Iconoclastia Spicciola

Qualche giorno fa ho preso dell’iconoclasta.

Ammetterete che non capita tutti giorni – almeno non in questo secolo – che una persona (diciamo che si chiami B.) vi guardi con astio e vi dica: “Sai che cosa sei tu? Un’i-co-no-CLA-sta!”

E il motivo per cui B. mi ha dato dell’iconoclasta è che mi sono rifiutata di stracciarmi le vesti perché P.D. James ha scritto un seguito giallo di Orgoglio e Pregiudizio.

Ora, non ho letto Death comes to Pemberley, o quanto meno non ancora, ma avrei mezza intenzione di farlo – e l’intenzione è mezza soltanto perché le recensioni non sono terribilmente incoraggianti. In tutta probabilità un tentativo lo farò. Ehi, si tratta pur sempre di Aunt Jane e P.D. James: non può non valerne la pena, almeno un pochino.

Quanto al considerarlo un sacrilegio, mi dispiace, o B., ma proprio non mi ci so indurre. E nemmeno a considerare DCtP nient’altro che una bieca operazione commerciale volta a speculare sulla generale passione per Lizzie Bennet… A parte tutto, credo che P.D. James non abbia bisogno di speculare su alcunché: lei è, you know, P.D. James.

Ma non mi stupirei di scoprire parecchia gente che la pensa come B. e grida all’iconoclastia, al sacrilegio e alla speculazione. Parecchia gente italiana – e badate, non ne faccio una gran colpa né a B. né ad altri. Il fatto è che siamo stati allevati nell’immobile e acritica venerazione degli Autori di Capolavori, nei confronti e a proposito dei quali non è concesso muovere lobo cerebrale…

Abbiamo già parlato in passato del modo in cui questo atteggiamento scolastico scoraggi l’entusiasmo per la lettura più di qualunque altra cosa, vero? Perché a parte tutto, se di fronte al Capolavoro possiamo soltanto annuire, abbacinati dalla sua marmorea e inscalfibile perfezione, se è peccato mortale esercitare anche la minima briciola di spirito critico in proposito, è ovvio che finiremo con l’annoiarcene presto…

Ma di questo abbiamo già parlato più di una volta, e non è questo il punto. Il punto, per tornare a P.D. James, è che di questa qualità marmorea dei Capolavori fa parte la certezza che sia sacrilegio riprenderne in mano i personaggi e la storia e farne qualcosa di diverso. Omaggio, parodia, pastiche, seguito, rivisitazione… quel che volete. E più è diverso il qualcosa, più è grave il sacrilegio. 

Guardate invece Shakespeare. Guardate il modo in cui nel mondo anglosassone si tiene vivo l’autore-monumento per eccellenza.

Shakespeare si rivisita in laboratori teatrali per gli studenti con difficoltà di apprendimento – e mi dispiace davvero molto di avere smarrito il link all’articolo su questo bellissimo progetto, ma lo ritroverò.

Shakespeare si sceneggia in Kill Shakespeare, un fumetto alquanto dark, in cui otto o dieci personaggi sopravvivono alla morte in scena e decidono di vendicarsi del loro autore.

Shakespeare si inclina a quarantacinque gradi, tinge di violetto e trasforma in To Be Or Not To Be: That Is The Adventure, ovvero un Amleto in versione libro-game, in cui si sceglie il proprio personaggio e si attraversa la tragedia – anziché limitarsi a guardarla o leggerla.

Shakespeare si mette in parodia all’insegna del nonsense come fa la Reduced Shakespeare Company

E credete che Oltremanica e Oltretinozza per questo ci si straccino le vesti? Ma nemmeno per idea. O meglio, ovviamente c’è chi lo fa, ma a Londra trovare i biglietti per The Complete Works of William Shakespeare (Abridged) della RSC è più complicato di una cerca medievale, e l’Amleto in versione Scegli-La-Tua-Tragedia, una volta avviato su Kickstarter, raccoglie mezzo milione di dollari (più o meno trenta volte la cifra prevista in origine), e Kill Shakespeare induce critici e studiosi di cose elisabettiane a tirarsi oggetti pesanti a proposito della qualità dei dialoghi…

Capite? That is the question: se il linguaggio pseudo-shakespeariano del fumetto sia abbastanza buono, non se  Del Col e McCreery abbiano profanato in qualche modo la Sacralità del Bardo.

