Gen 19, 2010 - libri, libri e libri    19 Comments

Perché Diamine “Lord Jim” è Il Libro Della Mia Vita

Dialoghetto ieri a Gonzaga:

Una Signora: “Le è piaciuto Il Tiranno di Manfredi? “

Io: “Non mi è dispiaciuto, ma non è il libro della mia vita.”

Un’altra signora: “E qual è il libro della sua vita?”

Sobbalzo sembre quando vengo presa alla lettera in queste circostanze, ma naturalmente ho risposto che il libro della mia vita è Lord Jim, di Conrad. Come al solito, pochi lo avevano letto, e di quei pochi nessuno lo apprezzava alla follia (tranne una signora di origine inglese). Sempre così. Lo raccontavo ieri sera per telefono ad A., e lei, che LJ non lo sopporta, è sbottata:

“Lo vedi che è malsano avere Lord Jim per libro della tua vita? Si può sapere perché, poi?”

Indignata, ho ribattuto per un’infinità di ottimi motivi, al che A. si è messa a ridere, e poi siamo passate a discutere se andare o no a vedere Avatar. Ora, non so se andremo a vedere Avatar, ma ho rimuginato sulla domanda. Ebbene, A., ecco perché:

1) Perché la prima volta che l’ho letto l’ho piantato a pagina dodici, convinta che non mi piacesse, ma ero già talmente catturata che ho dovuto riprenderlo in mano e leggerlo tutto.

2) Perché dopo vent’anni seguito a rileggerlo ancora e ancora, e ogni volta ci trovo qualche sfumatura nuova, qualche sottigliezza che mi era sfuggita, qualche meraviglia sepolta un po’ più a fondo.

3) Perché il suo protagonista è così ben scritto che per me non è meno reale di una persona in carne ed ossa. Io conosco Jim, so che voce ha, che tipo di sguardo, come si muove, in che modo ragiona. Quasi un membro della mia famiglia.

 4) Perché nei momenti difficili e di fronte alle decisioni epocali, quello è il libro che riprendo in mano, anche se (o forse proprio perché) è una storia dolorosa, di colpa e di fallimento, di paura e di occasioni mancate, e di redenzione che sembra raggiunta e poi sfugge di mano.

5) Perché a diciotto anni, leggendone una versione semplificata in lingua originale mi sono innamorata dell’Inglese con un entusiasmo che dura tutt’oggi, e ho scoperto che leggere un libro tradotto e leggerlo in originale sono due esperienze completamente diverse.

6) Per la scena in cui, dopo la vittoria sugli uomini di Ali, la gente del villaggio acclama tumultuosamente Jim, con i gong e i tamburi, sventolando bandierine bianche, rosse e gialle. La scena è narrata al lettore da un narratore che riferisce di come Marlow gli abbia raccontato la versione di Jim. E in cinque righe, attraverso questo cannocchiale rovesciato di punti di vista, mi si è impressa in mente con una vividezza indimenticabile.

7) Perché in mani diverse questa vicenda sarebbe stata solo un melodramma avventuroso, e invece Conrad ne fa una tragedia dell’incapacità di vivere all’altezza delle proprie aspettative: Jim non solo non è perfetto, ma soccombe alla sua imperfezione, travisa se stesso e gli altri, insegue o rifugge cose che non esistono, non impara mai a venire a patti con la realtà, e paga (e fa invoontariamente pagare a tanti altri) un prezzo altissimo, nel finale più desolato che si possa immaginare.

8) Perché a sedici anni, leggendo questa storia, ho capito per la prima volta che un autore deve essere spietato con i suoi personaggi, non deve risparmiare loro nulla, non deve proteggerli né da loro stessi, né da ciò che accade nelle storia, né dal giudizio del lettore.

9) Perché dalla complessità della sua struttura e della sua caratterizzazione ho avuto la prima impressione che scrivere non fosse questione di aspettare l’ispirazione, aprire il proprio cuore e vuotarne il contenuto sulla carta: tra letture, riletture, analisi, dissezioni e uno sciagurato tentativo di riduzione teatrale, Lord Jim è stato la mia prima scuola di scrittura.

