Ott 29, 2012 - grilloleggente, memories    16 Comments

Paure, Terrori, Brividi & Spaventi

Si parlava di recente di paure visive e paure per iscritto, e Alessandro Forlani parlava del fatto di spaventarsi davvero leggendo come qualcosa di raro e abbastanza singolare – a differenza dello spaventarsi davanti a un film.

E io ho dovuto dissentire.

Non ho difficoltà ad ammettere che è inverecondamente facile levarmi il sonno, ma farmi paura per iscritto è forse persino più facile che farlo per immagini.

Il dizionario Treccani definisce la paura come

Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso,

e immagino che noi si ricada in un caso particolare di pericolo immaginario… Voglio dire, da bambina credevo davvero che una guerra nucleare potesse scoppiare da un giorno all’altro*, mentre adesso ho una visione un pochino più sana della possibilità, ma non per questo ho smesso di evitare come la peste le storie post-apocalittiche. Quindi si direbbe che il pericolo immaginario vada definito in modo piuttosto lato: non è solo questione di credere a un pericolo che di fatto non esiste (o almeno non troppo), ma anche di perdere il sonno su un pericolo puramente ipotetico.

D’altra parte, per dire, non credo assolutamente ai fantasmi e le storie di fantasmi mi piacciono – ma guai a leggerle dopo il tramonto. E sottolineo leggerle. E qui siete anche autorizzati a sghignazzare alle mie spalle, se vi va, ma siamo arrivati al punto in questione. 

Prendiamo un film come The Others, storia di fantasmi se mai ce ne fu una e your mileage may vary**, ma personalmente la trovo anche piuttosto angosciante. Sì, sì, lo so: sono una mozzarella. E tuttavia non ho perso notti di sonno per The Others, mentre una storia relativamente innocua come Oh, whistle and I will come to you, my lad di M.R. James, letta di notte, mi ha costretta a varie notti insonni e con la luce accesa. In età adulta. E anche The Others l’ho visto dopo il tramonto, ma in qualche modo – in qualche modo, su di me la suggestione della parola scritta è più forte di quella delle immagini.

O quanto meno, non è meno forte. Credo di avere già parlato della mia seria fobia nei confronti dei R, le orribili bestie con otto zampe, di cui davvero non so indurmi a scrivere il nome per intero – salvo forse in Inglese… Per qualche motivo spider, senza quelll’orribilmente suggestivo gruppo -gn, suona abbastanza asettico perché possa indurmici. Ma persino leggere la parola per intero è abbastanza al di sopra delle mie possibilità, e tendo a saltare pagine e capitoli interi nei romanzi in cui compaiano bestie a otto zampe, e a quattordici anni, per attraversare l’infestatissimo Bosco Atro, dovetti ricorrere all’aiuto di qualcuno che mi leggesse il capitolo in questione ad alta voce, e tuttora non posso toccare la parola r-, stampata o scritta, più di quanto possa toccare una fotografia. Persino sentirne parlare mi mette molto a disagio.

E se da tutto ciò vi siete fatti l’idea che soffra di una forma ridicolmente accentuata di fobia, non so darvi torto, ma il punto è e resta che la parola ha su di me lo stesso potere dell’immagine – quando non addirittura di più.

Immagino che sia perché, rispetto all’immagine, la parola scritta lascia più spazi bui da riempire – con il mio personale genere di paure? In fondo l’immagine è quello che è, e tende a mostrare più di quanto suggerisca… È quel che non so (e di conseguenza sono libera d’immaginare nel peggiore dei modi) che mi spaventa.

E per di più, mentre sono perfettamente capace di venirmene via da un film che mi dà la pelle d’oca, quando si tratta di libri non ho altrettanto buon senso, e continuo a leggere pur sapendo che poi avrò gli incubi…

Per cui sì, è più facile che mi spaventi con un libro che con un film, e negli anni ho imparato: niente apocalissi e postapocalissi, thank you very much, e meno distopie che sia possibile; niente horror, niente che contenga r- e fantasmi solo prima del tramonto. Poi ci sono sempre gli incidenti, le deviazioni inaspettate e la gente sadica, ma nel complesso la strategia difensiva funziona.

