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Ott 24, 2011 - Digitalia, Gl'Insorti di Strada Nuova, self-publishing    Commenti disabilitati su Gl’Insorti di Strada Nuova – Il Sito

Gl’Insorti di Strada Nuova – Il Sito

Frammezzo agli ultimi accadimenti, poteva sembrare che mi fossi dimenticata di Strada Nuova, e invece no. Il lavoro procede tra le quinte, alacre e silente…

Da oggi un po’ meno silente, visto che si vara il sito de Gl’Insorti di Strada Nuova: lo trovate qui.

Ci troverete notizie, gallerie di personaggi, la nuova copertina, un sostanzioso incipit da leggere o scaricare*, qualche piccola bizzarria, qualche considerazione sul self-publishing, un nonnulla di dietro le quinte e qualche po’ di work in progress.

Spero che darete un’occhiata attorno, che ne verrete via incuriositi, che ne parlerete ad amici e parenti, che ci tornerete per le novità – perché novità ci saranno, tra oggi e l’uscita del libro.

Intanto buona lettura: Gl’Insorti di Strada Nuova.

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* Lo prende qui o glielo incarto da portar via?

Strada Nuova – Qualcosa Da Vedere

Settimana laboriosa, sul fronte di Strada Nuova.

In primo luogo sono giunta alla conclusione che la conversione in epub – con questo intendendosi una buona conversione in epub – è un tantino al di sopra delle mie possibilità tecniche. O meglio: forse potrei farlo, con pazienza, paglia e tempo… ma in definitiva questa è una nespola che mi conviene affidare a qualcuno che sia meno technically challenged di me. Sussulto di buon senso, vero? E ho anche avuto la fortuna di trovare gente in gamba, flessibile e ragionevole, e mentre leggete qui, oltreoceano qualcuno sta convertendo, convertendo, convertendo…

Francamente è un gran sollievo: ho potuto mettere da parte Sigil e concentrarmi su cose che mi rendono meno infelice, come copertine, frontespizi, IV di copertina e il sito.

Ebbene sì, GISN sta per avere un sito tutto suo. Nel corso di questa settimana ho registrato un dominio dal nome dissennatamente lungo: www.glinsortidistradanuova.com, e adesso sto smanettando su WordPress per mettere insieme l’arnese. Detto per inciso, adoro WordPress. Un giorno o l’altro forse mi deciderò a fare il balzo e passerò a WordPress.org – che dovrebbe consentire molta più libertà d’azione – ma devo dire che la versione .com è davvero una gioia: persino io sono in grado, con ragionevoli quantità d’impegno, di produrre qualcosa di decente. Or perhaps this is just fond thinking? Mi saprete dire più avanti.

Intanto ho da mostrarvi il risultato di molte ore tra GIMP e Photofiltre, molti tentativi, molti ripensamenti e molti patemi. Mie signore e miei signori, miei carissimi Lettori, per l’orgoglio di Clarina, ecco a voi… (piccolo rullo di tamburi) …la copertina:

gl'insorti di strada nuova, ebook, copertina, self-publishing, epub, wordpress, gimp,

Sì, Delacroix. Se avete letto l’ex incipit sapete che ci sono buone ragioni.

E per ora è tutto. Non ci vorrà molto prima che il sito sia ragionevolmente pronto, e allora vi farò sapere. Intanto ditemi: che ve ne pare della copertina?


 

Michael Hart – Visionario e Creatore

Perdonate se sono breve, ma ho un’incantevole tonsillite fuori stagione, ho la febbre e sono sotto antibiotici: sono lucida e aguzza come un paguro intagliato nella pietra pomice.

Tuttavia volevo ricordare Michael Stern Hart, che è morto dieci giorni fa. Qui trovate il necrologio pubblicato sul sito del suo progetto.

Michael Hart era stato l’ideatore del Project Gutenberg Project e il padre dell’ebook.

project gutenberg, michael hart,Aveva cominciato giusto quarant’anni fa, digitalizzando una copia della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. Lo aveva fatto perché gli sembrava un bel modo per ringraziare l’Università dell’Illinois di avergli messo a disposizione un computer molto potente. Quarant’anni fa Internet stava muovendo i primi passi, ma Hart ne preconizzava l’estensione, così come la diffusione dei computer nelle case private, nelle scuole, negli uffici e nelle biblioteche. Un giorno, diceva Hart, tutti avrebbero avuto accesso a un computer: la sua intenzione era quella di far trovare a tutti questi utenti una vasta collezione di testi facilmente accessibili.

Al suo progetto diede il nome di Gutenberg, lo stampatore che alla metà del Quattrocento aveva rivoluzionato la diffusione dei libri e della conoscenza per mezzo di uno straordinario nuovo supporto. L’impatto della digitalizzazione sulla diffusione della conoscenza, nelle intenzioni di Hart, doveva essere pari a quello della stampa.

Quarant’anni più tardi, molto di quello che Hart sognava si è realizzato – e il suo progetto, realizzato con molto lavoro personale e con l’appassionata partecipazione di migliaia e migliaia di volontari, ha avuto un ruolo fondamentale nella diffusione della lettura digitale.

