Mag 10, 2013 - teatro, teorie    2 Comments

Il Tognin, Gl’Implumi & Lo Spirito Del Bardo

Ecco, non so se ve l’avessi raccontato, ma venerdì – otto giorni orsono – la prova generale de Il Benefico Burbero era stata un ineffabile disastro.

Gl’implumi erano fuori come altrettanti contatori del gas, il computer in dotazione funzionava come poteva (vale a dire non un granché), il sonoro non era fatto per sentirsi su casse alte un palmo, i costumi erano ancora in parte una speranza, i tempi sembravano al di là di ogni speranza, gl’insegnanti dubitavano, e io ero in vena di omicidio plurimo con l’aggravante dei futili motivi.

fondazione antonio nuvolari, antonio nuvolari, laboratorio didattico, laboratorio di scrittura, laboratorio teatraleChe poi, chiariamo: a me non sembravano futili affatto. Un tredicenne che non sa contare fino a trenta, un altro che sostiene di non poter reperire una camicia bianca, un altro che ti assedia chiedendoti ogni quindici secondi come fa se non ha un paio di pantaloni così e così, e una fanciulletta che non capisce il semplice atto di inspirare contrarre il diaframma e sollevare il braccio per indicare, et multa caetera similia – son cose che a me fanno anche capire Erode…

E poi gli insegnanti. Ormai sono quattro anni che faccio questo genere di laboratorio nella stessa scuola e con gli stessi insegnanti. C’è chi collabora con entusiasmo indefesso e infaticabile allegria, ma ogni benedetto anno, attorno alla prova generale, qualcuno arriva a informarmi che va malissimo, che facciamo brutta figura, che così non si può. E altri, ostinatamente seduti dietro le casse alte un palmo, arrivano ogni dieci minuti a dire che non si capisce nulla, che il sonoro è disastroso, che bisogna cambiare metodo… E sia chiaro, non è che sia andata bene, e non è che il sonoro sia la perfezione audio* – è tutto vero. Ma, cribbio, ci sono i precedenti e c’è che, in fatto di teatro e solo di teatro, ho più esperienza di loro, e c’è che la generale non è mai significativa, e c’è la Vita di Shakespeare in miniatura che porto al collo… Perché diamine non possono fidarsi quando dico che non tutto è perduto?

Ma poi, sapete, sono una lettrice di Kipling, e mi piace tanto andarmene attorno compiacendomi di non perdere la testa quando tutti attorno a me la stanno perdendo… e poi chi voglio prendere in giro? VdSiM o no, Kipling o no, venerdì me n’ero tornata a casa un nonnulla avvilita, e con la sensazione che il BB non sarebbe stato proprio l’apice fiorito della mia carriera.fondazione antonio nuvolari, antonio nuvolari, laboratorio didattico, laboratorio di scrittura, laboratorio teatrale

Dopodiché nel corso del finesettimana non avevo avuto tutto questo tempo di pensarci, se non per spiegare brevemente agli Heaney perché non potevo accompagnarli a Bologna. E a quel punto, francamente, ero troppo al settimo cielo per volermi avvilire sul BB. Immaginatemi dunque mentre mi precipito all’Istituto Nuvolari con un sorriso che interferisce con la navigazione aerea e una rinnovata fede in me stessa, negli implumi e nelle misteriose dinamiche del teatro.

E sotto la pioggia, dovrei dire.

Quando ho parcheggiato davanti all’Istituto non pioveva ancora, ma il cielo era inequivocabilmente minaccioso, ed era chiaro che saremmo stati al chiuso, nel teatrino. Ora, “stare al chiuso nel teatrino” magari suona anche bene, ma all’atto pratico significava comprimere tutto in un palcoscenico delle dimensioni di una scatola da scarpe, praticamente senza spazio dietro le quinte. Non precisamente l’ideale, con trentacinque implumi e numerosi cambi di scena…

Però avevamo un sipario. Un vero sipario rosso, per la gioia dell’implume PP, che dal primo giorno aveva espresso il desiderio di essere l’uomo del sipario – solo che il sipario non c’era… e invece, dopo tutto, sì. Ecco, qualunque cosa ne pensassero tutti gli altri, almeno PP era estatico.

E gli altri, per la mia vaga sorpresa, erano già in costume e caricatissimi.

“Profe, profe!” di qua, e “Profe, profe!” di là, ciascuno con una dozzina di domande, dubbi e curiosità, e cestini di arance, e turbanti da annodare, e vanno bene queste bretelle, e dove si mettono i direttori di palcoscenico, e R che doveva occuparsi dei cartelli non è venuto, e il volume delle casse è basso, e sono troppo truccata per fare la nonna, e quando accendo la candela, e potevamo fare nel parco che non piove, e mi fa il nodo alla cravatta, e ho lasciato a casa le scarpe nere, e come, e dove, e quando, profe, profe, profefondazione antonio nuvolari, antonio nuvolari, laboratorio didattico, laboratorio di scrittura, laboratorio teatrale!

E com’è piaciuto allo spirito del Bardo, siamo anche riusciti a cacciare fuori tutto il pubblico e a fare qualcosa di molto simile a una prova. Una discreta prova, a dire il vero. Molto più liscia della generale, se non altro. Con tempi ragionevoli e il minimo sindacale d’incidenti…

Al punto che, all’avviarsi della musica conclusiva, M la direttrice di palcoscenico mi ha guardata con gli occhi tondi, e… “Profe! Ma siamo stati bravi!” ha mormorato. E forse bravi era una parola grossa, ma… Era come guardare qualcuno che fa il gioco del quindici, e riconoscere l’istante in cui capisce come arrivare in fondo alla partita. I pezzi cominciavano ad andare a posto…

Succede, ed è una sensazione elettrizzante – e a dire il vero sarebbe meglio che non capitasse un quarto d’ora prima di andare in scena, ma fa nulla.

