Giu 14, 2013 - cinema, Vitarelle e Rotelle    4 Comments

Il Dialogo – Quando È Frizzantino

scrittura creativa,dialoghi, paris when it sizzles, william holden, audrey hepburnAvete mai visto Paris When It Sizzles? È un film anni Sessanta, assolutamente delizioso. Un po’ metacinema, un po’ parodia, un po’ commedia sofisticata. Mi pare che in Italia sia tradotto come Insieme A Parigi (meh…), e ogni tanto lo ridanno – in genere d’estate, alle due del pomeriggio o dopo mezzanotte, you know

E c’è persino una comparsata di Noël Coward. Quel Noël Coward. No, davvero.

Se vi capita e non l’avete mai visto, vale la pena. Questa però non è una recensione. È una faccenda di vitarelle e rotelle. Dialoghi, per la precisione.

Perché dovete sapere che, proprio all’inizio di PWIS, Audrey Hepburn irrompe nella suite di William Holden, armata del suo fascino e di una gabbia contentente canarino a nome Richelieu, per assumere le sue funzioni di dattilografa. Lui, sceneggiatore talentuoso, pigro, alcolizzato e non poco eccentrico, l’accoglie con una serie di istruzioni e raccomandazioni strambe.

“E soprattutto, non risponda mai a una domanda con un’altra domanda. Ha capito bene?”

“Perché?” cinguetta Audrey. “L’ho fatto?”

Inutile dire che lo sceneggiatore diventa sarcastico e i due cominciano a battibeccare adorabilmente, mettendo subito in vetrina il tipo di dialogo brillante, sofisticato e appena nonsense che costituisce un terzo del fascino di questo film.

Ecco, questa è un’abitudine leggermente irritante nella vita reale, ma una meravigliosa tecnica nello scrivere dialoghi. E lo è perché: a) crea conflitto*; b) consente di usare badilate di sottotesto, perché ovviamente tutte le domande successive alla prima sottintendono la mancata risposta e le ragioni della mancata risposta; c) permette di caratterizzare efficacemente varie tipologie di personaggio. Possono esserci varie ragioni per rispondere a una domanda con un’altra domanda: ingenuità, curiosità iperattiva, sovrana indifferenza alle esigenze altrui, tortuosità più o meno machiavellica, sfida, menzogna, evasività, provocazione scherzosa… you name it. E diversi modi per farlo; d) consente di produrre scambi (e battibecchi) incisivi, efficaci e pieni di ritmo.

Per dire, in teatro… ecco.

Poi naturalmente, come tante cose, è da usarsi come il curry – ovvero con cautela. Ma considerando che il dialogo dovrebbe sempre caratterizzare il personaggio o far avanzare l’azione/conflitto (e possibilmente entrambe le cose insieme), direi che questo fits the bill.

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* Fate un piccolo esperimento: al lavoro o in famiglia, scegliete qualcuno di moderatamente nervoso e provate a rispondere con una domanda a ogni domanda che vi viene rivolta. Fatelo due o tre volte, non una sola, e poi sappiatemi dire se genera conflitto oppure no…

Il Dialogo – Quando È Frizzantinoultima modifica: 2013-06-14T08:07:00+02:00da laclarina
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4 Commenti

  • Paris when it Sizzles è un film che più invecchio più mi piace.
    Sulla pellicola circolano svariate leggende, a cominciare da quella del copione originale, radicalmente diverso, che fu necessario riscrivere per problemi crescenti con William Holden ed il suo alcoolismo (alimentato da una passione non corrisposta per la Hepburn – come non capirlo?)
    Su quel copione esistono storie di archeologia cinematografica da far impallidire certe controversie Shakespeariano/Marloviano/Elisabettiane – non esiste più, esiste, c’è del girato, non c’è del girato, quello che circola (circolava?) è un falso…
    So che sarebbe bello, vedere come avrebbe dovuto essere davvero quella storia.
    Così come stanno le cose, è un film che si regge solo ed esclusivamente sul dialogo, e sul carisma dei due protagonisti.

  • Ah, un copione perduto… sono sempre belle storie. E sì, concordo sul fatto che sarebbe favoloso sapere com’era *prima*…
    Però anche così com’è è una meraviglia.
    “Spie con gl’impermeabili? Spie con gl’impermeabili!”
    e…
    “E poi una P. dal C. d’oro, che fa sempre cassetta…”

  • Post interessante. La domanda come risposta che crea conflitto; per forza lo crea: perché uno si aspetta una risposta mentre un’ulteriore domanda rappresenta un ostacolo. Complimenti per il blog.

  • Grazie Lucia – e benvenuta.

    Mi è sempre piaciuta la capacità di creare tensione insita in tutto quel che è incompiuto: una frase lasciata in sospeso, un gesto interrotto, una domanda senza risposta…