Al momento il PG conta più di 36000 testi in una sessantina di lingue e in vari formati. Non sempre la qualità delle trascrizioni e delle conversioni è ottimale – vero. Ma i testi sono lì, numerosissimi, accessibili, a disposizione di chiunque: una straordinaria miniera, un esempio di sforzo collaborativo, un’idea che ha funzionato e un’ispirazione.

Hart era un instancabile visionario capace di mettere in pratica ciò che sognava, un trascinatore, un personaggio abrasivo, irrequieto e brillante che ha dato una mano a modellare il nostro mondo digitalizzato.

Gli piaceva ripetere questa citazione di G.B. Shaw: “La gente ragionevole si adatta al mondo. La gente irragionevole cerca di adattare il mondo a se stessa. E dunque tutto il progresso si deve alle persone irragionevoli.” E naturalmente Hart considerava se stesso molto irragionevole.

E dunque, che bisogna dire, se non che siamo grati per l’irragionevolezza?

La Nuova Strada (Digitale)

Mi pare di avervelo detto: ho deciso di ripubblicare Gl’Insorti di Strada Nuova in versione digitale.

Lo sto facendo da sola in più di un senso: da un lato mi pubblico da me, perché lo vedo succedere in modi che mi piacciono – anche se per ora succede più che altro across the Pond, perché ho fiducia in questo nuovo genere di editoria, e per il serissimo motivo che non vedo l’ora di potermi definire indie author. E in secondo luogo, sto facendo tutto da sola – grafica, design interno, conversioni, promozione… Se tutto va bene, lo vedrete succedere un po’ per volta.

Auguratemi buona fortuna, intanto, e lasciate che vi racconti come sta andando.

Per prima cosa ho ripreso in mano il libro. Sono passati sei anni da quando Strada Nuova è uscito per la prima volta, e fra sette e otto da quando l’ho scritto. Mi lusingo di avere imparato qualche piccola cosa da allora, craft-wise – non foss’altro che in materia di formattazione.

Così, per esempio, ho cambiato il formato dei dialoghi.

– Quando ero giovane e innocente scrivevo i dialoghi con i trattini. – Ammise la Clarina. – Mettevo un trattino all’inizio di ogni battuta, e qualche volta dei trattini alla fine, secondo tutta una serie di criteri. –

Non era una buona idea per vari motivi. Non era particolarmente bello, non era granché chiaro, Word tendeva a correggere il trattino semplice in trattino lungo, e i trattini stessi migravano di loro iniziativa in strane posizioni appena mi distraevo.

“Adesso i dialoghi li scrivo con le doppie virgolette,” disse la Clarina. “Non vi pare che stiano molto meglio?”

E avrete notato anche un’evoluzione nell’uso della punteggiatura. Non sono inflessibile come gli Anglosassoni, la maggior parte dei quali morirebbe piuttosto che finire una battuta di dialogo con un punto se dopo c’è un tag. Sostengo e sempre sosterrò che in certe situazioni il punto è l’unica soluzione logica, perché c’è differenza tra:

“Un punto è un punto e una virgola è una virgola,” disse Luigi.

E:

“Un punto non sarà mai una virgola, e viceversa.” Luigi annuì all’indirizzo della libreria, compiaciuto della propria saggezza.

Nel secondo caso non c’è un vero e proprio tag, giusto? L’azione è correlata alla battuta, ma non ne è parte in senso stretto… Ma non smarriamoci in minutaglie tecniche. Il fatto è che ormai sono talmente abituata a questo uso della punteggiatura che mi ha fatto tenerezza ritrovare la vecchia maniera.

Meno tenerezza mi ha fatto l’ossessione che da fanciulla nutrivo per i sinonimi del verbo dire. Non ero ancora passata per la scuola dello He Said She Said, e i miei personaggi mormoravano, concedevano, ammettevano, sussurravano, protestavano, insorgevano, ammettevano, rimuginavano, borbottavano, brontolavano, ridevano… mai che dicessero una volta. E sono quelle cose da scrittore novellino, come gli avverbi a pioggia monsonica. Now I know better, ma non ho sistemato proprio tutto. Ho lasciato avverbi, sinonimi e magagne varie nelle pagine del romanzo vero e proprio, perché “Irene”, l’autrice de Gl’Insorti di Strada Nuova, è una scrittrice alla prime armi come lo ero io all’epoca. Ora, nel corso di questi anni ho constatato un paio di cose: una è che i lettori smaliziati notano la sovrabbondanza di condimento; l’altra è che in teoria il condimento in eccesso dovrebbe essere asciugato in fase di editing, ma in pratica arriva in stampa in tutta la sua gloria molto più spesso di quanto sia bello pensare.

Cosicché ho asciugato solo un po’ lo stile di Irene, ma ho fatto sì che alcuni tra i miei/suoi venti lettori notino gli avverbi, si spazientiscano dei tags e, in generale, levino gli occhi al cielo per le acerbe doti di narratrice della pur pubblicata fanciulla.

