Nov 19, 2012 - Digitalia    4 Comments

Librinnovando – Il Giorno Dopo

Il Lunedì Dopo, in realtà, but never mind.

Grazie all’ottima diretta streaming di RAILetteratura sono riuscita a seguire più o meno integralmente tre sessioni – destreggiandomi tra inciampi miei, non dello streaming.

E temo di essermene venuta via un po’ meno ottimista di quanto in genere mi capiti con Librinnovando…

O almeno credo.

Perché, a parte tutto, i numeri sono sconfortanti – e badate: lo sono a monte della questione del digitale. Non sono riuscita a prendere tutti gli appunti che avrei voluto, e quindi sarò cauta nel citare cifre, ma considerate che il 69% degli Statunitensi possiede una tessera della biblioteca, e la metà di questa percentuale fa uso dei servizi digitali. In Italia gli utenti di biblioteca sono il 30% dei Trentini/Altoatesini, e stiamo parlando di una percentuale regionale pressoché tripla rispetto al malinconico 11.7% nazionale… Di servizi digitali non parliamo nemmeno – anche perché nella maggior parte dei casi i servizi digitali ancora non ci sono.

Le biblioteche si stanno ancora chiedendo che fare di se stesse in fatto di digitale – il che è del tutto comprensibile, e a maggior ragione in questi tempi di vacche scheletriche. E credo che esitino sulla soglia, perché considerando questi numeri, e quelli del mercato digitale italiano, il problema deve sembrare remoto e paralizzante al tempo stesso. Da fuori si ha l’impressione che cogitino febbrilmente: se lo facciamo, per chi lo facciamo? Se non lo facciamo, che ne sarà di noi? 

In un intervento molto bello e stimolante*, Virginia Gentilini di Bibliotecari Non Bibliofili ha indicato una possibile via nell’apertura alle culture partecipative – ma con un caveat riguardo alle Piazze del Sapere** di Antonella Agnoli: se piazze devono essere, ricordiamoci che la piazza è anche il luogo degli scontri e degli autodafè. C’è poco di edulcorato, nell’idea di piazza. La piazza è turbolenta, non necessariamente ragionevole – e ancor meno controllabile.

E qui Gentilini ha citato il caso della pagina FaceBook di Sala Borsa, dirottata con una certa brutalità dalla Piazza, e sfuggita al controllo dei suoi creatori – come in un film di fantascienza, isn’t it? O, a ben pensarci, come in qualsiasi storia di folla che oltrepassa con gaio abbandono gl’intenti per i quali è stata sollecitata. Un’altra di quelle cose che nessun numero di secoli o millenni sembra in grado di cambiare…

Quello che cambia, invece, è la distribuzione dei ruoli. E questo è un terremoto che non coinvolge soltanto le biblioteche: scrittori, editori, giornalisti, dice Gentilini, tutti accomunati dallo stesso terrore da disintermediazione. Le culture partecipative significano, tra l’altro, una serie di sconfinamenti, magari fluidi nello specifico, ma costanti in generale, tra utenti e produttori di conoscenza. La posizione di editori, giornalisti, critici, bibliotecari e librai è assai meno verticale di quanto fosse, e lo diventa sempre meno – perché, quali che siano i tempi di marcia della digitalizzazione nell’editoria e nei servizi, il cambiamento nella lettura è tutta un’altra storia.

È molto possibile che si tratti più di riarticolazione dei ruoli che di disintermediazione propriamente detta, come ha suggerito Effe, ma il nervosismo e l’incertezza ci sono. Evidenti, per esempio, nell’appassionato, orgoglioso intervento con cui Alberto Galla, presidente dell’Associazione Librai Italiani, ha rivendicato il ruolo, l’unicità e i meriti delle buone, vecchie librerie tradizionali. E non sto dicendo che Galla non abbia ragione***, ma nella sua veemenza si sentiva echeggiare proprio quello smarrimento**** di fronte al rimescolamento dei ruoli. E forse non a torto, perché lo confesso: sono una lettrice abbastanza digitalizzata, ma anche per quel che riguarda il cartaceo, dovessero contare su di me le librerie tradizionali starebbero fresche. E davvero, non è per malvagità: considerando la scelta limitata e le bizantinerie distributive delle librerie italiane e le possibilità sconfinate degli acquisti in rete, potete davvero biasimarmi?

Ma d’altra parte, non è come se questa riarticolazione non toccasse anche le librerie digitali.

Matteo Scurati di BookRepublic, ad esempio, parlava di sverticalizzazione delle gerarchie, di partecipazione dei lettori ai contenuti – dimostrando come il discorso sulle culture partecipative non si applichi soltanto alle biblioteche…

E insieme a Scurati, anche Giuseppe Spezzano di Bookolico e Stefano Tura di Kobobooks Italia ponevano l’accento sul social reading, pilastro di questa rottura di confini. Il ruolo del lettore è sempre più attivo, e tante volte si sovrappone a quello intermedio del bookblogger – e allora ecco che chi vende libri si preoccupa di canalizzare, leggere, ospitare questa attività. In genre proponendo “un nuovo modello di social reading,” frase che abbiamo sentito più volte nel corso della giornata. Lo abbiamo sentito da Barbara Sgarzi di Zazie (nato come costola di BookRepublic), e poi di nuovo da Scurati, da Spezzano, da Tura… tutti propongono un Nuovo Modello.

