Dic 8, 2010 - tradizioni    1 Comment

L’Anello di Monaco

anellodimonaco.jpgEssendosi giornata di festa, piccolo post gastro-storico in omaggio a P., che è molto, molto ghiotta di questo dolce natalizio tipicamente mantovano.

Cominciamo col dire che si tratta di una pasta lievitata con un buco nel centro, una specie di ciambellona di pasta brioche (fatta con quantità di burro assolutamente peccaminose) farcita con un ripieno a base di frutta secca e zucchero, coperta di un velo di marmellata di albicocche e poi di un serio strato di glassa reale. Praticamente un’arma di distruzione di massa, squisitissima e reperibile nelle pasticcerie di Mantova e dintorni a partire da novembre.

L’Anello di Monaco è conosciuto anche come Anello del Monaco, e questa minima variante di preposizione è più significativa di quanto possa sembrare, perché ha a che fare con le diverse storie sull’origine di questo dolce.

Una, in tutta probabilità apocrifa, lo vuole parto dell’estro di un frate cuciniere dell’Abbazia di San Benedetto in Polirone. In qualche punto imprecisato del secondo Settecento, questo buon Benedettino si sarebbe annoiato di infornare sempre la stessa ciambellona casereccia e avrebbe deciso di sperimentare con un impasto che contemplava carote e patate fermentate e un ripieno di mandorle e noci tritate con lo zucchero cotto. Graziosa storia, ma non troppo plausibile.

Più circostanziata sembrerebbe la versione che attribuisce la leccornia ad Adolf Putscher, pasticciere giunto a Mantova dalla Svizzera tedesca nel 1798 (Visitate la Repubblica Cisalpina?) per aprire il suo forno in Piazza del Purgo*. Ma – domanda logica: che c’entra lo Svizzero con il monaco?

Ed ecco intervenire non tanto una terza versione della storia, quanto una variante della seconda, in cui al buon Putscher si sostituiscono dei più vaghi “pasticcieri bavaresi”, provenienti appunto da Monaco – dove, in effetti, s’infornano e mangiano il Nusskrantz e il Kugelhupf, dolci non dissimili.

E quindi? Nome d’origine geografica? E perché mai, se la versione più attendibile non ha molto a che fare con l’origine in questione? O lo Svizzero Putscher se n’è arrivato con una ricetta bavarese? O ha inventato (o qualcuno per lui) la simpatica versione monastica e locale in un’operazione di ur-marketing? O in realtà è tutto molto più semplice ed è solo una questione di colori (à la cappuccino**)? 

P. direbbe che non è del tutto fondamentale, ma è una buona questione da ponderare lungamente durante la demolizione di una o più fette del dolce in questione: sembra più benedettino, più elvetico o più bavarese? Dammene un’altra fettina, che non riesco a capire bene…

Come che sia, buon Otto di Dicembre!

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* Oggi Piazza Marconi – incidentalmente lo stesso luogo del duello fatale tra Vincenzo Gonzaga e James Crichton nel 1582.

** Altra storia controversa, a dire il vero, ma persino il postulatore della causa di beatificazione di Marco d’Aviano si è disturbato a smentire la storia che vorrebbe il Beato inventore del cappuccino.

L’Anello di Monacoultima modifica: 2010-12-08T08:12:00+01:00da laclarina
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1 Commento

  • Ho scoperto il tuo pochi giorni dopo aver sfornato il mio anello del Monaco, usando una ricetta alambiccata in proprio, ma usando come spunto quella abbastanza vaga contenuta nel libro di Marenghi e quella dell’ottimo sito http://www.cucinamantovana.it.
    Dopo la torta greca, quella delle rose e l’anello di Monaco, il prossimo inevitabile appuntamento sarà con la torta helvetia, quella sì sicuramente del Putscher.

    Ciao!
    Tlaz

    ps: per me era sempre stato anello del monaco nel senso monastico, poi quando iniziai a documentarmi un po’ capii che forse i golosoni in saio erano innocenti, ma essendo la casa di mio nonno situata in un ex convento benedettino in via Calvi, con tanto di teschi affioranti nel giardino, era facile da bambino lasciarsi prendere dall’immaginazione!