Ott 15, 2014 - Vitarelle e Rotelle    4 Comments

Quasi Come Scrivere

DuelRRThen a cry rang out, clear and merry with the fierce hope of triumph:

“Nearly! Nearly!”

She knew the voice for Rupert of Hentzau’s, and it was the King who answered calmly:

“Nearly isn’t quite.”

(Anthony Hope, Rupert of Hentzau)

E ciò che vale nei duelli all’arma bianca, vale anche per la scrittura, trovo: “quasi” non basta. Negli anni ho sviluppato un’allergia violenta nei confronti del Quasi.

Un allievo di recente mi ha detto che gli ho trasmesso un tale terrore nei confronti della povera paroletta, che non riesce a usarla in conversazione senza mordersi la lingua… Il che va a mostrare come sia facile sbagliarsi, o ingenuo allievo. Perché Quasi non è una povera paroletta – è qualcosa di tanto subdolo quanto malvagio.

Giratela come volete, ma non c’è niente da fare: dire che qualcosa è “quasi” come qualcos’altro non è una sfumatura, è solo impreciso e sfocato. Se voglio proprio usare una figura retorica, dopo essermi accertata che non sia troppo logora, farò bene ad andare fino in fondo – senza annacquarne l’effetto con dei “quasi”, delle “specie di”, degli “un po’ come”…

Di fronte a questi metodi, nella migliore delle ipotesi il lettore ne riporterà un’impressione meno vivida di quanto potrebbe; nella peggiore, si domanderà perché diamine Piotr Ilic senta “quasi una trafittura/come una trafittura/una specie di trafittura”: che cosa sente in realtà? L’autore non lo sa? O non si è disturbato a cercare qualcosa di più calzante? O sta cercando di essere vago apposta? O crede che io non abbia abbastanza neuroni e consapevolezza linguistica per capire che la trafittura è metaforica? E mentre si fa tutte queste domande, mentre è tentato di irritarsi – ecco che è già uscito dalla storia.

E noi non vogliamo che esca dalla storia, giusto?

Considerando che il mestiere dello scrittore consiste per metà nel tenere il lettore catturato a colpi di efficacia e vividezza, si vede come “quasi” e compagnia siano una forma sottile di suicidio autoriale.

E sì: sappiamo tutti benissimo che in realtà Piotr Ilic non sente nessunissima trafittura fisica, che è solo un uso metaforico per spiegare l’effetto della risposta sprezzante di Nastja Petrovna, ma perbacco, lo sa anche il lettore! Lasciamo che Piotr senta la sua trafittura, e l’immagine sarà più appuntita. E il lettore si morderà il labbro inferiore in simpatia, invece di farsi domande inopportune.

Perché noi siamo gente pessima, siamo manipolatori, siamo metatorturatori: al lettore non vogliamo descrivere il funzionamento di un oggetto acuminato – vogliamo proprio pungerlo. E lo vuoi anche lui, sapete? Otherwise, perché diamine leggerebbe narrativa?

Quasi Come Scrivereultima modifica: 2014-10-15T08:07:24+02:00da laclarina
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4 Commenti

  • Esiste io credo almeno un’eccezione – se io *voglio*, consapevolmente e studiatamente, trasmettere al lettore un senso di incertezza del personaggio, una incertezza che è funzionale alla storia.
    Ma chiaramente non è di questo genere di cose che stiamo parlando – in condizioni standard, il linguaggio deve essere sempre il più preciso possibile.
    Tranne quando la precisione metterebbe a rischio l’effetto generale.
    (possiamo riuscire ad essere vaghi con estrema precisione? Sarebbe interessante, come esperimento…)

  • Ah well, l’eccezione c’è sempre… È il Quasi usato in gaio abbandono che mi rende infelice.

    Detto ciò, la precisa vaghezza, la vaghezza chirurgica… la cosa è molto attraente. Merita che ci si strologhi su, nevvero?

  • È un argomento interessante, quello della vaghezza precisa…
    Ci ragiono su anch’io.
    (per intanto, vado a rivedere il mio manoscritto corrente, in cerca di vaghezze non abbastanza precise)

  • Ooh… A caccia della Vaghezza Imprecisa!