Gen 15, 2016 - grilloleggente, scrittura, teatro    3 Comments

Nemmeno Una Donna

silhouette-woman-draftingHo ricevuto domande a proposito della nota a questo post, e al docente americano che si stupì perché “non scrivevo personaggi femminili”…

Spiego. C’era questo corso di scrittura teatrale, e l’idea era che facessimo pratica ed esercizio scrivendo un 10-minute-play, ovvero un atto unico in miniatura della durata di dieci minuti è giù di lì. È un genere più diffuso e praticato di quanto noi si possa credere – nel senso che Oltre l’Acqua* queste robine tascabili non sono solo per esercizio, ma arrivano in scena, hanno concorsi dedicati e generalmente riscuotono molto apprezzamento. E non a torto, perché scriverle bene, le robine tascabili, non è per niente facile.

Ad ogni modo, tornando a noi e al corso, venne il momento di sottoporre al docente la prima pagina. Nella mia prima pagina entravano in scena due giornalisti anni Trenta – il direttore di un quotidiano e il suo redattore capo. Ora non starò a dire che la pagina fosse un granché, perché non lo era. Il docente mi fece qualche osservazione sensata – ma quello che lo perplimeva e stupiva più di tutto era che, essendo io una donna, avessi scelto due protagonisti maschili e nemmeno una donna. Silhouette-teacher

Gli chiesi lumi. Trovava forse che i due fossero poco convincenti? Scritti male? Non adatti al contesto? Inefficaci, blandi o che altro? No, fu la risposta, per niente – però erano due uomini, e io una donna.

Feci notare che negli Anni Trenta le direttrici di quotidiani erano pochine – così come le redattrici capo – e mi sentii dire che non era quello il punto. Né costui mi disse, come avrebbe potuto fare con qualche ragione, che oggidì la Protagonista Forte tira moltissimo a teatro come nei romanzi – ma nemmeno questo era il punto. Il punto era, evidentemente, che secondo il mio docente le donne dovrebbero scrivere donne.

silhouette-manE badate bene, non sto facendo del femminismo spicciolo. Mi irriterebbe altrettanto sentir dire (o implicare) che gli uomini devono scrivere uomini. Perché allora, seguendo questa logica, che deve fare il povero scribacchino di fronte a un’ambientazione che gli preclude personaggi del suo stesso sesso? Bryher non avrebbe mai dovuto scrivere The Player’s Boy perché nei teatri elisabettiani non c’erano donne? E Bernanos&Poulenc** avrebbero fatto meglio a lasciare Les Dialogues des Carmelites a delle colleghe? Insomma, se una storia ha/deve avere, richiede/mi pare più adatta ad avere/mi piace di più se ha dei protagonisti maschili, allora non è una storia che dovrei scegliere di scrivere? Che non dovrei voler scrivere? E questo perché non è quel che ci si aspetta, perché ci sono dubbi congeniti sulla mia capacità di scrivere uomini convincenti, perché fa di me una donna stramba?

Come che sia, la trovo un’applicazione molto letterale, molto miope e più che un po’ deprimente del sopravvalutato (e spesso male interpretato) adagio “Scrivi ciò che sai”. E questa, tutto sommato, è ancora la migliore delle ipotesi – perché otherwise si tratta di un discorso terribilmente sessista.

Capite perché quel corso non mi piacque molto?

 

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* Abbiate pazienza, devo ancora smaltire un lieve mood giacobita…

** Presumo che, se vale per gli scrittori di parole, valga anche per quelli di note?

Nemmeno Una Donnaultima modifica: 2016-01-15T12:29:04+01:00da laclarina
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3 Commenti

  • Concordo in pieno sul fatto che si tratti di una perversione dello “scrivi ciò che conosci” – al quale si va sovrapponendo, in questi ultimi tempi, l’orrore dell'”appropriazione culturale” – nel momento in cui io in un mio romanzo ci metto una protagonista cinese (fatto), posso venir tacciato di essermi appropriato di una cultura che non mi appartiene… due in effetti, quella cinese, e quella femminile.
    Si tratta di discorsi sterili e fasulli, ma stanno prendendo molto piede oltre Atlantico, sulla scia del malaugurato “politically correct” – che significa per la maggioranza spazzare i problemi sotto al tappeto anziché lavorare per risolverli.
    Viviamo in tempi interessanti, come dicevano proprio i cinesi (dei quali così mi approprio culturalmente ancora una volta… che malvagio che sono).

  • Non trovi che sia una ulteriore perversione di quella perversione culturale che è il dannatissimo politically correct? Insomma: perché gli uomini non abbiano l’impressione che tu ti appropri della loro identità, siccome sei una donna, sei recintata a scrivere donne… Equivale a dire che una donna non può scrivere uomini, un uomo non può scrivere donne eccetera eccetera. A parte la miopia della faccenda, non sarebbe difficile considerarla discriminatoria, no? 😉

  • Esattamente – significa che io non posso capire te e tu non puoi capire me, e qualunque tentativo in questa direzione è una forma di aggressione.
    È ridicolo.
    D’altra parte, la pura accettazione, significa non solo che io non posso scrivere personaggi diversi da me, ma anche leggendoli, avrei poche possibilità di capirli.
    Alla fine si finisce ciascuno chiuso nella propria stanzatta, solo, a contemplare il proprio ombelico.
    Il che lascia supporre che il tutto l’impianbto ideologico sia stato inventato da professional navel gazers.