Il Nuovo Nome Della Rosa – Eco A Canossa?

umberto eco, il nome della rosa, il messaggero, riscrittura, bompianiChe vuol mai dire? Umberto Eco che riscrive Il Nome Della Rosa? Stando al Messaggero* la notizia è certa, anche se finora se ne sa pochino – si può dire che i soli particolari già noti siano il numero di pagine e il prezzo del volume…

E perché “riscrivere” un super-bestseller a trent’anni di distanza?

La risposta mi colpisce in più di un modo.

In primis, secondo l’innominato redattore de Il Messaggero.it, per renderlo più accessibile ai nuovi lettori degli anni Duemila.

Hm. Più accessibile. In effetti, a suo tempo, ricordo di essermi fatta soprattutto una domanda, nel leggere INdR: come si conciliavano l’immensa popolarità del romanzo e le consistenti quantità di Latino, filosofia scolastica, divagazioni teologiche, occasionali passaggi in Greco ed Ebraico, e molta altra materia indigesta offerta in un linguaggio non precisamente divulgativo? E la domanda aveva una risposta lapalissiana, che si scopriva provando a discuterne con un campione appena consistente della legione di lettori nomerosisti: più che una lettura, INdR era un meeting di atletica, in cui molti saltavano spesso, molti altri (s)correvano rapidamente e qualcuno combinava entrambe le discipline. 

D’altro canto, il romanzo era molto à la page, il genere di tomo che bisognava avere letto e che, una volta letto, autorizzava a dire “sì, leggo molto.” E se non si capiva granché… oh well, è bastato avere un po’ di pazienza perché arrivasse il film. Così tutti si leggeva in muta adorazione e si usciva dall’esperienza patentati: “sì, io leggo molto – per esempio Umberto Eco.”

Poi le decadi sono passate, e altri autori hanno soppiantato Eco nel ruolo di dispensatori di patenti: Baricco, Khaled Hosseini, Muriel Barbery e Saviano, per citarne solo alcuni. Tra l’altro, tutta gente (da un po’ a molto) più facile da leggere: è possibile dire “sì, io leggo molto…” senza doversi sentire stupidi per molte centinaia di pagine. E l’atteggiamento nei confronti del professor Eco è cambiata da muta adorazione in impaziente indifferenza.

Di recente ho letto un articolo in cui la romanziera e autrice teatrale americana Cora Bresciano discuteva di metodi per l’utilizzo di lingue diverse in narrativa. Bresciano citava Eco come esempio del metodo più irritante – quello di inserire ampie quantità di una lingua straniera senza offrire nessun tipo di traduzione, lasciando che il lettore si arrangi se ne è capace o se ne ha voglia.

“Naturalmente lui è Umberto Eco,” commenta Bresciano, “autore di fama mondiale ed erudito, per cui può fare tutto quel che vuole – ma non posso fare a meno di sentirmi frustrata dalla sua indifferenza verso chiunque non sappia tutte le lingue che lui conosce.”

E forse Eco si è accorto che ai lettori d’oggidì, in particolare ai giovani abituati fin da piccoli alle tecnologie digitali, non va di leggere libri che li confondono e frustrano per la maggior parte del tempo. Il corsivo è tratto di nuovo dall’articolo del Messaggero, e non so se sia solo un riferimento alla tendenza delle nuove generazioni a perdere interesse in tutto ciò che non offre immediata gratificazione, o se voglia preannunciare che a breve, dopo le traduzioni della nuova versione, ci ritroveremo alle prese con Il Nome della e-Rosa enhanced – completo di canti gregoriani, fruscii di pergamena e urla nella notte…

No, siamo seri: sembra che Eco (o qualcuno per lui da Bompiani) abbia sentito il bisogno di rivedere il […] romanzo per sveltirne certi passaggi e rinfrescare il linguaggio. E subito mi coglie un altro dubbio: immagino che i “certi passaggi” da sveltire comprenderanno molti degli sfoggi di erudizione dell’autore – e fin qui tutto bene – ma il linguaggio? Per me il fascino de INdR consiste in buona parte nel linguaggio tra il medievaleggiante, lo scottiano e il vecchiamaniera, con la sua rete fittissima di citazioni, calchi, riferimenti, parodie e imitazioni… che ne sarà della personalità del libro, della sua voce, una volta che il linguaggio sarà stato rinfrescato?