10) Perché negli ultimi vent’anni la mia aspirazione è stata (e ancora è) non quella di scrivere un libro come questo, ma di scrivere un libro che ne abbia l’intensità, le ombre, la passione, la potenza e la bellezza. Wish me luck.

E voi? Che cosa ha fatto per voi il libro della vostra vita? Che cosa avete trovato tra le sue pagine?  

Perché Diamine “Lord Jim” è Il Libro Della Mia Vitaultima modifica: 2010-01-19T09:28:00+01:00da laclarina
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19 Commenti

  • Perbacco, non trovo neanche un motivo per non correre in libreria e prendere Lord Jim.

    In particolare amo anch’io gli autori spietati con i propri personaggi e sono convinto anch’io sul fatto che aprire il proprio cuore e vuotarlo sulla carta raramente produca dei capolavori.

    (Di questa cosa mi sono convinto leggendo “The philosophy of composition” di EA Poe.)

  • Il libro della mia vita è “Biliardo alle nove e mezzo” di Heinrich Böll. E in parte anche “La montagna incantata” di Thomas Mann, ma più il primo. Per tanti motivi, più nella trama che nella scrittura o nel suo autore, non saprei nemmeno elencarli bene, se non che è la storia di un figlio che distrugge ciò che ha fatto il padre e del nipote che ricostruisce. C’è molto dolore nascosto, ma saputo. E c’è la dignità. E la comprensione. E i gesti rituali, fare la colazione allo stesso posto, avere gusti particolari per farsi ricordare. Non so perchè, ma questo libro lo sento mio.

  • Renzo, avere convinto anche una sola persona a leggere LJ mi rende molto felice. Mi farai sapere cosa ne pensi, a lettura ultimata?

    Ire, temi e un’estetica in cui ci si riconosce sono un legame potente tra una persona e un libro. E’ bello riaprire le pagine e sentirsi, se non proprio a casa, almeno tra amici. Sentirsi capiti.

  • Certamente, tornerò qua a parlarne 😉

  • Ho avuto il libro nella mia libreria per tantissimi anni ma, anche avendo letto altri romanzi di Conrad, questo era rimasto lì.
    L’ho finito di leggere Venerdì scorso e mi è piaciuto moltissimo, anche se la lettura non è chiaramente facile: concordo con la tua analisi che ho apprezzato molto.

  • Guglielmo, sono felicissima di leggere che ti è piaciuto. No, non è una lettura facile: è complesso, tortuoso, profondo, sfaccettato… come l’animo umano, dopo tutto.

  • Che interpretazione dai al finale? Io ci ho visto l’ultima dimostrazione che Jim, anche se dotato di grandissime capacità, non fosse in grado di fronteggiare e reagire ai fallimenti, dato che erano troppo alte le ambizioni e le aspettative che aveva nei propri confronti.
    Per tutto il romanzo vengono riportate le opinioni di varie persone che considerano il caso di Jim un semplice infortunio, con ampissime attenuanti, eppure lui non riesce mai a riaversi da questo errore e si autoesilia, volendo al momento stesso “rientrare nei ranghi”.
    Nel caso del secondo errore, anche in questo caso con conseguenze gravi, ma con scarse colpe, non riesce a ripartire come viene scongiurato dalla ragazza, ma affronta il suo destino, dimostrando così anche che non gli manca il coraggio, ma la capacità di ricominciare daccapo dopo un fallimento.
    Tu, che sei una grande conoscitrice del romanzo, cosa ne pensi?

