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Set 6, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Diciamo che ho ritagliato un’oretta e trascritto la scena successiva – chiamiamola Deptford Parte 2. Trascritta o poco più, e al detestabile Ingram Frizer manca, ahimè, una voce.

Tutto qui, per oggi.

Capite adesso perché volevo finire la revisione prima del Festival?

Set 5, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

E anche Send Me Away (ovvero Deptford Parte I) è a posto.

Mi piaceva quando l’ho scritta e mi piace ancora. Buon ritmo, buone voci, buon conflitto. Peccato che serva più che altro da rampa di lancio per l’arrivo di Will nella scena successiva e per l’omicidio in quella dopo… Così l’ho potata da 1700 a 1200 parole, e adesso è più ragionevole.

Siccome non si butta mai nulla, tuttavia, ho salvato a parte parecchie battute cassate, che andranno benissimo per un altro play che sto progettando.

E che, a dire il vero, stavo progettando già da prima… ma questa è letteralmente un’altra storia.

Comunque, le mie intenzioni di finire la seconda stesura prima del Festival sono andate a farsi benedire, e per il resto della settimana il tempo da dedicare alla revisione sarà pochino…

On the other hand, si è già visto che a volte, meno tempo c’è più si combina, giusto?

Stiamo a vedere.

Set 4, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Whew! Making Way è finita. O quanto meno, è in un ragionevole stato di seconda stesura.

Non sono insoddisfatta – e posso raccogliere i dischetti di carta dal pavimento.

E adesso, sul tema di We’re off to see the wizard:

We’re off to go to Deptford,
The wonderful place by the Thames.
You’ll find it is a murdering place
If ever a murdering place there was.
If ever a murdering place there was,
Deptford is one because,
Because, because, because, because, because,
Because of the murder that happens there.
We’re off to go to Deptford,
The wonderful place by the Thames!

Set 3, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Ok, c’è voluta tutta la giornata e buona parte della notte, ci sono voluti tanti dischetti di carta da un pollice e 1/4 di diametro – ciascuno corrispondente a un gruppo di battute, ci sono volute quattro distinte sessioni di brainstorming, c’è voluto che la vera motivazione di Will in questa scena (e di conseguenza il vero conflitto della scena) mi franassero in testa nel bel mezzo del pranzo, c’è voluta un sacco di pazienza da parte della famiglia – ma Making Way II è conclusa.

Si capisce che è una prima stesura, a 1359 parole è troppo lunga e ci sono punti che ho lasciato un nonnulla ruvidi.

Adesso ci dormo su, domani la poto a circa 1200 parole, la lustro per benino e poi magari la sottopongo al mio one-woman-workshop.

Posso, F.?

Ma intanto è riscritta – e quando saremo a Deptford sarà tutto più semplice.

Set 2, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Sapevo, sapevo, sapevo che questa scena mi avrebbe dato da penare.

Ci ho trafficato attorno tutt’oggi a più riprese e poi, verso sera, F. è venuta ad ascoltare una traduzione impromptu dei miei sforzi. E mi ha fatto notare che quello che a me piaceva chiamare il nocciolo di Making Way era tutt’altro che chiaro e un tantino verboso.

No, non ha detto così, ma ha fatto le domande giuste – e in effetti il nocciolo è poco chiaro e verbosetto.

Così mi ci sono rimessa di buzzo buono con l’intenzione di snellire, snellire, snellire – e più snellivo, più mi rendevo conto che i problemi della scena erano due: troppa carne al fuoco per una scena sola e, quel che è peggio, nocciolo sbagliato.

Mixed metaphores, anyone?

E così, in un sussulto di buon senso, ho aperto un file nuovo e ho cominciato a riscrivere Making Way da zero. Però non sono andata molto lontano, perché pur avendo un punto d’entrata dalla scena precedente, un punto di uscita verso la scena successiva, un conflitto e una serie di idee su quello che Will e Kit devono dirsi, prima di scrivere devo dedicare qualche pensiero a come infilare tutto quanto in modo liscio e coerente.

