In Timida Lode della Procrastinazione Tattica

ProcrastinITParlavasi di procrastinazione, giusto?

E nei commenti, con L., rimuginavasi di diagnosi, guarigioni e cose così. Il che però mi ha dato da pensare – e oggi bisogna proprio che faccia qualcosa che sembrerà un po’ un’inversione a U. O almeno…

Parliamo di scadenze, volete? Vere o artificiali. Qualche tempo fa, nell’intento di finire una stesura in termini ragionevoli, mi imposi di scrivere 1500 parole di romanzo al dì in mezzo a una certa quantità di altre cose – un numero più che ragionevole per i miei ritmi. E in effetti funzionò, come mi aspettavo perché mi conosco e so di lavorare meglio con una scadenza. E tuttavia…

Il fatto è che passavo un sacco di tempo a spostare virgole, cercare immagini di finestre Tudor, farmi una tazza di tè dopo l’altra, controllare la posta, far piani per quello che avrei scritto fra una stesura e l’altra, consultare il beneamato Historical Thesaurus, eccetera eccetera, fino a che non mi restava meno di un’ora prima delle prove/lezione/appuntamento/ora di cena/… E allora, in quell’oretta scarsa, mi riscuotevo e buttavo giù otto o novecento parole di cui non ero troppo dispiaciuta. E poi ripetevo più tardi – di solito a notte fonda fondissima – e finivo col superare le millecinquecento parole quotidiane, ma sempre a forza di frenetiche orette all’ultimo momento…

Ecco, questa a me piace chiamarla Microprocrastinazione, o meglio ancora Procrastinazione Tattica. E non si può negare che in qualche modo funzioni, anche se questo non lo rende necessariamente il più razionale o il più sano dei metodi. Però che devo dire? Funziona – tanto che faccio così anche a livello strategico. A voi non è mai capitato di avere mesi davanti prima di una scadenza – e ridurvi all’ultima settimana per consegnare? Mi si dice che sia una condizione piuttosto comune. Poi l’umanità si divide tra quelli per cui funziona e quelli per cui produce disastri. Io sono di quelli per cui funziona – e infatti continuo a farlo. Talvolta mi chiedo vagamente: e se invece, per una volta, provassi a usare davvero tutto il tempo di cui dispongo? Talvolta ci provo perfino, ma alla fin fine il fatto è che per lo più lavoro meglio sotto pressione, e quando la pressione non c’è la creo artificialmente. Procrastinando.

E magari è solo un’altra di quelle gradevoli illusioni – come l’utilità immaginaria e il nome di multitasking – con cui rivestire le ore passate a cercare finestre Tudor, ma se invece, dopo tutto, non tuttissima la procrastinazione venisse per nuocere?

 

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In Timida Lode della Procrastinazione Tatticaultima modifica: 2017-02-08T10:18:17+01:00da laclarina
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2 Commenti

  • La moglie di Dostoevskij nei suoi diari ha scritto più volte che un cruccio del buon Fëdor era quello di scrivere sempre all’ultimo momento, pressato da una scadenza: non esistendo il diritto d’autore, doveva scrivere sempre per guadagnare. E il suo sogno sarebbe stato quello di scrivere in santa pace, senza alcuna scadenza da rispettare: per fortuna non ci è riuscito…
    Ci sono davvero persone che danno il meglio sotto pressione, per cui alla fine anche quella che sembra una procrastinazione è in realtà l’attesa del livello giusto di pressione che serve per scrivere in modo fruttuoso.
    Borges non aveva scadenze né problemi di soldi – o almeno non ne ha lasciato tracce in memoriali ed interviste – e poteva permettersi di limare virgole e parole, facendo impazzire i “vedenti” che lavoravano (gratis) per lui: il risultato è poco testo ma succosissimo, contro il tanto testo nutriente di Fëdor. Sono due scritture meravigliose ma nate da “pressioni” diverse. 😉

  • Considerando quanto e quanto a lungo è stata diffusa la pubblicazione a puntate, bisogna dire che dobbiamo un sacco di romanzi alla forza delle scadenze…
    Mi viene in mente in particolare Dumas, che pareva trovar gusto nell’andarsi a cercare ritmi di consegna folli e multipli, come se fosse una sfida. Come se avesse bisogno di vedere quanta pressione poteva tollerare. A volte erano due, addirittura tre romanzi in contemporanea, a scadenze settimanali o bisettimanali su altrettanti periodici – e contemporaneamente c’era anche il teatro. E un altro così era Dickens. Morale: ritmi folli, produzione sterminata, qualità… er, variabile.
    Di sicuro nessuno dei due aveva la minima idea di che cosa significasse procrastinare.