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Nov 18, 2015 - romanzo storico, scribblemania    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino a (non proprio) Metà Strada

Piccolo Bollettino a (non proprio) Metà Strada

OrphansofthestormNelle puntate precedenti…

Ecco, se questo fosse uno sceneggiato a puntate, adesso ci sarebbe una scena con la ghigliottina à la Due Città, con voce narrante. Perché l’ultima volta che abbiamo parlato della mia seconda stesura stavo amputando i primi tre capitoli, ricordate?

Ebbene, si direbbe che non facessimo sul serio.

Perché sì, dapprima ho in effetti tagliato i primi tre capitoli e ricominciato più o meno daccapo, con un nuovo inizio a partire dai primi del 1589, in cui recuperavo i pezzettini luccicanti e/o strettamente necessari di quel che avevo tagliato…

Dopodiché è successo che i capitoli tagliati si sono ripresentati alla porta, strepitando per essere riammessi e ripristinati. E il guaio si è che, mentre io non guardavo, devono avere fatto il Grand Tour – o qualche altra esperienza parimenti istruttiva, perché sono tornati molto migliori di quanto fossero ripartiti. Più asciutti e agili, più concisi, più logici, e liberi da quegli elementi ripetitivi che mi avevano indotta a tagliarli.

Difficili da ignorare – e tanto più perché il nuovo inizio non si stava rivelando del tutto soddisfacente. BPC

E quindi sì: i primi tre capitoli sono stati ripristinati. Riammessi. Restaurati.

Il risultato, però, è che in questi ultimi dieci giorni non si è proceduto tantissimo. Prima ho cercato di ignorare i colpi alla porta. Poi ho dovuto ammettere (e annegare in molto tè e biscotti) il fatto che la decapitazione era stata un nonnulla prematura. Poi ho ricominciato daccapo un’altra volta, sistemando, aggiustando, potando, asciugando e aggiungendo qua e là. Poi ho raccattato l’ennesima ed energica infreddatura…. Adesso ho quasi raggiunto il 1589 – ovvero quello che dopo tutto non era affatto l’inizio, e i tre capitoli originari sono diventati due. Oggi inizierò a eliminare i pezzetti luccicanti che avevo recuperato, e quando avrò finito mi ritroverò a un quarto abbondante del lavoro.

writNon è un granché: stando al ruolino di marcia dovrei essere ben oltre la metà. Comincio a dubitare che la fine di novembre sia ancora una scadenza realistica per terminare la seconda stesura… A dubitarne alquanto. On the other hand, c’è di buono che non sono del tutto insoddisfatta di quel che ho fatto finora. Più solido di prima, più efficace – e questo è un bene al di là di ogni dubbio.

Per di più, mi sto lentamente convincendo ad eliminare un altro paio di scene che, pur piacendomi, cominciano a sembrarmi ridondanti. E poi c’è il modo in cui scene e conflitti s’incastrano gli uni negli altri…

Insomma, c’è ancora parecchio da fare, sono indietro un carro di refe e difficilmente starò nei termini che mi ero prefissata – però la prima parte ha assunto qualcosa che somiglia ragionevolmente a una forma. Una forma che non mi dispiace.

Mettiamola così: fino alla prossima epifania, potrebbe andare peggio.

 

Caravaggio per iscritto

CaravaggioA voi piace Caravaggio? Io adoro Caravaggio. Tutte le volte che vado a Roma cerco di fare un salto a San Luigi dei Francesi per passare una mezz’oretta in contemplazione. Sono perdutamente innamorata delle luci e delle ombre di Caravaggio – ma non ho intenzione di mettermi a parlare di pittura. Invece pongo una domanda che, oltre a prudermi, rientra un po’ di più nelle mie competenze. E la domanda è la seguente: perché diamine non ci sono più romanzi storici su Caravaggio?

