Apr 1, 2013 - Storia&storie    2 Comments

Diciannove Giorni Di Regno

La prima volta che mi sono imbattuta in Andrea Zeni è stato in una nota a pie’ di pagina in A Brief History of Liars, Frauds and Forgers, favoloso librino di James McBass (che come autore è sempre una garanzia), comprato a Edimburgo una ventina d’anni fa, poi prestato e mai più rivisto – e adesso, alas, introvabile.

Per cui cito a memoria, quando dico che McBass descriveva Zeni come a slightly dizzy character, until you consider how he managed to hold for nineteen days the ducal throne of Courland, out of sheer brazenness, good looks and presence of mind.

E se anche non fossi stata incline ad incuriosirmi di uno stordito capace di regnare per diciannove giorni per nient’altro che faccia di bronzo, bell’aspetto e mente pronta, c’era sempre la Curlandia. Possibile che il Granducato di Curlandia, equivalente montanelliano e coronato della repubblica delle banane, esistesse davvero?

Be’, no – però era esistito. Il Ducato di Curlandia e Semigallia, con questo nome da operetta, era uno di quei posti che non sapevano troppo bene se essere tedeschi o polacchi (o magari lituani…), creato a metà Cinquecento dalla dissoluzone dell’ordine dei Fratres Militiae Christi, o Portaspada, e sopravvissuto per qualche secolo, riuscendo persino ad accaparrarsi delle colonie in Africa ed America, compresa Tobago, poi venduta agli Inglesi. Naturalmente non era nemmeno il genere di posto che potesse durare indefinitamente. Vassallo nominale della corona di Polonia, lungamente governato da una nobiltà di origine e lingua tedesca ed esposto a tutti i capricci della Russia e alle intemperanze dell’Unione Polacco-Lituana, all’inizio della guerra di successione polacca il Ducato si ritrovò tra più incudini e più martelli di quanti ne potesse desiderare. Nel 1795 l’ultimo duca di Curlandia, Peter von Biron, cedette con gran sollievo titolo e ducato alla zarina Anna di Russia, che ne fece un governatorato. Oggi è una regione della Lituania.

E come c’entrava in tutto questo lo stordito e bel Zeni dal nome così italiano? McBass non dava altri dettagli, limitandosi a citare una fonte in Polacco – poco agevole a leggersi, a parte tutto… E dovete considerare che stiamo parlando di un’epoca più ingenua e più semplice, in cui non si poteva pescare nel mare magnum di Internet.

O meglio, si sarebbe anche potuto, solo che io non lo facevo. E bisogna dire che non mi interessasse poi troppo, a parte la fuggevole curiosità, perché sono passati anni prima che una citazione casuale (e montanelliana) della Curlandia mi riportasse in mente la bizzarra nota a pie’ di pagna.

Ormai si era nell’età della rete, e quindi era possibile, con una buona dose di pazienza e le giuste reti, pescare Nineteen Days Wonder, di Anna Rybak – che è polacca ma scrive in Inglese, e quindi non giurerei che si tratti della fonte di McBass.

Ad ogni modo, dalla Rybak si scopre che Andrea Zeni era un attore italiano della commedia dell’arte, nato a Venezia o a Treviso, e provvisto di due notevoli talenti: una straordinaria facilità nell’apprendere le lingue (pare che ne parlasse sedici) e un’infinita capacità di mettersi nei guai. Il che probabilmente spiega come fosse arrivato fin lassù sgusciando come un’anguilla d’incidente in incidente, eludendo creditori e mariti, avendo ucciso due uomini in duello e rubato i gioielli di una contessa, ed essendosi spacciato per professore di retorica all’università di Tubinga. Variegata carriera – ma il bello deve ancora venire. Com’è come non è, il nostro fascinoso poliglotta era a Mitau (oggi Jelgava) a fine 1794, giusto in tempo per venire in contatto con quella parte della nobiltà curlandiana cui i pencolamenti filorussi del Duca Peter non andavano per nulla a genio.

L’idea di questi scontenti non era neppure tanto originale: deporre un duca e metterne sul trono un altro in Curlandia era quasi uno sport nazionale – ma chi scegliere?  L’ideale, si ripetevano l’un l’altro, sarebbe stato un conveniente burattino, tanto grato ai suoi fautori da lasciarli governare di fatto in forma di consiglio ducale – e di sangue debitamente tedesco. Peccato, nevvero, che von Biron non avesse avuto figli dalla sua prima moglie tedesca di Germania?  Ed è qui che la faccenda si fa magnificamente dissennata, perché all’improvviso il figlio tedesco saltò fuori: il diciassettenne principe Konstantin von Biron, che si supponeva nato morto, e invece era solo stato rimosso dal padre, ansioso di divorziare dalla moglie tedesca per acquisirne una russa.

