Quello Che Serve: 12 punti che è meglio avere in una trama
Catherine Ryan Howard, con questo nome da romanzo storico, è una ragazza irlandese provvista di uno sguardo decisamente no-nonsense su libri, scrittura, editoria e compagnia cantante, un invidiabile spirito d’iniziativa e ironia a carrettate. Sul suo blog ho trovato questo arnese, che sembra una lista della spesa, ma è una sensatissima ipotesi di trama in 12 punti, basata sull’analisi della trama media e sulla lettura di un buon numero di testi di scrittura cinematografica:
1. Scena d’apertura
2. Impostazione/Introduzione personaggi/Ambientazione
3. Incidente catalizzatore
4. Dibattito (I personaggi cogitano: “che fare?”)
5. Inizia il II Atto/Introduzione della sottotrama
6. Il Punto di Mezzo (un momentaneo ‘miglioramento’ o ‘peggioramento’ – purché sia in direzione opposta a quella del finale)
7. Cose toste, effetti speciali e meraviglie varie (i pezzi che finirebbero nel trailer, se il vostro romanzo fosse un film)
8. La minaccia cresce, il pericolo si avvicina
9. Tutto è perduto (il momento peggiore per il protagonista)
10. Inizia l’Atto III
11. Finale/Climax
12. Scena finale o epilogo
Sì, lo so: uno schema? Orrore! Sacrilegio! Anatema! Che ne è dell’ispirazione, dell’alata fantasia, della mistica e spontanea sacralità della scrittura? Nessuno dice di prendere questo schema e scriverci un romanzo seguendolo punto per punto – e guai se si sgarra! – ma di certo a nessun romanzo nuoce contenere tutti questi punti. Anche perché – sorpresa!! – si tratta di una versione della buona, vecchia e collaudata Struttura in Tre Atti che, a sua volta, risale alla teoria drammatica di Aristotele.
Quindi, per ricapitolare: nulla di astruso, di americano, di orribilmente commerciale. Solo Aristotele, solo una manciatina di principi drammatico-narrativi che erano già solidificati ventiquattro secoli fa, che sono insiti nella nostra identità culturale, che siamo programmati per riconoscere come elementi necessari di una “storia”. Per cui, magari, i dodici punti qui sopra possiamo considerarli una buona checklist: abbiamo, il mio romanzo e io, tutto quello che serve?
Be’, il punto è che nel ‘900 ci hanno provato in molti a fare a meno della struttura in tre atti, e i risultati hanno prodotto romanzi che hanno fatto parlare di “morte del romanzo”.
Che invece -sorpresa!- è vivo e vegeto!
Inossidabile e indistruttibile, a quanto pare – e per fortuna!
Ho letto proprio oggi un’intervista di una scrittrice che, a proposito del *romanzo* di un’altra scrittrice dice (un nonnulla velenosamente, ma non mal-à-propos) di non averlo trovato il suo genere: lei preferisce leggere romanzi. Come dire… 🙂
non riesco a trovare il link al post originale… lo hai ancora? grazie.
Sì – da qualche parte. Cerco e posto qui, ok?