Voglio dire: il personaggio è perfetto e la storia ha proprio tutto. Genio tormentato e sanguigno, arte grandiosamente innovativa – con tutto quel che ne consegue -, un outsider per tutta la vita, amori e duelli e risse, sregolatezze di ogni genere, debiti, carcere, malattia, tribunali, intrighi, violenze, una condanna alla decapitazione, fughe, menzogne, attribuzioni dubbie, commissioni rifiutate, quadri che suggeriscono ogni genere di circostanze e di episodi, gli Orsini e i Colonna, i Cavalieri di Malta, e la più bizzarra concatenazione di coincidenze attorno alla sua morte… fin quasi troppo!CaravaggioCavaliere

Eppure, benché ci sia di che mandare in sollucchero qualsiasi romanziere storico degno del nome, di produzione non ce n’è poi molta. A Camilleri Il Colore del Sole è stato commissionato, per quanto ne so – e non ho davvero nulla contro le commissioni, sia chiaro, ma si direbbe che Camilleri non sia andato in sollucchero da solo. Poi c’è Caravaggio a Siracusa di Pino de Silvestro, che però copre solo gli anni siciliani. De Le Prostitute di Caravaggio, di Andrea Nao, confesso di non sapere granché, e il mio elenco italiano si ferma qui. Si potrebbe aggiungere una manciatina di titoli inglesi e americani di cui non mi risulta che esistano traduzioni: il romanzo primo di un docente di storia dell’arte, un giallo storico e una biografia talmente romanzata da essere commercializzata come romanzo. Ci sono poi alcuni gialli contemporanei incentrati sull’opera di Caravaggio, ma quelli non contano. Intendo veri e propri romanzi che abbiano per protagonisti Michelangelo Merisi e la sua arte – e quelli si contano sulle dita di due mani… Possibile? Anche supponendo che mi sia sfuggito qualcosa, mi sembra una messe singolarmente ridotta, e la cosa mi lascia perplessa.

Carav2Parlando di Caravaggio e di romanzi storici potrei far notare, come un curioso aside, che i genitori bergamaschi dell’artista avevan nome Fermo e Lucia, ma questo non cambia le cose: Caravaggio si presterebbe dannatamente bene, e invece nada. Che sia per pura e semplice sovrabbondanza di melodramma? Hm, non so… non mi sembra il genere di problema che paralizzi davvero your average novelist. Mistero.

Qualcuno ha titoli da segnalare?

Piccolo Bollettino Così

guillotine1Al volo, abbiate pazienza – perché un conto sono i buoni propositi, e un conto è metterli in atto in questi giorni di parenti e crisantemi…

Allora, si dice che chi ben comincia sia a metà dell’opera, giusto?

Ebbene, io ho cominciato con un’improvvisa folgorazione: perché, o Clarina, cominciare nel 1587? Vuoi davvero farlo? Perché non iniziare invece con la fine di dicembre del 1588, amputare tre capitoli, scrivere un inizio pressoché nuovo e vivere felici?

Così adesso ho avviato un nuovo file di Scrivener in cui il romanzo inizia a fine ’88, e sto scrivendo una prima scena nuova di zecca, e il conto parole ricomincia daccapo.

Credo di avere decapitato il mio romanzo… Quel genere di decapitazioni da cui si dice che la storia media tragga beneficio.

Il romanzo ne trae beneficio? E io sto vivendo felice?

Guardate, proprio non lo so.

Non ancora.

Vi saprò dire.

Ott 23, 2015 - Furore Tremendo, gente che scrive, romanzo storico    Commenti disabilitati su Il Romanziere Istantaneo

Il Romanziere Istantaneo

Rant ahead, vi avverto.

coauthorsAllora, dicevamo che ne L’Uomo dal Guanto* a un certo punto, i due protagonisti contemporanei decidono di scrivere un romanzo storico – possibilmente un bestseller. Sì, è vero, non l’hanno mai fatto prima, e non conoscono i “trucchi del mestiere”, ma sono due storici, “abituati a scrivere con proprietà” e provvisti di un argomento esplosivo… In fondo “è soprattutto l’argomento il motivo d’interesse principale”… E l’implicazione si è che diamine, che ci vorrà mai?

Vi sembra irritante e implausibile? Dovrebbe – e tuttavia, guardate: potrebbe essere peggio. Se non altro, Salvatore&Silvio sono due storici, con lunga esperienza di ricerca generale e specifica alle spalle, ben documentati e con un interesse nei confronti di Shakespeare e del suo tempo**, della letteratura e dell’arte…

Pensate invece al protagonista de Il Manoscritto di Shakespeare, di Domenico Seminerio. Costui, un professore di Liceo con un romanzo (contemporaneo e autobiografico) pubblicato, a un certo punto si ritrova per le mani le prove manoscritte e inconfutabili della sicilianità di Shakespeare***. Benché il nostro sia alquanto scettico, qualcuno gli chiede di cavarne un romanzo storico – e quest’anima bella che fa? Invece di obiettare che non l’ha mai fatto prima, che non conosce il mestiere, che ci vogliono lunghe ricerche o qualche altra cosa sensata, si procura qualche libro di storia dell’arte (per avere un’idea di abbigliamento e mobilio dell’epoca, you know), si siede alla scrivania e, nel giro di qualche settimana, produce un romanzo storico con piena soddisfazione sua e del committente.