  • Guglielmo, non mi definirei una grande conoscitrice – solo un’appassionata lettrice e ri-lettrice.
    Ciò detto, concordo con te sul finale: Jim non ha saputo imparare a convivere con la propria imperfezione e, alla fine, quando quella che doveva essere la sua redenzione si conclude in tragedia, vede una sola via d’uscita. Forse c’è uno strato ulteriore: la seconda volta Jim ha fatto tutto “bene”: non è fuggito, non si è lasciato trascinare, ha vinto la battaglia, ha salvato il villaggio, ha sconfitto i malvagi ed è stato magnanimo… e il disastro è arrivato lo stesso. Quel modello di perfezione secondo il quale credeva di dover vivere, si rivela imperfetto a sua volta: forse è troppo da sopportare.

  • Grazie per la tua interpretazione, che in effetti dà un’altra chiave di lettura molto interessante.
    Mi sembra infatti che tutto il personaggio di Jim sia tragico fin dall’inizio, perchè è un uomo che, anche se coraggioso, abile, intraprendente non ha imparato ad affrontare le mille contraddizioni della vita. Forse si può dire, in analogia ad un altro capolavoro di Conrad, che non è riuscito ad attraversare la sua “linea d’ombra”.
    In questa situazione non riesce neanche a vivere e ad apprezzare la vita: è troppo preso nei suoi ideali, troppo alti.
    La scena in cui la ragazza lo scongiura di andar via con lei è struggente e sembra metaforicamente proprio un richiamo della vita reale, dove spesso occorre fare la scelta “sbagliata”, a cui lui non riesce a rispondere.

  • Un altro aspetto interessante del romanzo, che però si dovrebbe riuscire ad apprezzare maggiormente quando lo si rilegge, è la struttura con cui Conrad lo costruisce, adottando una tecnica innovativa. Il romanzo è narrato in parte direttamente dall’autore e in parte mediante un personaggio Marlowe che racconta ciò che ha visto e a volte che riporta i racconti su Jim che gli sono stati fatti da altri testimoni: in questa maniera la figura del personaggio viene descritta in maniere sempre diverse a seconda del punto di vista e di fatto si moltiplica.
    In pratica la lettura del romanzo è come l’apertura di una serie di scatole cinesi.

  • C’è quella scena all’inizio – così insignificante, così profetica – in cui il cadetto Jim esita un istante di troppo prima di tuffarsi per salvare gli “uomini in mare”, e poi fa del suo meglio per convincersi che non è stato grave – senza mai riuscirci troppo bene. Ecco, lì in nuce c’è già tutto il romanzo.
    E quei sogni ad occhi aperti durante i turni a riva, che luce beffarda e sinistra e crudele prendono, quando ci si ripensa dopo il Patna, quando si scopre il punto di vista di qualche altro personaggio a proposito di Jim! Vogliamo parlare del vecchio piantatore che sarebbe disposto a considerarlo quasi un figlio?
    Sono queste stratificazioni, queste luci di taglio, questo ricorrere di motivi che mi sciolgono ad ogni rilettura.

  • Grazie per questi spunti: questi dovrò andare a rileggerli, nella prima lettura sono particolari che sfuggono.

  • Cara Chiara, la penso esattamente come te, Lord Jim è il libro della vita, anzi, un libro che cambia la vita. E’ il mio romanzo preferito, insieme a “Delitto e castigo”, “I Fratelli Karamazov” e “Il maestro e Margherita” (ce ne sono tanti altri, naturalmente, ma queste sono le mie 4 “gemme”). Purtroppo l’ho scoperto in età relativamente “avanzata” (verso i 35 annni, ora ne ho 45), e devo dire che la figura di quest’uomo fiero e coraggiosissimo, in fuga perpetua e vana dall’unico atto di viltà della sua vita, mi commuove sempre fino alle lacrime. Conrad è uno dei giganti ogni tempo, credo che insieme all’immenso Dostoevski sia il più grande indagatore della psiche umana in letteratura. Lo rileggerò presto, anche se mi suscita sempre grande commozione e una certa sofferenza da eccesso di immedesimazione.