“E adesso lo saremo ancora di più,” ho detto a M, ottenendo in cambio un sorrisone.

“Come, adesso?” sobbalza PP con gli occhi tondi. “Ma non abbiamo finito?”

“Questa era una prova. Adesso facciamo entrare il pubblico e lo mostriamo anche a loro.”

PP ha storto la bocca, perplesso. “Però alla fine ci danno da mangiare, vero? E già che ci siamo, che cos’è quella roba che ha al collo?”

E così, mentre in sala sindaco, presidente della fondazione, direttore didattico e assessore alla cultura si dilungavano parecchio, mentre cercavo (con modesto successo) di mantenere un minimo di silenzio dietro le quinte, ho raccontato a PP e a M e all’altro M e al nuovo uomo dei cartelli T del mio ciondolo, dello Spirito del Bardo e del fatto che il teatro non è un’occupazione assennata – nemmeno un po’.

E tutti abbiamo storto un po’ la bocca quando, memore della prova generale di venerdì, l’assessore ha supplicato il pubblico di avere indulgenza perché i ragazzi non erano attori… “Gliela facciamo vedere noi,” ha esclamato trucemente l’altro M, e il sentimento era condiviso.

Mano a mano che i minuti scorrevano (e tra un discorso e l’altro ne sono scorsi un bel po’) sono cominciati a fioccare domande di altro genere: “Profe, ho paura. È normale?” e “Profe, siamo bravi, vero?” e “Profe, ci si abitua e si smette di agitarsi?”

E allora via a spiegare sottovoce che sì è normale, e no non è paura – è adrenalina ed è cosa buona & giusta, e sì siamo bravi, e no non ci si abitua mai ma è proprio questo il bello…fondazione antonio nuvolari, antonio nuvolari, laboratorio didattico, laboratorio di scrittura, laboratorio teatrale

E che volete che vi dica? Le luci si sono spente, la musica è partita, T è uscito col primo cartello, il sipario si è aperto e la II C è entrata in scena, ha fatto la sua parte e poi è uscita, e poi è stata la volta della II B, e le scene procedevano fluide e vivaci, e il sipario si apriva e chiudeva senza intoppi, e il pubblico rideva al momento giusto, e chi era stato distratto e vago era diventato bravo, e chi era stato bravo scintillava… Lo Spirito del Bardo sorrideva su di noi, e N nella parte della piccola Lucia ha avuto un applauso a scena aperta.

Ed è vero che M (un altro M ancora) ha riso quando non doveva, e che A ha pensato di fare un salutino al pubblico prima di uscire di scena l’ultima volta, e che c’è stato un piccolo incidente con le sedie a sipario chiuso, e i fiammiferi erano vetusti e non si sono accesi affatto – ma ripeto: è andata bene, bene, bene.

fondazione antonio nuvolari, antonio nuvolari, laboratorio didattico, laboratorio di scrittura, laboratorio teatraleGli implumi hanno scoperto il gusto degli applausi, e un paio hanno dichiarato di voler fare teatro, e i dubitatori hanno dimenticato le loro fosche profezie, e la Fondazione è estremamente soddisfatta.

E io non voglio essere superstiziosa – davvero non voglio. Però non mi beccherete facilmente dietro le quinte senza la mia Vita di Shakespeare in Miniatura al collo. Perché sono giunta alla conclusione che a volte in teatro la logica comune non basta e non arriva. A volta, se si vuole restare anche solo remotamente lucidi ed equilibrati, non c’è altro che affidarsi alle immemorabili tradizioni, allo Spirito del Bardo e a un ciondolo portafortuna.

 

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* E potrei anche far notare che parte di questi altri sono in parte responsabili della qualità discutibile, visto che è parso loro necessario segnare il territorio impedendoci di usare la LIM giusta per le registrazioni… Ma sono dettagli.

 

Il Tognin, Gl’Implumi & Lo Spirito Del Bardoultima modifica: 2013-05-10T08:05:00+02:00da laclarina
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2 Commenti

  • Adoro questi tuoi post sul teatro con gli implumi!
    Mi fanno sempre rivivere certi momenti e certe atmosfere.
    Credo che alla fin fine sia sempre la stessa storia perchè è fisiologico di tutto l’organismo(vedendo il tutto come un organismo vivo).
    E’ a sua volta come un grande teatro con un copione.
    I dubitatori, i ragazzi che si gasano via via, gli aspetti tecnici sempre avversi, costumi incompleti, musiche mancanti e talvolta accessori chiave introvabili e incostruibili.
    Potremmo definirli archetipi del tatro con i ragazzi.
    E lo spirito del Bardo che aleggia…ahhh…anche quello c’è sempre a ricordare che uno spettacolo è sempre un miracolo.
    Lo ripeto…adoro questi tuoi post…credimi mi è sembrato davvero di esserci stata…di avervi visto….
    Brava Clarina!Come sempre! 🙂

  • Grazie, Cily. 🙂
    Hai ragione, ormai la faccenda segue quasi un copione… Eppure il dubbio c’è sempre: ah, no, questa volta siamo messi troppo male, questa volta è impossibile che succeda il miracolo, questa volta sarà l’abisso, l’orrore, il dileggio, la rovina… Doom, gloom, despair.
    E chi mi sta attorno, tutte le volte, mi fa notare che dico così tutte le volte, e io dico che lo so, dico sempre così – ma questa volta è proprio vero…
    Al punto che anche questo è parte del copione. Periteatro e metaperiteatro. 🙂