A Saramago, ne La Storia dell’Assedio di Lisbona, non serve nemmeno il manoscritto ritrovato. E nemmeno Shakespeare, in realtà. Tutto ruota attorno a uno stimato correttore di bozze che, in un momento di follia, aggiunge un “non” al saggio di storia medievale che sta correggendo, negando la riconquista di Lisbona da parte dei Portoghesi. E non solo l’editore, anziché licenziare in tronco lo sciagurato, pensa bene di commissionargli un romanzo ucronico su Lisbona non riconquistata – ma lo sciagurato che, badate bene, non ha mai scritto una riga in vita sua, vince al volo qualche pallida riluttanza e accetta.  Senz’altra documentazione oltre al libro di cui ha corretto le bozze, lo vediamo meditare su come entrare nella testa di questa gente del XII secolo, e poi abbozzare una piccola scena in cui un armigero e una lavandaia s’incontrano al fiume e, in breve tempo, ecco a noi un romanzo ucronico perfettamente pubblicabile.

Quindi, vedete, scrivere un romanzo storico è facilissimo e indolore: mettete in una ciotola capace una buona conoscenza di grammatica & sintassi****, unite un argomento interessante, meglio se un po’ controverso. Aggiungete acqua calda, mescolate et voilà: romanzo storico istantaneo.

Non ci vuol nulla, sussurrano Covarrubias, Seminerio e Saramago. Why, qualunque individuo ragionevolmente istruiti può sfornare un romanzo storico senza bisogno di esperienza o trucchi del mestiere e – peggio ancora – senza interesse particolare per l’epoca, il soggetto, il genere, e poco meglio che senza ricerca e documentazione. In fondo, non stiamo nemmeno parlando di letteratura… Roba di genere, un mestiere che si esercita per trucchi…*****

E sentite, lo so: anni di ricerche, letture infinite, esperienza precedente, due o tre lunghe stesure, settimane di revisione, frustrazioni, biscotti al cioccolato, camminate sulle scogliere (metaforiche) e tutto il resto difficilmente sono buona materia narrativa. Lo so, e sono anche abbastanza d’accordo – salvo rare eccezioni. Ma allora lasciamoli fuori dai romanzi e giù dai palcoscenici, questi romanzieri storici – almeno mentre scrivono. Che bisogno c’è di ritrarli – di ritrarci mentre mettiamo insieme romanzi come se fossero altrettante scodelle di minestra liofilizzata.

__________________________

* Poi la pianto, promesso.

** Yes well, poi magari sfugge loro qualche particolare – come il tè nel XVI secolo – ma non sottilizziamo.

*** Essì. Anche lui. Che vogliamo farci?

**** Certo, essere docenti universitari o liceali o correttori di bozze aiuta…

***** Sì, è del tutto possibile che ultimamente io passi troppo tempo in compagnia di certi teatranti elisabettiani…

 

Ott 23, 2015 - Furore Tremendo, gente che scrive, romanzo storico    Commenti disabilitati su Il Romanziere Istantaneo

Il Romanziere Istantaneo

ECCO NO, PER DIRE… QUESTE QUI SOTTO SONO LE SPOGLIE DI UN POST AZZANNATO DAL BLOGO MANNARO.

DI NUOVO.

 

Rant ahead, vi avverto.

mentre mettiamo insieme romanzi come se fossero altrettante scodelle di minestra liofilizzata.

__________________________

* Poi la pianto, promesso.

** Yes well, poi magari sfugge loro qualche particolare – come il tè nel XVI secolo – ma non sottilizziamo.

*** Essì. Anche lui. Che vogliamo farci?

**** Certo, essere docenti universitari o liceali o correttori di bozze aiuta…

***** Sì, è del tutto possibile che ultimamente io passi troppo tempo in compagnia di certi teatranti elisabettiani…

L’Uomo dal Guanto – Pag. 309

The_End_BookIl che significa che il libro è finito. Din don dan.

