Ago 20, 2010 - cinema, scrittura    2 Comments

Ossignor!

Leggendo i commenti alla tirata di Josh Olson, mi sono imbattuta in un altro e sesquipedale esempio di snobismo di genere:

Forse ricorderete la storia: Olson è uno sceneggiatore hollywoodiano, un aspirante collega gli chiede di leggere la sua paginetta di sinossi per una sceneggiatura, Olson – pur seccato dalla richiesta – legge la sinossi, la trova orribile e inveisce pubblicamente.

Ora, per quanto Josh Olson sia una persona sgradevole, stento a credere che qualcuno abbia potuto davvero scrivergli questo commento:

Olson descrive la storia dello sceneggiatore così: “I personaggi vagano senza scopo, compiono azioni senza motivo, scompaiono, ricompaiono, vengono arrestati per crimini non specificati e prendono decisioni dissennate ed epocali senza nessuna particolare ragione.” Tutto questo somiglia molto a Il Processo di Kafka.

Poi Olson dice: “Mezzo paragrafo è dedicato a descrivere il profumo e la consistenza di un cibo, ma l’evento centrale della crisi è sbrigativamente liquidato in una frase.” Questo somiglia a Gita al Faro di Virginia Woolf.

“La morte del protagonista non è nemmeno menzionata. Una frase descrive una scena in cui è presente, e la successiva descrive la gente che va al suo funerale.” Questo somiglia a molti lavori di Hemingway e Faulkner, con le loro omissioni deliberate di momenti cruciali e particolari rilevanti. 

In altre parole, Mr. Olson, una persona che avesse anche solo un briciolo di vero talento o integrità artistica non scriverebbe filmacci per Hollywood come fa lei, per poi spendere inutilmente tante parole al solo scopo di distruggere pubblicamente i sogni di qualcun altro. Lei non scriverà mai nulla che valga veramente la pena di essere letto, con la sua ossessione per il “venire al punto”.

Di fronte a discorsi del genere posso azzardare solo due spiegazioni alternative: stupidità abissale o pura e semplice malafede – a meno che non si tratti di una combinazione di entrambe. Obiettiamo prima di tutto che la sinossi di una sceneggiatura è la sinossi di una sceneggiatura, ovvero un tipo di scrittura specializzata e strettamente funzionale. Chi la scrive non dovrebbe preoccuparsi di emulare Kafka, Woolf o Hemingway, ma di presentare la sua storia in pochi paragrafi, nel modo più razionale, avvincente e comprensibile di cui è capace. “Ben scritto” in questo caso significa due cose soltanto: chiaro ed efficace. Per echi letterari ed ellissi ermetiche ci sarà tutto il tempo nella sceneggiatura, grazie tante.

Quindi, tre paragrafi su quattro del commento sono dissennati. Adesso veniamo alla parte in mala fede: la disonestà intellettuale del passaggio dai presunti meriti letterari della sinossi all’indegnità artistica e umana di Olson è di una spudoratezza rimarchevole nel suo genere. A) JO non sa riconoscere la buona scrittura quando se la trova davanti; B) ma d’altra parte, JO scrive sceneggiature cinematografiche (orrore, orror!); C) e prende a calci i cuccioli; D) e in fondo, che altro ci si può aspettare da un uomo ossessionato dalla fabula?

Noterete che l’argomento finale – destinato a sancire l’inferiorità morale e artistica di Olson – non è tanto il fatto che abbia maltrattato pubblicamente l’aspirante sceneggiatore, quanto la sua ributtante pretesa che una storia “venga al punto”. Insomma, è chiaro come il giorno: tutta questa gente che farnetica di trama, struttura, solidità e principi narrativi è crassa, venale, volgare e costituzionalmente incapace di veleggiare nelle regioni rarefatte della VERA ARTE, scritto in tutte maiuscole – empireo a cui Hollywood non dovrebbe nemmeno permettersi di aspirare!

Come dicevasi nel titolo: ossignor…

Ossignor!ultima modifica: 2010-08-20T08:42:00+02:00da laclarina
Reposta per primo quest’articolo

2 Commenti

  • Dalle mie parti si dice “bedda matri”.

    (Rieccomi!)

  • Oh, bentornato! Sai che sentivo la tua mancanza? Fatto buone ferie?