Ago 10, 2011 - cinema, grillopensante    11 Comments

Noi Credevamo

Noi credevamo, A., M., e io, di passare una serata interessante al cinema. Noi credevamo di avere a che fare con una lettura non oleografica della storia risorgimentale, presentata attraverso gli occhi di personaggi fittizi di cui condividere il punto di vista. Noi credevamo anche di capire quel che veniva fatto e detto sullo schermo.

Invece ci siamo ritrovati davanti a un arnese girato, recitato, fotografato e montato così così – a voler essere clementi – punteggiato di musiche verdiane piazzate un po’ a caso, con un passo narrativo che alternava frantic choppiness (la prima parte) e quel genere di fissità che un tempo si definiva, con una certa impazienza, teatrale (la sezione del carcere). Della qualità della scrittura a livello tattico non ho avuto una grande impressione, ma preferirei sospendere il giudizio, perché capivo ben poco – il film essendo recitato per lo più* in un dialetto campano troppo stretto per me**. Quindi, se l’intento di Martone era quello di creare attorno al Risorgimento un senso di gelida lontananza, lieve isterismo e completa estraneità, sono impressionata dalla perfezione e completezza con cui ha centrato l’obiettivo. Oso confessare che al (primo?) intervallo, A., M. e io ci siamo guardati e, con simultanea e inespressa decisione esecutiva, abbiamo preso la fuga?

E però il punto non è nemmeno questo. Il punto è che noi credevamo, tra varie altre cose, di essere (ed essere considerati) tre adulti con un briciolo di conoscenza della storia e menti ragionevolmente sviluppate e funzionali. Siamo stati assaliti da qualche dubbio in proposito quando, prima del film, una soave e meticolosissima signora ha preso il microfono e, col tono di chi racconta la fiaba della buonanotte in una prima elementare, ha esordito dicendo: “E ora una breve introduzione per inquadrare il film nel suo contesto storico e nella sua struttura narrativa.”

L’impressione si è rafforzata quando il “contesto storico” si è rivelato limitarsi a “la storia si svolge durante il Risorgimento – il Ri-sor-gi-men-to – ovvero nella prima metà dell’Ottocento”. Poi, per il quarto d’ora succesivo, la soave e meticolosissima signora ci ha narrato il film scena per scena, con didattica, onnicomprensiva puntigliosità e una certa quantità di pathos, spiegandoci le parole difficili e talvolta sillabandocele…

“Ma perché tutto ciò?” chiede non senza perplessità A.

“Nel caso fossimo una platea di cretini, suppongo,” sussurro io. E forse non sussurro tanto sottovoce quanto dovrei, perché non solo M., ma tutta la fila dietro erompe in cachinni.

E con questo siamo giunti dove volevo arrivare. I happen to know che la soave e meticolosissima signora è un’insegnante in pensione – con ambizioni di scrittrice. Se questo è il suo atteggiamento nei confronti del lettore, sta fresca. Trattare i lettori come una prima elementare non è mai una buona idea, per il non incomprensibile motivo che a nessuno piace sentirsi considerato stupido. Per quanto la trasmissione di conoscenze sia ovvia parte del gioco, bisogna essere in età prescolare per apprezzare che Mary Poppins elargisca la conoscenza in questione in comode pillole rivestite di zucchero – e corredate di rime che sottolineano il ruolo dello zucchero. Il lettore anche solo vagamente adulto (o convinto di esserlo) si irriterà, spazientirà e sentirà trattato con condiscendenza. A posteriori, forse, data l’incomprensibilità dei dialoghi di Noi Credevamo, il riassunto scena per scena poteva anche essere utile, ma il tono della soave e meticolosissima signora era così irritante che confesso di avere a mala pena ascoltato quel che diceva: ero troppo occupata a chiedermi se ci stesse insultando tutti con intenzione deliberata o per malguidato eccesso di zelo.

Either way, non ero ben disposta nei confronti della sua presentazione, né del film che presentava. Perché dovrei esserlo nei confronti del suo libro – o dei suoi lavori teatrali?

