E Vedi Di Mentirmi Per Bene

Non è come se fosse la prima volta che ne parliamo, ma in questi giorni varie cose sono capitate a farmi rimuginare di nuovo sulla questione di arte & verità – che messa così suona terribilmente pretenziosa, ma abbiate pazienza mentre rimugino.

Varie cose, vi dicevo.

emilio salgari, odissea, carlotta sabatini, strategie evolutiveUna è stata una discussione con un attore che, in occasione di una rappresentazione all’aperto, voleva assolutamente scagliare davvero la freccia di Ulisse – you know, quella che passa attraverso gli anelli di dodici asce in fila. Ora, a parte l’atroce pericolosità di scagliare frecce in direzione casuale in un luogo affollato, a parte il fatto che l’attore in questione, pur appassionato d’arcieria, dubito sia capace di centrare una dozzina di anelli, il mio punto era un altro*: non c’era affatto bisogno della freccia. Il suo mestiere d’attore non è scagliare frecce vere, bensì far vedere al pubblico una freccia che non c’è.

Come ha detto G. La Regista in un momento d’ispirata esasperazione: “Quello che voglio da voi è solo verità nella finzione!”

Perché quello che succede sul palcoscenico è, signore e signori, finzione dipinta con colori di verità. Non è vero nemmeno per un momento – se non dentro il cerchio disegnato dal buon vecchio patto narrativo: raccontatemi una storia e, per il tempo che voi impiegate a farlo meglio che potete, tutti fingeremo che sia vero.

Ma l’efficacia e la bellezza della rappresentazione non hanno nulla a che vedere con quanto c’è di vero nell’interpretazione degli attori o di autobiografico nel testo.

Ci siamo fin qui?

O quanto meno dovremmo esserci – ma è un fatto che molti, troppi lettori** sono divorati dall’ansia di quel che c’è di vero in ciò che leggono e, specularmente di identificare l’autore con quel che scrive. emilio salgari, odissea, carlotta sabatini, strategie evolutive

Guardate Salgari che, per tutta la vita, ha millantato una captaincy di marina mercantile – mai conseguita, ma molto adatta all’autore di tante avventure marinare. “Navigò per sette anni… visitò quasi interamente tutti gli oceani,” recita la sua nota biografica nel catalogo dell’editore Cogliati per il 1898 – ed è tutto falso.

Questo rende per caso i romanzi di Salgari meno avventurosi o meno marinari? Ovviamente no, ma il grado e i viaggi fittizi, oltre ad appagare grandemente Salgari stesso, servivano al marketing editoriale, a sdoganare personaggio e libri. A tanti lettori, un Salgari terricolo sarebbe parso meno Salgari del supposto capitano di gran cabotaggio…

E per contro, leggete il guest post di Carlotta Sabatini su strategie evolutive, e le sue considerazioni amarognole su come sia facile essere etichettati in base a quello che si scrive – perché se si scrive narrativa erotica è chiaro che si è cattive ragazze, e se si scrivono romanzi storici è chiaro che si condividono i pregiudizi dei propri personaggi d’altri secoli. E quando voi provate a far notare che scrivere non consiste nell’aprirsi le coronarie e versarne il contenuto sulla pagina, di sicuro qualcuno inizierà a guardarvi con qualche grado di disapprovazione. Perché se è vero che non condividete le superstizioni medievali del vostro narratore in prima persona vissuto nel XIII secolo, allora dovete essere bugiardi. Avete mentito. Avete ingannato il lettore.  

E a questo proposito, badate anche… ok, badate a tutto il post, perché è interessante e istruttivo – ma badate in particolare all’elenco delle motivazioni per cui si scrive, soprattutto la voce n° 2:

perché proviamo piacere (fidatevi, sono un’esperta) nel mettere delle idee nella testa degli altri, e giocarci, giocare con loro, attraverso quelle idee

E a dire il vero, anche se non sappiamo di trovarci gusto, anche se non ci consideriamo consapevolmente dei manipolatori***, è quello che facciamo: usiamo mezzi tecnici al fine di produrre un effetto nel lettore. È, se ci pensate bene, l’essenza del nostro mestiere di narratori, perché potremmo limitarci a dire che il nostro protagonista va in battaglia e ne esce vivo per miracolo, ma per quello basta il sussidiario di terza elementare. Da narratori, quel che facciamo è descrivere la battaglia attraverso gli occhi del nostro protagonista – completa di colori, odori, rullar di tamburi, deflagrazioni, urla, schizzi di sangue e quant’altro. E per farlo usiamo tecniche descrittive per far immaginare la battaglia al lettore nel modo più vivido possibile.

