultura. Sempre con la maiuscola. Forse ho già citato la signora che, ogni volta che si parlava di libri, citava a) Verdi Colline d’Africa e b) Via col Vento. Se poi si virava sulla musica, ecco che compariva il Triplo Concerto di Beethoven. Era il suo modo di dire “sono una persona colta. Vero che sono una persona colta? Ma certo che sono una persona colta.” Quella che Davide Mana chiama rassicurazione sociale.

Claro que, a seconda della tribù di appartenenza, le letture legittimanti cambiano in quantità e qualità. A Mantova, per esempio, leggere gli autori del Festivaletteratura è socialmente indispensabile. Un’altra signora, un’altra volta, m’informò che lei leggeva tantissimo***: “Saviano, Hosseini, Mazzantini, L’Eleganza del Riccio…” E siccome me ne stavo lì con il sopracciglio levato e l’aria di chi attende, la signora si arenò, un po’ sconsolata e non del tutto certa di avere prodotto l’impressione cui mirava. Sì, lo so: sono malvagia.

Il che mi porta ad esaminare un’altra funzione tribale – il proselitismo. Avete idea di quanta gente mi abbia consigliato (con maggiore o minore insistenza) di leggere il dannatissimo riccio barberiano? E mi colpiva una costante su cui, in un modo o nell’altro, tutti i miei would-be evangelizzatori arrivavano a battere: la certezza che Il Libro avrebbe aggiunto un quid di luce e gioia alla mia vita. Alla fine – come forse qualche lettore di vecchia data ricorderà – cedetti, lessi e riversai le mie tenere impressioni in un diario di lettura*** che, a rileggerlo, mi sconsola per la sua acidità. E comunque non credete che razzoli come predico: quanta gente ho tentato di indurre a leggere Lord Jim? Sono abbastanza convinta di non possedere spirito missionario – ma ci sono alcune piccole eccezioni, come LJ, le Fosse di Katyn…

Epperò non divaghiamo, e giungiamo invece a conclusione con la più semplice, la più diffusa, la più informe e forse la più potente varietà di libro-come-rito-tribale. Quella che scatena i grandi numeri, che rassicura tanto, che parte in automatico, che non ha nulla a che vedere col libro (forse, a ben vedere, neppure con il fatto che sia un libro) e che fa felici i Ragazzi del Marketing. Il puro e semplice istinto del branco, quello per cui lo gnu va nella direzione in cui vanno tutti gli altri gnu. Se tutti gli gnu leggono Volo, allora il singolo gnu leggerà Volo. Ma quando tutti gli gnu leggevano Hosseini, Barbery, Tamaro, Baricco, Eco, il nostro gnu singolo leggeva… you guessed it. Perché c’è sicurezza nel numero e, forse ancor più, c’è pericolo senza il numero. Pericolo in senso lato (metti mai che al guado ti capiti un coccodrillo che vuole discutere di poesia persiana…), diversità, emarginazione… Tutta roba vecchia come le colline.

Per cui, la mia teoria è che sì: il libro è un arnese eminentemente tribale – nei casi più estremi totem, tatuaggio e prova iniziatica in un unico grazioso pacchetto parallelepipoidale.

Che ne dite?

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* Ci si fa riconoscere, e sospetto che si sia anche un cilicio per i non adepti, perché questi “vi mettiamo in contatto” hanno sempre un curioso tono a mezza via tra la rassegnazione e un barlume di sollievo – come se la padrona di casa stesse macinando tra sé “così la prossima volta a tavola le metto vicine, parlano tra loro e riduciamo il rischio di incidenti…”

** Ah no, dimenticavo: ci fu un caso in cui Saviano rischiò di perdere il favore della sua tribù, e fu quando partecipò alla maratona oratoria per Israele. In quella circostanza, un buon numero dei suoi seguaci lo bollò come traditore e proclamò a gran voce la necessità di togliergli la scorta. Fickle things, this tribes…

*** Va bene, lo confesso: all’inizio dei corsi lo dico sempre – per scrivere bisogna aver letto tanto e leggere ancora di più, taran taran taran. Vorrei che fosse un’ovvietà un tantino superflua, ma non è sempre così.

