Quello Che Vedevano

Osserviamo il mondo e ci domandiamo se stiamo vedendo quello che vedevano i nostri antenati nel passato irraggiungibile. Se i colori siano ancora gli stessi. Se qualcosa, a parte gli alberi, le nuvole e il mare, abbia esattamente lo stesso aspetto di un tempo. Se nulla sia rimasto uguale a com’era un tempo.

CummingE questa era Laura Cumming, in The Vanishing Man – meraviglioso, meraviglioso libro su Velàzquez e su John Snare, il libraio inglese cui, a metà Ottocento, un ritratto del pittore spagnolo scardinò la vita. Lo ripeto un’altra volta: è un libro meraviglioso, splendidamente scritto e pieno di idee e di pezzetti luccicanti come quello qui sopra. Osserviamo il mondo e ci domandiamo…

Non ditemi che non vi è mai capitato. Un paesaggio, un edificio, una stanza, una strada… Con i quadri va relativamente bene. Se sono ben conservati, se sono ancora là dov’erano o se abbiamo un’idea di come fossero esposti, non è difficile guardarli e pensare che li stiamo guardando – vedendo – allo stesso modo. I Caravaggio in San Luigi dei Francesi, per esempio. Sì, d’accordo, noi possiamo accendere la luce con una monetina – ma otherwise siamo come gli osservatori nei secoli passati. Per i paesaggi ci vuole più fortuna e forse più immaginazione. Ho ricordi di una sera a Cortona, e di un albergo la cui terrazza dava sulla valle del Trasimeno. E al tramonto, quando la luce d’oro e un nonnulla di foschia confondevano a sufficienza  i segni e il rumore del XXI secolo, ci si poteva azzardare a pensare che Annibale non avesse visto nulla di troppo diverso. Gli edifici… Confesso che in fatto di edifici l’esercizio mi mette una certa dose di angoscia. Immaginate di essere un antico Romano, di ritrovarvi per un meccanismo qualsiasi nel 2016 – e di vedere quel che resta dei Fori a Roma, di Aquileia, dei templi colossali di Baalbek… Immaginate la desolazione e l’angoscia di non trovare altro che rovine. E dovevano sembrare eterni, i templi. Fatti per resistere intatti ai millenni, per ripetere all’infinito “qui è passata Roma”.

Quindi guardiamo il mondo, ci domandiamo se stiamo vedendo quello che vedevano i nostri antenati – e per lo più la risposta è no. E specularmente ci viene da domandarci che ne sarà, tra un millennio o due – o anche solo tra qualche secolo – di quel che adesso ci Baalbeksembra inscalfibile e definitivo. Dà un certo qual senso d’impermanenza, vero?

E però ci sono le parole.

Le parole ci permettono di sapere che per Omero il mare era color del vino, e che i cani riconoscevano i padroni dopo tanto tempo… E così quando vediamo il mare scurirsi, quando vediamo un cane svegliarsi di botto perché il padrone è in fondo alla strada – ecco, allora sì che stiamo vedendo quel che i nostri antenati vedevano. E d’accordo – non è come se le parole non si sgretolassero, non cambiassero colore, non andassero perdute – ed è sempre possibile che siamo noi a non vedere più con gli stessi occhi. A non guardare. A non capire. Ma le parole, quelle che sopravvivono, offrono sempre una finestra – o quanto meno un ponte attraverso i secoli e i millenni. Poesia, miti, narrativa, trattati, lettere, teatro, memorie, saggi, preghiere, tutto quel che è scritto, tutto quel che sopravvive ci restituisce i paesaggi, gli edifici, i quadri, i posti, le persone… Qualche volta ci lascia vedere quel che era nell’irraggiungibile passato, e qualche volta ce ne fa riconoscere il colore nel mondo che osserviamo.

 

Quello Che Vedevanoultima modifica: 2016-03-04T08:04:31+01:00da laclarina
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2 Commenti

  • Possediamo dei filtri, che sono filtri culturali – tu ed io, guardando la valle del Trasimeno (per dire) vediamo, in prima battuta, due valli diverse.
    Laparte divertente è che trattandosi di filtri cukturali, possiamo condividerli – io posso aiutarti a vedere la mia valle, e tu aiutare me a vedere la tua.
    E in effetti ciascuno di noi, se è fortunato, può alternare o sovrapporre i filtri (su questo potrei anche farci un post, in effetti).
    E i vecchi autori, nel descrivere quelle parti del loro mondo, ci forniscono l’opportunità di filtrare la nostra esperienza attraverso la loro.

    Quanto a ciò che direbbe un antico romano guardando i Fori nel 2016, ovviamente direbbe “You Maniacs! You blew it up! Ah, damn you! God damn you all to hell! “… però in latino 😉

  • “O insani! Id dirupistis! Male sit vobis! Di vos perdant!! ”

    😀 Right, non so quanto sia corretto – son passati vent’anni abbondanti… ma non ho resistito.

    E potrei anche dire che il Pianeta delle Scimmie – soprattutto per quella specifica scena – è stato uno degli incubi fantascientifici della mia infanzia. No, davvero.

    E sì, certo, ciascuno vede a modo proprio – ma la domanda della Cumming era, I believe, se quello che vedeva Velàzquez sia ancora lì da vedere. Alla fin fine, i filtri – con la possibilità di tenere conto di quelli altrui – fanno sì che possiamo “vedere” cose che non ci sono più. Il che mi piace molto.