Per cui adesso mi arrendo – a meno che non faccia un po’ di brainstorming su carta – e rimandiamo tutto a domani.

Set 1, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Diurno

Piccolo Bollettino Diurno

E come diavolo è che questa scena, più ci traffico, più s’ingarbuglia? E più cerco di potarla, più germoglia in direzioni inattese? E più mi c’infurio, più lavoro richiede?

‘Od rabbit it.

O*, nelle immortali parole di Winnie The Pooh: che rabbia.

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* Specifico, a seguito di domanda di non anglofono: “che rabbia” non è affatto una traduzione di ‘Od rabbit it – il cui senso potrebbe rendersi letteralmente come “Dio lo conigli.” Pittoresco, vero? C’è un motivo se adoro l’Inglese elisabettiano…

Set 1, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Be’, Making Way è a buon punto. Abbondantemente riscritta, relativamente potata, sciaguratamente allungata in places. Migliorata senz’altro. A Will, quando s’infuria, si scioglie la lingua e cresce un po’ di spina dorsale.

Ad ogni modo domani conto di finirla del tutto, e aggiungerci la sua piccola coda. Avevo in mente di farla adesso, la coda, ma temo di dovermi arrendere alla palpebra calante.

Dopodiché si lascia il bordello e ci si trasferisce a Deptford – e la parte di Deptford mi piace abbastanza così com’è.

Il che in tutta probabilità dovrebbe allarmarmi, ma quello è un ponte che attraverserò quando ci sarò arrivata – alla volta di domenica.

Quanto a finire prima del Festival… mah. 

Ago 31, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

Ricordate il bollettino di ieri? Una scena a posto, un’altra a buon punto, e poi arriva quella centrale e intensa, quella da mettere bene a fuoco, quella che richiede serie potature…

Ecco, quello era il programma.

E poi non so che cosa sia successo, ma oggi ho ripreso in mano la prima scena di ieri, finito la seconda – quando si dice procrastinazione nascosta – e poi, ma molto poi, ho cominciato finalmente a lavorare su Making Way.

E pota di qua, pota di là, taglia, togli, cassa e cancella, e sistema e lima e rigira e riscrivi, adesso Making Way è di circa 150 parole più lunga di quando ho cominciato.

E il bello si è che non sono nemmeno a metà dell’opera.

Giuro che non so bene come ho fatto, ma mi sento proprio tanto, tanto, ma tanto astuta.

Ago 30, 2012 - editing, elizabethana, teatro    Commenti disabilitati su Piccolo Bollettino Notturno

Piccolo Bollettino Notturno

In pratica, una scena (The Message) e mezza (Old Friends in Bad Times).

E finalmente Mabel-the-Doxie ha una voce tutta sua.

Da oggi spero di riuscire a mantenere ruolini di scrittura più stabili e più sensati. E forse, per cominciare, dovrei cercar di finire OFiBD adesso, perché poi la scena successiva è tosta, rilevante – e in prima stesura l’ho lasciata troppo lunga e a tratti appena abbozzata. Un sacco di lavoro.

Oh well. Sapevo che il Secondo Atto sarebbe stato più brigoso.

Ora la domanda successiva è: riuscirò a finire la seconda stesura prima del Festivaletteratura?

Ad Alta Voce E Con Le Cesoie In Mano

Era un po’ di tempo che non si parlava di tecnica, ma nel giro di pochi giorni mi è capitato un paio di volte di sentirmi dire (o implicare) che scrivere teatro è “più facile”, perché in fondo si tratta solo di scrivere dialoghi.

Perché a proposito dei dialoghi vige questo bizzarro mito: be’, quanto può essere difficile scrivere dialoghi? È la forma di linguaggio con cui tutti abbiamo, per forza di cose, più dimestichezza, no? Tutti parliamo, tutti usiamo il dialogo ogni giorno… ergo, scrivere dialoghi è facile.

