Cartoline da Madrid IV
Quattro Madrid diverse, e sono solo quelle che ho attraversato oggi – e forse nemmeno tutte:
– da Plaza de la Puerta del Sol alla Plaza de Cibeles per la Calle de Alcalà, con un’occhiata alla Gran Via: ministeri, grandi alberghi, ambasciate, il Congreso de Diputatos, banche e, soprattutto, enormi, imponenti palazzi sovrastati da angeli, leoni, quadrighe, cavalli alati ed altri simboli di grandezza. Un unico monumento alla Madrid imperiale (costruito in buona parte mentre l’Impero andava in rovina).
– il quartiere di Lavapiès: qui i palazzi sono orridi o decaduti, le botteghe di parrucchiera e i negozi di riparazioni si mescolano agli empori cinesi e ai kebab, zaffate di spezie cotte aleggiano nei portoni e la popolazione è multicolore. Vivo alla sua maniera, disordinato e pittoresco, e squallido e variopinto, e allegro e sudicio. A metá strada tra la globalizzazione e la Spagna picaresca.
– la chiesa di San Gines, sulla Calle de Arenal. Chiesa del Siglo de Oro, barocco molto bianco per la navata e cappelle laterali che sono un tripudio di marmi colorati, oro e luce, in un contrasto vivo e drammatico. Niente a che vedere con il neogotico (bruttino) della Cattedrale dell’Almudena, che però riprende lo stesso schema di bianco e accenti dai colori vivaci. Nell’una come nell’altra, gente in preghiera e infinite cassette per le elemosine.
– la gente a cena nei tapas bar del quartiere La Latina. Tra taberne madrilene, basche o galleghe, bar di cromo e vetro, catene e rosticcerie con ventana sulla strada, dalle nove in poi si muovono turisti e indigeni di varia etá. Tutti mangiano croquetas e tortillas, tutti bevono birra, vino e l’occasionale sangrìa, tutti fumano, tutti parlano a voce altissima fino a tardi – molto tardi.
Madrid non è una bella città: è imponente, è vivace, è affollata, è varia. Ne riparleremo. Adesso vado di corsa all’aeroporto – vacanza finita, ci risentiamo da casa.