E indovinate chi era il redivivo Konstantin? Ma nessun altri che Andrea Zeni – che all’epoca doveva avere passato i venticinque anni, ma era singolarmente bello e capace di passare per un ragazzino. Fatto sta che tutti i Tedeschi di Mitau ingollarono come tanti merluzzi la storia del falso principe, e quando Harald von Kettler (incidentalmente il nipote di un precedente duca deposto), proclamò Konstantin duca, l’esercito accettò l’idea con allarmante entusiasmo. A Peter von Biron non restò che riparare nella città costiera di Windau, pronto a fare vela per l’Impero Russo in caso le cose si mettessero male.

E per un po’ parve proprio che dovesse andare così. Il Duca Konstantin assunse il suo ruolo con uno zelo che Kettler e i suoi cospiratori non dovevano trovare rassicurante – ma che potevano fare? Andrea Zeni poteva anche essere stordito, ma aveva fatto presto a capire che non c’era nessuno che potesse sbugiardarlo senza rovinarsi a sua volta…

Nei suoi diciannove giorni di regno il supposto ragazzino organizzò la difesa della città, ordinò che si fondessero le campane per farne cannoni, ricevette (e presumibilmente ingannò) un inviato prussiano, si nominò comandante di un reggimento, avviò i negoziati per il suo fidanzamento con una principessa  polacca e fondò persino un ordine cavalleresco, il Ducale Ordine della Carpa. Faccia tosta, bell’aspetto e mente pronta, indeed!

Furono diciannove giorni intensi – ma Zeni aveva fatto male i suoi conti. Per prima cosa non c’erano solo i reggimenti di stanza a Mitau, e almeno una parte dell’esercito era rimasta fedele al Duca Peter. Forse un’azione energica avrebbe potuto risolvere la faccenda, ma Kettler e i suoi non erano più così sicuri di voler rischiare tanto per un avventuriero inaffidabile, e per di più dal lato russo cominciavano ad arrivare segnali di inequivocabile impazienza…

Kettler fuggì in Prussia (con un certo numero di sodali appiccicati come remore), e un altro cospiratore perse la testa abbastanza da accoltellare Zeni/Konstantin. Nulla di fatale, e forse nemmeno questo sarebbe stato sufficiente a cambiare le sorti della Curlandia, se l’accoltellatore non avesse strillato ai quattro venti che il principe Konstantin in realtà era un commediante italiano… Quando Peter von Biron marciò su Mitau alla testa di una piccola armata e affiancato da un generale russo, i rivoltosi, che in tutta probabilità cominciavano a sentirsi un po’ stupidi, si affrettarono ad aprirgli le porte della città e a consegnargli l’usurpatore e impostore.

Il coup era fallito, e alla fin fine Kettler e i suoi erano riusciti soltanto ad affrettare la cessione della Curlandia all’Impero Russo.

E Andrea Zeni? Questa è forse la cosa più singolare, dice Anna Rybak. Si sa che fu imprigionato nella deprimente fortezza di San Michele, e che per un po’ continuò a sostenere di essere Konstantin von Biron, sommergendo il suo supposto genitore di lettere in cui implorava la clemenza paterna per un figlio pentito, punito e morente… Era davvero così grave la ferita? Non si sa, perché quelle lettere bugiarde sono l’ultima traccia di Andrea Zeni.

Se fosse graziato, se morisse in prigione, se riuscisse in qualche modo a fuggire resta un mistero. Dopo avere ingannato – seppur soltanto per diciannove giorni – tutta la Curlandia e buona parte dell’Europa orientale, dalla Prussia a San Pietroburgo, Andrea Zeni scompare dalla storia senza lasciarne traccia – come se non fosse mai esistito. O come se si fosse mimetizzato sul fondo, a mò di sogliola…

Bizzarra storia, nevvero?

Diciannove Giorni Di Regnoultima modifica: 2013-04-01T08:10:00+02:00da laclarina
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2 Commenti

  • sono confusa, trovo affascinante la storia e sono fortemente tentata di sperare in uno Zeni italiano che per 19 giorni ci mostri un’Italia in cui si sa cosa fare (fosse anche una caz…) ma che ci tolga da quest’immobilismo…. ma è vera? con te non si sa mai.

  • Eh… no, a dire il vero no. Non è vera. O almeno è vera solo in parte. Era un pesce. Un pesce d’aprile. Ma mi sa che non sia andato molto bene…