Mezzi usati per ottenere un effetto.

Manipolazione.

emilio salgari, odissea, carlotta sabatini, strategie evolutiveNello stesso modo in cui un pittore manipola lo sguardo dell’osservatore con le linee, i colori e la prospettiva. Che diamine: l’occhio di cielo nella Camera Picta non è vero. Non c’è nessun putto arrampicato sulla balaustra, nessun cesto di verzura in bilico su un bastone… Vogliamo dire che Mantegna è un bugiardo manipolatore perché vuole che crediamo a una finestra circolare aperta sull’azzurro spazio e popolata di gente che guarda giù?

Però se uno scrittore dice questo genere di cose ad alta voce, si guadagna ulteriore disapprovazione – bugiardo e manipolatore…

Ma, chiedevo in un commento in coda al post di cui si diceva, se non si vogliono menzogne ben confezionate, se non si è disposti ad essere manipolati, se non si è pronti a farsi amabilmente condurre attorno, perché perché perché diavolo leggere narrativa, andare a teatro, andare al cinema?

Per passare il tempo, suggerisce sogghignando il padrone di casa – ed è una risposta legittima, seppure un nonnulla triste.

Ma mi vien da pensare che per passare il tempo siano ottimi anche il tennis, il piccolo punto, i francobolli e il ballo latinoamericano. O, se si è ansiosi di verità inadulterata, l’enciclopedia Treccani****…

A parte tutto il resto, non vi pare che ci sia qualcosa di sbagliato nel cercare affannosamente la verità nella narrativa che si fonda su un patto riassumibile in “E vedi di mentirmi per bene”? 

 

______________________________________

* Col che non voglio dire che non fossi preoccupata della possibilità di un omicidio colposo in scena. Lo ero eccome – solo che, essendo tutte, ma proprio tutte le mie meschinissime competenze in fatto di arcieria derivate dall’uno o dall’altro romanzo, è stato subito chiaro che in materia non avevo un briciolo di standing.

** Lettori e theatre goers, ma per snellezza parleremo di lettori.

*** Personalmente ci trovo un gran gusto e mi considero una manipolatrice per mestiere – ma si sa che sono cinica…

**** Niente battute, grazie. Sono certa che anche la Treccani possa sbagliare all’occasione – ma lasciatemi la mia ingenua fiducia nel fatto che l’estensore medio e sano di mente non estenda lemmi deliberatamente menzogneri e manipolatori.

E Vedi Di Mentirmi Per Beneultima modifica: 2013-06-19T08:05:00+02:00da laclarina
Reposta per primo quest’articolo

7 Commenti

  • Io credo che il pregiudizio verso l’invenzione narrativa, e quindi verso il romanzo, sia sempre esistito nella nostra cultura, e sia stato accentuato da Controriforme varie ed altri deliri.
    C’è una ossessione per la realtà che porta a confondere il vero col reale.
    Il romanzo richiede una certa sofisticazione culturale, per essere apprezzato, un certo relativismo.
    Negli ultimi anni il bagaglio di sofisticazione che ci eravamo faticosamente costruiti è stato eroso.
    E in parallelo, si è usato il “basato su una storia vera” come bieco strumento di marketing – per farci credere che per quel solo motivo la storia sia “meglio”.
    Ma meglio di cosa?

  • Come dice mio papà guardando una scena in cui un uomo lascia una donna piangente al tavolo di un bar, “Ma come, e va via senza pagare il conto?”