E voi? Ve ne siete mai rimasti insonni a occhi spalancati nel buio, chiedendovi perché diavolo avete dovuto leggere proprio quel libro? O, senza arrivare a questo – e più interessante – vi spaventate per iscritto, o no?

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* E scoprire a dieci anni che è molto più facile farsi prendere sul serio se si dichiarano paure un nonnulla più generiche…

** Un paio di giorni fa ho commesso l’errore di fare una capatina su TVTropes, e… er. Semmai ne parleremo.

Paure, Terrori, Brividi & Spaventiultima modifica: 2012-10-29T08:12:00+01:00da laclarina
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16 Commenti

  • Non riesco a ricordare alcun libro che mi abbia causato terrori particolari o notti insonni.
    Non perché io sia particolarmente impavido,ma perché… beh, sono romanzi.
    Che però, se penso “libri” e non “romanzi”…
    Ecco, forse Darwin’s Dangerous Idea, di Daniel Dennett, perché esplicita tutti i motivi per cui l’evoluzione causa un profondo disagio anche in noi che ci lavoriamo tutti i giorni.
    Quello sì, mi ha causato parecchie notti insonni, e me le causa tuttora.

    Aggiungo che TV Tropes è il Male.
    Non solo perché cominci a spulciarlo e ci passi delle mezze giornate (a me capita) invece di fare altro, ma soprattutto perché ha fornito a un sacco di gente non intellettualmente equipaggiata per gestirli dei concetti ingannevolmente semplici sulla narrativa, portando una quantità di anime semplici a smontare le storie invece di leggerle e godersele. Uno dei motivi per cui ci sono un sacco di presunti critici là fuori incapaci di prendere la storia per quel che è, costretti a smontarla e analizzarne i singoli ingranaggi, senza capire la funzione dell’intero meccanismo.

  • Ok, quando ci paghi per aver ascoltato il tuo sfogo psicanalitico? 😀

    The Others è un bel film, non so quante volte l’ho visto. E sempre di sera, giacché di giorno lavoro. Ma francamente non ho mai avuto paura di queste cose, ed ero il tipico bambino affamato di film horror e di libri spaventosi.
    Non credo molto ai fantasmi, e penso sempre che non ci sono ragioni per cui un fantasma dovrebbe essere cattivo e/o spaventoso: immagino che un fantasma potrebbe essere triste e sentirsi solo, semmai.

    Al contrario di te, i racconti di fantasmi et similia mi impressionano ancor meno dei film. Mi piacciono, ma ho la spiacevole tendenza a vederne i risvolti involontariamente grotteschi, e questo taglia le gambe alla paura.

    Da piccolo ho visto un film che mi aveva fatto impressione. Si intitolava “Chi è l’altro”, e pochi mesi fa l’ho reperito in lingua originale. Ebbene, sono arrivato alla fine sbadigliando.

    Forse la paura, letteraria o cinematografica, fa leva soprattutto sul contesto istantaneo, ma tende a decadere esponenzialmente nel tempo.

  • Quanto hai ragione!
    Di solito alcune scene di alcuni film mi turbano e forse riescono a togliermi il sonno per una, massimo due notti. Ma una storia ben scritta mi turba a lungo e in un modo che mi è difficile tenere sotto controllo.
    E’ proprio qui la differenza.
    In un film di solito è una scena, che rivedo e rivedo nella mente e a forza di rivederla è come se sbiadisse, come se diventasse più normale.
    Con la parola scritta è un dramma.
    Intanto di solito è tutta la storia a turbarmi e non solo una scena e anche se la vedo e la rivedo la cosa peggiora soltanto.
    Più la ripercorro mentalmente più assume toni e colori sinistri.
    Tutto ciò a cui non avevo pensato durante la lettura si affaccia quando rimugino.

    In sostanza riesco a farmi una ragione di una, due scene “storte” ma farmi una ragione di tutta una storia può essere a volte impossibile.

  • Allora, capiamoci. Appena avvertivo l’arrivo di una scena da paura io m’infilavo sotto le coperte con la torcia, cercavo le candele e tiravo giù le tapparelle. Sono arrivato a leggere storielle paurose ai miei amichetti di 10 anni nelle notti d’agosto, in una certa piazzetta buia infestata da chirotteri (sia mai che la parola P., inframezzata dall’agghiacciante strrridore che ben sai, ti faccia lo stesso effetto di R.).

