Costruttori Di Ponti

C’è stata una vita precedente in cui la mia ambizione lavorativa era quella di costruire un ponte.

D’accordo, anche un teatro mi avrebbe resa molto felice, ma un ponte era un’altra cosa – ed era tutta colpa di Kipling, per questo racconto che si chiama, appunto, The Bridge Builders.

A dire la verità non credo che sia il migliore racconto di Kipling in assoluto, e la chiusa mi ha sempre lasciata un po’ così. Un po’ un anticlimax, dopo la sovrannaturale discussione del ponte. Ma soprattutto c’è l’epico lavoro di costruzione del ponte stesso, “brutto come il peccato e solido come una roccia”, con questi due ingegneri inglesi e il loro capomastro indiano che domano il Gange a furia di duro lavoro e determinazione…

ponte, teufelsbruecke, ponte in letteraturaOh, d’accordo: oggidì e alle nostre latitudini c’è ben poco da domare, ma la costruzione di ponti rimane, in letteratura e in leggenda, una faccenda ai limiti dell’eroico e carica di significati simbolici, perché per tanta parte della storia è stata tanto difficile quanto fondamentale, e per tutte le connotazioni di superamento, ravvicinamento e trionfo sulla natura che si porta dietro. 

Forse per noi è difficile apprezzare l’importanza e difficoltà di un ponte nei secoli in cui un fiume poteva essere una barriera invalicabile al passaggio, ai commerci, a ogni genere di contatto. I ponti erano fondamentali, i ponti allargavano gli orizzonti, i ponti si difendevano a ogni costo, i ponti facevano la fortuna e la ragion d’essere di un centro abitato, i ponti erano un elemento di civilizzazione… Però prima bisognava costruirli.

E non era detto che fosse facile. Al punto che certi ponti particolarmente audaci e/o belli non sembravano potersi spiegare altro che con qualche intervento sovrannaturale. E nemmeno un intervento qualsiasi, visto che per secoli il pontiere privilegiato nell’immaginazione popolare è stato il diavolo in persona. tufelsbruecke, ponte del diavolo

L’Europa è disseminata di Ponti del Diavolo, in genere archi di pietra a schiena d’asino che scavalcano orridi profondissimi in campate stupefacenti, oppure enormi arnesi fortificati e possenti. E se le guide locali tendono a raccontarli come reliquie romane spiegate con l’intervento diabolico negli ingenui e timorosi secoli bui, in realtà si tratta per lo più di opere medievali o più tarde. Il che è ancora più affascinante, se ci pensate: non si trattava di spiegare col diavolo qualcosa d’incomprensibile, quanto di attribuire all’intervento diabolico qualcosa di utile e bello che però aveva richiesto sforzi sovrumani e, probabilmente, più di una morte sul campo.

james joyce, ponte del diavoloEd ecco fiorire le leggende – così numerose e così diversificate che la Classificazione Aarne-Thompson ne fa una categoria a sé, con un certo numero di varianti: c’è la sfida tra il diavolo e i costruttori di ponti, c’è la sfida tra diversi costruttori – uno dei quali aiutato dal diavolo – c’è il patto con il diavolo tout court… A ricorrere in tutti i casi sono due elementi: il ponte è così importante che si è disposti a far patti col diavolo, e il diavolo vuole essere pagato in anime. Dopodiché, in genere, qualcuno di astuto trova il modo di ingannare il diavolo, che sa fare i ponti ma non è bravo ad esigere i pagamenti e, nella maggior parte dei casi, deve tornarsene all’averno con le pive nel sacco e qualche animale per tutta ricompensa*. E il ponte resta lì, in tutta la sua gloria, audacia e utilità. 

Esiste anche un altro tipo di ponte leggendario – ponti sovrannaturali che, se debitamente attraversati, conducono in altri mondi dove l’eroe ha accesso a una vasta gamma di rivelazioni, prove iniziatiche, incontri e svolte climatiche della trama. Molto conveniente, ma meno diffuso. ponte sul fiume kwai

E poi entrambi sono passati in letteratura. Provate a pensare a Il Ponte sul Fiume Kwai (e sì: prima di David Lean c’era anche un romanzo del francese Pierre Boulle), dove per il Colonnello Nicholson il ponte è una questione di principio, e per il Colonnello Saito una questione di necessità: entrambi vengono a patto con qualche tipo di diavolo – Nicholson di fatto aiuta il nemico e Saito deve cedere di fronte all’inflessibilità dei suoi prigionieri. On the other hand, Il Ponte per Therabithia, di Katherine Paterson, ricade nella seconda categoria, con un ponte “magico” che conduce in un regno immaginario inventato da due ragazzini solitari. Ma la costruzione del ponte vero e proprio arriva solo alla fine, ed è parte del processo di maturazione del piccolo protagonista, che attraverso il lutto impara a connettere il suo mondo immaginario alla realtà.

ivo andriç, visegrad, il ponte sulla drinaIl Ponte sulla Drina, di Ivo Andriç è un po’ l’uno e un po’ l’altro: costruito per volere di un vizir di origine serba per unire la Serbia all’Impero, nasce tarato per la ribellione dei costruttori maltrattati, e per secoli sarà via di passaggio nel bene e nel male: amicizia e guerra, idee e sradicamento, progresso e decadenza – tutto passerà per il ponte.