E a questo punto forse cominciate a nutrire qualche curiosità nei confronti della struttura? Chi diamine è Irene? Non sono io l’autrice di questo libro? E da dove saltano fuori i lettori?

Temo che per saperlo dovrete aspettare ancora un po’, ma intanto, se volete, potete dare un’occhiata al vecchio incipit.

La struttura, dicevamo. Di quella non ho cambiato nemmeno una virgola. Ne sono ancora soddisfatta – e d’altro canto dovrebbe essere il punto di forza del romanzo…

Un’altra cosa mi ha dato da pensare. Strada Nuova, l’avrete intuito, è un romanzo storico solo in via obliqua e meta. Ci si parla parecchio di lettura – in particolar modo del rapporto tra lettore e libro. Ed è ambientato appena prima degli anni in cui è stato scritto, quando Internet era ancora un’entità misteriosa per molti, quando nessuno aveva idea di che cosa fosse un e-book, quando di libri non si discuteva su Twitter. La tentazione di sventrare e riscrivere from scratch, trasportando tutto ai giorni nostri, è stata forte. Alla fine ho deciso di non farlo – almeno non per adesso – e di lasciare che Strada Nuova restasse una specie di tributo alla lettura pre-digitale.

Ecco. Adesso ho messo da parte il testo sistemato. Prima di sottoporlo un ultimo safari pre-conversione intendo lasciarlo frollare per qualche giorno, e intanto ho spostato le mie attenzioni alla copertina. Vi racconterò le mie vicissitudini grafiche in qualche prossimo futuro – e per allora conto di avere anche qualche cosa da mostrarvi.


Set 13, 2011 - Digitalia, grillopensante, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Il Libretto Rosa Di Finzioni

Il Libretto Rosa Di Finzioni

finzioni magazine, libretto rosa, lettura, rivoluzioneAl grido di “Lettori di tutto il mondo, leggete!” Finzioni Magazine prepara la rivoluzione – e tanto per cominciare ne pubblica il manifesto.

Andate qui, scaricatelo nel formato che preferite, leggetelo e rimuginateci su. Ci troverete nobili intenzioni, qualche buona idea e soprattutto molti spunti di discussione.

E questo è il bello: Finzioni si propone soprattutto, come primo atto rivoluzionario, di avviare la discussione sull’argomento. Da oggi pubblica un capitolo per volta, aprendo il dibattito nei commenti.

Non importa molto se siete d’accordo oppure no: se avete mai letto un libro in vita vostra (and if you are here, odds are you have), non potete non avere un’opinione sullo stato attuale e sul futuro prossimo di lettura, letteratura ed editoria. E allora andiamo, leggiamo, discutiamo.

Non so dove arriverà Finzioni con la sua rivoluzione, ma una cosa è certa: varrà la pena di seguire attentamente gli sviluppi.

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Non fatevi strane idee: non ho ripreso a postare tutti i giorni. È che qui accadono accadimenti in continuazione – le edizioni straordinarie servono a questo, you know

Il Ruolo Del Lettore Nel Futuro Dell’eBook – E Viceversa

ebook, enhanced ebooks, pottermore, e-reader, kindle, ipad, letturaSì, lo confesso: mi sono iscritta alla  versione beta di Pottermore. Ho fatto tardi la notte per essere nel primo milione di fortunati ammessi alla unique reading experience che J.K. Rowlings ha creato per i suoi lettori… la volevo proprio vedere, questa unique reding experience. Adesso che l’ho fatto, devo ammettere che sono un nonnulla delusa: la versione beta è bellina a vedersi ma desolatamente muta e, per quel che ho visto finora, non molto interattiva. Mi domando come debba apparire al pubblico molto più giovane di me per cui è calibrata. La cosa forse più interessante sono i commenti in cui l’autrice svela particolari della creazione dell’uno o dell’altro personaggio, luogo o particolare della trama*. Come dicevo, il tutto è bellino a vedersi: molte scene del libro sono ricreate in belle illustrazioni vagamente interattive, e l’interfaccia è, come ci si poteva aspettare, a tema in ogni minimo particolare. L’enfasi sembra essere concentrata sull’intento di “ricreare il mondo dei romanzi di HP.”

E questo, vi confesso, alla quinta o sesta reiterazione mi ha dato da pensare. Ma non era il mestiere del lettore quello di immaginare “il mondo del romanzo” sulla base del lavoro dell’autore – ed eventualmente qualche illustrazione?

Se c’è una descrizione del processo di lettura che mi piace più di altre, è quella che si trova più di una volta nel ciclo di Thursday Next di Jasper Forde. Valga per tutte la meravigliosa scena in First Amongst Sequels** in cui la protagonista, per ragioni troppo lunghe da spiegare, si ritrova all’interno di Pinocchio proprio mentre qualcuno lo legge. La scena è la bottega di Geppetto, descritta in grazioso e minuto dettaglio… ma ecco che il lettore si avvicina alla pagina in cui si trova Thursday: l’aria vibra e si riempie del profumo della segatura, i colori si fanno più vividi, la luce gioca sul filo delle lame, ogni singolo truciolo assume rilievo, in un crescendo che culmina con il passaggio del lettore per poi dissolversi. Perché quando non c’è l’immaginazione del lettore a dargli vita, “il mondo del libro” rimane piatto e vuoto.