    Quindi se -chessò- un tuo ex volesse vendicarsi, potrebbe spedirti sotto falso nome una storiella di aracnidi da editare 😀

  • @Davide: lo sai che sei parzialmente responsabile di questo post, vero? Da diversi giorni rimuginavo sull’osservazione di Alessandro, e poi ho deciso che era meglio non leggere il tuo post sulle storie apocalittiche, e allora… yes well. Perché forse ho già raccontato di come una volta sono riuscita a rovinarmi il ritmo sonno veglia per una recensione – e non era nemmeno di un mio libro.

    TvTropes… forse andrebbe usato con cautela e vietato ai non addetti ai lavori. Personalmente cerco di passarci il meno possibile, perché poi, una volta che ho iniziato, è la fine del ritmo di scrittura come lo conosciamo. Però ogni tanto, una capatina…

  • @Simone: “Forse la paura, letteraria o cinematografica, fa leva soprattutto sul contesto istantaneo, ma tende a decadere esponenzialmente nel tempo.”

    O forse l’amigdala dei matematici è fatta di kevlar? Perché ti assicuro che ci sono traumi da lettura che mi porto dietro da decenni. Then again, si sà, la *mia* amigdala è fatta di ricotta…

  • @Cily: oh sì. Perché con il libro raramente si tratta della singola immagine o scena squicky. È l’idea di fondo, il modo in cui un personaggio/categoria/civiltà ragiona, un tipo di crudeltà, un’atmosfera di desolazione, l’inverno nucleare… Tutte faccende che sono molto, molto peggio di un’immagine cruenta o disgustosa.

    E sai, vedendo le risposte per ora, e considerando che tu sei scientifica come gli altri tre, mi viene da domandarmi se la nostra non sia una reazione femminile?

  • @Andrea: grazie del pensiero, ma i pipistrelli vanno benissimo. The rule of thumb è questa: quattro zampe, due zampe e nessuna zampa vanno benone (salvo, ovviamente, cattive intenzioni, zanne, aggressività e veleno), ma tutto quel che ha sei o otto zampe ed è più grosso di una mosca, a tutti gli effetti pratici è più grosso anche di me. 🙂

    E nella vita precedente ho avuto un dipendente cui pareva uno spasso farmi degli scherzi a base di r. L’ha fatto una volta e si è divertito un mondo a guardarmi strillare e chiamare in soccorso il resto della forza lavoro. L’ha fatto una seconda volta perché “era una tentazione troppo forte”. Gli ho detto che l’avrei licenziato – e non scherzavo. Non mi ha creduta, e l’ha fatto una terza volta e ci ha guadagnato una lettera di richiamo. Non so se la crudeltà mentale sia una giusta causa di licenziamento – ma dopo la lettera ha smesso.

  • Ma si scrive davvero “sà”?

  • Of course not, però si schiaccia davvero il tasto sbagliato…

  • Io nego qualsiasi responsabilità!
    E il mio post… ehm, post atomico non è nulla di cui avere paura.
    A meno che orsi telepatici e tigri coi denti a sciabola non ti causino ansie di qualche genere.
    Ma questo mi sorprenderebbe alquanto.

  • Be’, se vivono in paesaggi postapocalittici, potrebbero…

  • Bah, il crollo della civiltà è sopravvalutato.
    Non credere alle storie deprimenti di vecchi scrittori mainstream in odore di Nobel, o alle farneticazioni di orride scrittrici di fantascienza pubblicate malamente su Urania.
    ci fu un tempo, in cui le armi atomiche servivano solo ad eliminare le persone noiose 😉

  • È quando crolla con contorno di inverno nucleare, contaminazione radioattiva e compagnia cantante che io perdo il sonno…

  • Certe cose sono leggende metropolitane.
    Si vede, eh, che leggiamo libri diversi.
    Qui dove sto io, se viene la guerra atomica e crolla la civiltà, scompaiono tutte le donne brutte, e la gente noiosa (agenti del fisco, controllori del traffico, editor, personaggi televisivi…)
    E le persone per bene possono schiantare di mazzate i cattivi.
    Fidati.

  • L’inverno nucleare una leggenda metropolitana? E anche le radiazioni? Ma allora ho passato l’infanzia nel terrore di una leggenda metropolitana? Natch…