Ott 4, 2008 - editing    2 Comments

Bucato

Su “Il Giornale” di oggi c’è una doppia pagina dedicata alla figura dell’editor.

Non è la prima volta, e un paio di mesi fa anche Benjamin, la rubrica di libri del TG1, aveva dedicato un servizio alla categoria.

Vogliamo dire che ci si stia accorgendo di noi?

Forse. Non è detto che sia un bene assoluto, però, e la doppia pagina de “Il Giornale” mostra molto bene il perché.

L’articolo principale riporta una serie di brevi interviste ad altrettanti editor di punta di grandi Case italiane, tutti intenti ad assicurare (e rassicurare) che la pratica dell’editing non è, per carità, non è assolutamente sinonimo di omologazione supina al gusto delle masse. “Io non dico mai ai miei autori di riscrivere questo o quello”, e “abbiamo fatto solo un leggero editing”, e cose così.

A questo articolo, ne segue un secondo, molto più breve, a proposito dei grandi editor anglosassoni, gente leggendaria come Gordon Lish e Susannah Clapp. Gente, si capisce bene, che adotta (e ammette) metodi un tantino più truci.

Il sugo della giustapposizione non è che ci sia editing ed editing, a seconda del lato dell’Atlantico su cui ci si trova, ma che il mondo editoriale anglosassone è più maturo, oppure più impudente, a scelta. Nessuno si scandalizza scoprendo che Raymond Carver non sarebbe Raymond Carver senza Lish. O che Ezra Pound faceva l’editor.

Da noi è diverso. L’intervento dell’editor dà all’intera faccenda un che di artigianal-commerciale, appanna la mistica della scrittura-arte, suscita reazioni che vanno dal lieve imbarazzo alla negazione violenta.

O, peggio, al rifiuto.

Per cui, non è davvero il caso di metterci troppo sotto i riflettori. Apprezziamo l’attenzione, ma lasciateci pure lavorare nell’ombra, grazie.

Bucatoultima modifica: 2008-10-04T21:34:00+02:00da laclarina
Reposta per primo quest’articolo

2 Commenti

  • nessuno è felice di lavorare nell’ombra. ammettilo, cristoforo.

  • Hm, non saprei… ci sono sempre i topi d’appartamento, le eminenze grigie e… gli editor!