E c’è di più: con questa enfasi sul ruolo del lettore e con il tema ricorrente di una ebook, ereader, kindle, ipad, editoria digitale, pottermoremalvagia cospirazione per imporre il sistema UltraWord 9.0, una specie di interfaccia destinato a sostituirsi in modo viepiù invasivo alla soggettività del lettore***, Fforde sembra avere preconizzato uno degli attuali dilemmi dell’editoria digitale: to enhance or not to enhance?

Sarà interessante vedere se e come, nei prossimi volumi della serie, Fforde integrerà gli sviluppi tecnologici che hanno raggiunto e superato le sue creazioni immaginarie – per esempio gli ebooks con colonna sonora di cui si parla in questi giorni un po’ dappertutto: qui trovate una descrizione della faccenda sul Corriere, qui un commento di scarsissimo entusiasmo e qui un vero e proprio rant di Harry Mount sul Daily Telegraph – e vale la pena di leggere anche i commenti.

Ora, il mio cuore di lettrice tende a schierarsi con Fforde e con Mount: a parte le possibili nefaste conseguenze sulla lettura in luogo pubblico, che ne sarà di questo passo della lettura come la conosciamo e intendiamo?

Qualche mese fa discutevo di e-readers con il professor Massimo Puliani, docente di Comunicazione Visiva Multimediale all’Accademia di Belle Arti di Macerata: il professore sosteneva la superiorità dell’iPad per le sue possibilità multimediali, io difendevo il Kindle come strumento di lettura. In realtà parlavamo di cose del tutto diverse, perché il Kindle è l’equivalente digitale di un libro cartaceo – e dunque di quella che chiameremo lettura tradizionale, mentre l’iPad è il supporto ideale per tutti quegli enhancements che fanno di un ebook qualcosa di molto diverso da un libro.

Ora, la domanda è: qual è lo scopo ultimo degli enhancements? Il professor Puliani parlava di potenzialità didattiche e di fruizione di risorse digitali; la gente di Pottermore propone esperienze complementari alla lettura – la possibilità di “entrare” in prima persona nel mondo del libro tramite una combinazione di gioco di ruolo e social networking; Booktrack, la società che ha prodotto i primi ebooks con colonna sonora, prefigura la possibilità di rendere la lettura più attraente per i cosiddetti “lettori deboli” – in particolare i giovanissimi.

Posso concordare con il professor Puliani per quel che riguarda libri di testo, saggistica, libri di viaggio, ma quando si parla di narrativa ho qualche dubbio. Una storia che ha bisogno di immagini, filmati e musica per produrre il suo effetto sul lettore è… be’, un film. O forse un audiovisivo, o magari un videogioco, o anche qualcosa di completamente diverso – ma di certo non è un romanzo. Non nel buon vecchio senso per cui posso leggere la scena dell’assalto alla prigione di Newgate in Barnaby Rudge e chiudere il libro con l’impressione di avere respirato il fumo delle torce…

La domanda successiva è quella posta da Booktracks: che ne è di tutta quella giovane gente cresciuta a film, anime e videogiochi? Vogliamo condannare intere generazioni a non conoscere mai un classico se non via Hollywood? E, per tornare ad argomenti già discussi, non è questo un potenziale mezzo per convincere i giovanissimi lettori che la letteratura non deve per forza essere noiosa? Ebbene, tutto ciò non è poi così dissennato. Ha davvero senso difendere il mos maiorum della lettura se questo deve significare che più nessuno legga? I tempi cambiano, cambiano le abitudini, le percezioni, i percorsi mentali, le soglie di attenzione. Ci si può chiedere se gli enhanced ebooks siano una risposta a questi cambiamenti o se servano a precipitarli più di quanto già non sia – ma è difficile negare il cambiamento stesso. O il fatto che la sopravvivenza sia per due terzi adattamento.

Così editoria e letteratura si adatteranno. Per ora gli enhancements riguardano qualche vecchio classico, ma sono certissima che si sta già lavorando a narrativa pensata apposta per questa nuova e, lo ripeto, radicalmente diversa forma di lettura.

ebook, enhanced ebook, booktrack, lettura, kindle, ipad, editoria digitaleÈ, badate bene, una diversità molto più radicale rispetto a quella costituita dal passaggio tra cartaceo ed e-reader. A parte tutte le discussioni sul profumo della carta stampata e sul piacere fisico derivante dalle rilegature rigide, la differenza tra leggere una cinquecentina e leggere sul Kindle è essenzialmente di mezzo. Ma tra il mio Kindle e un enhanced ebook si apre l’abisso che separa due processi mentali e due concetti di lettura del tutto differenti.