Volete sapere come? Well, sul versante cinquecentesco, il giovane Will, privato dell’università dai guai economici dell’ex supermercante che si ritrova per padre, seguita a studiare per conto suo, conosce Anne Hathaway, la mette incinta senza mai amarla veramente, la sposa in fretta e furia con scarso entusiasmo della famiglia, la mette incinta di nuovo e poi… Sapete la faccenda degli Anni Perduti? Il periodo tra il 1585 e il 1592, in cui nessuno sa troppo bene dove diamine fosse Shakespeare? Ebbene, o Lettori, ecco la risposta: il giovane Will era in Italia a girare per atenei, corti e meraviglie, apprezzato da tutti e ciascuno – soprattutto il lontanto cugino duca Guglielmo (che per qualche motivo Covarrubias spesso chiama granduca…), che gli procura persino una morosa a tempo determinato, una bellissima, intelligente e colta danzatrice e coreografa (!) ebrea. E poi torna a casa, naturalmente, e con questa educazione da principe e i suoi bei quarti di noblità, seppure illegittima, si sceglie la carriera più reprensibile e malcerta che l’Inghilterra offra a un uomo al di qua del limite penale: il teatro. Hurrà! mundi_thema_giuntini

E nel nostro secolo? Ebbene, uno dei nostri storici professionisti, messo sulla pista da un sogno premonitore, non solo intuisce l’esistenza di un oroscopo di Shakespeare – ma lo trova al primo colpo! E l’altro decide che, pur con tutte le prove inattaccabili di cui dispongono, non è il caso di presentare la teoria in maniera scientifica. Meglio scriverci sopra un romanzo – che diamine. E un romanzo serio, mica una robetta à la Dan Brown. Non l’abbiamo mai fatto prima, non conosciamo “i trucchi del mestiere” – ma che ci vorrà mai, per due storici professionisti?

E fu così che iniziarono…

E dite la verità: l’avevate indovinato che le parti “storiche” di questa faccenda erano i capitoli del romanzo dei nostri eroi? Per cui, se questo è il risultato dell’implicito “che ci vorrà mai?” con cui si conclude la parte moderna… well.

AnashakespeareE non parlo soltanto della festicciola a base di tè – per quanto, in un romanzo purportedly scritto da due storici, il tè sia già uno scivolone maiuscolo. Ma che dire di Will che si chiede se la sua preferenza per l’unico figlio maschio sia un retaggio medievale – e poi decide che no, sono il Rinascimento e il Neoclassicismo a parlare in lui? O di John Shakespeare, che fa fuoco e fiamme quando Will deve sposare l’inadeguata Anne, ma accetta abbastanza allegramente l’idea che il suo superfiglio onnicompetente si metta a scrivere per il teatro? E Will stesso, che il teatro lo vuole per scrivere robe immortali e migliorare l’immagine della sua natia Italia agli occhi degli Isolani?

Insomma, stiamo parlando di un’epoca in cui “teatrante” era più o meno sinonimo di scarafaggio, e se c’era un tipo di scrittura che si considerava effimera, inferiore e commerciale, era – you guess it – il teatro. E questo uno storico dovrebbe saperlo anche nel sonno – così come un non-storico cui pruda l’uzzolo di scrivere un romanzo su Shakespeare.

Ma, pare obiettare Covarrubias nella predicatoria postilla, il punto è che “questo non è un romanzo, è una storia vera, seppure romanzata.” Questa sarebbe “la vera storia di William Shakespeare”  – e, se è vero che la postilla è firmata dai due storici fittizi, la traduttrice e curatrice conferma nella sua presentazione che Covarrubias partiva da documenti che gli erano effettivamente capitati tra le mani.

Viene da chiedersi quali, vero?UomodalGuanto048

Il libro contiene in effetti la riproduzione di parte di un elenco di battezzati – tra cui Scespe Guglielmo di Giovanni – e della registrazione del battesimo dello stesso Guglielmo, datato 30 aprile 1564 – entrambi in Italiano. Non ci sono riferimenti, ma sia il  l’elenco – alfabetico e numerato – che la registrazione mi sembrano un nonnulla strani. Però, pur avendo consultato qualche liber baptizatorum dell’epoca, ammetto che la mia esperienza in materia è limitata e non mi pronuncio oltre.

E tuttavia, se volete, posso spingermi ad ammettere che questo non importa poi molto. Se fosse un gioco incentrato su dei documenti immaginari, non ci sarebbe nulla di male. Un romanzo storico è un romanzo storico, e il Documento Ritrovato è forse la più vecchia e onorata convenzione del genere. A patto che poi dal documento ritrovato si parta per scrivere bene una storia plausibile, senza bambinaie francesi e, potendosi, senza anacronismi.

Qui, alas – e quale che sia la dose di veridicità di questa storia – non è andata così.