Ho tanto la sensazione che, nella migliore delle ipotesi, ne resterà un giallo storico come molti altri.umberto eco, il nome della rosa, il messaggero, riscrittura, bompiani

Insomma: inclino a credere che tutto ciò sia assai più un’operazione editoriale che una conversione del nostro semi-romanziere nazionale. A dire il vero sono abbastanza curiosa di vedere come verrà condotta, ma non è un bel genere di curiosità: è un po’ come voler vedere il Dr. Frankenstein che trapianta un cervello nuovo in un corpo del tutto inadatto. Senz’altro si può fare – ma sarà davvero una buona idea?

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* Leggete anche i commenti: come spesso accade, sono istruttivi come e più dell’articolo…

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ETA: mi si segnala che, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Eco avrebbe smentito riscritture drastiche, parlando invece di qualche errata corrige di anacronismi botanici (suppongo i celebri peperoni) e poco altro. Una rapida ricerca in rete mi ha dato accesso a questo articolo de Il Corriere della Sera.it, che sembra ridimensionare l’intervento cosmetico, ma ammette qualcosa di più dei peperoni e riporta qualche polemica transalpina in proposito – oltre a citare illustri precedenti. Resta il fatto che serviranno traduzioni nuove, cosa che sembra indicare, di nuovo, qualcosa di più consistente dei peperoni. Staremo a vedere – dal 5 ottobre in poi.

Il Nuovo Nome Della Rosa – Eco A Canossa?ultima modifica: 2011-09-12T08:10:00+02:00da laclarina
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5 Commenti

  • Il romanzo è a strati ognuno dei quali ha il suo pubblico. Un po’ di storia, il giallo (con le intriganti escursioni notturne), lo sbirciare dal buco della serratura delle celle, la gastronomia (la ricetta del casio in pastelletto!), una vicenda erotica che allegoricamente rimanda a una questione filosofica e la fallibile ricerca della verità mediante l’indagine scientifica (la questione che ha acceso la polemica con Introvigne).

    Chiunque lo legga trova motivi per dirne bene o male.

    I lettori che si vantano. Credo che ogni scrittore osannato possa vantare lettori che si vantano. Più è ermetico lo scrittore, più ne ha. Sono i lettori che su anobii commentano così:

    “Capolavoro, e basta!”
    oppure
    “Di un’Opera come questa si può soltanto dire che si tratta di un Capolavoro Immortale!!1”

  • A me sembra che, nella polemica tra gli ammiratori e i detrattori di Eco, la verità stia da entrambe le parti. Fino alla metà del libro e oltre, lo sfoggio di erudizione è decisamente preponderante (e irritante). Verso la fine però (il colloquio con Jorge in biblioteca, l’incendio del convento) si fanno avanti contenuti validi e interessanti: il riso come arma di difesa dal fanatismo, la fallibilità della ragione ecc.
    Il nome della rosa è diventato famoso come incontro tra suspence ed erudizione, ma secondo me i motivi per cui vale qualcosa sono altri

  • Yes, well… non intendevo far polemica sul valore intrinseco del libro – che tra l’altro mi era piaciuto abbastanza. L’idea era di discutere ragioni e meriti della versione riveduta e corretta. Lungo la strada non mi sono trattenuta dal fare un po’ di ironia all’indirizzo del fad letterario che era nato in proposito – e che forse si sta tentando di risuscitare.

  • Sono tifoso: fin dalla mia giovinezza ho amato Eco leggendone tutti i romanzi, quindi non posso esprimere pareri oggettivi sull’articolo. L’unico appunto è che dire che Baricco e Saviano sono più “leggibili”…beh, personalmente non sono mai riuscito ad andare oltre alle prime pagine dei loro libri, trovandolo, come dire, pallosi.

    • Validissima osservazione (e personalmente, detesto un pochino Baricco e non amo particolarmente Saviano) – ma tengo a precisare che “facile da leggere” non ha nulla a che vedere con “piacevole/interessante/avvincente da leggere”.
      Baricco è (stato?) molto di moda, e leggere Saviano è diventata una patente automatica di civismo – e, alla fin fine, de gustibus…
      Tuttavia, non posso fare a meno di trovare che molti autori di grido più o meno recenti scrivano in un modo più… accessibile di Eco. Meno complesso. Che richiede al lettore meno lavoro e perseveranza.
      Forse è un’impressione personale?