L’Escargot Sans Peur

[Tutto questo è, a suo modo, vero. O forse no – fate un po’ voi. Ed è per F. & L. Ed è anche per Gabri-La-Regista*, con cui non si arriverà mai ad essere d’accordo in fatto di teatro dell’assurdo… ]

III Campanello. Buio in sala.

SIPARIO.

Sono i frenetici minuti che preludono a una serata di prove. Prove d’insieme. Prove in cui cast&crew riuniti si misurano nell’ordine della cinquantina. Il luogo è saturo di gente che parla a voce troppo alta, di costumisti disperati, di bambini che corrono (oh, perché, perché, PERCHÈ abbiamo voluto bambini in scena?)… E la regista com’è suo solito è arrivata in ritardo, e l’aiuto-regista è affannata…

F. “Hai ricevuto la mia mail?”

C. “No… il mio account fa i capricci, in questi giorni. Ricevo un messaggio su dieci.”

F. “Fantastico. Be’, c’era scritto che siamo incasinati con la scena della battaglia navale, ma adesso lo vedi da sola. A volte non so come diamine ti vengano in mente certe cose…”

C. “Si chiama ispirazione. Considerala un complicato, quasi preternaturale processo alchemico. Facciamo un ululato congiunto, vuoi? Qui c’è urgente bisogno di disciplina.”

F. “Però senti, mi ha chiamata G.”

C. “Ossignor.”

F. “Non ti fai un’idea. Un’ora di telefono. E vuole che ti dica tutto tutto tutto.”

C. “Oh. Magari un altro momento, vuoi?”

F. “Ti telefono domani mattina?”

C. “Ssssì… No: mandami una mail.”

F. “Una… Ma se hai detto che non le ricevi!”

C. “Appunto.”

F. “Anch’io ti voglio bene.”

C. “Magnifico. Ululato al mio tre. Uno… due…”

Buio – quanto basta per un fulmineo cambio di scena.

Una enorme cucina lustra, tutta acciaio e piastrelle, dove una decina di persone si occupa di cucinare una cena vegana-macrobiotica. Lo spettacolo è andato bene, e la scena della battaglia è andata bene, e le notizie di G. sono passate sotto l’uscio, I believe, ma in realtà sono trascorsi alcuni anni, e nessuno se ne ricorda granché. F. è intenta a cucinare polpette di miglio con gli altri. C. non si azzarda a metter dito e conversa con L.

C. “Ma secondo te, le lumache hanno fegato?”

L. “In che senso?”

VOCE IN QUINTA “Questo non è il mio coperchio!”

C. “In uno di due possibili sensi. O magari anche entrambi. Imprimis: le lumache hanno coraggio?”

L. “Sì. Le lumache sono intrepide. Anzi, sono impavide.”

VIQ “Non sa di niente! Aggiungici della curcuma. Tanta curcuma.”

C. “Impavide, sì. E in secondo luogo: le impavide lumache hanno un organo che faccia le funzioni di quel che chiamiamo fegato?”

L. “Non lo so, ma in fondo la domanda è un’altra: Che Cosa Se Ne Fanno Le Lumache Di Un Fegato?”

C. “Oh, cosa mi fai ricordare…”

Flashback: in un angolo della scena un occhio di bue s’accende illuminando la cattedra di un’aula di liceo, vent’anni prima. Il Prof. interroga. E. è interrogata.

Prof. “Ma forse è il caso di chiarire una cosa: le lumache ci vedono?”

E. (dopo un istante di riflessione) “No, però sanno dove vanno.”

L’occhio di bue si spegne. Flashforward alla cucina macrobiotica.

VIQ “Lo zucchero raffinato è il Male Assoluto…”

C. “Comincio a pensare che le lumache abbiano ben poche necessità…”

F. (balza fuori da dietro una quinta d’acciaio e piastrelle e punta un indice accusatore) Ha! Ho sentito tutto!** E adesso tu questa cosa la scrivi, vero?”

C. (cerca di apparire contrita) “Peut-être.”

VIQ “Non hanno un’aria molto fritta. Hanno un’aria sciolta…”

F. “E fra una decina d’anni io mi ritrovo a due sere da una prima, a disperarmi con cinquanta persone, l’Uomo delle Luci, pittura color acciaio e costumi da lumaca?”

C. “Non mi era nemmeno passato per la mente, ma adesso che lo dici…” (spicca il balzo ed esce a destra)

F. “Bugiarda! Scrittori, vil razza… Ehi! Stai lontana da quel taccuino…!” (balza all’inseguimento ed esce a destra).

L. (a nessuno in particolare) “Io faccio la parte della lumaca. La lumaca impavida.”

VIQ “L’ho già detto che questo non è il mio coperchio -erchio -erchio -erchio…?”