Lug 6, 2015 - romanzo storico, scrittura, Vitarelle e Rotelle    Commenti disabilitati su E Si Riparte

E Si Riparte

keep-calm-and-start-revisingCi siamo. Oggi comincio la revisione. Il mese è passato, e ormai il paio d’occhi nuovi dovrebbe essere cresciuto.

Sono stata bravina – nel senso che per un mese non ho sfiorato la prima stesura nemmeno con l’orlo della veste. Non mi credevo capace di resistere tutto un mese, e invece sì.

Bravina e niente di più, perché mi ero riproposta di scrivere altro durante la pausa, e invece non ho fatto granché. Però in compenso ho collezionato idee. Non è il passatempo ideale, nelle circostanze, ma ho mezzo quaderno di appunti su due idee e mezzo completamente nuove e un paio di vecchie cose che tornano a farsi sentire… Not good. O meglio: ciò è bello in senso assoluto, ma rischia di essere un po’ d’impiccio al momento…  Ma – e questo è più incoraggiante, ho raccolto fecola per la seconda stesura.

Sì, fecola, you know. Quella specie di farina di patate che si usa per addensare le creme e i sughi. Ebbene, intendo fecola linguistica e descrittiva, e un paio di idee per la mia voce narrante. Idee che non mi dispiacciono affatto, if I say so myself.

E quindi oggi si comincia. L’intenzione è di cominciare raccogliendo appunti e annotazioni, facendo qualche piano e cominciando a rileggere la prima stesura. Vorrei anche rispolverare How To Revise Your Novel, il corso di Holly Lisle che avevo seguito qualche anno fa. Non tutto si adatta alle mie esigenze, ma ci sono parecchie idee e suggerimenti che ho trovato ottimi nel corso di altre revisioni. revise

E comunque è del tutto inutile che stia qui a strologarci su e a far piani sui piani che farò. Il fatto si è che mentre da un lato non vedo l’ora di ricominciare dall’altro sono un po’ in ansia. Ned mi è mancato nel corso di questo mese – e ciò è bello – ma iniziare la seconda stesura è… impegnativo. Il senso di galoppo e di vacanza della I stesura, la necessità di buttar giù la storia prima di tutto… tutto ciò è passato. Adesso è questione di tirare le fila, di dare una forma precisa, di definire i particolari, le voci, i posti, le vie, i SOMETHING che ho disseminato per strada. Per non parlare del finale… C’è un che di definitivo, nell’idea di una seconda stesura, e…

Oh well. Non c’è niente come cominciare, giusto?

E allora, al lavoro.

Seconda stesura.

Vi farò sapere.

 

Giu 12, 2015 - LeggerMangiando, romanzo storico    Commenti disabilitati su LeggerMangiando: La Carpa alla Birra di Frau Krause

LeggerMangiando: La Carpa alla Birra di Frau Krause

Mr.PyleBella vita e guerre altrui di mr. Pyle, gentiluomo, è un romanzo storico di Alessandro Barbero – il primo, credo, uscito la bellezza di vent’anni fa.

La vicenda è quella dell’eponimo giovane americano, diplomatico, gaudente e diarista che, inviato dal Congresso, attraversa mezza Europa napoleonica e la osserva con gli occhi di chi viene da un altro continente.

Tra palazzi e locande, vecchi ministri e belle donne, carrozze di posta e l’occasionale cannonata, Barbero ha l’aria di essersi divertito un mondo a scrivere un massiccio baedeker fittissimo di particolari e a caratterizzare il suo inaffidabile narratore, cui i piaceri della vita e lo spirito del turista interessano almeno quanto – se non più – della sua missione diplomatica.

E tra i piaceri della vita c’è senz’altro la cucina, e in particolare la carpa alla birra che Mr. Pyle assaggia in una locanda berlinese, tanto deliziosa da spingerlo a chiederne la ricetta. E la locandiera, Frau Krause, si dichiara incapace di dettare una ricetta, ma propone all’ospite straniero di guardarla cucinare, per annotarsi la ricetta da  sé, se proprio crede.

