Swordspoint – A Melodrama Of Manners

ellen kushner,swordspoint,fantasy of manners,mannerpunkSwordspoint, di Ellen Kushner, è stato a lungo nella mia To Read List, e poi per un po’ nel Kindle. Finalmente è giunto in superficie, ed è stato una piacevolissima lettura.

E non è un libro troppo facile da definire in termini italiani – come prova questo dialoghetto tra me e R., cui ne cantavo le lodi.

“Ma che genere è, di preciso?
“Fantasy, direi.”
“Magia?”
“No.”
“Draghi, elfi, whatnot?”
“No…”
“Fantasmi, vampiri o altra gente non del tutto morta?”
“Be’, no…”
“Malvagi malvagissimi e ammantellati di nero alla conquista del mondo?”
“Nnno… Nulla del genere.”
“E allora, scusa se chiedo, che cosa lo rende fantasy?”

R., admittedly, non legge fantasy di nessun tipo, però ricorda vividamente il mio ormai remoto periodo tolkieniano, e il più recente gusto per il fantasy storico, originato con Susanna Clarke – e quindi si aspetta, se non proprio elfi e draghi, qualche genere di magia. O almeno qualche animale parlante. O semmai le sorti del mondo in bilico.

Ma in Swordspoint – a Melodrama of Manners non c’è proprio nulla di tutto ciò.

C’è una città senza nome, una capitale elegante e raffinata con dei sobborghi non proprio raccomandabili, retta da un’oligarchia nobiliar-mercantile. L’atmosfera è anglo-francese, un po’ Reggenza, con particolari raccolti tra Cinque-, Sei-, Sette- e primo Ottocento, cuciti insieme in maniera liscia e convincente. Ci sono i tessitori che scioperano, ci sono i berretti di velluto e le parate di barche sul fiume, ci sono le università e i teatri, ci sono i bassifondi pericolosi, ci sono le missioni diplomatiche in oriente, ci sono i giardini formali, le carrozze, i ricevimenti, l’impossibilità di fidarsi di alcunchì, intrighi politici galore – e soprattutto ci sono i duelli, a metà tra la moda e la necessità sociale.

Perché vedete, gli spadaccini sono pittoresca gente di talento senza pedigree. Gente che, ad averne i mezzi, s’ingaggia come guardia del corpo, come accessorio decorativo o per regolare in modo più o meno letale dispute e vendette, secondo un intricato codice d’onore.

E il giovane Richard St. Vier, che è lo spadaccino più quotato della sua generazione, si ritrova coinvolto in una rete di omicidi politici e faide incrociate da cui persino lui, che in genere può permettersi di scegliere i suoi ingaggi, faticherà a salvare vita, reputazione, principi e un amante* pericolosamente squadrellato.

Ecco qui. Visto? Niente magia**, niente vampiri, niente destini del mondo – nemmeno una doppia luna o della tecnologia stramba… E però è fantasy, con la città senza nome, con l’epoca collage, con i nomi fattiapposta. Quasi come se Kushner non avesse trovato nessun secolo e nessun posto adatti all’avventura storica che voleva raccontare, e avesse deciso di crearseli da sé, cucendo assieme un po’ di Dumas, un po’ di Thackeray, un po’ di Austen, un po’ di Heyer, un pizzico di Hope, una spruzzatina di Dickens, un filo di Laclos…

A ovest della Manica (e della Tinozza) hanno un nome per questo genere di cose – anzi due: Fantasy of Manners, e anche Mannerpunk, con tutta una collezione di autori come Emma Bull, Susanna Clarke, Caroline Stevermere, P.C. Wrede – per limitarmi a citare quelli di cui ho letto almeno qualcosa.

Qui fatichiamo a considerarli fantasy, non sappiamo bene che cosa farne e in genere, nel dubbio, non li traduciamo.

Per cui, se vi fosse venuta voglia di leggere dell’ottimo fantasy inconsueto con sfumature vagamente storiche, una scrittura favolosa, personaggi interessanti e tonnellate di calchi letterari da individuare per gioco, dovete rassegnarvi a farlo in Inglese – e lo trovate, ad esempio, qui.

