Lug 16, 2010 - considerazioni sparse    7 Comments

Gente Eclettica

Anthony Burgess era un poeta, linguista, commediografo, traduttore, critico letterario, compositore (scrisse la sua prima sinfonia a diciotto anni), autore di libretti d’opera e romanziere abbastanza versatile da scrivere romanzi diversissimi tra loro, in tutta la gamma che corre tra Arancia Meccanica e A Dead Man In Deptford.

Peter Ustinov, oltre che un attore, era un regista cinematografico, teatrale e d’opera, uno scenografo, uno scrittore di prosa, teatro e cinema, un umorista, un giornalista, un presentatore radiofonico e televisivo, un rettore universitario e un diplomatico. Oh, e un poliglotta con un dono per gli accenti.

Leslie Howard era un attore cinematografico e teatrale, un regista e un produttore in entrambi i campi, un commediografo, un conferenziere e probabilmente un agente segreto.

Richard Burton (non l’attore) era un viaggiatore, poliglotta (su larga scala: pare parlasse 29 tra lingue e dialetti), esploratore, poeta, etnologo, ufficiale con esperienza di comando, scrittore, orientalista, traduttore, diplomatico, ipnotista e schermidore.

Se, da un lato, ho sempre avuto il desiderio di scegliere un campo, studiarlo, approfondirlo e praticarlo fino a conoscerne i meccanismi più riposti e le sfumature più sottili, dall’altro questa gente capace di eccellere in una varietà di campi e di mostrare eccezionalità (o almeno non comune competenza) in attività diverse, e magari disparate, mi affascina e mi riempie di ammirazione. Non posso fare a meno di pensare che sia bello possedere molteplici talenti, esercitarli tutti con soddisfazione, poter spingere la propria curiosità intellettuale in tante direzioni, poter realizzare le proprie idee in tutta una varietà di forme.

Il talento precoce non mi scuote particolarmente, ma il talento eclettico suscita in me una certa qual forma di benevola, ammirata invidia: non dev’essere male non avere necessità di scegliere una direzione sola…

Gente Ecletticaultima modifica: 2010-07-16T08:35:00+02:00da laclarina
Reposta per primo quest’articolo

7 Commenti

  • Buongiorno da Quartello! Anch’io ammiro molto le persone che hanno la fortuna di poter mettere alla prova il loro talento nei campi più disparati… e con successo! Credo sia necessario possedere grande curiosità verso il mondo e voglia di mettersi alla prova… la maggior parte delle persone, una volta acquisita una certa competenza, si ritiene soddisfatta del traguardo raggiunto, quasi si inorgoglisce a far parte di una sola e unica categoria, la “curiositas” si assopisce.
    Mi viene in mente Michael Crichton, laureato in medicina, tirocinante di pronto soccorso, scrittore, regista, sceneggiatore, viaggiatore, marito di 4 mogli…
    Sai cosa penso? Se la quotidianità e le necessità non permettono ad un eclettico di vivere come tale… forse nascerà uno scrittore… non è lo scrittore, il creatore di mondi nuovi e diversi l’eclettico per eccellenza?

  • Io sono eclettico in negativo. Non so fare, con una certa maestria, un sacco di cose!

  • @Della: l’idea mi piace molto, sai? Senz’altro la scrittura consente di esplorare molteplici possibilità in modo indiretto ma attivo… Quindi magari corrisponde non proprio a un eclettismo per eccellenza, ma a un eclettismo riflesso?
    @Danilo: oh, un aforisma! 😉

  • Il problema è anche: dove trovare il tempo? Quando apprendo i percorsi di vita di personaggi siffatti (ricordo il mio sgomento nel leggere la vita di Balzac, mi domandavo: ma questo qua non dormiva mai?) ho la sensazione che non abbiano avuto un istante di requie. Ultimamente mi ha fatto grande impressione la vita di Robert Langton Douglas: prete protestante, sposato quattro volte, padre di non si sa quanti figli, eroico ufficiale durante la Grande Guerra, storico e mercante d’arte, saggista raffinato (ho trovato eccellente la sua storia della città di Siena), collezionista, direttore di gallerie famose di cui scriveva anche i cataloghi (quelli firmati da lui oggi spuntano prezzi da capogiro)… c’è da chiedersi come trovasse il tempo di respirare.