Quel che Mr. Pyle ne ricava è questo:

La ragazza , rimboccatasi le maniche, sventrò il pesce, ne cavò le interiora che finirono immediatamente ai gatti del cortile, poi ne fece scolare il sangue in un bicchiere d’aceto. Nel frattempo la padrona aveva aperto una bottiglia di birra, di quella che a Berlino chiamano bianca, e l’aveva versata nella pentola, insieme a una buona quantità di cipolle affettate. Adagiato il pesce in quel brodo, vi aggiunse sale, pepe e spezie, e il bicchiere di aceto in cui era scolato il sangue del pesce; poi mise la pentola sul fuoco. Ben presto la birra cominciò a bollire, e allora essa aggiunse un grosso pezzo di burro, che si sciolse rapidamente.
“Ecco!” dichiarò poi, trionfante. “Adesso il signore fa cuocere il pesce finché la birra non sia consumata, ma badi che bisogna lasciare una salsa sufficientemente densa.” “Ed è tutto?” “È tutto! Anzi no, povera me: un quarto d’ora o mezz’ora prima di servire si aggiunge un bicchiere di vino bianco, è molto importante.” Carpa-alla-birra-Secondi-di-pesce-250x212

E no, non è la ricetta più precisa del creato. Non c’è una dose, non c’è un tempo, non c’è nulla – ma è una piccola scena deliziosamente realistica. In fondo è la maniera in cui, duecento e dieci anni più tardi, ci comportiamo con le ricette di casa, giusto? A occhio, a spanne, a esperienza. E poi gli amici che ci chiedono le ricette levano gli occhi al cielo…*

Confesso di non avere mai sperimentato la carpa alla birra di Frau Krause**, quindi non so se posso raccomandare la ricetta. In fact, se qualcuno di voi – più disinvolto di me ai fornelli – decidesse di fare un tentativo, sarei grata di averne notizie.

Quel che posso raccomandare, invece, è il libro, ironica cavalcata alla scoperta dell’Europa – e di un Americano – del 1806.

______________________________________________

* Right: in realtà, mia madre si comporta così, e io levo gli occhi al cielo quando cerco di farmi dare una ricetta e lei comincia a parlare di “un po’ di burro”, o di cuocere “finché non ha il colore giusto.”

** All else apart, la sola idea di far dissanguare il pesce in un bicchiere è qualcosa a cui non voglio nemmeno pensare troppo.

 

Giu 1, 2015 - romanzo storico, scribblemania    Commenti disabilitati su V for Victory

V for Victory

the-end-The-EndE così ce l’ho fatta, dopo tutto.

La notte scorsa, intorno alle tre, ho finito la mia prima stesura – and glory be.

Centoquattordicimilaquattrocentonovantacinque parole.

Insomma, è possibile che abbia barato un pochino – appena un pochino, nel senso che il penultimo capitolo è un nonnulla frettoloso, e l’ultimo per ora è una collezione di scene e domande tenute insieme con il refe.

E il finale… be’, il finale magari non ha ancora quella che si chiama una forma precisa.

E ho un taccuino pieno di cose da aggiungere.

E mentre scrivevoscrivevoscrivevo in questi giorni un diluvio di possibilità, The_End_Bookdeviazioni, piccole folgorazioni e sviluppi inattesi si è accampato sui gradini e non accenna a disperdersi…

Ma vi dirò una cosa – anzi, ve ne dirò due.

Prima cosa: tutto questo è per luglio. Per adesso ho finito, e le buone intenzioni sono di lasciare Ned a riposo per un mese e, se tutto va bene, riprenderlo in mano a luglio con occhi relativamente nuovi per la revisione. Dico “se tutto va bene” perché mi conosco, e ho un passato infelice in fatto di buone intenzioni… Ma d’altra parte ho un sacco di libri da leggere e varie altre cose da scrivere, e devo farmi perdonare gli ultimi cinque mesi da amici e famiglia, e non cominciamo nemmeno a parlare del lavoro. Sarà un giugno intenso anzichenò, anche senza Ned.

TheEndSeconda cosa: questo ultimo sprint di scrittura mi mancherà. Fra ieri e sabato ho scritto ottomila parole e spiccioli, che per me sono una quantità notevole. Le ho scritte con più impeto che cura, e non ho dubbi che la revisione sarà interessante nella più blanda delle ipotesi. Ma il continuo germogliare di idee su idee e possibilità su possibilità, e il senso di movimento, e lo scorrere di tutto quanto verso il sipario è stato… heady.  A scrivere sempre a questo ritmo, si butterebbero giù prime stesure in un mese… Abbozzi di prime stesure, quanto meno. E sì, sarebbe bello, e me lo dico tutte le volte, ma poi… Mah.

Ma non importa poi troppo. Non adesso, almeno. Non fino al prossimo romanzo.