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* Senza apostrofo. L’omosessualità maschile è diffusa e (ciò che non è cinque-, sei-, sette- né ottocentesco) socialmente accettata a tutti i livelli.

** Anche se mi si dice che in un seguito la magia faccia la sua comparsa. Ancora non ho letto, ma così sulla fiducia, quasi mi dispiace. Il mondo senza nome funzionava così bene… Staremo a vedere.

Swordspoint – A Melodrama Of Mannersultima modifica: 2012-12-07T08:10:00+01:00da laclarina
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9 Commenti

  • Mi piacciono sempre le tue recensioni, specialmente quando parli di libri che non corrispondono bene a nessun genere – mi intrigano parecchio, in generale. E che rimpianto per non aver studiato in gioventù l’inglese…

  • L’etichetta “fantasy of manners” è stata inventata proprio da Hellen Kushner, se ben ricordo.
    Ho conosciuto personalmente Hellen, una manciata di anni or sono, essendo io il traduttore dell’unica cosa che la Kushner abbia pubblicato in italiano – proprio un racconto da cui poi vennero sviluppati il mondo ed i personaggi di questo romanzo.
    È una persona molto in gamba, con diecimila iniziative in corso, ed una cultura molto vivace.
    Da anni cerco di inventarmi qualcosa di abbastanza intelligente da proporre alla Interstitial Arts Foundation creata dall’autrice, ma temo di non essere ancora abbastanza in gamba.
    Consiglio a questo punto The Privilege of the Sword, il sequel di Swordspoint.

  • Ok…lo ammetto la tua recensione mi ha molto intrigata.
    Un fantasy senza magia…finchè dura…moto interessante!
    Credo proprio che me lo procurerò.
    Grazie della segnalazione. 🙂

  • @Pat e Cily: non conosco i vostri gusti a sufficienza per assicurarvi che vi piacerà – ma vedrete: è notevole. Buona lettura.

    @Davide: sulla base di una cronologia di pubblicazione mi ero già procurata The Fall Of The Kings, ma mi par di capire che The Privilege venga narrativamente prima, giusto? Procurerò, procurerò. Credo di essere irrevocabilmente catturata – pending the matter of magic.

  • The Privilege è ambientato 18 anni dopo Swordspoint.
    E qui dimostro tutta la mia mancanza di classe – io credo che le cose migliori, Ellen Kushner (a me ci scappa sempre l’H, su Ellen), le abbia scritte per i volumi della serie Bordertown/Borderland.
    Dove la magia c’è, anche se insolita.
    E già che siamo in tema di suggerimenti, ti consiglierei di dare un’occhiata anche ai lavori di Delia Sherman, che sarebbe poi la moglie di Ellen (anche l’omosessualità femminile è diffusa, e a New York pare non causi particolari problemi), e che è altrettanto in gamba.

  • Non ho nulla contro la magia, è solo che mi sembrava che il mondo di Swordspoint funzionasse benissimo e fosse molto interessante anche senza. Comunque, è ovvio, il giudizio resta sospeso fino a lettura avvenuta.
    (E non so nei volumi successivi, ma di omosessualità femminile mi pare che in Swordspoint non ci sia traccia?)

  • Nessuna traccia che io ricordi.
    Se sia una scelta stilistica, politica o commerciale, non saprei dirti.
    E per quanto ogni volta che lo diciamo ad alta voce muoia un elfo, nel fantasy la magia non è strettamente indispensabile.

  • Been wondering myself… Pensavo che fosse un tratto storicheggiante – una morale diversa per uomini e donne.
    E per la magia, come dicevasi più sopra, vedremo. Poi magari se ne riparlerà.

  • La presenza di una morale diversa fra uomini e donne è certamente verificata – il racconto che ebbi modo di tradurre ruotava appunto attorno a come venisse considerato ridicolo che una donna volesse darsi alla scherma e diventare duellante. Tra l’altro col protagonista omosessuale che si dimostra di un maschilismo becero inammissibile.
    Ellen Kushner è molto sottile, in certe cose.