    È vero che bisogna immergersi nel contesto narrativo, perché la finzione non è la realtà, in cui al barista non frega un emerito nulla dei problemi sentimentali dei protagonisti e vuole solo essere pagato. Tuttavia il teatro è molto diverso dal cinema, e la letteratura è molto diversa dal teatro.
    Al cinema non puoi fare “pum” con la bocca per imitare una fucilata, sarebbe grottesco. A teatro, dove non c’è la possibilità di rifare una scena o di intervenire con gli effetti al computer, probabilmente non è il caso di sovrastimare la mira di un attore per maggior realismo…

  • Si limita a lasciarle il conto da pagare.
    Dopo averle spezzato il cuore, è una cosa da nulla.

  • Sul post che hai cortesemente linkato, è arrivato un commento che dice ‘Non leggo letteratura erotica e non ho capito quale fosse lo scopo del post’.
    Con Davide ci siamo interrogati, su quale fosse lo scopo del post ma, a parte certi secondi fini inconfessabili dei quali non discuterò qui e ora, abbiamo dovuto ammettere che ‘lo scopo’ non c’era.
    Non avevamo un’agenda o un piano preciso.
    Questa tendenza al ‘second guessing’ mi pare sempre più diffusa.
    È come una gara fra autore e lettore, per vedere chi è più capace, o più furbo; l’autore tenta di abbindolare il lettore, il quale cerca di scoprire i secondi fini e le manipolazioni del narratore.
    Lo trovo profondamente stupido, e lesivo del godimento dell’opera.
    La scrittura–non importa il genere o il medium–è un gioco di seduzione, non una corsa a ostacoli.

  • “Si limita a lasciarle il conto da pagare.”

    Anche perché poi così, quando lei fruga lacrimosamente nella pochette per pagare il conto “e un altro giro”, il Barista Saggio & Comprensivo Che Le Ha Viste Tutte può scuotere la testa e mormorare: “Offre la casa, tesoro. Ma per stasera hai bevuto abbastanza. Ti chiamo un taxi.”

    No, seriamente:

    @Davide: “ossessione per la realtà” coltivata attraverso il marketing più bieco. Concordo.

    @Simone: ma vedi, il punto non è il maggior realismo. Il punto è che, se l’attore fa bene il suo mestiere di prendere la mira e scoccare la freccia inesistente, se gli altri in scena fanno bene il loro mestiere di sobbalzare in vari gradi e colori di stupore all’inesitente centro perfetto, la non-freccia è molto più significativa e teatrale di una freccia vera…

    @Carlotta: apparentemente a nessuno basta più sedersi e godersi lo spettacolo… Triste. Se avessi voglia di essere catastrofista, direi che comincia a somigliare a un crepuscolo della narrativa.

  • Un post molto interessante.
    In passato ho curato alcuni spettacolini con ragazzi dagli 8 ai 16 anni, condivido i tuoi timori sui pericoli di un eccessivo realismo in scena, peraltro spesso inutile in quanto non è detto che lo spettatore, distante decine di metri, veda una differenza. Deve essere la recitazione a far passare il messaggio. Mi vengono in mente il trucco e le movenze esagerate dei film muti, entrambi assolutamente non realistici, ma funzionali alla recitazione a far capire emozioni/eventi/pensieri allo spettatore.
    Il mettersi nelle mani dello scrittore/regista/etc. per la durata del libro o del film è parte del gioco della narrativa. Questi paladini della sincerità dell’autore per caso accuserebbero un attore delle cattiverie commesse dal suo personaggio?
    Per concludere anche io, nel mio piccolo, ho ricevuto commenti stupiti dai conoscenti che avevano letto un mio racconto, narrato in prima persona, su un rissoso investigatore americano dei primi anni ’30. Ho ricevuto qualche sguardo perplesso mentre sottolineavo che a essere rissoso era il mio protagonista, non io.

  • Non ricordo più contesto ed epoca, ma ho letto da qualche parte di un attore poco meglio che linciato dopo avere interpretato Jago.

    E la cosa buffa, a badarci bene, è il luogo comune secondo cui è lo scrittore a non distinguere bene tra realtà e fantasia…