E Il Pescatore Alla Sua Ninfa
C’è gente da cui magari non te lo aspetti, perché per la maggior parte del tempo te ne parlano come de IL poeta metafisico, autore di poesia religiosa, sermoni, elegie, difese del suicidio, traduzioni dal Latino, epigrammi et multa caetera – tutta roba seria. E per di più, ti dicono, è un criptocattolico che poi diventa sacerdote anglicano. Oppure forse un pochino potresti aspettartelo, perché in realtà, tra una roba seria e l’altra, questa gente ha scritto carretate di satire, canzoni e poesia d’amore a forte carica erotica – solo che questo a scuola non te l’hanno mai detto.
Per cui sì, forse te lo potresti anche aspettare, ma resta il fatto che il nome di questa gente è legato a tutt’altro – ai suicidi, e ai Gesuiti, e a nessun uomo è un’isola, e a per chi suona la campana… non certo agli idilli ittico-pastorali.
Per cui è con un certo divertimento che scopri un’ulteriore – ed acquatica – risposta al pastorello marloviano e alla ninfa di Rale(i)gh, ad opera del metafisico reverendo John Donne*:
Vieni a vivere con me e sii l’amor mio,
E proverem delle delizie nuove
Di sabbie d’oro e rivi di cristallo;
Lenze di seta e begli ami d’argento.
E là sussurrerà scorrendo il fiume,
Caldo degli occhi tuoi ancor più che del sole;
E là dimoreran rapiti i pesci,
Di potersi tradire supplicando.
Quando ti bagnerai in quell’acqua viva,
Ogni pesce per ogni liquida via
Ti raggiungerà nuotando amoroso,
Più lieto di trovarti che tu di pescar lui.
Se sei ritrosa d’esser vista
Da sole o luna, entrambi oscura,
Che, se ho licenza di guardare,
Ho te e non voglio la lor luce.
Stian altri al freddo con le canne da pesca,
A ferirsi con conchiglie ed alghe,
O a far la posta a tradimento ai pesci,
Strozzarli nelle trappole, acchiapparli nelle reti,
Con mani rudi, dai nidi fangosi
A strappare i pesci ascosi sotto riva;
O con le mosche di seta traditrici,
Ad ammaliare i pesci sventurati.
Ma tu, di tale inganno tu non hai bisogno,
Chè tu, tu stessa la tua esca sei,
E dal pesce che così sfugge alla cattura,
Di me è assai più saggio, ahimè.
Verrebbe da dire che i pescatorelli siano più… er, pratici dei pastorelli, vero? E di sicuro non fanno promesse di lungo periodo. Mi piacerebbe veder rispondere la ninfa… Chissà se anche Donne ha avuto il suo Rale(i)gh?
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* Sì, ok: il ritratto è di prima che diventasse reverendo e metafisico.
Dire che John Donne è il mio poeta preferito sarebbe inesatto – frequento tre-quattro poeti al massimo, in maniera piuttosto saltuaria, fare classifiche diventa superfluo.
Ma Donne è l’unico al quale ritorni di frequente, e del quale abbia n copie dell’opera poetica completa, più n copie dei suoi trattati e sermoni e quant’altro.
Ciò che trovo interessante è proprio la miscela di lavori altissimi, dal punto di vista concettuale e filosofico, affiancati a cose terribilmente materiali che – me ne rendo conto in retrospettiva – causavano profondo imbarazzo nelle insegnanti d’inglese del liceo; da cui, presumo, la rimozione del Donne scollacciato, cattivo e polemico, dal curriculum scolastico, e la sua riduzione a barboso sproloquiatore di questioni complicate.
E d’altra parte, la miscela di spirituale e terreno, di moderno e di antico, è poi ciò che mi attira dell’epoca nella quale il buon Donne (e un paio d’altri scribacchini) svolsero la propria opera.
Mah, spesso si ha l’impressione che di un personaggio sia più facile presentare un lato solo. Le sfumature – anche se magari quelle di Donne non sono esattamente sfumature – complicano la vita.