  • Già, c’è sempre il problema del sonno… adesso non ricordo più di chi si trattasse, ma sono certa di avere letto una citazione in cui qualcuno di questo genere diceva di considerare il sonno uno spreco di tempo. Forse era Napoleone? Può darsi, anche se il suo non lo considererei precisamente eclettismo… Vasta visione, questo è certo, ma eclettismo forse no. Annibale, oltre ad essere il genio militare, l’abile politico e lo spregiudicato diplomatico che si sa, aveva ricevuto un’educazione ellenistica a base di filosofia, parlava molte lingue e disegnava città – I think he qualifies, e anche lui dormiva poco assai.
    Oppure c’è sempre il metodo “Hermione Granger” – la ragazza che seguiva più lezioni di chiunque altro perché aveva una macchina del tempo per tornare avanti e indietro nell’orario scolastico. 🙂

  • OT: visto che ne hai fatto anche un protagonista della tua fiction, ti risulta che Annibale fosse davvero un abile politico? Mi pareva di aver letto da qualche parte che subisse continue dèbacles sul “fronte interno” della politica cartaginese, e che ciò gli fu di ragguardevole impaccio proprio nella Seconda Guerra Punica. E ricordo, vagamente, un aneddoto su come qualcuno a lui vicino gli abbia detto che gli dèi non concedono a un unico uomo tutti i loro doni… “Tu hai il dono di conquistare le vittorie, ma non sei capace di sfruttarle”.

  • Uh, lungo discorso.
    Durante la guerra il partito senatorio guidato da Annone il Grande, che propugnava un’espansione in Africa anziché nel Mediterraneo, gli mise sempre i bastoni tra le ruote – fondamentalmente negandogli i rinforzi di cui avrebbe avuto bisogno. Immagino che torni a suo credito l’aver saputo evitare, seppur da lontano e in tutt’altre faccende affaccendato, che il Senato lo sconfessasse trattando una pace con Roma. Dopo Zama fu Annibale a trattare la pace, a condizioni tutto sommato meno disastrose di quanto si potesse temere.
    Di sicuro era un brillante amministratore, visto che, tra la “dittatura” seguita al coup del 201 e i due anni da suffeta fra il 196 e il 194, riuscì a rimettere in sesto l’economia cartaginese e a pagare l’indennità di guerra a Roma. Forse il suo maggior errore politico fu voler punire duramente gli speculatori di guerra tra i quali – guarda caso – c’erano i suoi nemici annoniani: la perdita dei grandi patrimoni fece coalizzare gruppi che, se fossero rimasti divisi, non avrebbero rappresentato un pericolo… e il resto è storia nota.
    Tra parentesi, Annibale è un altro che rinunciò spontaneamente al potere in seguito a uno scandalo (di cui pure non era responsabile) sulla lega dell’argento usato per pagare l’indennità. Che non fosse stato un cattivo governante forse è dimostrato dal fatto che nel 196 popolo e senato lo supplicarono di tornare al potere come suffeta. A differenza di Silla, Annibale accettò.
    “Nimini dii nimirum dederunt” è la frase che Livio mette in bocca a Maarbale, il comandante della cavalleria numida, la sera della battaglia di Canne. Considerando che l’idea di Maarbale (sempre stando a Livio) era quella di prendere d’assedio una grande città murata con meno di quarantamila uomini e senza macchine… hm.
    Se poi vogliamo discutere del progetto politico dei Barca e della sua fattibilità concreta, questo è un cavallo di tutt’altro colore.