Nov 28, 2014 - scribblemania, teatro    6 Comments

Su Commissione

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Come fai a scrivere su commissione? Ne parli spesso, quindi penso che ti capiti normalmente. E io non capisco come fai: come riesci a ispirarti per un argomento che ti impone qualcun altro? E se poi il committente vuole dei cambiamenti che a te non vanno? Ma soprattutto, come fai se è un argomento che non ti interessa – o ti fa addirittura schifo?

Potrei cavarmela dicendo che l’ispirazione è sopravvalutata – ma in realtà è una buona domanda. Vediamo un po’.

CommissionSì, è vero: scrivo abbastanza spesso su commissione. Teatro, per lo più, ma anche l’occasionale racconto. Menzionerei anche gli articoli e le prefazioni – ma poi mi si direbbe che non contano… Il che, se vogliamo è un nonnulla bizzarro, perché a nessuno salterebbe in mente di sobbalzare all’idea che scriva articoli su commissione, giusto? Però la narrativa o il teatro… Apparentemente, il problema non è quello di piegare la mia scrittura alle necessità di una commissione. Il problema sorge con… la mia immaginazione?

E a questo punto farò bene a dire che non ho minimamente l’impressione di prostituire la mia immaginazione, la mia scrittura o alcunché d’altro. Ho scritto e scrivo su commissione – e, udite udite, tendo a trovarci gusto.

Si capisce, ci sono commissioni e commissioni. C’è chi arriva con richieste specificissime e non vuole nient’altro – ma di solito non funziona così. Soprattutto a teatro.

Le compagnie si fanno avanti con un’idea generale. Una richiesta. Un’esigenza. Di solito si comincia con qualcosa di vago tipo Acqua, Sonetti, Shakespeare, Anita Garibaldi. Virgilio… E qualche volta è un argomento che vi riempie di vibrante anticipazione, e qualche volta… er, no.

Acqua era parecchio generico. Anita Garibaldi la detesto con passione. Virgilio poco meglio.

E allora che si fa?

Quel che faccio io è una di due cose, a seconda del committente: o mi prendo un po’ di tempo per pensarci, o discuto fin da subito opzioni, possibilità e paletti. In realtà, spesso le due cose si combinano in ordine variabile. E a questo punto, in genere, succede. Succede che l’idea acquisisce un minimo di forma. Succede che capisco quel che voglio fare con l’argomento distante o poco congeniale. Succede che un’idea o due bussano alla porta, si presentano e si accampano per restare.

Perché mi ci sono voluti anni per capirlo, ma non c’è argomento così infelice, così vago, così ostico che non ci si possa trovare qualcosa – qualcosa da scrivere. Un taglio inaspettato. Una luce nuova su qualcosa che mi sta a cuore. Nella peggiore delle ipotesi, l’occasione di riesaminare un’avversione, e qualche volta correggere il tiro… E una volta trovato questo germoglio, non è più solo quel che vuole il committente: è diventato qualcosa chevoglio scrivere io.

Poi è chiaro – non sempre va bene. Ci sono i committenti irragionevoli, ci sono le incompatibilità di vedute, ci sono gli errori che si fanno, ci sono le diverse idee di non-negoziabilità, ci sono le ostinazioni… Il trucco, visto da qui, sembra risiedere in un certo grado di flessibilità, e nello scegliersi i committenti, più che le commissioni.

E alla fin fine, no: scrivere su commissione non è il male. Non è la tomba della creatività o dell’immaginazione. Potrei persino spingermi a dire che alcune delle mie cose migliori le ho scritte su commissione. Se non altro, perché spesso è una sfida. Un’occasione per lavorare fuori dalla propria zona di sicurezza – il genere di stimolo di cui chi scrive ha bisogno anche quando non lo sa.

 

Su Commissioneultima modifica: 2014-11-28T08:06:27+01:00da laclarina
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6 Commenti

  • Per citare un classico, “Nel mio lavoro non chiedo mai il perchè, le domande che faccio riguardano il quando, il dove qualche volta, ma sempre il quanto.”

    😉

  • C’è stato un periodo che mi piaceva moltissimo partecipare ai cconcorsi di scrittura, soprattutto quelli con un tema molto preciso.
    “Ma come ti va di scrivere su qualcosa che ti impongono?”
    Ho sempre pensato che fosse molto l’attrattiva della sfida a spingermi, ma poi ho capito che non è solo questione di sfida.
    Il fatto è che a volte le idee sono troppe e tutte sembrano più o meno buone e vado in confusione.
    Inizio cento cose e non ne finisco nessuna perchè altre idee ancora migliori arrivano.
    Quando scrivi con una traccia, diciamo così, e con una scadenza per dei versi è molto più semplice.
    Almeno per una indisciplinata come me.
    Quindi non mi stupiscono affatto queste tue considerazioni sulla scrittura su commissione.
    E anche io alcune delle cose più carine le ho scritte per i concorsi.
    Ma soprattutto ho “incontrato” anche alcuni personaggi che poi mi è piaciuto riprendere in altre storie.
    Perchè come dici tu, indipendentemente dal tema si riesce sempre a trovare qualcosa che ci stia a cuore o qualcosa che valga la pena di raccontare da un punto di vista un po’ diverso.

  • @Davide: be’, in realtà anche il perché può avere la sua rilevanza, ho scoperto. Ci sono dei perché incompatibili con il mio genere di finale, ad esempio… Una volta, nella mia inesperienza, ho consegnato una cosa di “animali abbandonati” che finiva in maniera non proprio allegerrima, e il committente ha fatto gli occhi a piattino: “Oh… forse avrei fatto meglio a dirle che va letto duranto una serata di raccolta fondi per il canile? La serata s’intitola Una Speranza Per Fido…”
    Quindi magari anche “perchè?” non è una cattiva domanda. 😀

    @Cily: vero, vale anche per concorsi e premi. Scadenze, paletti e stimoli inattesi sono spesso quel che ci vuole. Il fatto è che l’uzzolo di scrivere resta sempre e solo un uzzolo, finché non lo si incanala e dirige.

  • Buffo! Abbiamo affrontato la questione quasi nella stessa settimana! 🙂

    http://www.grandeavvilente.blogspot.it/2014/11/riflessioni-sullo-scrivere-su.html

  • Visto. E con considerazioni simili, anche… 🙂

  • Oh – e tra l’altro, Alessandro, ho provato ripetutamente a commentare, ma non ci sono riuscita: Blogger mi odia…
    E devo dimandare: poeti elisabettiani nell’Antartide?