Mar 7, 2016 - libri, libri e libri    8 Comments

Il Mostro Multicipite

Crowd1La folla è una di quelle cose che supplicano di essere scritte. Trovatemi il romanzo storico che, prima o poi, spesso in qualche momento altamente climatico, non se ne esca con una bella scena di folla in tumulto. D’altra parte, le folle si prestano bene alla bisogna: le folle rumoreggiano, ruggiscono, s’infuriano con facilità, osannano, si fanno trascinare, sbandano sotto la paura, si sollevano, fanno un gran chiasso, festeggiano, assaltano, distruggono, incendiano, portano in trionfo, calpestano, linciano… È come avere un elemento naturale, però senziente (almeno in parte), e con una psicologia tutta sua. Ammettiamolo: una tentazione irresistibile. Per non parlare poi delle battaglie, perché cos’è in definitiva una battaglia, se non folle organizzate in armi che si muovono per nuocersi vicendevolmente?

Ma sorvoliamo su tattica e strategia, per il momento, e concentriamoci piuttosto sulle folle in furia disordinata, i tumulti di piazza, le sollevazioni, i tafferugli.

Francamente, D’Annunzio non è il mio autore preferito, e credo anzi che sia un’eresia grossa se dico che tra i suoi lavori la mia predilezione va alle Novelle della Pescara. In una delle Novelle, La Morte del Duca d’Ofena, la folla assalta il palazzo di un feudatario molto odiato.

“La moltitudine […] irrompeva su per l’ampia salita, urlando e scotendo nell’aria armi ed arnesi, con una tal furia concorde che non pareva un adunamento di singoli uomini ma la coerenta massa d’una qualche cieca materia sospinta da una irresistibile forza. In pochi minuti fu sotto al palazzo, si allungè intorno come un gran serpente di molte spire, e chiuse in un denso cerchio tutto l’edifizio. Taluni dei ribelli portavano alti fasci di canne accesi, come fiaccole, che gittavano su i volti una luce mobile e rossastra, schizzavano faville e schegge ardenti, mettevano un crepitìo sonoro. […] “

Per la gente del palazzo non si mette bene. Il maggiordomo del duca si affaccia al balcone e…

“Un urlo immenso l’accolse. Cinque, dieci, venti fasci di canne ardenti vennero lì sotto a radunarsi. Il chiarore illuminava i volti animati dalla bramosia della strage, l’acciaro degli schioppi, i ferri delle scuri. I portatori di fiaccole avevano tutta la faccia cospersa di farina, per difendersi dalle faville; e tra quel bianco i loro occhi sanguigni brillavano singolarmente. Il fumo nero saliva nell’aria, disperdendosi rapido. Tutte le fiamme si allungavano da una banda, spinte dal vento, sibilanti, come capellature infernali.”

La folla si muove come una forza cieca, come un serpente, e gli occhi luccicanti nelle facce infarinate hanno poco di umano. Tra il duca dissoluto e tirannico e la folla animalesca, l’autore non distribuisce simpatie: registra i colori, le luci, le urla e la paura, e ce li mette davanti agli occhi, vivi e paurosi.Crowd32

Passiamo altrove e in altri tempi: la Milano secentesca di Manzoni, con la folla che assalta la casa del Vicario alle Provvigioni e cerca di abbattere la porta.

“Chi con ciottoli picchiava su’ chiodi della serratura, per isconficcarla; altri, con pali, e scarpelli e martelli, cercavano di lavorar più in regola; altri poi, con pietre, con coltelli spuntati, con chiodi, con bastoni, con l’unghie, non avendo altro, scalcinavano e sgretolavano il muro, e s’ingegnavano di levare i mattoni, e fare una breccia. Quelli che non potevano aiutare, facevan coraggio con gli urli; ma nello stesso tempo, con lo star lì a pigiare, impicciavan di più il lavoro già impicciato dalla gara disordinata dei lavoranti”

Espressivo e pittoresco, assai meno viscerale di D’Annunzio. A Manzoni non importa mostrarci la folla malvagia e pericolosa. Ce la descrive, invece, la analizza, descrivendone gli estremi, i rimestatori e i pacieri, e la massa che si fa manovrare:

“Chi forma poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, è un miscuglio accidentale d’uomini che più o meno, per gradazioni indefinite, tengono dell’uno o dell’altro estremo: un po’ riscaldati, un po’ furbi, un po’ inclinati a una certa giustizia, come l’intendon loro, un po’ vogliosi di vederne qualcheduna grossa, pronti alla ferocia e alla misericordia, a detestare e d adprare, secondo che si presenti l’occasione di provar con pienezza l’uno o l’altro sentimento; avidi ogni momento di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gridare, d’applaudire a qualcheduno o d’urlargli dietro. Viva e moia, son le parole che mandan fuori più volentieri; e chi è riuscito a persuaderli che un tale non meriti d’essere squartato, non ha bisogno di spender più parole per convincerli che sia degno d’esser portato in trionfo”.

Vivido e acuto, ma distaccato, e sempre lievemente ironico, Manzoni è pur sempre il nipote degl’Illuministi.

