The T2C Project

In principio fu l’Iliade, seguita dall’Odissea e poi dall’Eneide. Poi fu la volta dei Promessi Sposi in due anni, e poi (a mio timido avviso un filo incomprensibilmente) di Cuore & Pinocchio…

Sto parlando delle letture più o meno integrali della UTE di Mantova, che da anni riuniscono un pubblico di affezionati ogni mercoledì pomeriggio da ottobre ad aprile.

C’è una piccola introduzione, tanto per riprendere il filo del discorso con le puntate precedenti e per mettere in luce quel che c’è di notevole in quella nuova – e poi tra i quaranta e i quarantacinque minuti di lettura ad opera di un plotoncino di bravi lettori e attori.

La faccenda è aperta al pubblico generale e gratuita, e incontra molto favore. Sono in tanti a presentarsi per la dose settimanale e, dato un posto in cui farlo, si può mettere in piedi a costo praticamente zero.

Noi siamo una mezza dozzina tra introduttori e lettori fissi – più un certo numero di lettori occasionali, e l’impegno è del tutto ragionevole – ma in teoria, e nell’ipotesi più impegnativa, bastano tre persone che si alternino tra introduzione e lettura propriamente detta. At a pinch, si potrebbe essere anche in due.

Dopodiché è sufficiente dividere i capitoli (o le pagine) del libro per le settimane utili e, in caso di necessità, sfrondare digressioni ed episodi secondari per ottenere un tempo di lettura tra i quaranta minuti e il quarto d’ora, conservando per quanto possibile le scansioni narrative previste dall’autore.

Occasionalmente si può sforare, ma è meglio non farlo troppo spesso, perché la soglia di attenzione e gli orari degli autobus sono quel che sono – ed uno stillicidio di gente che infila la porta perdendosi gli ultimi cinque minuti di lettura* è sommamente irritante for everyone concerned.

Ecco, a patto di calibrare bene la durata e di avere lettori che sappiano essere espressivi e vari senza diventare melodrammatici, la faccenda funziona bene e può essere di notevole soddisfazione…

E, suppongo, a patto di scegliere il libro giusto.

E qui veniamo al motivo dei miei patemi odierni, perché dovete sapere che un certo numero di mesi fa si è svolto tra il Prof. A. e la Clarina una conversazione che sintetizzeremo così: charles dickens, bicentenario dickensiano, ute mantova, le due città

– E se quest’anno provassimo ad uscir d’Italia?

– Dickens, rispose prontamente la sciagurata.

– Dickens, sì. E cosa?

– Ma Le Due Città! È perfetto per il bicentenario, è un po’ meno conosciuto di altri ma è di dimensioni ragionevoli, è un romanzo storico, non è ingestibilmente sovrappopolato, ed è della dimensione giusta per essere letto più o meno alla stessa cadenza con cui…

– Basta così, grazie. Aggiudicato. E l’organizzazione quest’anno è tua.

E così ho lavorato sulla traduzione 1911 di Silvio Spaventa Filippi, suddividendo, potando (poco) e incastrando i cliffhangers in modo da ricostruire per quanto possibile l’esperienza dei primi lettori che, nel 1859, lessero questa storia in quelle che Thomas Carlyle definiva teaspoonfuls. Cucchiaiatine.

E adesso è tutto pronto e oggi pomeriggio alle sei cominciamo, e per oggi mi appresto ad introdurre la mia platea al mondo di Sydney Carton e dei Manette – e confesso una certa quantità di patemi da primo giorno.

Più di tutto, al di là della mia incoercibile predilezione, avrò fatto bene a scegliere proprio questo romanzo? Fino all’anno scorso, il mercoledì ci si era affollati per riscoprire vecchie letture scolastiche. Questa volta… Non so, ma ho la sensazione che non siano in tantissimi ad avere letto Le Due Città su questo lato della Manica.

Ho cambiato le regole del gioco… Funzionerà?

Vi farò sapere.
______________________________________________________

* In fondo anche Verdì dovette tagliare dal Don Carlos il meraviglioso epicedio del Marchese di Posa, perché non si poteva finire oltre l’orario delle ultime corse dei treni per i faubourgs

The T2C Projectultima modifica: 2012-10-17T08:09:00+02:00da laclarina
Reposta per primo quest’articolo

8 Commenti

  • Dici bene, “Le due città” mi sembra davvero poco conosciuto – chissà che un giorno riesca a leggerlo anche io.
    Auguri per la lettura (e complimenti per “Gl’Insorti di Strada Nuova”, che sto leggendo – lentamente – e per il consiglio su “La figlia del tempo”, molto bello).

