Dic 3, 2010 - pennivendolerie    5 Comments

10 Modi sicuri Per Farsi Bocciare Un Manoscritto Alla Prima Pagina

In linea di massima: va’ a sapere! Tutti conosciamo le raccapriccianti storie dei rifiuti ricevuti da autori poi non solo diventati celebri, ma considerati pilastri delle rispettive letterature nazionali – o dei rispettivi generi. Ci sono ottimi libri che non vengono accettati, ci sono buoni libri che non incontrano interesse, ci sono pessimi o mediocri libri che scalano le classifiche: può essere questione di tante cose, gusto che cambia, mercato, moda, mal di denti, spudorata fortuna… E allora non c’è molto da fare se non tentare, ritentare e ritentare ancora.

Detto questo, però, ci sono alcuni difetti che, fin dalla prima pagina, fanno molto per soffocare qualsiasi interesse o attrazione la storia possa esercitare – un po’ come un copriletto zuppo d’acqua gelida gettato in testa al lettore, avete presente?

Due diversi blogger, Chuck Sambuchino e Livia Blackburn, hanno affrontato il problema per Writer’s Digest – nella sezione dedicata agli agenti letterari. Distillando i loro sforzi combinati, e nella convinzione che in generale quello che repelle un agente faccia scappare a gambe levate anche un editor o un editore, eccovi dieci errori che sarebbe davvero meglio evitare:

1. Un prologo misterioso ai limiti dell’ermetismo e/o terribilmente aulico e/o minutamente espositivo e/o profetico-apocalittico, dopo il quale si passa a una scena in cui la protagonista è in cucina, occupata a friggersi un uovo al tegamino. Guai al prologo che fa pensare al lettore: ma perché sto leggendo questo?

2. Iniziare con dettagliate descrizioni di funzioni corporali, autopsie, amputazioni e altre consimile amenità. Sì, d’accordo: catturare il lettore, il fascino dell’orrido, il realismo… tutto quello che si vuole, ma l’idea di choccare il lettore in partenza ha cessato di essere originale ed efficace almeno tre decenni fa e, tolto l’effetto sorpresa, quel che rimane delle dettagliate descrizioni in questione sono la sgradevolezza e il ribrezzo – non il modo migliore di conquistare l’affetto del lettore. A meno che non stiamo parlando di un romanzo horror.

3. Un inizio lento. I personaggi sono in scena e, invece di fare cose rilevanti che avviino la storia e suscitino la curiosità e l’interesse del lettore, lavano i piatti e ricordano quell’estate del ’79 in spiaggia a Riccione, in cui non successe assolutamente nulla. Poi si preparano il caffè, guardano la pioggia attraverso la finestra, si grattano una macchia di calce dai jeans, pensano al noioso consiglio di classe del giorno prima, fanno uscire il gatto, si sentono soli… Sbadiglio – gemito – manoscritto accantonato definitivamente.

4. Un sacco di esposizione. Anche ammettendo che l’inizio in medias res sia un tantino sopravvalutato (specie al di fuori di certa letteratura di genere), un romanzo che per pagine su pagine suona come una guida turistica, una storia sociale o un trattato di psicologia difficilmente terrà molto a lungo l’attenzione del lettore. Questo vale anche per personaggi ancora sconosciuti che dialogano lungamente raccontandosi a vicenda cose epocali o tecniche che dovrebbero già sapere. Vale anche per il mentore che, chiuso in una biblioteca o seduto davanti al fuoco, trasmette quantità bibliche di conoscenza al protagonista.

5. Portare in scena un personaggio a pag. 1, renderlo interessante e simpatico, far sì che il lettore gli si affezioni e poi farlo morire a pag. 4 o, peggio ancora, relegarlo in un ruolo marginale. Il lettore non apprezza di essere spinto ad affezionarsi a vuoto. L’unica (cautamente) ammissibile eccezione è il migliore amico* che il protagonista passerà il resto del romanzo a vendicare – ma attenzione, perché questo genere di indagini/vendette è già stato scritto in quantità industriale.

6. Il sole [aggettivo] e [aggettivo] sorse [avverbio] nel cielo [aggettivo], [aggettivo] e [aggettivo], gettando [avverbio] la sua [aggettivo] luce [aggettivo] sulla [aggettivo] terra [aggettivo] e [aggettivo]. Ecco, a questo punto l’editor è già crollato sotto il peso degli aggettivi e non gl’importa più un granché di quanto possa essere buona la storia. E questo vale per ogni forma di prosa eccessivamente fiorita o poetica, per la punteggiatura creativa, per l’uso ingiustificato di termini aulici o, viceversa, per la riproduzione fonetica di accenti, dialetti e inflessioni. E’ un po’ come dotare ogni pagina di un cartellino pop-up che dice “ehi, visto come scrivo bene?”