Crowd33Infine, passiamo la Manica per uno dei due soli romanzi storici di Dickens, il poco noto Barnaby Rudge. Barnaby è un semplice che, nel 1780, si trova suo malgrado coinvolto in una sollevazione anticattolica nelle strade di Londra. Ecco quello che Gashford, uno dei malvagi, vede da una finestra:

“Avevano delle torce accese, e si distinguevano bene i volti dei capi. Che venissero dall’aver distrutto qualche edificio era chiaro, e che si fosse trattato di un luogo di culto cattolico si capiva dalle spoglie che portavano a mo’ di trofei, facilmente riconoscibili per abiti talari e ricchi arredi d’altare in pezzi. Coperti di fuliggine, e sudiciume, e polvere e  calce, con gli abiti a brandelli e i capelli scarmigliati, con le mani e i volti insanguinati per i graffi dei chiodi arrugginiti, Barnaby, Hugh e Dennis venivano per primi, con l’aria di pazzi furiosi. Li seguiva una folla densa e furibonda, di gente che cantava e dava urla trionfanti, e rompeva in liti, e minacciava gli spettatori ai lati della strada, e brandiva gran pezzi di legno, su cui scatenava la sua rabbia come se fossero stati vivi, facendoli a brani e gettandoli per aria, gente ebbra, dimentica delle ferite ricevute nel crollo di mattoni, pietre e travi, che portava a braccia, su una porta divelta, un corpo avvolto in un panno tarlato, forma inerte e spaventosa.  Così turbinava la folla: una visione di facce rozze, macchiata qua e là dalla vampa fumosa di una torcia, un incubo di teste diaboliche e occhi feroci, e bastoni e spranghe levate in aria e roteate, uno spaventoso orrore di cui si vedeva così tanto eppure così poco, che pareva breve e interminabile al tempo stesso, così fitto di visioni spettrali, ciascuna incancellabile dalla mente, e tutte insieme impossibili da cogliere a una sola occhiata – così turbinava la folla, e in un istante passò oltre.”

Dickens fa qualcosa di diverso ancora: parte da una descrizione fisica e dettagliata, in cui si riconoscono persone e oggetti, per poi scioglierla gradualmente in una visione da incubo, immagini confuse e spaventose, di durata e consistenza oniricamente incerte.

Insomma: tre autori, tre libri, tre folle impegnate allo stesso modo, ma molto diverse tra loro e, soprattutto, tre sguardi ben distinti. Non viene voglia di provare?

Il Mostro Multicipiteultima modifica: 2016-03-07T08:08:19+01:00da laclarina
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8 Commenti

  • “Men, it has been well said, think in herds; it will be seen that they go mad in herds, while they only recover their senses slowly, and one by one.”

    … Che sarebbe poi Charles Mackay in “Extraordinary popular delusions and the madness of crowds” (lo trovi un po’ ovunque, online, essendo un libro del 1841).
    E l’idea che la folla sia in fondo solo una bestia irragionevole è all’origine del moderno – e alquanto popolare – “Idiot Plot”.
    Del quale forse abbiamo già parlato.

  • Eh, ma cosa farebbero gli scrittori senza folle che ammattiscono come tali e rinsaviscono testa per testa? Sono pittoresche e incontrollabili, offrono un sacco di problemi e conflitto, sono tanto più grandi del protagonista e – meglio di tutto – nessuno si aspetta che si comportino razionalmente. Che c’è di più perfetto?

  • È proprio il “nessuno si aspetta che si comportino razionalmente” che trovo spaventosamente, ehm, dire “stupido” sarebbe irrispettoso, ma allora diciamo “pericoloso” – ma certo è così popolare che ormai pare ci credano tutti. E qui, per me, sta il problema.
    E lo trovo sinistro, oltreché sciocco, perché la folla insensata e priva di raziocinio ha un altro cliché complementare, che è quello dell’uomo forte al comando, che impone la propria volontà e razionalità al gregge.
    E di solito non bastano le fosse, quando questi personaggi compaiono nella realtà, per seppellire i cadaveri di chi li ha seguiti, e di chi mai si sarebbe sognato di seguirli.
    Sarebbe ora di proporre qualche modello un po’ più sano, anziché continuare a ripetere ai lettori (o al pubblico in genere) che l’umanità è composta da idioti incapaci di lavorare insieme per i propri interessi, e in attesa di un leader.
    E come narratore, trovo l’idiot plot una scappatoia facile e fasulla, olytreché spaventosamente elitaria (“vedete, cari lettori,. che manica di pericolosi deficienti siete senza qualcuno come me che vi guidi?”), adatta a un autore che non è in grado di descrivere qualcosa di un pochino più complesso e razionale.

  • Ah, non saprei.

    Mi sembra che l’umanità, in varie combinazioni, sia perfettamente capace di prodursi in folla dissennata come di lavorare insieme per i propri interessi – senza che una cosa escluda l’altra.

    La Folla Dissennata esiste. Esiste l’istinto del branco – che ti fa leggere il libro che tutti leggono o incendiare Newgate, a seconda delle giornate. Ed esistono i manipolatori di queste cose, no doubt, con ogni genere di scopo e secondo fine.

