Zaffiro e Acciaio

SnS_assigned.jpgEcco un’altra di quelle cose che nessun altro ricorda di avere visto, eppure giuro che nei primissimi Anni Ottanta la RAI ha trasmesso almeno qualche puntata di una serie televisiva inglese chiamata, per l’appunto, Zaffiro e Acciaio.

Dico “qualche puntata” perché io ne vidi solo tre: quando si accorse che la faccenda mi dava gl’incubi, la mia saggia nonna applicò una forma di censura famigliare, ma siccome stiamo parlando di un’epoca in cui era raro che i palinsesti si modificassero in corsa, è possibile che sia andato in onda qualche episodio di più. Dopo di questo ho impiegato quasi trent’anni a scoprire che non solo la serie esisteva davvero, Sapphire and Steel nella versione originale, ma vanta ancora un discreto numero di affezionati e ha avuto anche un seguito (radiofonico, mi pare).

Ciò detto, quanto a genere, Z&A è di difficile definizione: probabilmente qualche tipo di fantasy, se consideriamo i due misteriosi agenti temporali a caccia di sfilacciature nella trama del tempo, ma un fantasy molto singolare. Rivedendolo a tanti anni di distanza, non mi meraviglio che avesse levato il sonno alla Clarina di anni sei, e già questo è degno di nota. In genere, tendiamo a sorridere di quello che ci spaventava da bambini, ma Z&A era e resta davvero un po’ inquietante. Più che un po’. E non pensate a effetti/effettacci speciali, mostri o truculenze, perché non c’è nulla del genere.

In realtà, non c’è granché di nessun tipo, production-wise: set essenziali (e pure un po’ tristi), una manciata di attori, musica ridotta all’osso, effetti speciali ai limiti dell’artigianale. Eppure l’insieme ha una tensione, un senso di mistero e un’atmosfera che mettono davvero i brividi. A che cosa si deve il miracolo?

– In primo luogo, una scrittura stratosferica*. Il concetto di Peter J. Hammondè affascinante: il tempo come entità semi-senziente e non precisamente benevola, una sorta di corridoio onnipervasivo, a sua volta abitato da inquietanti esseri che non vedono l’ora di uscirne. Quando un anacronismo sfilaccia la trama del tunnel, il tempo straripa e le cose si mettono oscuramente male, richiedendo l’intervento dei Nostri Eroi. La genialità della faccenda consiste nel non spiegare troppo a fondo il meccanismo: da dove vengono Zaffiro e Acciaio? Chi li comanda? Che cosa succederebbe se lo strappo temporale non venisse ricucito? Un sacco di domande di questo genere vengono poste e mai del tutto risolte**, tutto procede per metafore e allusioni, il lieto fine non è mai particolarmente lieto, e la minaccia rimane sempre inafferrabile, sempre evitata all’ultimo istante, sempre inquietante. Il principio in base al quale la paura è mancata conoscenza, rivoltato come un guanto e usato a fini drammatici con favolosa abilità.

– A seguire, una regia sorvegliatissima e claustrofobica, che esclude tutti i fronzoli a beneficio dell’efficacia. Nemmeno le pettinature Anni Ottanta e i vestitoni azzurri di Zaffiro riescono a diluire il senso di minaccia creato con una lampadina nuda che oscilla, una filastrocca ripetuta e quattro battute di musica minimalista. O con una macchia di luce bianca che sale lentamente una scala mentre le voci dei Nostri ignari filtrano dalla porta della cucina. Brr…

S&S.jpg– E infine, attori in parte. Joanna Lumley (praticamente sconosciuta in Italia) centra la giusta commistione di aura sovrannaturale, empatia femminile e distacco alieno, mentre David McCallum*** (il Dr. Mallard di NCIS, solo molto più giovane) è brusco, efficiente e parimenti privo di tatto, scrupoli o pazienza****. E in più qualcuno di quei caratteristi, da buoni a ottimi, di cui i paesi anglosassoni sembrano possedere scorte inesauribili.

Morale: produzione all’osso + concetto solido + buona scrittura + attori competenti e convinti = qualcosa che lo spettatore, dopo averne viste un paio di mezz’ore, ricorda con la pelle d’oca a trent’anni di distanza.

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* Sapevate che avrei detto così…

** Normalmente direi che non si bara con le aspettative del lettore/spettatore, ma qui l’occultamento di motivi e ragioni è connaturato al concetto della storia, né più né meno che l’idea del Tempo/corridoio.

*** Pare che Joanna Lumley si lamentasse di non capire la metà di quello che doveva dire, mentre McCallum e Hammond avevano l’abitudine di chiudersi da qualche parte e apportare modifiche dell’ultimo minuto, giusto per rendere il dialogo ancora più esoterico.

**** Altra idea narrativamente solida: non c’è bisogno di rendere i protagonisti simpatici a tutti i costi, specie se, per la coerenza della storia, è meglio che non lo siano.

