Non Negoziabile

Qualche giorno fa leggo questo post di Marta Manfioletti a proposito de L’inconfondibile tristezza della torta al limone, di Aimee Bender. Ho fiducia nel giudizio di Marta e la sua non-recensione mi attira parecchio, e l’idea del libro (l’esistenza di individui capaci di “sentire” in un dolce o in un arrosto lo stato d’animo di chi li ha cucinati) mi piace molto.

Così apro Amazon nell’intento di procurarmi l’ebook e, per abitudine, butto un’occhiata alle recensioni .

E quello che scopro sgonfia un nonnulla il mio entusiasmo. Le recensioni positive concordano tutte con Marta sulla delicatezza e originalità della storia, mentre le (non poche) recensioni negative sono costanti nell’elencare una collezione di doléances: una trama inconsistente e prona a partire per dubbie tangenti, personaggi poco sviluppati, un finale che non risolve nulla e una generale bizzarria a costante rischio di scadere nel gratuito. Più la mancanza di segni grafici per i dialoghi e costruzioni grammaticali, di nuovo, bizzarre.

Si fosse trattato di lamentele isolate, probabilmente non mi sarei lasciata impressionare, ma sono costanti e diffuse. E mi hanno dato da pensare, perché almeno un paio ricadono nell’elenco delle mie Irrinunciabilità, vale a dire faccende in assenza delle quali non riesco a considerare  una storia una storia.

Non parlo di irritazioni generiche – categoria in cui potrei infilare vezzi stilistici come i dialoghi “non segnati” e la grammatica fanciullesca. Non amo alla follia questo genere di quirks, ma sono aperta alle possibilità: avanti, raccontami una storia. Vuoi farlo senza virgolette e con una grammatica tutta tua? Ok, proviamoci. Vediamo se funziona, se mi ci fai sentire una voce, se crei un passo, se mi manipoli tanto bene da farmi dimenticare che lo stai facendo…

E non parlo nemmeno di peccati più gravi, come i finali laschi. È ovvio che preferisco un bel finale soddisfacente, teso e significativo, ma mi sono scoperta un margine di tolleranza largo come il Rio delle Amazzoni, se il resto del libro mi è piaciuto davvero. Magari mi rendono un tantino idrofoba i finali dei primi volumi delle qualcosalogie, quelli che non fingono nemmeno di offrire un’ombra di conclusione e appendono il lettore senza complimenti alla costa hardback del volume successivo – ma è un difetto che pur irritante, da solo non basta a farmi cancellare la qualcosalogia dalla ToReadList.

Un po’ peggio è la questione dei personaggi caratterizzati approssimativamente. In un mondo ideale, tutti i personaggi dovrebbero essere complessi, tridimensionali, pieni di ombre e capaci di evoluzione e di imprevedibilità… poi in realtà ci sono casi in cui il genere o la funzione richiedono figure facilmente individuabili, gente che faccia quel che deve fare e da cui sapere che cosa aspettarsi. Quindi anche qui, seppur con molta più cautela, ammetto la possibilità di eccezioni.

Anche in fatto di bizzarria I’m of two minds. Se parliamo di nonsense, per me non è mai troppo. Se parliamo di realismo magico (coperta molto ampia), dipende assai. Tutto dipende da quanto l’autore sa essere coerente all’interno della sua bizzarria… E temo che a questo punto un peccato capitale abbia l’aria di trasparire dalle recensioni della Torta al limone: una certa dose di gratuità e incoerenza. E invece proprio una salda logica interna è una delle mie Irrinunciabilità. Posso ingoiare intere molte eccentricità, a patto che siano coerenti tra di loro. Che non siano gratuite o puramente decorative. Che lavorino in una direzione – fosse pure quella di farmi credere che non ci sia nessuna direzione particolare.

Anche se poi una direzione ci dev’essere – e qui giungiamo all’Irrinunciabilità n° 2. Perché, come ognun sa, sono ossessionata dalla fabula. Non solo le storie mi piacciono con un arco provvisto di inizio, mezzo e fine, in cui le cose succedono, gli equilibri cambiano e i personaggi imparano la lezione, o pagano il prezzo per non averla saputa imparare – ma non sono del tutto capace di considerare storie gli arnesi che non contengono questa serie di elementi. Narrow-minded of me, può darsi, ma tant’è. E Marta stessa, pur nel suo entusiasmo, parla della Torta al limone in termini di “pacatssimo ritmo degli eventi” e di “libro in cui non sembra succedere niente”. Hm… 

Il fatto è che devo, devo, devo avere l’impressione che l’autore sappia quello che sta facendo – e forse questa, più che una Irrinunciabilità distinta, è la terrina color ocra in cui tutte (tranne una) sono contenute. Perché è ovvio che sono disposta a sospendere la mia incredulità tanto in alto quanto è possibile, ed è ovvio che sono più che disposta a lasciarmi condurre attorno – se non lo fossi, non leggerei romanzi – ma, per quanti principi infranga, per quante stranezze inanelli, per quante delle mie allergie solletichi, un autore può tenermi a bordo finché mi dà l’impressione di farlo deliberatamente. Nel momento in cui mi pare che non abbia controllo e discernimento di quel che fa, voglio scendere subito, thank you very much.