E si vede che vado invecchiando, perché non posso fare a meno di di restare appassionatamente legata al vecchio concetto di lettura – quella letteratura che, ancora secondo Jasper Fforde, [d]opo tutto, si può dire che […]richieda molta più creatività e immaginazione che scrivere; quando il lettore crea nella sua testa un’emozione, o i colori del cielo al tramonto, o il sentore della brezza estiva che gli soffia sul viso, dovrebbe apprezzare il proprio lavoro quanto quello dello scrittore – forse persino di più.

E voi che ne pensate?

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* In concetto, non vi ricorda il programma @author di Amazon Kindle?

** Non ancora tradotto in Italia. Marcos Y Marcos? Hint, hint, hint…

*** La serie è ambientata in un futuro un tantino distopico, oltre che nel Mondo dei Libri.

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Già che ci siamo, vi consiglio con calore l’opera di Jasper Fforde – un piccolo, brillante, spassoso, acuto, intelligente monumento alla lettura e ai libri, tributato in storie avvincenti, originali, piene di deliziose invenzioni, di nonsense e di idee:

 


Set 7, 2011 - Digitalia, Gl'Insorti di Strada Nuova, teatro    Commenti disabilitati su Good Things Coming

Good Things Coming

L’autunno si prospetta interessante.

Tanto per cominciare, Gl’Insorti di Strada Nuova torna… stavo per scrivere “in libreria”, ma non è proprio così. Strada Nuova è il mio secondo romanzo, un meta-arnese pubblicato sei anni fa con uno di quei microeditori senza promozione e senza distribuzione. Adesso è giunto il momento per lanciarlo nel mare digitale. Per cominciare, qui trovate qualche informazione e l’incipit. Nel corso delle prossime settimane vi terrò aggiornati, qui e su Twitter, sulle mie vicissitudini e tribolazioni di self-publisher. Seguitemi nella mia avventura, volete?

Poi il 14 di ottobre l’Accademia Teatrale Campogalliani debutterà al meraviglioso Teatro Bibiena di Mantova con il mio atto unico Di Uomini E Poeti – ovvero Il Testamento di Virgilio. L’occasione è importante: convegno virgiliano in occasione del 150° e conferimento dell’edizione speciale del Premio Virgilio honoris causa al poeta irlandese Seamus Heaney – Nobel per la letteratura 1995. Per cui, sì: un Nobel per la letteratura assisterà al mio atto unico. Non so quanto ne capirà, ma immaginate il mio stomaco invaso da tutto un gaio sciamare di lepidotteri. Grossi come altrettanti B52. L’Accademia Campogalliani riprenderà DUeP nel febbraio 2012: guardate qui e scendete* fino a Dal 9 Febbraio. Anche di questa faccenda, inutile che ve lo dica, sentirete parlare ancora.

Con la Campogalliani non ho finito – o meglio la Campogalliani non ha finito con me, visto che nella nuova edizione dei Lunedì del D’Arco, dedicata al 150°, offrirà letture drammatiche di Aninha e della Giudi. Tra novembre e dicembre – sarò più precisa.

E per finire una piccola novità che riguarda Senza Errori di Stumpa. Mattia Nicchio di Sudare Inchiostro ha dedicato un post a Lo Scrittore di Buon Senso, parlandone bene e tirandomi un pochino le orecchie perché non faccio molto per renderlo facilmente reperibile. Che dire? Mattia ha ragione – e io agisco. Come forse avrete notato, qui di fianco è germogliata una pagina dedicata al mio piccolo cotillon. Scaricate, leggete, fate circolare, venite a discuterne… Per ora c’è solo la versione .pdf, ma conto di arrivare a breve con MOBI – e probabilmente anche con ePUB.

E altre novità bollono in pentola per me e per SEdS, ma non ve le dico. Non ancora, almeno – perché, come tutti i narratori, torturo la gente di mestiere con vaghe promesse, premesse, prefigurazioni e appendimenti alle scogliere.

Stay tuned!

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* “Scrollare,” mi dice C. “Si usa scrollare!” Ma io non posso usare il verbo scrollare senza evocare immagini di enormi cani bagnati che si scuotono spargendo acqua ovunque… o almeno gente che fa spallucce. Per cui, nel senso di “far scorrere una pagina web usando il topo” continuerò a usare il buon vecchio scendere, o magari anche scorrere.

Kindle @author: Chiedi All’Autore

Dunque adesso Kindle consente di comunicare con l’autore durante la lettura. Lo dice Jeff Bertolucci qui. Non qualsiasi autore: per ora i partecipanti all’esperimento @author sono una manciata, tra cui – e dite la verità: siete poco sorpresi come lo sono io? – Joe Konrath e John Locke.

Il funzionamento è semplice: se mentre leggete un ebook vi punge un’improvvisa curiosità, di quelle che solo l’autore può appagare, il vostro marchingegno vi consente di rivolgere la vostra domanda alla persona giusta – purché lo facciate in meno di cento caratteri. Mica tanti: farete bene ad avere curiosità sintetiche… Dopodiché l’autore riceverà la domanda e, presumibilmente, risponderà.