Zaffiro e Acciaioultima modifica: 2010-03-11T08:50:00+01:00da laclarina
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12 Commenti

  • oh cavoli
    me la ricordo si
    ero una ragazzina ma me la ricordo
    🙂
    non so quante puntate ho visto ma ricordo quel titolo assolutamente
    ogni tanto è bello fare un tuffo nel passato soprattutto se si tratta dei mitici anni 80
    :-)mandi

  • Oh che bello! Qualcun altro l’ha visto, allora! Grazie, grazie: mi sentivo molto marziana… Hai mica visto per caso anche Il Ragazzo Rapito? E deduco che tu sia friulana? Il mio babbo era di Cividale…

  • non so se l’inserimento di questo commento andrà a buon fine, comunque…
    La tua analisi di Zaffiro & Acciaio è perfetta.
    Non sono in tantissimi quelli che lo hanno visto in RAI negli anni 80, anche se all’estero ha riscosso un notevole successo.
    Ho acquistato, da un anno circa, l’ intera serie su DVD e me lo sono goduto alla grande.
    A distanza di trent’ anni circa dalla sua edizione conserva ancora quell’ aura surreale ed inquietante ne ne ha fatto un CULT per il genere di fantascienza a cui si ispira.
    Hammond non è mai più riuscito a creare alcunchè di anche lontanamente paragonabile per qualità Zaffiro & Acciaio.
    Nel caso ti interessasse esistono su Facebook un paio di gruppi dedicati al serial, ma è difficile trovarci qualcosa di veramente inedito.

    http://www.facebook.com/daniele.zito.himera.studio#!/pages/Zaffiro-e-Acciaio/109453099074521

    http://www.facebook.com/daniele.zito.himera.studio#!/pages/Sapphire-Steel/107672972589345

    Lieto davvero di aver comunicato con te.

    Daniele Zito

    🙂

  • Oh, che bello! Almeno siamo in tre! 🙂
    Era da brividi, vero? Mi domando se parte dello scarso successo in Italia non fosse dovuto a qualche difficoltà di traduzione? Il dialogo serrato ed esoterico non doveva essere facile da riprodurre… Francamente non ho più rivisto la versione italiana: adesso possiedo felicemente l’Episodio 1 e l’Episodio 2 in videocassetta e ho visto gli altri su YouTube, ma tutti in originale – però, pensandoci, mi piacerebbe fare qualche confronto. Adesso vengo anche a visitare i tuoi gruppi: non avevo idea che ci fossero, o sarei arrivata prima!
    Grazie della segnalazione e delle belle parole, e a presto.

  • siamo in 4!

    e non dimentichiamo la sigla di coda: “a new kind of man” di john foxx, primo cantante degli ultravox (quelli di ha ha ha e hiroshima mon amour)

    G3RT

  • Welcome to the club! 🙂
    Non credo di ricordarmi la sigla di coda… ricordo quella di testa, con la voce fuori campo che enumerava gli elementi e annunciava che le irregolarità sarebbero state risolte (era poi proprio “risolte”? *All irregularities will be handled*), ma quella di coda no. Adesso mi documento.

  • E questo non è un commento vero, è solo perché MB mi chiede di provare che sono una persona e non un robot (e so far so good), e poi comunque non mi fa comparire il commento finché non ne ho postato un secondo…

  • Questi telefilm erano incomprensibili per una ragione molto semplici. essendo troppo lunghi per lo spazio che la Rai aveva a disposizione, i nostri teledirigenti pensavano bene di tagliarli senza nemmeno preoccuparsi di mantenere una logica nelle trame.
    Sono stato anni a scervellarmi sulla fine dell’Assignement 2, per scoprire solo qualche mese fa che semplicemente il finale non è mai stato mandato in onda dalla Rai.
    Gli episodi completi sono su youtube, naturalmente in inglese.

  • Della logica e coerenza di quel che aveva trasmesso la RAI ho un ricordo davvero fumoso: un paio di episodi a sei anni…
    Poi in anni recenti ho riscoperto e visto il tutto in lingua originale – e sono dell’idea che i testi siano volutamente… non incomprensibili, ma tanto ermetici quanto si poteva. Hammond *voleva* spiazzare lo spettatore, farlo sentire in territorio malsicuro. Lo straniamento faceva parte della strategia di scrittura, del mood della serie. Era uno degli aspetti che, a mio timido avviso, rendono Sapphire and Steel un piccolo capolavoro del genere.

  • Per la gioia e la delizia degli appassionati, la Big Finish – una azienda nata da una costola della BBC – produce radiodrammi con le nuove avventure di Zaffiro e Acciaio.
    Stesso cast di base di sceneggiatori e autori, nuovi interpreti.
    Nella parte di Acciaio,in particolare, recita David Warner, noto caratterista, già esponente del new cinema anni ’60, e da tempo specializzato in ruoli fantastici (L’Uomo venuto dall’Impossibile, Cast a Deadly Spell ecc…)

  • Sapevo che c’è, but I’m of two minds.
    Non sono mai troppo sicura quando si tratta di riprese, seguiti e cose così…

  • Io ne ho sentito uno (Dead Man Walking), ed è decisamente buono.
    La sostanziale differenza, ovviamente, è che essendo audio e non video, tutto è giocato sul dialogo – mentre la serie originale aveva dei lunghi silenzi molto inquietanti.
    Ma il livello è decisamente alto, per ciò che ho visto.