Il Ponte di Waterloo che dà il titolo al dramma di Robert Sherwood** non si costruisce in scena, però è significativo: simboleggia la perdizione di Myra – da ballerina a prostituta – ma anche la sua possibile redenzione, quando Roy la ritrova e le chiede di sposarlo nonostante tutto.

All’inizio di We, the Living, l’eroina di Ayn Rand, la giovane borghese Kira, si iscrive alla facoltà d’ingegneria – scelta eterodossa per una ragazza – decisa a costruire ponti. Il sogno di un ponte di alluminio “leggerissimo, tutto bianco”, per Kira rappresenta la liberazione dalle chiusure e meschinità del sistema sovietico.  ponti, robin hood

E ci sono i ponti iniziatici: Robin Hood deve provare il suo valore agli Allegri Compagni aprendosi il passaggio sul ponte – in singolar tenzone con Little John, e adesso non trovo assolutamente il riferimento, ma mi par di ricordare qualcosa di equivalente nel ciclo arturiano.

E poi c’è il già citato Kipling, il cui ponte sul Gange rappresenta un trionfo della volontà umana sulla natura (e sull’ottusità della burocrazia) – non senza il passaggio iniziatico dell’ingegnere inglese, che doma il Gange solo dopo avere capito con che cosa ha a che fare, e sviluppato il debito rispetto.

E comunque i ponti in realtà abbondano in tutta la letteratura, come postazioni da difendere fino all’ultimo uomo, come strutture da minare, come luoghi per le imboscate e gli omicidi, come ostacoli e passaggi obbligati, come passerelle di corda che bruciano e cedono al momento giusto per creare suspense, come arnesi che crollano sotto gli zoccoli del destriero al galoppo, come trappole e come difficili vie di salvezza – e citerò soltanto il sorvegliatissimo, impassabile ponte di Stirling, l’ultimo ostacolo che David Balfour e Alan Breck devono attraversare prima di raggiungere le sospirate Lowlands… E ci vorrà tutta l’astuzia di Alan, perché un ponte non è mai una conquista facile o un elemento decorativo. Un ponte, varcato o costruito, ha sempre un prezzo.

E sì, alla fine il ponte l’ho costruito. Magari ponte è una parola grossa, e passerella pedonale sarebbe più appropriato – ma non sottilizziamo: era (è) una struttura ad arco destinata all’attraversamento di un corso d’acqua. A tutti gli effetti pratici, sono una costruttrice di ponti anch’io.

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* Mi sono sempre domandata una cosa: di solito i termini del contratto prevedono l’anima della prima creatura che attraversa il ponte stesso. L’inganno tende a consistere nel far passare un cane o un altro animale. E il diavolo se ne va scornato. Questo implica una credenza nell’anima degli animali, o un buco logico di considerevoli dimensioni? No, perché qualsiasi buon avvocato potrebbe rinfacciare alla gente del ponte il mancato rispetto delle clausole contrattuali, giusto? Il compenso pattuito non è stato versato.

** forse avrete visto il film con Vivien Leigh e… chi? credo Robert Taylor.

Costruttori Di Pontiultima modifica: 2012-05-16T08:10:00+02:00da laclarina
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5 Commenti

  • Il che significa che puoi fregiarti del titolo di Pontefice.
    Che coi tempi che corrono, è comunque una qualifica in più da mettere in curriculum.

  • “E sì, alla fine il ponte l’ho costruito. Magari ponte è una parola grossa, e passerella pedonale sarebbe più appropriato – ma non sottilizziamo: era (è) una struttura ad arco destinata all’attraversamento di un corso d’acqua. A tutti gli effetti pratici, sono una costruttrice di ponti anch’io.”

    Che c(l)arina sai essere 🙂

  • @ Davide: Clarina Pontifex Minima

    @ Alessandro: 🙂

  • Il ponte del ciclo arturiano potrebbe essere il Ponte della Spada, quello che Lancillotto attraversa nel romanzo “Lancelot, ou le chevalier de la charrette” di Chrétien de Troyes. Vado a memoria, ma nello stesso romanzo c’è un altro cavaliere assieme a Lancillotto; i ponti sono due, e il non-Lancillotto imbocca l’altro. Non essendo Lancillotto, fallisce.

  • Uh, grazie, Mattia! Adesso mi metto in quest, ma la cosa mi suona – credo proprio che ci siamo.