Col che è possibile che siamo passati oltre la Torta al limone – magari Aimee Bender fa tutto tanto deliberatamente quanto è possibile e non ci si sente  mai in balia della vaghezza narrativa. E di sicuro – non foss’altro che per impossibilità di genere – non è colpevole agli effetti della Quarta Irrinunciabilità. Sapete già di che si tratta, perché ne parlo con ricorrenza ossessiva: l’anacronismo psicologico, ovvero personaggio nominalmente d’altri secoli che pensa, agisce, sente e giudica come un contemporaneo. È una patologia che conosce i suoi estremi nella Sindrome della Bambinaia Francese: i Buoni sono tutti anacronismi psicologici, incompresi, osteggiati e perseguitati dagli stupidi, malvagi e retrivi personaggi coerenti con la mentalità period. E qui davvero non c’è salvezza: delitto capitale quando è involontario, piucchecapitale se è praticato deliberatamente.

Nondimeno, come dicevo, ho fiducia nel giudizio di Marta, per cui l’ebook l’ho comprato lo stesso e lo leggerò – e magari avrò modo di ricredermi, nonostante le recensioni su Amazon – perché in fatto di letture il livello di non-negoziabilità è personalissimo.

Qual è il vostro, per esempio? Su che cosa non sapete transigere in fatto di letture? Per quali libri avete fatto eccezioni di cui non vi credevate capaci? E cosa vi ha spinto a farle?

Non Negoziabileultima modifica: 2012-06-29T08:10:00+02:00da laclarina
Reposta per primo quest’articolo

12 Commenti

  • Io ribadisco il mio gradimento, e ametto di non essere d’accordo con quasi nessuno dei punti che evidenzi. Nel senso che non li ritrovo nella Torta.
    Il più vero è forse quello che riguarda la fabula, nel senso che non si trovano intrecci ottocenteschi o mille sottotrame, ma la storia raccontata è una e coerente comunque, semplicemente non è l’aspetto principale del libro. La storia è lenta, ma c’è.
    I personaggi invece sono estremamente definiti, il libro, alla fine, si compone di quello, delle sfumature e delle psicologie dei personaggi.
    Anche le stranezze sono coerenti e non sono buttate lì a caso.

    La Bender secondo me è una che sa quello che fa, ed ha alle spalle forti basi di teoria della scrittura, anche se ad una prima impressione potrebbe sembrare di no. Lo dico alla luce della lettura anche di un suo secondo libro.

    Ovviamente poi sarò felice di sentire che ne pensi, in ogni caso.
    Ad ogni modo io continuo a consigliarlo.

  • Le mie irrinunciabilità?

    Non posso rinunciare a uno stile comunicativo. Se l’autore non ha a cuore il lettore io, anziché inseguirlo adorante per centinaia di pagine di “sound and fury”, magari incolpando me stesso e la mia ignoranza per il fatto di non riuscire a entrare in sintonia con l’opera del Maestro, chiudo il libro e passo ad altro.

  • @Marta: be’, a dire la verità, temo di avere usato la Torta come un casus posti (fingendo che questo si possa contrabbandare come genitivo di post…) per parlare di percezioni personali nella lettura, aspettative e cose così. Già dalla Irrinunciabilità n° 3 ho detto che in tutta probabilità ci eravamo spostati dalla Torta all’universo in generale, hai visto? 🙂
    Trovo sempre molto interessante vedere come per lettori diversi lo stesso libro possa avere pregi e difetti diversi – o come addirittura lo stesso tratto possa apparire un pregio o un difetto.
    Ad ogni modo, ho scaricato l’ebook, leggerò e saprò dire – a te e in generale.

  • @Andrea: sì, in effetti è irritante avere l’impressione di essere considerati accidentali e trascurabili, seduti in perplessità sul margine della storia… Però devo ammettere un paio di casi in cui, dopo un’iniziale reazione di fastidio, ho perseverato perché attratta da argomento, storia o qualche altra cosa, e ho superato l’impressione.

  • Oh, e @entrambi: lo avete visto l’invito nel post precedente, vero? 🙂

  • In generale il rispetto per il lettore è fondamentale.
    E lo stimolo a metterci del mio, a riempire gli spazi vuoti.
    Non mi va, insomma, l’autore che assume toni paternalistici e mi vuole spiegare tutto, insegnarmi un sacco di cose che io povero idiota non potrei mai sapere, e intanto magari spacciarmi anche un po’ della sua ideologia.
    Tutto con somma alterigia.
    Poi, anche qui, c’è ampio margine discrezionale.