7. Labirintiche introduzioni che lasciano il lettore a domandarsi che diavolo stia succedendo, un’irragionevole densità di parole in un’altra lingua (vera o inventata), personaggi che agiscono in maniera incomprensibile scambiandosi lapidarie battute di dialogo esotericissimo, scene iniziali che sembrano vere e poi si rivelano un sogno, tutto ciò che confonde e disorienta un lettore di normale intelligenza, tutto ciò che lo fa sentire stupido, trattato con sufficienza o imbrogliato, tutto ciò non va bene. E citare Umberto Eco non è un’attenuante.

8.Luoghi comuni, tanto dal punto di vista linguistico quanto narrativo. Se si comincia con uno scalcinato investigatore privato alle prese coi postumi di una sbornia, o con una prostituta dal cuore d’oro, o con il sole che spacca le pietre, o con due nemici alla resa dei conti, sarà bene avere smontato il luogo comune nel giro di un paio di paragrafi – non molti di più, o ci si sarà già perso l’editor per strada.

 9. Protagonisti che, mentre vengono strangolati, si perdono in minute descrizioni di ciò che provano, ciò che ricordano, ciò che capiscono, ciò che vorrebbero fare, ciò che potrebbe salvarli, ciò che purtroppo hanno trascurato di dire alla fidanzata… La gente non ha molto tempo per pensare in maniera coerente o lirica mentre viene strangolata, e se lo fa, forse non sta venendo strangolata davvero. In altre parole, il principio di verosimiglianza non si può violare impunemente nemmeno dentro la testa dei personaggi.

10. Errori di battitura, di grammatica, di sintassi. Questo in realtà dovrebbe essere il n° 1, perché in scrittura la forma è la sostanza, e perché nessuno considererebbe le torte di un pasticcere che non distingue lo zucchero a velo dal lievito, e perché non c’è ragione di pensare che una persona incapace di coniugare i verbi sia in grado di raccontare una storia per iscritto a livello professionale.

E so perfettamente che dozzine di meravigliosi romanzi contraddicono grandiosamente la maggior parte di questi dieci punti, ma sono lavori di una padronanza tecnica pressoché sovrumana e/o di genio. Una sovrana certezza che per noi e il nostro romanzo le regole non valgano tende ad essere il segno distintivo, più che del grande narratore, del dilettante onnirespinto. Nel dubbio, meglio sapere bene che cosa fa storcere il naso alla gente che decide e poi, semmai, correre rischi calcolati.

_____________________________________________________________

* o la sorellina, o il padre putativo, o l’ancora amatissima ex moglie… ci siamo capiti.

10 Modi sicuri Per Farsi Bocciare Un Manoscritto Alla Prima Paginaultima modifica: 2010-12-03T07:58:00+01:00da laclarina
Reposta per primo quest’articolo

5 Commenti

  • Si. Beh (divagando un pò), lo sai bene, anche a teatro accade più o meno la stessa cosa. Eppure: tanti ricordano Eduardo impegnato sin da subito a preparare il caffè o a fare cose marginali. Ed è stato, lo è ancora, copiato da giovani drammaturghi, noiosamente.

    Tornando ai libri: copiare i grandi successi, evitando quegli errori, sarebbe come copiare, più o meno, gli atteggiamenti dei giovani drammaturghi che imitano Eduardo.

    Potrebbe, invece, farsi una lettura più intelligente, a es., leggere con attenzione il titolo del libro; l’eventuale esergo; il prologo.
    Forse lì è nascosto ben più che l’insieme delle parole che fanno il prologo stesso, l’incipit del libro, il primo capitolo.
    Alessia

  • Il problema, purtroppo, è che l’editor (o agente, o lettore, se è per questo) medio si trova sommerso di romanzi che iniziano con prologhi incomprensibili e che, all’atto pratico, non hanno molto a che fare con la storia. Quando comincia a succederti spesso, sviluppi una specie di allergia: “Prologo? Argh! Vade retro! Anatema! Lungi da me! Get thee gone! Raus!” La (pessima) conseguenza è che anche i prologhi davvero buoni, davvero rivelatori, davvero intriganti, finiscono rifiutati per principio.

  • E già!
    Questioni di principio, anche se potrebbero fruttare moltissimo…

  • Oppss… e io che stavolta ho iniziato con un cuore estirpato su una piramide a gradoni in mezzo a Lisbona?!

  • @ Alessandro: be’, direi che più in medias res di così si muore… come dire? *Nel cuore* della storia… ;o)