Nuvole di vapore.

Buio.

La VIQ si spegne lentamente. -erchio -erchio -erchio…

SIPARIO

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ADDENDUM METATEATRALE:

R. (legge L’Escargot Sans Peur e cachinna) “A volte, Clarina, non so come ti vengano in mente queste cose…”

Clarina “Well, se dovessi davvero spiegarlo…”

R. “Si chiama ispirazione? Devo considerarla un complicato, quasi preternaturale processo alchemico?”

Clarina “O forse no. Fa’ un po’ tu…”

SIPARIO PER DAVVERO

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* Nulla a che vedere con il G. nominato più sotto. Stessa iniziale – tutt’altra persona.

** Si capisce che nella realtà dei fatti F. non ha ascoltato affatto – men che meno celata – ed è stato necessario ripeterle la conversazione per filo e per segno, ma converrete che tale ripetizione non funzionerebbe mai, da un punto di vista teatrale. Nemmeno in una pétite pièce absurdiste come questa. Anche se forse, ripensandoci... È una seconda stesura che vedo davanti a me?

L’Escargot Sans Peurultima modifica: 2012-05-18T08:10:00+02:00da laclarina
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9 Commenti

  • Non esistendo sul mercato un Olio di Fegato di Mollusco, immagino che le lumache non siano provviste di un vero e proprio fegato.
    Se ricordo esattamente, a livello evolutivo il fegato propriamente detto compare solo a partire dai pesci. Negli ordini precedenti, ci sono tessuti che svolgono funzioni equivalenti, limitatamente alle necessità dell’organismo.
    Ma io non ho mai studiato istologia, quindi prendila, per dirla coi atini, con una cucchiaiata di sale marino iodato (per restare in area tanto culinaria quanto lumachevole).

    È curioso, però – l’evoluzione del fegato è uno degli argomenti che i creazionisti (creature disgustose, cit.) usano per negare la validità dell’evoluzione attraverso la selezione naturale: secondo loro, se non te lo installa il buon Dio, il fegato per via evolutiva non si può sviluppare…

    Ma sto andando clamorosamente fuori tema, vero?

  • (erano _L_atini, ma io devo cambiare tastiera)

  • Fuori tema? Scherzi? Mi stai fornendo materiale per aggiungere un secondo atto a L’Escargot Sans Peur – già mi vedo il Creazionista in scena… :-)))

  • Davide Mana dà lo spunto per arrivare forse a svelare un altro arcano.. i pesci hanno la milza?
    Delizioso post, talmente assurdo e schizofrenico da sembrare quasi realtà. O forse lo è e noi ci ostiniamo a pensare che il reale sia sempre più riduttivo del fantastico.
    Insomma viene quasi voglia di portarlo in scena. Quando?

  • @Lanon: Già, la milza dei pesci… Mai sottovalutare la realtà, mai sottovalutare la scrittura -ura, -ura, -ura…!
    E non so, mi sento d’umor oracolare, stasera.
    Per cui lasciami vaticinare: L’ESP in scena? E chi lo sa? magari sì, magari no… mai sottovalutare il teatro, mai sottovalutare le lumache. (-ache, -ache, ache…)
    E no, è lampante che tutto ciò non mi fa bene alla salute, vero? 😀

  • @Davide: che poi ho scordato di dirti: mi hai risolto un mistero che mi tormentava – o quanto meno gli hai offerto una plausibile soluzione: gramercy!

  • Quella della milza è più facile – i pesci hanno la milza.
    Non solo, la milza dei pesci cartilaginei – e degli squali in particolare – è stata in passato studiata perché potrebbe essere legata alla longevità di questi organismi.
    Per cui potremmo un giorno arrivare a farci un cucchiaio di Olio di Milza di Pescecane ogni mattino per allungarci la vita.
    Certo batte altre ipotesi di elisir di lunga vita.
    Ma lasciamo perdere.

    Per il resto, considera il fegato delle lumache un compenso per il cartone animato di Gilbert & Sullivan.
    Tu disinneschi un antico dubbio a me, io ne disinnesco uno a te.

  • I pesci hanno la milza! Eugé! Grazie grazie – questo era un altro tarlo che mi portavo dentro da ancora più tempo….
    Quindi adesso sono in debito di nuovo. Well, you know where to find me. 🙂

  • Ecco, e adesso – nella maniera in cui le cose accadono – ci si è aggiunto l’addendum metateatrale. Che devo dire? A ciascuno i suoi coperchi.