Lug 24, 2013 - angurie, Ossessioni    6 Comments

Telefoni Al Crepuscolo

Vi devo mettere a parte.

Ero in treno, e nel posto dietro di me era seduto questo ragazzo, provvisto di cellulare. A un certo punto si è messo a telefonare – e non è che abbia origliato, ma il soggetto parlava a un volume difficile da ignorare.

A posteriori, mi viene da pensare che il volume fosse deliberato, ma non anticipiamo.

E la prima telefonata era per qualcuno di nome Federica. Il telefonatore informava Federica di essere appena partito, lasciando Edward da solo nella casa al mare. Oh sì, grazie, si erano divertiti molto. No, niente di… Tutto tranquillo. Tutto nei limiti di… Sì, ok, niente di pericoloso. Però il punto era che Edward non poteva più comunicare, perché il suo cellulare era guasto. No, non il caricabatterie – o almeno il telefonatore non credeva che fosse il caricabatterie. Un guasto un po’ strano, a dire la verità. Ad ogni modo, una volta partito il telefonatore, Edward era là da solo e senza modo di comunicare, per cui Federica non doveva stupirsi se non avesse ricevuto sue notizie per qualche giorno.

Fine della prima telefonata.

Seconda telefonata: “Ciao, Bella!” E al fatto che gli ululati comunicativi del telefonatore non mi lasciassero leggere, si è aggiunta la lieve irritazione nei confronti della gente che chiama tutte le ragazze “Bella”. Anche a “Bella” è stata ammannita una versione abbreviata della faccenda del telefono di Edward, con annessa richiesta da parte di Edward: poteva per favore Bella incontrarlo sotto casa sua alle tre e mezza? “Ah, Bella, Bella – che cosa vuoi che ti dica?”

E se a questo punto pensate che sono lenta di reazioni, siete giustificati in pieno, perché è stata solo l’improbabilità estrema di questo “Bella, Bella” a farmi levare un sopracciglio.

“Bella”?

Edward?

“Bella” & Edward?

Bella & Edward?

Bella & Edward?

Ma…?

twilight, bella, edward, stephenie meyer, make believe, anne brontë, emily brontëE allora sì che mi sono messa ad ascoltare sul serio – ma, alas, il telefonatore ha salutato Bella e ha riattaccato.

Natch.

Sono rimasta in ascolto per un po’, sperando che ricominciasse, che chiamasse magari Hermione per chiederle se aveva il numero di Harry, ma sono rimasta amaramente delusa.

E tuttavia sono affascinata oltre ogni dire.

Non ho idea di che età avesse il personaggio. Non ho avuto il coraggio di sbirciare e a giudicare dalla voce poteva essere in qualsiasi punto fra, diciamo, i diciassette e i venticinque. E scartando la possibilità di una coincidenza, e a meno di soprannomi dissennati, mi è capitato un compagno di viaggio in preda all’irresistibile necessità di sentirsi dentro un libro.*

O, a ben pensarci, un film. 

Va bene: l’irresistibile necessità di sentirsi dentro una storia.

E non solo di immaginarcisi dentro privatamente, ma di rendere il tutto un po’ più vero con un minimo di esposizione.

Make-believe (più o meno) adulto.

Anne ed Emily Brontë che per tutto il viaggio in treno da York a Keighley giocano ad essere i loro personaggi gondaliani – a parte il non trascurabile dettaglio che invece questo ragazzo giocava con personaggi altrui.

O forse non del tutto, perché non so chi si supponeva che fosse lui in tutto questo…

O che cosa credesse che l’ascoltatore casuale avrebbe pensato.

O se avesse valutato il rischio di fare cose del genere su un treno su cui tutti (compresa la sottoscritta) sembravano incontrare per caso amici, parenti, conoscenti e vicini di casa…

O se lo preoccupasse affatto la prospettiva di essere scoperto…

Perché in realtà, la faccenda era organizzata persino con qualche accortezza tecnica: la prima telefonata a Federica, per stabilire la situazione e chiarire che no, lui non era di quelli che chiamano tutte le ragazze “Bella”…

Lo ripeto: sono affascinata.

Mi fa venire in mente la descrizione dello zaffiro** di famiglia in Beau Geste: guardarlo non bastava, dice il narratore. Faceva venire voglia di farci qualcosa d’altro, afferrarlo, stringerlo in mano, assaggiarlo… 

Immaginarcisi dentro. Ricamarci sopra. Fingere di telefonare.

Col che non voglio dire che Twilight sia una pietra preziosa***. Ma non mi dispiace pensare che sia la natura delle storie: a volte guardarle non basta…

________________________________________

* No, in realtà c’è anche la possibilità che il telefonatore appartenesse a quel genere di persone cui piace far sobbalzare il prossimo. E devo ammettere che un sobbalzino l’ho fatto…

** O diamante azzurro che fosse – non mi ricordo.

*** A meno che non consideriate la natura dello zaffiro in questione… Oh, d’accordo: questa è per chi ha letto Beau Geste – ed è anche lievemente cattiva. 

 

 

 

Telefoni Al Crepuscoloultima modifica: 2013-07-24T08:05:00+02:00da laclarina
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6 Commenti

  • E la certezza che il tizio fosse solo il classico bifolco da treno?

  • Perché di bifolchi è pieno il mondo.
    Curiosa esperienza.
    Io, discrezione o meno, un’occhiata al tipo l’avrei data.
    Però sì – da una parte, i cellulari ci obbligano, volenti o nolenti, a vivere nel soggiorno di casa di un sacco di estranei.
    E dall’altra, ci sono persone che vivono vite piuttosto curiose.

  • C’è un gioco di ruolo, “Vampiri – The Masquerede” che si gioca “da tavolo” ma anche e soprattutto dal vivo. I giocatori interpretano appartenenti a diversi clan vampireschi (è probabile, data l’età, che il giovine che hai incontrato, e i suoi amici, si siano ispirati per i personaggi da interpretare a quelli di “Twilight”…), ma la principale caratteristica del gioco è che, essendo ambientato OGGI, nel nostro mondo, e nei medesimi contesti REALI in cui i giocatori vivono, DI FATTO, ove possibile, non si smette MAI di giocare: ogniqualvolta ce ne sia l’occasione, tu SEI (DEVI interpretare) il tuo alter-ego vampiro. In mesi vacanzieri come questi, un adolescente potrebbe dunque, virtualmente, “essere” vampiro 24 ore su 24, ovunque…. Ti lascio immaginare le conseguenze sugli animi più fragili (all’epoca giocavo anch’io, ero un orgoglioso Nosferatu: smisi quando mi accorsi che le sessioni di gioco erano diventate, piuttosto, terapie di gruppo; e quando una pattuglia di carabinieri sorprese in un parcheggio due giocatori “cacciatori di vampiri” armati di katane (smussate) e balestre (vere)…

  • @Davide: sì, sono lievemente pentita di non avergli dato almeno un’occhiatina…

    @Alessandro: al gioco di ruolo proprio non avevo pensato! Spiega molte cose – anche se è lievemente deludente. Non davvero, in realtà, perché comunque stava *giocando* al vampiro, ma vuol dire che tra libro e telefonata c’è un passaggio in più.

  • I giocatori di Vampire sono spesso da ricovero.
    Non so se questo sia il caso.
    Suona credibile.
    Resta profonda la delusione per il modello di partenza – nel senso che se fosse stato intento a giocare un romanzo della Rice, sarebbe stato un minimo più dignitoso 😀

  • Ciascuno gioca alle storie cui arriva, immagino…

    And yes, I am a dreadful snob 😉