Si capisce che bisognerà attendersi tempi lunghetti: lo scrittore non è un call center 24/7, ciò che a mio avviso forse rende @author un nonnulla ridondante: cosa vi impedisce davvero di fare la vostra domanda via Amazon Author Page (oltretutto senza il limite dei 100 caratteri) non appena avrete accesso a una connessione internet vera e propria? Chi è mai morto fulminato per non aver capito una svolta della trama? E non posso fare a meno di chiedermi: come si regoleranno con l’inevitabile quantità domande idiote? E a lungo andare allestiranno una sezione FAQ sulla AP e un responder automatico per @author?

Ma a parte queste idle curiosities, non nego che l’idea di comunicare con l’autore sia sempre interessante.  Potenzialmente pericolosa, forse, ma interessante.

Sorry, ma non potete contattare gli autori morti, conclude Bertolucci. Almeno non ancora.

Peccato, peccato… Ma noi facciamo un gioco: se poteste fare una domanda a un autore morto, se poteste farvi spiegare un punto di trama, dubitare di un tema, fare domande sull’esatta connotazione di una parola in un dato contesto, cosa chiedereste e a chi?

Forza: @deadauthor…

 

Ago 19, 2011 - blog life, Digitalia, kindle, pennivendolerie, Somnium Hannibalis    Commenti disabilitati su Google E Le Sue Gioie

Google E Le Sue Gioie

Non ho l’abitudine di cercarmi su Google.

E’ stata una combinazione di caso e di curiosità improvvisa se, quando ho aperto Google per vedere il doodle* di mercoledì, ho digitato il mio nome nella searchbox.

E guarda un po’ se non vado a inciampare in una recensione del Somnium che mi era sfuggita del tutto.

Giuseppe Panella si diffonde in proposito sul blog letterario Retroguardia 2.0 (la recensione è qui), con entusiasmo più che lusinghiero. Quando poi, a titolo di conclusione, paragona SH a Lord Jim – e me a Conrad – non vi fate l’idea di dove sia schizzata la mia pressione. Che poi sia ben chiaro: mi rendo conto benissimo che si tratta di un paragone impegnativissimo ed eccessivissimo, ma Conrad – come sapete fin troppo bene – è uno dei miei idoli e modelli, e LJ è IL libro della mia vita, per cui il solo fatto che a qualcuno sia venuto in mente un paragone del genere mi rende impossibilmente, incontenibilmente, divinamente felice. 

Essì; tre avverbi – Mark Twain sta già imbracciando la doppietta.

Poi, siccome non bastava, ho trovato questa intervista in cui la blogger Marta Manfioletti, di E-Letteratura, conta SEdS tra i cinque blog che non possono mancare nel suo blogroll. I drop a curtsey, e già che ci siamo: leggetelo, E-Letteratura, perché è una miniera di informazioni, acute riflessioni, approfondimenti e notizie sull’editoria digitale – nonché il diario della storia d’amore tra Marta e il suo Kindle.

E poi un sacco di altre cose di varie dimensioni e di non poca soddisfazione. Di qualcuna parleremo più avanti.

Insomma: non ho l’abitudine di cercarmi su Google – ma forse dovrei svilupparla.

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* E non so voi, ma io sono propensa a considerare i doodles come una delle gioie del titolo.

A Proposito Di Aninha – Una Piccola Storia, Una Considerazione E Un Corso O Due

Avevo promesso di raccontarvi le traversie del debutto di Aninha, vero?

Ebbene, approfittiamo della giornata di vacanza per farlo. Vi avverto, quella che state per leggere è una storia sanguinosa e truce. Se siete molto sensibili state alla larga.

Prima di tutto, Dramatis Personae:

L’Uomo delle Luci, henceforward known as UL: colui che alla vigilia, con un sorriso a molti megawatt, mi disse “ci abbiamo tutto – è tutto a posto. Ci ho anche delle barre a leds che sono la fine del mondo. Vai tranquilla.”

Flip: aiuto regista, donna saggia, scudo umano.

La Clarina: autrice, regista e  attrice avventizia di Aninha – e, in conseguenza di tutto ciò, a tutti gli effetti pratici una potenziale omicida in crinoline.

I Due Implumi: a mezza via tra i Connestabili di Molto Rumor Per Nulla e i Sicari di Macbeth

Aninha, Garibaldi, Manuel Duarte, gli Histriones: gli eroi della serata

La Folla, capeggiata dall’Assessore alla Cultura: un pubblico pieno di clemenza

E adesso, buio in sala, musica, sipario!

La data è il 23 di luglio, il luogo è Governolo, nel bel mezzo della Tregiorni Risorgimentale che da un anno andiamo laboriosamente organizzando, che gode del favore del meteo e che contempla un sacco di lavoro. Fra un paio d’ore va in scena Aninha, e io sto sperimentando le gioie del darsi attorno in costume ottocentesco. Immaginatemi mentre sgonnello su e giù per Governolo di Sopra popolato di figuranti in costume – gli ultimi momenti lieti prima che ben altre catastrofi che le crinoline piombino su di me.

