Se Questo E’ Un Uomo
Ho cominciato ieri un laboratorio nuovo alle Scuole Medie di Roncoferraro.
In occasione della Giornata della Memoria, per quattro venerdì leggerò e commenterò brani di Se Questo E’ Un Uomo, di Primo Levi, con i ragazzi di due classi terze. Sono sempre in ansia quando inizio un lavoro nuovo in una scuola, specialmente quando si tratta di un laboratorio creato su richiesta e mai sperimentato prima. Tra l’altro, Se Questo E’ Un Uomo è un libro ostico, di quelli che pretendono attenzione per entrare sotto la semplicità apparente della scrittura. L’asciuttezza deliberata e scarna della cronaca può non coinvolgere a prima vista, e non ci sono personaggi con cui un quattordicenne possa identificarsi d’istinto. Così il mio mestiere è aprire delle porte tra la realtà di questi ragazzi e quella del libro, mostrare loro l’ansia di raccontare del giovane Primo, decifrare l’appello nascosto nella durezza apparente dell’epigrafe, tradurre i civili fantasmi cartesiani e il soldato tedesco irto d’armi in termini che possano riconoscere.
Come ho detto, è il genere d’inizio che mi mette in ansia. Mi domandavo mai, a quattordici anni, se gli adulti che mi spiegavano qualcosa temessero di non riuscirci a sufficienza? Forse no.
Poi però arrivano i buoni segni. Il primo è quando cercano d’impressionarti, vogliono far vedere che capiscono, che partecipano, fanno qualche falsa domanda (“Ma non c’era anche Lenin, in Russia, oltre a Stalin?”). Non è ancora davvero promettente, ma è un inizio: vuol dire, se non altro, che hai la loro attenzione. E poi arrivano le domande vere, in tutta la gamma dal candido al pratico all’acuto, e guai a farsi cogliere alla sprovvista. E poi, quando domandi a tua volta, arrivano le risposte, qualcuna un po’ a caso, qualcuna ingenua ma nella direzione giusta, qualcuna singolarmente pronta.
Vuol dire che seguono, che parliamo, almeno un po’, la stessa lingua, e che, se sono fortunata, almeno qualcuno di loro porterà a casa un modo diverso di leggere, di farsi domande, una nuova considerazione per la storia, per la forza dei libri e della parola scritta. Ed è allora che, tutte le volte, mi ricordo perché mi piace fare questo lavoro.
In bocca al lupo allora.
Sarai sicuramente capace di coinvolgerli. Si emozioneranno, vedrai, come non potrebbero con un libro simile?
Io ci penso ancora adesso a distanza di anni.
E’ sconvolgente, crudo, delicato e disarmante a tratti (“Io sono l’ultimo!”).
E chissà, magari riuscirai a instillare nei loro cuori qualcosa di buono. Che li renda migliori, che li renda gli uomini giusti di domani.
Sonia
Grazie, Sonia. Mi fai un bellissimo augurio… spero di essere all’altezza.