Vedi Zazie, dove i libri letti si elencano, si commentano, si discutono, si consigliano, e poi si catalogano non solo per genere, ma anche per mood e per condizioni di lettura – compreso, presto, “in compagnia del mio gatto” – da indicare con apposite iconcine colorate. Gamification, è così che si chiama, e a quanto pare attrae e diverte i lettori sociali. E però devo confessarlo: quando Tura ha parlato di Reading Life, l’ambiente di social reading di Kobo, e della possibilità di monitorare le proprie abitudini di lettura – per esempio il numero di pagine per sessione di lettura, non ho potuto non levare un sopracciglio. Voglio davvero sapere quante pagine leggo per sessione di lettura? Personalmente, solo se devo leggere qualcosa di molto lungo e molto noioso prima del tale o tal’altro esame, ma dubito che me ne importi molto in altre circostanze. E voglio davvero sapere che cosa leggo nelle varie ore del giorno? O vincere dei premi (no idea what) perché ho iniziato un libro nuovo, o letto durante la notte, o…Voglio davvero gamificare le mie letture?

Ma mi rendo conto che forse non faccio testo: in fondo, uno dei motivi per cui, pur essendo attratta da luoghi di social reading come aNobii, Goodreads e Zazie, non riesco ad affezionarmici davvero, è che il tempo passato a elencare, condividere e discutere libri è, alas, tempo sottratto alla lettura. Figurarsi la gamification… Ma appunto, è molto probabile che non faccia testo.

Epperò, for once, me ne vengo via da Librinnovando un nonnulla dubbiosa su questo panorama in cui i lettori non sono poi tantissimi (e di quei non tantissimi, pochi vanno in biblioteca), molti addetti hanno la sensazione di danzare su crinali molto stretti e la lettura si gamifica…

Visto da qui, il futuro è nebuloso. Stiamo a vedere.

 

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* Potete leggere il suo post qui.

** Che non posso sentir nominare senza pensare a Robespierre e al culto dell’Essere Supremo. My bad, surely, but still.

*** Ogni tanto lo dico, ma lasciatemelo ripetere: non c’è limite all’affetto e al rimpianto con cui ricordo certe meravigliose librerie pavesi e i loro ancor più meravigliosi librai… Oh, gente del Delfino, della CLU, del Parnaso, se per caso siete tra i miei lettori, sappiate che mi avete resa molto felice nei miei anni universitari.

**** Va meglio così? Perché quando Effe gli ha riferito l’impressione che avevo cinguettato, Galla ha negato qualsiasi terrore…

 

Librinnovando – Il Giorno Dopoultima modifica: 2012-11-19T08:10:00+01:00da laclarina
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4 Commenti

  • Molto interessante. Qualche tempo fa parlavo delle stesse cose (biblioteche, prestiti di ebook, ecc.) con un mio collega che aveva appena comperato un lettore di libri elettronici. Effettivamente la penetrazione del formato ebook nelle biblioteche italiane è ancora scarsa, e tale resterà per mancanza di investimenti.
    Nella mia città c’è una biblioteca pubblica, piuttosto ben frequentata dagli studenti e dagli anziani. La fascia d’età intermedia è più problematica: gli orari del lavoro sono scarsamente conciliabili con quelli di apertura della biblioteca, per fare un esempio. Ma è stato interessante l’esperimento di aprire anche nel mese di agosto, senza vacanze, il prestito.

    Non condivido il tuo amore smodato per le librerie online. Solitamente acquisto i libri che leggo nella libreria del campus, che li procura rapidamente. Gli acquisti su internet mi spaventano per colpa del passaggio intermedio, cioè del vettore postale che spesso danneggia o smarrisce i pacchi. E, purtroppo, mi fido poco anche dei frequentatori del mio condominio, che fanno sparire i pacchetti e i giornali lasciati nelle caselle…

    Mi sono iscritto tempo fa ad Anobii e a qualche altro network similare, ma confesso di averli dimenticati presto. Non tanto perché sottraessero tempo alla lettura (la ricerca non lascia tantissimo tempo libero, poiché richiede lunghe ore di concentrazione, quindi leggo proprio nel tempo libero), piuttosto perché non traevo alcun beneficio dalla compilazione della mia libreria virtuale. Quando si parla di narrativa, le opinioni dei lettori sono molto meno affidabili di quelle riguardanti un rasoio elettrico o un computer. Spesso ho amato libri che i commentatori denigravano, e viceversa.

    Anche la mia esperienza, non c’è bisogno di dirlo, è personale, e soprattutto non lavoro nel campo delle lettere o dell’editoria. Da utilizzatore finale (absit iniuria), curo i miei interessi di lettore indipedentemente dalle strategie mainstream di marketing. Essendo un po’ fuori moda, probabilmente non costituisco un esempio per l’evoluzione del libro.

  • grazie Chiara! Resoconti di questo tipo sono sempre la cosa più utile per chi non c’era o non ha potuto seguire lo streaming 🙂

  • @Simone: considera anche che tu hai Milano a disposizione. Qui… diciamo che non è lo stesso. E considera che leggo più in Inglese che in Italiano. E considera che leggo autori bizzarri, sia in saggistica che in narrativa. Morale, le librerie online sono davvero una salvezza. Poi è vero: c’è il problema delle poste, ed è un problema serio e una perenne fonte di furia – ma tra l’avere faticosamente il libro che voglio e non averlo affatto, ammetterai che non c’è gioco.

    @Virginia: Di nulla. L’intervento mi è piaciuto davvero tanto – ma si è capito dal post, vero? 🙂 Mi è parso il fulcro della giornata, per il modo in cui individuava problemi e possibilità applicabili non soltanto alle biblioteche.

  • Sì, si è capito. Grazie doppiamente!