Attorno alle sette si vedono gli Histriones, poi Aninha, e poi (ma molto poi – e appena giunto dalla Puglia) Garibaldi. Camerini di fortuna sopra la mostra e tutto quanto e poi, una volta cambiati e provvisti di bandiere catarinensi, prenderemmo possesso del palco per una piccola prova di movimento, se non ce ne scacciassero subito i danzatori ottocenteschi.

Ora, biasimo eterno sia alla sottoscritta per non essersi ribellata quando qualcuno ha avuto la brillante idea to sandwich Aninha between the halves of the Gran Ballo Risorgimentale. In teoria era previsto che avessimo tre quarti d’ora di tempo prima dello spettacolo, ma come non aspettarsi che i danzatori sforassero alla grande? I’m a fool.

Però l’UL è un idiota più grosso di me, perché quando finalmente i danseurs sgombrano il campo e noi, forti di una proverella nel prato davanti a un pubblico di anatre e galline, ci dichiariamo pronti, lui  comincia a perdere la testa.

“Non abbiamo mai provato,” ulula, con gli occhi di fuori.

Vero, ma non è un grosso problema – o così credo nel mio colpevole candore. Disegno luci all’osso e la mia assistente Flip (suona grand, vero?) pronta a dettarglielo passo per passo… che ci vuol mai?

“Abbiamo fatto di peggio, credimi. Adesso rilassati, e fai tutto quello – e solo quello che ti dice Flip.”

Ma avevo fatto i conti senza l’oste, si capisce. Alla prima istruzione, l’UL sbianca.

“Ma io non posso accendere solo i tagli di sinistra! Non mi hai detto che volevi accenderli separatamente!” E alla seconda istruzione, “Ma le barre a leds si accendono tutte insieme o niente! Non mi hai detto che…”

E mentre ringhio che l’unico motivo concepibile per cui uno può volere batterie distinte delle stesse luci in posti diversi è per poterle usare separatamente, sento alle mie spalle “Profe, profe!”

Mi volto e mi ritrovo due degli Implumi di Uno Dei Mille.

“Ci pensiamo noi alle immagini, profe. Ci dà la chiavetta? Ci pensiamo noi alla musica. Ci dà il CD?”

Personalmente ho qualche misgiving, ma gli Implumi sfoggiano sorrisi che interferiscono con la navigazione aerea. Scambio uno sguardo terrorizzato con Flip, e cedo il bottino.

“Mi raccomando, ragazzi, seguite bene le istruzioni…”

E ancora una volta, little I know che il peggio deve ancora venire.

L’Assessora arriva con l’aria contrita di chi ha messo i danzatori ottocenteschi sul collo di qualcun altro e vuole farsi perdonare.

“Adesso parlo un po’ e tiro di lungo, così riuscite a fare tutto,” mormora, e sale sul palco e si lancia in una disquisizione lunga e ripetitiva mentre noi veniamo frettolosamente  microfonati e gli Implumi avviano il proiettore… e a questo punto la catastrofe comincia ad abbattersi su di noi sul serio.

Sappiate dunque che al decerebrato dell’UL non è saltato in mente di controllare che il proiettore e il computer fossero in buoni rapporti. Sento un gemito di Flip, mi volto e trovo gli Implumi frenetici. “Non funziona, profe! Non lo vede! Non ci sono le immagini…”

Toi.

Le mie immagini. Studiate, scelte con minuziosa cura, modificate, adattate, ritoccate, portate a un soddisfacente livello di quasi perfezione in molte ore di lavoro, destinate ad essere proiettate sulle vele… Le mie immagini non ci saranno.

“Non è configurato…” pigola l’UL. “Scusa, non è colpa mia, è che non è configurato…”

Devo avere un’espressione seriamente omicida quando lo guardo, perché si fa piccolo piccolo.

“Punta sulle vele qualcosa di bianco e fisso e non toccarlo più finché non te lo dico,” sibilo, e poi raggiungo gli altri sotto il palco, perché l’assessora ha esaurito abbondantemente quel che si poteva dire, ed è ora di cominciare.

“C’è qualcosa che non va?” domanda Aninha, e io le dico che è tutto a posto con un sorriso da un orecchio all’altro, e intanto il cuore mi cade ancora un po’ più in basso, perché la cosa bianca e fissa che l’UL punta sulle vele è una delle maledette barre a leds – una di quelle che sono la fine del mondo, una di quelle che possono solo accendersi tutte insieme.

Toi…

Poi iniziamo. Musica di tango, lento e languoroso. Due degli Histriones entrano in scena e ballano nella luce di taglio. Io ne volevo metà e color tramonto: ne abbiamo troppa e color pomodoro, ma la scena è abbastanza bella perché il pubblico trattenga il fiato. Tienmi la man sul capo, o divinità dei debutti, che forse ce la facciamo ancora. Silenzio, buio, luce – piazzato – cominciamo.