Ecco, è questo il punto. Il punto è che Shakespeare è materiale estremamente vivo nel mondo anglosassone. È vivo anche perché trattarlo come tale non è peccato mortale. È vivo anche perché ci si fanno cose buffe, cose irriverenti, cose originali. E d’altra parte, si continua a farci cose buffe, irriverenti e originali perché è vivo…

E intanto Dante e Manzoni se ne restano venerati e marmorei, studiati a scuola e segretamente detestati – e difesi a spada tratta con malguidato e soffocante zelo. Una ventina d’anni fa il Giornalino pubblicò le deliziose parodie dantesche di Marcello Toninelli, e ricordo alti lai non del tutto dissimili da quelli accordati in tempi recenti agli spot danteschi della TIM…

Il che significa che qualcosetta ogni tanto tenta di muoversi, ma non, non, non abbastanza. Ci vorrebbe altro che qualche isolata parodia per liberare dalla polvere e dalla venerazione i nostri autori-monumento – e tenerli vivi…

 

Iconoclastia Spicciolaultima modifica: 2013-01-28T08:10:00+01:00da laclarina
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6 Commenti

  • Per non parlare di quanto questi “atti iconoclasti” fossero comuni nel passato. Spinoff diventati classici intoccabili quanto l’opera da cui hanno tratto spunto.

  • Ah, snob, anglofila, ed ora pure iconoclasta 😀
    Alla tua lista aggiungo lo sciocchissimo – ma divertente – “Shakespeare vs Lovecraft”, in cui una manciata di personaggi shakespeariani deve vedersela con una manciata di creature lovecraftiane. Si parte da La Tempesta e poi…

    Non sempre i risultati di queste elaborazioni sono particolarmente riusciti e divertenti.
    Ma sulla quantità, spesso si trovano esperimenti interessanti.
    Bieca speculazione?
    Spesso sì.
    L’idea di far scrivere un altro volume di Guida Galattica a Eoin Colfer è poco cortese nei confronti di Douglas Adams – che non è scomparso da due secoli, ma da vent’anni.
    D’altra parte, se l’idea mi offende, o se l’esecuzione non mi convince, nessuno mi obbliga a leggerlo.

    Quindi credo che l’iconoclastia sia un poco anche mia.
    Che i guardiani dell’ortodossia si dannino – spesso difendono a spada tratta l’inviolabilità di libri che non hanno mai letto.

  • Orpo, ecco perché nevica: sono ancora d’accordo con te 🙂

    E poi, come dimenticare la meravigliosa parodia della Commedia su Topolino del 1949, scritta in versi da Guido Martina?

    Ho sempre pensato che gli Autori di Capolavori fossero in imbarazzo, ad essere lodati a-criticamente per saecula saeculoroum (amen).

  • @Andrea: why, Shakespeare stesso era uno specialista! Non so, per dire, L’Ebreo di Malta/Mercante di Venezia, anyone?

    @Davide: ma, ed è su questo che insisto, la questione è se le elaborazioni siano ben fatte oppure no. Se sono intelligenti, allora vanno bene e hanno successo – ma non sono blasfeme per natura… ah.

    @Simone: 😀 Dobbiamo stare attenti, o finiremo per modificare il clima… L’idea dell’Autore di Capolavori in imbarazzo per l’adorazione acritica mi piace da matti, sai? È un meta-atto-unico-miniature quello che vedo davanti a me?

  • Grazie per il complimento. La ricambio segnalando il suo interessante post sul mio blog (http://ioedante.blogspot.it/) e sul mio profilo di Facebook. Ne approfitto per informarla che la versione del mio “Dante” apparsa tanti anni fa sul Giornalino scontava qualche “adeguamento” al target infantile. La versione integrale (ma in bianco e nero) apparsa precedentemente su varie altre riviste è stata raccolta in volume da Cartoon Club (www.fumodichina.com). Così come le mie “riletture” di Omero, Eneide, Gerusalemme Liberata, biografia di Berlusconi ecc.

  • @Marcello: la ringrazio molto – per la visita e per la segnalazione. All’epoca ho adorato il suo Dante per l’intelligenza e la patina nonsense (“Non vedo il Nesso…”).
    Questo contatto con l’autore è davvero un piacere e un onore, oltre che l’occasione di una scoperta. Per cominciare, non vedo l’ora di leggere il suo Enea…