  • Sono contento di questo commento di Mino perchè, anche se di Conrad ho letto molto, non ho mai letto Dostoevsky, autore che mi attira e che temo e vorrei perciò un consiglio su come cominciare

  • Per Guglielmo: nella biblioteca di un appassionato lettore come te Dostoevsky non può certo mancare, non dare ascolto a chi dice che è pesante, non lo è certo più di Conrad…Naturalmente in alcuni romanzi forse avrebbe potuto essere più sintetico e alcune pagine sono un pò ostiche,ma del resto la grande letteratura ha i suoi momenti di stanca: nessuno è perfetto e neanche i geni lo sono. In compenso le emozioni e le riflessioni che ti regala sono davvero uniche, a volte sembra leggerti dentro. Se posso permettermi di darti dei consigli (da lettore dilettante quale sono) inizia da “Memorie del sottosuolo”, che è il suo vero manifesto esistenziale, e “Delitto e castigo” che, a mio parere, si legge d’un fiato e ti lascia senza fiato. Poi naturalmente “I demoni” (inizio lento, ma quando prende quota….), “L’idiota” (qualche lungaggine di troppo,ma nel complesso sublime) e,naturalmente, la vetta de “I fratelli Karamazov”. Buona lettura, chiedo scusa a Chiara se sono andato fuori tema.

  • Concordo su Jim: pretende troppo da se stesso e non accetta le sue inevitabili imperfezioni, anche se l’ignominioso abbandono del Patna è davvero difficile da assolvere. Mi colpisce molto il suo atteggiamento al processo: tutti gli altri, più colpevoli di lui, cercano solo di cavarsela col minor danno possibile, mentre lui è quasi indifferente al castigo, in quanto nulla sarà più duro da sopportare della vergogna e del tormento che si autoinfligge. Come non riconoscersi? Chi di noi non ha compiuto delle azioni di cui si vergogna e che vorrebbe cancellare a qualunque prezzo?

  • @ Mino: “sofferenza da eccesso di immedesimazione” è assolutamente perfetto. E’ il motivo per cui ho abbandonato la prima lettura. E il Patna è quel genere di errore che diventa imperdonabile proprio per la sua meschinità di fondo: è solo un trascurabile atto involontario, un attimo di smarrimento, un cedimento nel coraggio fisico, qualcosa che – non dimentichiamocelo – Jim era attivamente deciso a non fare, anzi di più: certo di non fare. Le righe in cui Marlow racconta che Jim non sa troppo bene come si sia ritrovato nella scialuppa sono un doloroso capolavoro di scavo psicologico. Nelle riletture, l’atto inconsapevole acquista il carattere ineluttabile di una condanna a morte, ma persino la prima volta, quando non si conoscono ancora le conseguenze, c’è qualcosa nella pagina, un peso di foreboding che lascia senza fiato.
    E non c’è bisogno di scuse per Dostoevsky, anzi: sono ben felice se SEdS diventa un luogo di scambio di idee.

  • @ Guglielmo: posso suggerire, in aggiunta ai consigli di Mino, i racconti e il Diario Di Uno Scrittore? I primi come introduzione, forse, e il secondo come corollario?

  • E’ proprio vero che i capolavori bisogna leggerli e rileggerli: a proposito del nostro grande Conrad, recentemente ho riletto Nostromo (che la prima volta non mi aveva particolarmente impressionato) e l’ho finalmente apprezzato come merita. La narrazione è appassionante e scorrevole, nonostante non ci siano eroi disinteressati come Jim di cui innamorarsi e con cui identificarsi, ma solo figure mediocri dominate dalla vanità, dalla febbre dell’argento, da ossessioni oscure, da velleitari idealismi, da devozioni patetiche: tutti i numerosi protagonisti sono raffigurati con sorprendente acutezza e precisione quasi maniacale, alla fine nessuno di loro resta in ombra. Sempre attuale la descrizione dello stato da operetta del Costaguana: lascia un’inquietante sensazione di familiarità …. . Da leggere e rileggere. Come invidio chi, come Chiara, può leggere in lingua originale Conrad, Shakespeare e Melville!