Ma naturalmente respiravo troppo presto. Entro in scena – ho solo quattro battute, ma non vi dico il terrore – convinta di non ricordarmi una parola. Invecemi ricordo. Peccato che nessuno senta: l’UL ha trascurato anche di controllare le batterie degli archetti, e guarda un po’! il mio è scarico. Ululo quanto posso, e mi ritrovo rauca e ghiaiosa come non mai in vita mia – e completamente senza rete, perché una cosa progettata al microfono cambia del tutto se la devi urlare – ma tanto, chi mi sente? Se gli sguardi potessero fulminare, l’UL che si spalma sul palco per spingere verso di me un panoramico, sarebbe già un toast. C’è di buono che la mia parte non è rilevantissima. Dico le mie quattro battute e mi precipito alla consolle per assistere gli implumi con la musica.

aninha, teatro, massachussets institute of technology“Accendo le barre a leds?” chiede l’UL.

Gli dico di no, di fare solo quello che dice Flip. E in realtà, visto che il delinquente ci ha disfatto in un colpo solo metà del disegno luci, rifacciamo tutto sul momento.

“Adesso accendo le barre a leds?”

Gli dico di no, e poi mi distraggo a notare che a) il microfono di Garibaldi salta che è una bellezza; b)Manuel Duarte ha appena chiamato Garibaldi “Generale Bonaparte”. Con Flip ci guardiamo incredule e, quando torno a volgere lo sguardo sul palco, le maledette barre a leds sono accese.

“Spegnile subito! Chi ti ha detto di accenderle?”

“Ma sono belle…” mormora tetragono l’UL.

A me viene da piangere.

Tra un danno e l’altro, proseguiamo. Aninha, che era agitata e rigida, comincia a aninha, teatro, massachussets institute of technologyrilassarsi. Gli Histriones sono una folla stilizzata e perfetta; Garibaldi è proprio bravo; gli Implumi fanno quel che possono ma mancano di sottigliezza; le luci sono un disastro; dell’audio non parliamo nemmeno.

Come piace al cielo, arriviamo verso la fine.

“Al mio segnale, cala lentamente a buio,” dico all’UL.

“Tutto buio?”

“Sì, ma gradualmente. Al mio segnale.”

“Adesso?”

“No, al mio segnale.”

“Ma quando?”

“Dopo che lei ha finito. Al mio se…”

Aninha finisce l’ultima sillaba – l’UL spegne di botto tutte le luci sul palco.

“No! No! No no no no nononono!!!!”

“Ma mi hai detto… che cosa faccio? Riaccendo?”

E qui, con il buon senso che la contraddistingue, Flip mi spinge verso il palco a raccogliere gli applausi. To’, gli applausi… ero così occupata a fulminare l’UL che non me n’ero nemmeno accorta. E invece sono tanti. E complimenti, e chiamate, e si vede che in qualche modo, in mezzo alla caporetto tecnica, gli attori sono riusciti a far passare il testo – e non è nemmeno piovuto.

“Profe, profe,” suggeriscono in coro gl’Implumi. “Però lei l’UL adesso lo ammazza, vero?” E, beata gioventù, non hanno idea di quanto sia tentata di mettere loro in mano un cavalletto a testa e mandarli a mettere in pratica.

E questa era la piccola storia. La considerazione è che sono un nonnulla sconcertata dal successo di Aninha. Si capisce che scrivendola ho fatto del mio meglio, tacitando le riserve nate dalla scarsa affinità con il personaggio e dall’uscire un nonnulla dal mio seminato abituale. E proprio non mi aspettavo che un sacco di gente mi dicesse che, tra tutti i miei lavori, Aninha è quello che preferisce. Personaggio che non mi è simpaticissimissimo, genere inusuale… capite perché sono perplessa,  vero?

Infine il corso. Visto che da qualche tempo, in particolare con gli Histriones, sembro avere ereditato funzioni semi-ufficiali connesse con le luci in generale, il disegno luci e la doma della gente alla consolle, ho deciso che è giunto il momento per un po’ di teoria. Così, dopo avere cercato un po’ in giro, mi sono imbattuta nel programma OpenCourseWare del MIT. Er… sì: nel senso di Massachussets Institute of Technology, ma aspettate a sghignazzare. Il MIT mette gratuitamente a disposizione online trascrizioni, materiali, esercitazioni, programmi e reading lists di una quantità di corsi su ogni genere di materie. Qui, per esempio, ci sono i corsi di scrittura, e qui quelli di musica e teatro. Mi sono guardata un po’ in giro, e onestamente non tutti si prestano troppo bene ad essere studiati a distanza, senza la parte pratica e senza l’interazione con docenti e classe, ma altri sono una meraviglia. Per ora ho scaricato il materiale di Playwriting I e Lighting Design for the Theatre, e vi farò sapere – ma in qualche modo tendo a pensare che un corso del MIT valga comunque la pena.

Intanto, ho la sensazione di avere cominciato a fare qualcosa per neutralizzare situazioni come la bagarre con l’UL. Anche se, a ben pensarci, che cosa faccio? La prossima volta che un UL non capisce il mio sofisticato e mittiano disegno luci, gli dico “E guarda che io ho studiato Lighting Design sui corsi del Massachussets Institute of Technology?

Er…sì. Anche di questo vi farò sapere.

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(Foto di Giorgio Andreasi – presto appariranno, numerose e in tutta la loro gloria, qui e/o sul mio sito.)

 

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