Adesso viene un mese di normalità o giù di lì. E nordic walking. E giri in città. E cene con gli amici. E cose così. E magari qualche ora di sonno in più.  E ho tanto idea che sarà luglio prima che me ne accorga.

E poi la revisione…

Ma intanto ho finito – e quanto mi piacciono i sipari che si chiudono!

 

Storia e Storie

387px-Rudyard_Kipling

Se la storia s’insegnasse sotto forma di storie, nessuno la dimenticherebbe mai.

Questo lo diceva Kipling, e voi sapete che a Kipling io tendo a dare retta. L’idea mi piace molto, e vorrei che fosse così – in un certo senso lo è. Ma fino a che punto?

Vediamo un po’.

Secoli fa – troppi secoli fa perché vada a disseppellire il numero in questione – sulla Historical Novel Review comparve un articolo in cui Susan Higginsbotham (credo) strologava sulla questione posta da un lettore: com’è, chiedeva costui, che nessun numero di romanzi storici e film storici è sufficiente a farmi entrare in testa i fatti? Prendiamo Eleonora d’Aquitania, proseguiva il lettore, una signora e un periodo per cui non ho speciale interesse, ma con cui ho avuto a che fare in diverse occasioni: ho studiato i miei libri di scuola come chiunque altro, ho letto qualche romanzo, ho visto qualche film… non dovrei avere le idee più chiare sulla sua storia?

La risposta era “Non necessariamente”, e per un buon motivo. Sto citando a memoria, ma l’idea generale era che vedere Eleonora alle prese con il suo pessimo marito in The Lion In Winter e con le frenesie crociate/matrimonial/amorose del suo primogenito in The Lute Player non offre molto aiuto nel memorizzare le date della sua vita. Quello che troviamo nel film e nel romanzo non è la storia di Eleonora, ma l’interpretazione della figura di Eleonora di James Goldman e Nora Lofts. Ed è un’interpretazione colorata dalle intenzioni e necessità narrative degli autori, da treni merci di particolari fittizi (la corte natalizia a Chinon e il dilemma parentale di Enrico, Blondel e Anna Apieta…), dall’esigenza di rendere questa gente del tardo dodicesimo secolo comprensibile per il lettore/spettatore odierno.historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storici

Essendo Goldman e Lofts ottimi scrittori, entrambe le Eleonore* in questione sono balzachianamente verosimili, ma nessuna delle due è vera. E in questo non c’è proprio nulla di bizzarro o scandaloso. In un mondo ideale, il mestiere del romanziere storico sarebbe quello di raccontare ciò che non sappiamo più sulla base ed entro i limiti di quel che sappiamo, però in realtà il confine tra ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo può essere molto labile.

Ci sono scuole di pensiero sul grado di rigore documentario e fedeltà alle fonti cui un romanziere dovrebbe sentirsi vincolato, ma nella maggior parte dei casi non è difficile trovare nel tessuto delle fonti qualche smagliatura grande abbastanza da farci passare una parata di elefanti.

Detto ciò, qual è l’impatto delle parate di elefanti sul lettore medio?

historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storiciAvete letto La Piccola Principessa, di Frances H. Burnett? Forse sì e forse no: ai miei tempi era un altro di quei classici per fanciulli – e uno particolarmente grazioso, a mio avviso. Ad ogni modo, c’è questa scena in cui la giovanissima protagonista Sara racconta la storia della Rivoluzione Francese a una compagna di collegio negata per gli studi, e lo fa con flair narrativo, insistendo sulla figura di Mme de Lamballe, confidente e favorita di Maria Antonietta, linciata in strada per non aver voluto giurare fedeltà alla Repubblica. “E misero la sua testa mozzata su una picca e la folla se la passava di mano in mano…” racconta Sara. “Era giovane e bella, e tutte le volte che penso alla Rivoluzione immagino quella testa dai lunghi capelli biondi che ondeggia sopra la folla inferocita.” E, ci dice la signora Burnett, persino l’ottusa Ermengarde non dimenticherà più Mme de Lamballe.historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storici

E tutto ciò è bello e anche istruttivo, perché se da un lato Sara ha regalato a Ermengarde un’impressione più vivida della storia, dall’altro ha falsificato un pochino i fatti: nel 1792 la princesse de Lamballe aveva quarantatré anni – un’età che non molte bambine di dodici anni considerano giovanile… Resta da domandarsi chi sia stato a ringiovanire la principessa per amor di dramma**: Sara stessa, Ms. Burnett o l’autore del libro che si suppone Sara abbia letto? Ma non è del tutto rilevante, e comunque l’episodio rimane significativo.