    Essendo poi un frequentatore del genere, detesto chi scrive il genere senza capirlo e conoscerlo, o peggio ancora, assumendo quei toni di vaga superiorità per cui “sì, ok ragazzi, ma lo sappiamo tutti che alla fin fine è poi solo narrativa di genere…”

  • @Davide: ossignor, sì – l’autore patronising… E lascia, o piccolo lettore, che ti illumini, perché Io So!

  • Io sono d’accordo con te per me è irrinunciabile la coerenza, la direzione.
    Non mi piacciono le cose buttate lì tanto per fare effetto.
    Hai presente quelle “due o tre pennellate per far lirismo”? Ecco mi fanno rabbrividire.
    Ci deve essere una storia che mi emozioni, non un’emozione raccontata senza storia.
    Di solito vado fino in fondo perchè non posso credere o capacitarmi che la direzione non ci sia, che lo scrittore-timoniere non sappia dove andiamo.
    E’ assurdo che lo scrittore inizi a raccontarmi una storia senza capo nè coda…diamine da qualche parte andrà a finire.
    E invece a volte mi becco storie simili a videoclip (brutti).
    Non parlo di morale, parlo come dici tu di flusso della storia in cui c’è una corrente, è un fiume, non un lago, in cui i personaggi sono spinti fino all’estremo delle loro possibilità narrative.
    Ecco un’altra cosa che odio è quando ci sono belle idee buttate là tanto per fare e non vengono approfondite perchè troppo toste da approfondire.
    Voglio dire…di belle idee ce n’è a milioni ma pochi scrittori hanno il coraggio di concretizzarle, smontarle, girarle e metterle alla prova con tutta la difficoltà che comporta la coerenza.
    Ecco mi irrito se la buona idea rimane solo una buona idea, specchietto per le allodole…e ultimamente ho trovato diversi libri così…mentre prima gli scrittori erano molto più perfezionisti. (ricordi il fucile di Cechov?)
    Un’idea in generale deve essere funzionale e anche un’idea bella deve essere funzionale, non è che siccome mi impressiona allora ha già fatto tutto quello che doveva fare…la voglio vedere in azione!

  • @Cily: sì, una buona idea sprecata è terribilmente irritante. Ma come, hai pensato a *questo* e poi non ne hai fatto nulla!? Poi ci sono gradi diversi di irritazione a seconda del modo in cui l’idea è stata sprecata.

  • Ciao Clarina! Ah, mi piace sempre leggere i tuoi post… e, se posso, rispondere alle tue domande-sfida!
    I personaggi. Mi devono saper conquistare, nel bene e nel male: devo amarne alcuni, odiarne altri… e poi adoro i comprimari, quelli che spesso sono tratteggiati in maniera più rapida dei protagonisti, ma altrettanto efficace… quelli di cui vorresti sapere di più, per i quali ti chiedi: perché l’autore perde tempo con quel “bambo” (permettimi il dialetto campidanese: bambo significa scialbo) del protagonista e non mi parla ancora un po’ di ***? (Esempi di comprimari di cui avrei voluto sapere di più? Il Colonnello Brandon di Ragione e Sentimento, i gemelli Weasley o Luna Lovegood di Harry Potter). I personaggi giusti mi fanno tollerare anche le imperfezioni della storia, che però deve, deve, DEVE avere un bel finale, non necessariamente lieto ma soddisfacente.
    Personaggi approfonditi e accattivanti e finale adeguato, su questo non transigo, di solito, per giudicare un libro; comunque non mi fido mai delle recensioni, anzi spesso le trovo pericolosamente fuorvianti, anche se scritte da persone competenti. Non posso fare a meno di pensare che in qualche modo ci condizionino nella scelta e nel giudizio su un libro, perciò preferisco leggerle solo dopo aver letto l’opera in questione. Scelgo un libro dopo aver letto le poche righe di riassunto sulla copertina (se è lungo lo evito, non mi piace che sveli troppo) e l’inizio del primo capitolo: se ci sto ancora pensando quando torno a casa è fatta. Naturalmente questo vale per le mie libere scelte, indipendenti da studio o dovere… eh si, certi libri li ho dovuti leggere per forza, tipo Jack Frusciante è uscito dal gruppo… sigh!
    Scusa se mi sono dilungata! Un saluto,
    Della

  • Ciao, Della! Personaggi e finali, dunque.
    Quanto alle recensioni, mi confesso colpevole: non mi faccio necessariamente dissuadere da quelle negative, ma un’occhiatina generale a quello che lamentano gli scontenti e a quel che fa felici gli entusiasti tendo a darla…

  • порошочек c dopingtown.ru прилител ещё в пятницу, вчера опробывали! качество супер, брали 4fa, товар далетел за 5 дней до владивостока. респект менеджерам…..удачи в продажах!