**** Prosegue qui. E qui. E finisce qui. Sono ancora convintissima di quel che ho scritto – solo che sono stata un nonnulla abrasiva – forse.

Libri Tribaliultima modifica: 2012-01-27T08:06:00+01:00da laclarina
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6 Commenti

  • Non provi anche tu un senso di stizza nel momento in cui un libro che hai sempre amato e che nessuno conosceva diviene improvvisamente popolare (magari perché c’hanno fatto un film)?
    Anche quello, io credo, è significativo.
    Hooligan che vengono a calpestare il nostro giardino privato, lasciandosi dietro cartacce e bottiglie vuote.

    Ottimo post, che mi fornirebbe spunti per diecimila altre cose – ruberò idee, farò post miei – ma poiché non posso monopolizzarti i commenti, cito un solo caso, ispirato da quella domanda “Ma tu leggi?”, e risalente a quand’ero studente e lavoravo di notte in un centralino. Lavoro noiosissimo durante il quale preparai due esami e macinai una decina di volumi.
    Facciamola breve: mi venne affiancato un collega, molto giovane, not the sharpest tool in the shed, come si suol dire, ma chi sono io per giudicare.
    Spiegandogli il lavoro, gli feci presente che erano lunghe ore noiose.
    “Portati un libro da leggere,” gli dissi.
    Espressione della persona poco convinta. “Naaah, abbiamo due libri a casa e una volta ho provato a leggerne uno, e non mi ha convinto.”
    Dieci secondi di silenzio glaciale mentre il mio cervello girava a vuoto.
    “Che libro era?” (sì, posso essere a volte di una ingenuità commovente)
    Spallucciata. “Un libro spesso.”

    Grazie per la citazione, tra l’altro.

    (PS… no, non riesco a trattenermi – non è che poi conoscendo l’amica che parla sempre di Marlowe si scopre che è Philip e non Christopher?)

  • Sì, be’ – prima era una specie di club inglese, poi diventa un villaggio turistico… Ma diciamolo piano, o prendiamo degli snob. 🙂
    Quanto a Christopher/Philip, la volta di cui parlo si trattava di una marloviana legit, ma non è come se non fosse capitato…

  • Abuso di questo spazio per fare outing: non ho mai letto Saviano, né è nelle mie intenzioni intraprenderne la lettura.

    Ad ogni modo il fenomeno di “violazione intima” descritta nel commento sopra lo sento particolarmente mio. Un caso esemplare è stata l’assegnazione del nobel a Vargas Llosa, mio scrittore prediletto da tempo immemore. Il vedere tutti i suoi libri ristampati e propinati sugli scaffali di punta in libreria mi ha un po’ offeso, ecco.

    Per quanto riguarda i totem pop io inserirei anche “La solitudine dei numeri primi”, grande assente della tua lista.

    Ora vado a leggermi i tuoi resoconti del Riccio. In fede mia, libro quanto mai spregevole e di una furbizia delinquenziale.

  • Ciao, Marta! Bentornata – è bello riaverti qui.
    Hai, ragione: Giordano mi è sfuggito, ma appartiene in pieno alla categoria. Tutti gli gnu leggono Giordano, e allora il singolo gnu legge Giordano… 🙂

  • Sono stato fino a poco tempo fa uno gnu moderatamente soggetto al fenomeno. Senza eccessi.

    La sensazione è (e mi vien voglia di verificare guardando il mio anobii anno per anno) che da quando ho a disposizione un sistema che permette di socializzare le letture (anobii, appunto) quindi di affrancarsi dalla pagina culturale o dal push delle vetrine feltrinelli, be’ la sensazione è che lo gnu sia diventato via via più impermeabile.

    Altro fattore importante è il passaggio alla lettura digitale che ha appesantito a dismisura il comodino virtuale. Il tempo è poco, i libri tanti e lo gnu sta cercando di imporsi la regola di non regalare neanche un giorno della sua vita per un libro che potrebbe non piacergli solo perché “lo hanno letto tutti e voglio scoprire cosa diamine ci trovano tutti quanti”.

  • Mi piace molto l’idea dell’emancipazione digitale dello gnu… 🙂