historical novel review, nora lofts, james goldman, frances h. burnett, ian mortimer, gisbert haefs, romanzi storiciMi è tornato in mente di recente, quando M. mi ha fatto notare che l’Annibale eponimo di Gisbert Haefs è sempre depresso dopo le battaglie. “Quindi, quando il tuo Annibale dice al Re di Siria di essere stato felice dopo la battaglia di Canne, non era vero…” E per qualche motivo fatico a convincere M. che, per quanto ne sappiamo, la mia interpretazione e quella di Haefs si equivalgono. Non è la prima volta che M. e io abbiamo conversazioni del genere, su qualche chiaroscuro psicologico dell’uno o dell’altro personaggio, sui Romani descritti dal punto di vista cartaginese, sulle figure minori fittizie… e non c’è nulla di strano, perché M., come chiunque non abbia passato anni a leggere le fonti, non ha modo di sapere dove finiscono i fatti provati e dove inizia la danza speculativa del romanziere.***

Per cui è saggio concludere che la Storia non s’impara dai romanzi? Mostly not. Non i fatti. Non le date. Né si vede troppo perché dovrebbe essere altrimenti: se volete studiare la Storia, ci sono vagoni di libri scritti per la bisogna. Libri che non sono romanzi.

E però questo non significa affatto che Kipling abbia torto, sapete? Perché dopo che avete studiato, c’è qualcosa d’altro che potete cercare.

Nel suo The Time Traveller’s Guide to Elizabethan England, Ian Mortimer fa notare che una delle difficoltà principali nell’interpretare la mentalità dei secoli passati è che noi diamo per scontati conclusioni e sviluppi di eventi che, all’epoca, erano ancora in fieri, fluidi, spesso incomprensibili, spesso terrificanti. Quando pensiamo all’Armada di Filippo II ridotta a una collezione di relitti fumanti nella Manica, fatichiamo a immaginare il genuino terrore degl’Inglesi che per mesi avevano temuto l’invasione spagnola, o a capire la paranoia anticattolica, la caccia ai missionari gesuiti, il senso d’isolamento dell’Isoletta governata da un monarca femmina e di (forse) dubbia legittimità… 

Vero, vero, vero. Armada

Ed ecco dove entrano in scena i romanzi. Perché il romanzo, attraverso gli occhi, le paure, le impressioni e le reazioni dei personaggi, è in grado di restituire al lettore il sobbalzo collettivo dell’Inghilterra all’accendersi dei beacons lungo la costa, la furia collettiva dei Francesi che tirano pietre alla principessa di Lamballe, la frustrazione di Eleonora costretta dissimulare il suo acume tanto superiore a quello di tutti gli uomini che la circondano, l’impazienza di Annibale mentre i suoi alleati italici nicchiano…

E con questo non voglio minimamente condonare errori e (dininguardi!) anacronismi, ma sono disposta ad ammettere che, alla fin fine, l’età della principessa di Lamballe può anche essere un particolare secondario, se siamo capaci di mostrare la Storia in movimento, con la sua complessità, la sua imprevedibilità e iridescenza. Se riusciamo a dare, anche solo per qualche pagina, l’impressione di qualcosa che sta succedendo. Se arriviamo a trasmettere un senso di realtà e vividezza da accompagnare alle date e ai fatti. E allora, per un po’, siamo tutti Sara Crewe – e, guarda un po’, dopo tutto Kipling aveva ragione.

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* E quella di Goldman ha il vantaggio aggiuntivo di essere interpretata da Katherine Hepburn – need I say more?

** E questo mi fa venire in mente l’irresistibile The Talisman Ring, di Georgette Heyer, in cui la giovane émigrée Eustacie passa un sacco di tempo a a romanticizzare il suo scampato pericolo, commuovendosi all’ipotetica immagine di se stessa sulla via della ghigliottina: una giovane fanciulla vestita di bianco, sola nell’orribile carretta… “A parte il fatto che le carrette di solito sono affollate, credo che mi dispiacerebbe altrettanto per qualunque condannato, quali che fossero il suo sesso, la sua età e il colore del suo abbigliamento,” replica il suo unromantic cugino (e riluttante fidanzato) inglese. Mi diverte l’idea che Sara sia della stessa scuola di Eustacie…

*** Yes well, potrei considerare l’ipotesi di offendermi un nonnulla perché M. sembra disposto a dare retta a qualsiasi altro romanziere prima che a me, ma fingiamo di nulla…

 

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