Nov 5, 2014 - elizabethana, teatro    3 Comments

Zolfo, Incenso, Inchiostro

FaustusSe le teorie fossero rane, questo post sarebbe un girino.

Se non volete batraci per casa, chiamiamolo un rimuginamento per iscritto – a proposito del Doctor Faustus di Marlowe. Ora, vedete, il Faustus era popolarissimissimo. La Compagnia dell’Ammiraglio, il cui primattore Edward Alleyn aveva presumibilmente creato il ruolo, la rappresentò con gran profitto ventiré volte tra il 1594 e il 1597 – il che, considerando le lunghe e ripetute chiusure dei teatri in quel periodo, è una specie di record elisabettiano. Se diamo retta ad E. K. Chambers, le folle londinesi dell’ultimo decennio del Cinquecento erano disposte a spendere per questa storia più che per qualunque altra… D’altra parte, fin dal debutto, Faustus aveva mandato in terrorizzato visibilio il pubblico, con la sua combinazione di evocazioni diaboliche, teoria e scene comiche – conclusa da un finale di potenza sconvolgente. Prima di Marlowe, nessuno si era mai azzardato ad affrontare in questi termini questioni di anime vendute, inferno, paradiso, conoscenza e umanità…

Poi Marlowe fece la fine che sappiamo, e le sue opere gli sopravvissero con successo. Immagino che ne sarebbe stato soddisfatto. E forse si sarebbe divertito se avesse saputo che genere di leggende cominciò a germogliare abbastanza presto attorno al suo Faustus.

Nel 1632 William Prynne raccontò di un diavolo soprannumerario comparso in scena e… puf! – sparito in una nuvola di zolfo non appena gli attori cercarono di capire chi fosse l’intruso. Ora, di Prynne potremmo non preoccuparci nemmeno troppo: era un puritano accanito e ce l’aveva a morte con il teatro – e per di più nella prima metà del Seicento, in ambiente puritano, era assai di moda dipingere a tinte nigerrime il povero Kit e tutto quel che aveva a che fare con lui.

Tuttavia, Prynne non doveva essersi inventato completamente la storia. È probabile che l’avesse raccolta da qualche parte. Ed è vero che tra i capi d’accusa ai danni di Marlowe raccolti dallo spregevole Richard Baines c’era anche l’aver evocato diavoli nel bosco a Cambridge – ma dubito che la cosa fosse terribilmente risaputa. A quanto pare, piuttosto, fin dall’inizio girava la storia secondo cui il Faustus avrebbe contenuto veri incantesimi tratti da un vero grimorio…

Se Prynne aveva fatto succedere la sua apparizione durante una rappresentazione londinese, altre versioni della storia la volevano accaduta in provincia, durante una prova. A fine Seicento, il sempre pittoresco John Aubrey non si accontentava di dare la sua versione dell’incidente, ma ne faceva la causa del ritiro dalle scene di Alleyn. Faustusc

Insomma, la storia girava – e non posso fare a meno di immaginarla che nasce, si sussurra, si ricama, si abbellisce e si gonfia di bocca in bocca tra l’eccitabile pubblico londinese… Si parlava di diavoli per tutto il tempo, giusto? E gli attori vestiti di rosso apparivano e sparivano tra nuvole di fumo colorato, e quel Marlowe non era un bestemmiatore e un ateo?

Eppure (ed ecco che arriva il girino), mi chiedo se non ci fosse anche un altro motivo, più inconsapevole per il sorgere di queste storie… Perché è vero che Faustus, peccatore multiplo, superbo e venditore di anime, finisce esemplarmente punito all’inferno – ma non prima di avere detto e ascoltato una certa quantità di cose piuttosto incendiarie dal punto di vista teologico e religioso. Faustus ritiene la teologia tanto capziosa quanto inutile, vende la sua anima, interroga il diavolo per sapere com’è l’inferno, rifiuta varie possibilità di redenzione e, quando si pente, non trova la minima ombra di misericordia o perdono…

E quindi mi domando se il pubblico elisabettiano non sentisse un che di sulfureo in questa tragedia, e traducesse la percezione in apparizioni diaboliche, magia nera e spaventi vari.

Storie nate in reazione a una storia.

Si direbbe che Marlowe i diavoli li evocasse per davvero: quelli fittizi che il fittizio Faustus convocava in scena – e poi quelli metaforici creati nella mente degli spettatori.

 

 

Zolfo, Incenso, Inchiostroultima modifica: 2014-11-05T08:02:37+01:00da laclarina
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3 Commenti

  • L’idea che ci fossero degli incantesimi veri negli scritti la trovo estremamente divertente.
    E sai che questo girino suona convincente?
    Il Faust deve aver toccato dei tasti a cui le pletee erano molto molto sensibili.
    Nella storia deve esserci qualcosa di molto attraente e in certo senso familiare per chi la ascolta per far scattare la famosa frasetta “In questa storia un fondo di vero deve esserci” ?
    Poi certo moltissime volte chi è alla ricerca di quel “fondo di vero” invece di tirar fuori cose vere tira fuori altre storie, spesso più credibili di quella di partenza , in fondo si cercava qualcosa di plausibile, ma comunque storie.
    Eppoi succede che il passare degli anni sia inclemente con tutto questo baraccone di storie, per cui a me fa davvero ridere l’idea dello zolfo.

    Ma il tuo post mi ha fatto venire in mente anche un’altra cosa.
    Hai notato come oggi il marketing faccia per noi esattamente l’inverso?
    Invece di “un fondo di vero deve esserci” regna sovrano il “tratto da una storia vera”, cioè “certamente c’è del vero”.
    Ma forse la grossa differenza è che nel caso del Faust tentavano di affossarlo perchè un tantino invadente, invece qua da noi tentano di promuovere storie sciatte.
    Comunque il confine labile tra “il vero” e “l’inventato” crea sempre una grandissima reazione che io trovo ogni volta affascinante.

  • Al Bell-Savage Inn, in Ludgate Hill, “while they were prophanely playing the History of Faustus”.
    Poi dicono le recensioni negative… secondo il vecchio puritano, ci furono persino casi di follia fra il pubblico, alla vista dell’orrore innominabile del diavolo teatrante.

    In maniera assolutamente tangenziale, mi domando invece se William Prynne fosse imparentato con il Ludwig Prynn/Prynne traduttore di trattati diabolici – sarebbe una bella ironia.
    Certo è da lui che arriva Hester Prynne di Hawthorne…

  • @Cily: inutile dire che la storia è sfruttatissima in narrativa. 🙂 E, d’altra parte, era fondamentale nell’appeal sul pubblico, essendo la natura umana quella che è. M’immagino la Compagnia dell’Ammiraglio che da un lato esulta per la pubblicità (e magari incoraggia la diffusione della storia), e dall’altro teme conseguenze di natura men che gradevole…

    @Dr.Dee: i casi di follia! Damn, mi ero dimenticata dei casi di follia… E se ci pensi, si sposano bene con il girino: la mitizzazione (prima spontanea e poi propagandistica) della gente che se ne andava attorno ripetendo (e pensando) enormità faustiane.