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* E qualcuno poi mi spiegherà perché gli accenti meridionali dovessero essere accurati, mentre i settentrionali Mazzini e Cristina di Belgioioso parlavano un Italiano standard con, if anything, una lieve coloritura centro-sud.

** Direi che era come guardare un film in una lingua straniera, se non fosse che le sequenze in Francese erano quelle che capivo meglio.

Noi Credevamoultima modifica: 2011-08-10T08:07:00+02:00da laclarina
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11 Commenti

  • Ci sei cascata anche tu, eh?… Io presi la fregatura mesi fa, all’uscita del film delle sale: nessuno avrebbe potuto avvertirmi, e caddi.

    Ho visto Martone regista cinematografico e mi ha poco convinto. Ho visto Martone regista d’opera lirica e mi ha convinto meno ancora. Ho intervistato Martone e ho chiacchierato con lui e mi è sembrato uno che ha sì belle idee, dice sì belle cose ma insomma… nulla di ché.

    Ma sai com’è: in Italia, quando là dove si puote si incomincia a dire che uno è bravo, quello è bravo e “Noi credevamo” è un graaan bel film. 😉

  • P.S. Per tacere delle imbarazzanti perfomances di Barbareschi e della Inaudi. Ma anche Francesca Inaudi è brava, giusto? 😉

  • Ci sono cascata, sì… E avevo avuto vaghi avvertimenti, ma li ho ignorati – e mal me n’è incolto. Poi uno pensa ai David e ai nastri d’argento e a tutto lo hype… ma, come dici tu, questa è l’Italia.

  • Oh , e però: una mini-soddisfazione sta nel fatto che da domenica a ieri pomeriggio ho incontrato già due persone che mi hanno detto di essersene andate, domenica sera, incoraggiate dal mio esempio. Behold me in the guise of the arruffapopoli… 😀

  • Anche io sono caduta nella rete un paio di mesi fa.
    Mentre scendevo le scale verso la sala interrata ho sentito l’attempato bigliettaio urlarmi: “Auguri! Dura tre ore.”. Ho continuato la discesa sorda agli avvertimenti.
    Verso il minuto 50 non nascondo di essermi addormentata per almeno una ventina di minuti. Al mio risveglio ho visto una scena in cui compariva un’inequivocabile luce al neon, successivamente dei condannati sulla strada del patibolo marciavano su di una scala antincendio a grate (tipo quelle che possiamo apprezzare oggigiorno fuori dagli edifici pubblici) e circa un’ora dopo, nella scena madre, svettavano colonne in cemento armato da cui fuoriuscivano chiodi di ferro arrugginiti nella miglior tradizione meridionalabusivistica.
    Che dire?
    Penso che “Toi” faccia perfettamente alla bisogna.

  • Ma sai che non ho nemmeno notato gli anacronismi? E sì che di solito ci salto sopra come un lanario sulla preda… sì vede che al primo apparir del neon ero già troppo narcotizzata dal dialetto cilentano per notarlo…

  • Dici che non hai capito quasi niente del film per via del dialetto…beh anche tanta gente, leggendo ciò che scrivi non capisce tanto bene per via del tuo inutile abuso della lingua inglese.

  • Be’, sai, parto dal presupposto che ci sia più gente anglofona che campanofona…

  • A questo punto se questo è il tuo “ragionamento” d’ora in poi scrivi tutto in inglese.Comunque non credo proprio che in Italia vi siano 6.000.000 (e mi limito ai soli campani) di persone che comprendono l’inglese.

  • È davvero carino da parte tua virgolettare il mio ragionamento. Potrei dire che nella mia ingenuità spero che ci siano più di sei milioni di Italiani in grado di decifrare l’occasionale “you know”. Oppure potrei farti notare che non dicevo sul serio: facevo del sarcasmo.

  • Mah…sarà ma io ste “frantic choppiness” proprio non so cosa siano.