Ebbene, no. È vero che tutti usiamo quotidianamente il dialogo, ma basta provare a trascrivere verbatim un pezzo qualsiasi di conversazione per accorgersi di che differenza abissale ci sia tra quel che si dice e un buon dialogo letterario – o teatrale.

Per prima cosa, trascrivendo, ci si rende conto che Nella Vita Quotidiana si dicono (e ripetono) un sacco di cose irrilevanti, sciatte e vacue, che per iscritto si condensano, rendono coerenti e intelligibili – possibilmente conservandone efficacia e sapore. Randy Ingermanson dice che il buon dialogo è pesce già sfilettato: solo le parti buone. Non si tratta di riprodurre pari pari il modo in cui parlano le persone, ma di trovare il giusto equilibrio tra realismo, registro ed efficacia, e servirsene per convogliare soltanto informazioni rilevanti.

Tutto quello che si mette sulla pagina deve servire a caratterizzare un personaggio e/o far avanzare la storia – possibilmente entrambe le cose. Ogni battuta di dialogo che non svolge almeno una di queste funzioni… a questo punto dovrei dire “va eliminata”, ma mi limiterò a qualcosa di meno drastico. Ogni battuta di dialogo che non svolge almeno una di queste funzioni, non ha una ragione narrativa per essere dov’è. Non è sempre facile. Personalmente, devo continuare a impormi di potare tutto ciò che è soltanto decorativo – non importa quanto mi piaccia. E non sempre ci riesco. A volte, nel tentativo di rendere rilevante qualcosa che mi piace troppo per poterci rinunciare, sono capace di dissennati equilibrismi, fino al momento in cui mi rendo conto che sto facendo John&Iris – e allora taglio tutto quanto, e in genere la scena ne guadagna.

Ma questo non mi rende necessariamente più saggia per la prossima volta.

Oh, e John&Iris è lessico famigliare per l’eccesso opposto al chit-chat decorativo, quando si lardella il dialogo di informazioni non plausibili. Può essere necessario informare il lettore sul rapporto tra il narratore, John e Iris, e del fatto che sono passati tre mesi dalla scena precedente, ma non per questo si può far esclamare al narratore “Buongiorno John, mio vecchio e fraterno amico! E come sta tua moglie Iris in questa splendida giornata di giugno?” In molti romanzi in cui una tecnica di qualche genere – non importa se si tratti di sottomarini, procedura legale, arazzi o curling – gioca un ruolo, capita di trovare lunghe pagine di dialogo in cui due o più personaggi si scambiano dettagliate informazioni su particolari che dovrebbero già conoscere a menadito. Ricordate il Comandante Phillips e la Regola del Sottomarino Nucleare?

Dopodiché trovare (e mantenere) la giusta combinazione di efficacia e plausibilità è tutt’altro che facile: è una questione d’orecchio, buon senso e intuito in parti variabili.

Io trovo utili due metodi – e li sto usando parecchio per la seconda stesura del Play Senza Titolo – di cui magari state seguendo le vicende via bollettini notturni. In primo luogo, mi leggo i dialoghi ad alta voce. Meglio ancora sarebbe farseli leggere da qualcuno – se avete una o due persone pazienti e disponibili, e so di gente che fa da sé, si registra e riascolta. Ora non dico che sia a prova di bomba, ma nove volte su dieci, se c’è, la magagna viene a galla.

Ma prima, o dopo, o prima e dopo, prendo la mia scena e fingo con convinzione di poterne tenere solo due terzi*. A che cosa proprio non si può rinunciare? È divertente quasi come farsi estrarre i denti del giudizio – ma la maggior parte delle volte, potato di fioriture, svolazzi e quisquilie varie, il dialogo ne esce più affilato, più efficace e più vivido.

Per cui, no: non c’è niente di facile nello scrivere dialoghi, thank you very much. È roba da liutai, una di quelle faccende di orecchio, precisione, tecnica, pazienza, numerose fasi e, tanto per cambiare, un sacco di lavoro. 

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* O tre quarti – anche se conosco anime avventurose e drastiche, che riducono alla metà.