    A dire il vero non sono nemmeno certa che si tratti di idiot plot e/o pigrizia del narratore. I fittavoli del Duca di Ofena hanno davvero una quantità di soprusi sul gozzo. Il fatto che decidano collettivamente di rimediare facendo fuori il malvagio feudatario e bruciando il palazzo non sarà la più razionale delle idee, ma non mi pare più idiota di Jago che decide di vendicarsi della mancata promozione rovinando Otello, o dei MacBeth che decidono di liberarsi di Re Duncan, o di Edmund che se la prende con il mondo intero… Temo molto che, se individui e folle agissero sempre razionalmente, lavorando insieme per il bene comune e calcolando tutte le conseguenze delle loro azioni, non avremmo granché in fatto di letteratura…

    Dopodiché, se mi dici che la Folla Dissennata come device narrativo è propedeutica alla dittatura… Permetti che levi un sopracciglio?

    Sarà che sono cinica, sarà che la mia opinione dell’umanità è pessima, sarà che quando scrivo proporre modelli sani non è in cima alla lista delle mie intenzioni – ma a me la Folla Dissennata (narrativa) piace. Molto più dei terremoti, delle eruzioni vulcanice e delle catastrofi nucleari.

  • Se parliano di narrativa, il ricorso alla Folla Impazzita è – ormai troppo spesso – una forma di pigrizia da parte del narratore.
    Esistono casi in cui può trattarsi di un espediente narrativo lecito, ma molto spesso è una comoda scorciatoia – esattamente come il terremoto o il vulcano o il far colpire dal fulmine il cattivo in modo che ilcurriculum dell’eroe non sia macchiato dall’omicidio.

    Sull’essere un meme propedeutico alla dittatura – noi siamo le storie che ci raccontiamo.
    Se continuiamo a raccontarci che tutti insieme siamo degli idioti, non ci aspetteremo altro che idiozia. Non veicolerà dittature, ma è abbastanza avvilente per la dignità della nostra specie, come meme.
    Noi non siamo lemming (o non lo eravamo l’ultima volta che ho guardato).
    È un modello che ci dice che millenni di civiltà possono essere annullati da una avversità qualunque, in un attimo, senza eccezione. Cessate le regole, perduta ogni coscienza, ognun per sé e Dio per tutti,e poi, il nulla.
    I beg to differ.
    IAAMOAC.

  • A meno che, naturalmente, tu non sottoscriva l’ipotesi secondo la quale…
    “Barbarism is the natural state of mankind. Civilization is unnatural. It is a whim of circumstance. And barbarism must always ultimately triumph.”
    Il che sarebbe interessante 😉

  • Mi sembri terribilmente drastico in proposito…

    Non è che tutti insieme siamo necessariamente degli idioti – ma tutti insieme possiamo essere irrazionali e pericolosi. Tutti insieme e individualmente – solo che tutti insieme possiamo fare più danni.

    Non siamo lemming – vero. Ma vuoi negare che le dinamiche di gruppo possano condurre gli individui in direzioni non necessariamente edificanti? O che millenni di civiltà possano essere… non tanto cancellati, quanto offuscati momentaneamente in certe circostanze?

    Perché l’irrazionalità della folla è più avvilente dell’irrazionalità dell’individuo? Perché l’assalto di Newgate dev’essere una scelta narrativa più idiota, più pigra, meno sana e più dannosa di Fagin che insegna ai fanciulli a borseggiare i passanti?

    Non vedo – o almeno non vedo in quel che leggo – tutta questa cosmica irreparabilità nella Folla Dissennata. Non capitano spesso le trame in cui le Folle Dissennate siano l’Inizio della Fine. E nemmeno in quel che scrivo: believe it or not, non credo nell’Ineluttabile Trionfo della Barbarie. 😉 Ma non vedo nemmeno l’equivalenza automatica e immediata tra la FD e l’ITdB…

  • Stiamo certamente parlando di narrative differenti – ci occupiamo di tipi di storie diverse, e diciamo che nel mio ramo il crollo della civiltà è probabilmente più praticato, e cercato anzi attivamente, e la folla impazzita è un espediente narrativo più diffuso che altrove. È quindi probabile che io ne senta l’ivadenza e l’abuso in maniera maggiore, da cui le mie posizioni… ehm, drastiche.
    Sul fatto che le dinamiche di gruppo possano condurre gli individui in direzioni non edificanti, è indubbio – ma è anche vero il contrario, e qui si finisce con il discutere se gli esseri umani siano inerentemente buoni o cattivi. E lì, come disse quel tale, dipende poi dalle rispettive posizioni politiche.
    Mi interessa molto di più, a dire il vero, l’occasionale offuscamento della civiltà – che è certamente possibile… ma ciò che io sostengo è che non sia un dato ineluttabile, e ritengo che alla fine – se restiamo nell’ambito della narrativa – sia possibile mostrare lo stesso evento anche in una luce diversa.
    E lì è forse il punto più interessante – quale luce si sceglie, e perché.
    È solo una ricerca dell’effetto (“a cast of thousands!”, come nei film di De Mille), o si vogliono far passare altre idee? E che idee sono?