  • Quando all’inizio ho letto i titoli…Iliade, Odissea, Eneide mi sono detta OK, ma poi con Pinocchio e Cuore ho pensato “Ma perchè non leggono qualcosa di più interessante?” e al solito mi è piaciuta la tua intraprendenza. 🙂
    Se fossì lì ci verrei di certo.
    E’ bello sentir leggere un libro che non si conosce ma di un autore conosciuto. Sono certa che funzionerà.
    Piuttosto mi chiedo chi fosse il pubblico di Cuore perchè è un libro da cui mi tengo sapientemente alla larga perchè è l’unico che mi fa rimpiangere il telegiornale!

  • @Pat: inutile dire che te lo consiglio. Dickens atipico, più asciutto del consueto, imperniato su un protagonista davvero notevole… Se possibile, in originale. Altrimenti su LiberLiber trovi la traduzione 1911, che è un nonnulla turgidetta. Quest’anno ne è uscita un’altra – sotto il titolo di Racconto Tra Due Città. Non ne so nulla, ma forse vale la pena di dare un’occhiatina… Buona lettura.

    @Cily: ah, Pinocchio&Cuore sono stati l’oggetto di una querelle. Più di una persona si è ostinata, compresa la sottoscritta, che si è rifiutata di partecipare alla lettura in questione… Non molto adulto da parte mia, I know, ma ho un’allergia violenta per entrambi i titoli – e poi c’erano attorno altre questioni che… er, stendiamo un tulle misericorde. Il pubblico era costituito da gente che aveva letto entrambi i libri in gioventù. Età media piuttosto alta e, mi si dice, numeri inferiori a quelli degli anni precedenti.
    Mi verrebbe da dire “non incomprensibilmente”, ma prima sarà meglio vedere come sono i miei, di numeri…

  • Bella iniziativa che ti invidio.
    Io sto preparando le mie due lezioni per l’UniTre di un comune limitrofe, materiale che intendo riciclare al più presto.
    Sarebbe bello fare qualcosa di più vasto e articolato, come ciò che fai tu, ma da queste parti il torpore delle istituzioni è assolutamente terminale.
    Chessò, si potrebbe prendere L’Origine della Specie, e leggerlo in maniera critica, commentandolo.
    Oppure c’era quella mia vecchia proposta, di leggere una selezione di storie di H.P. Lovecraft ed analizzarle sia dal punto di vista letterario che dal punto di vista scientifico.

    Tutto inutile – qui vogliono solo la sagra del tartufo e della polenta col cinghiale.

  • Non, non, non idealizzare le mie parti… Questa faccenda di T2C è possibile solo perché mi appoggio a un’istituzione collaudata – e comunque ti saprò dire come funziona. A dire il vero sono qui che ripasso e mi mangio le unghie nel terrore di una sala vuota…
    Perché magari io sono squadrellata, e Le Due Città è davvero un’idea outlandish…
    Ma in via generale, anche qui molte cose finiscono in risotto alla salamella/pilota. Oh sì, occasionalmente anche al tartufo, in questa stagione e nei lembi giusti della provincia. Diciamo che, qualche volta, si riesce ad appoggiarci un po’ di teatro, di musica o di libri mentre il riso si cuoce… 🙂

  • Io continuo a invidiarti, se non ti dispiace (una benevola invidia, bada bene, ma invidia nonetheless).
    Mettiti nei miei panni.
    Faccio due conferenze a livello universitario, una delle quali si è vista cambiare il titolo perché quello proposto era “troppo complicato”.
    Mi pagano il disturbo con due bottiglie di vino, una scatola di biscotti e – se va bene – una copia di un volume di storia locale (l’intera tiratura è rimasta sul groppone al comune perché nessuno lo voleva – perciò me ne regalano una copia).
    Non mi garantiscono il pubblico – ma questo è normale.
    Unico dato positivo – riciclo il materiale in un volume che poi spero di riuscire a pubblicare e vendere agli indigeni.
    Ma è dura.
    È durissima.

  • Per carità, invidiami pure. Sono più che certa che la tua non sia invidia malevola. Invidiami, dunque – a patto che tu non creda che stia facendo fortuna leggendo Dickens. 🙂

  • It’s just a matter of paying the piper.
    Hereabouts, pipers are cheap.
    Or so it seems.