La Fine Del Mondo Come Lo Conosciamo

Kynaston.jpgThe Compleat Female Stage Beauty, di Jeffrey Hatcher, è un’intensa commedia che esplora questioni di identità e sessualità, persona e personaggio, teatro e realtà, arte e bellezza attraverso la vicenda (peraltro reale) di Ned Kynaston, l’ultimo grande interprete di personaggi femminili nella Londra del secondo Seicento*. Addestrato fin da bambino a coltivare in se stesso una femminilità artificiale, Ned ha qualche comprensibile incertezza riguardo alla sua identità, che si traduce in una perenne insicurezza artistica a dispetto dell’enorme successo. Se aggiungiamo il fatto che il suo amante, il Duca di Buckingham, non solo non è per niente d’aiuto, ma è anche in procinto di sposarsi, potremmo credere di avere già conflitto in abbondanza, ma Hatcher ha fatto qualcosa di meglio. In fondo, avrebbe potuto esplorare tutti i temi connessi a questa storia con un altro protagonista: il fatto che non tutti gli attori bambini, crescendo, riuscissero a passare con successo dai ruoli femminili a quelli maschili dovrebbe bastare a rendere notevoli i pochi che ci riuscivano, per esempio Nathan Field… Invece Hatcher ha scelto Kynaston per un motivo preciso: nei primi Anni Sessanta del Seicento cadde la secolare proibizione per le donne di recitare in pubblico, e i ruoli femminili vennero tolti ai cosiddetti boy players. In realtà la cosa non accadde dal giorno alla notte, e si sa che Kynaston, poco più che ventenne all’epoca, recitava già ruoli tanto maschili quanto femminili. Dopo l’avvento delle attrici, continuò per la sua strada per un’altra quarantina d’anni. Hatcher rende tutto più teatrale: Carlo II rivoluziona il teatro con un singolo editto, ammettendo le donne sul palcoscenico e proibendo tassativamente agli uomini di interpretare ruoli maschili. Non è storicamente vero, ma funziona. A rendere interessante la faccenda per il lettore/spettatore è il fatto che Ned si ritrovi improvvisamente disoccupato, umiliato. Il suo mondo, il mondo teatrale in cui è cresciuto e diventato una stella, non esiste più e lui non sa adattarsi al cambiamento – ed ecco che tutti i nodi interiori vengono al pettine. Adesso sì che la posta in gioco è alta. Se la caverà il nostro giovanotto? A che cosa dovrà rinunciare, che cosa dovrà imparare per recuperare il favore del re e del pubblico? Scarlett.jpg

È, se ci pensate, lo stesso meccanismo di Via Col Vento: Rossella ha il suo conflitto personale nel fatto che tutti la corteggiano tranne l’uomo che lei vuole, l’affascinante idiota che sta per sposare un’altra – nonché un conflitto interiore nel divario tra una vernice di buone maniere (povera Mamy!) e una natura selvaggiamente acquisitiva. Interessante? Sssssì, ma… perché non infilare questa ragazza nel bel mezzo di una guerra civile che distrugge l’amatissimo mondo della nostra eroina? Rossella non perde di vista i suoi rovelli amorosi, ma deve farlo mentre tutto ciò che conosce e ama le crolla attorno. Deve rimboccarsi le maniche, sopravvivere, raccogliere i cocci. E, cosa molto rilevante, impiegherà molte, molte pagine a imparare che quel che è perduto non si può avere indietro, per quanto ci si sforzi. In fondo è per questo che a tutti piace Rossella: è egoista, arrogante, manipolatrice, superficiale, ma così umana nella sua lotta contro un nemico molto più grande di lei!

kapuzinergruft.jpgE lo stesso vale per Franz Trotta de La Cripta dei Cappuccini. C’interesserebbe davvero la sua vicenda di buono a nulla in vaga e tortuosa ricerca di se stesso, con il suo matrimonio fallito, le sue tiepide esperienze di guerra e i suoi interminabili pomeriggi nei caffè viennesi, se non fosse per quel che gli capita attorno? Ma Franz è un membro della generazione perduta, uno di quegli uomini che rimpiangono di non essere morti in guerra, aggrappati al relitto di un impero che crolla, alle ombre di un mondo destinato a non tornare mai più. E allora la sua vicenda assume una luce di tragedia e di desolazione insieme, con quel finale che strappa il cuore e l’ultimo Gott erhalte! gridato nel buio della notte viennese.

Quindi, per ricapitolare: il conflitto personale e/o il conflitto interiore vanno benissimo, ma piazziamo il nostro protagonista in un punto di rottura irreversibile, diamogli una fine del mondo, condanniamolo a una perdita irrecuperabile. La sua storia guadagnerà treni merci interi di profondità e complessità.

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* Ne hanno tratto un film, Stage Beauty, con Billy Crudup, Claire Danes e Rupert Everett. A suo tempo era stato pubblicizzato come “il nuovo Shakespeare in love”, uno di quei casi in cui il marketing rende un cattivo servizio, perché SB is anything but e merita attenzione di per sé.

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La Fine Del Mondo Come Lo Conosciamoultima modifica: 2017-10-06T10:25:16+02:00da laclarina
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2 Commenti

  • E’ un ottimo spunto di riflessione per tutti gli scrittori o aspiranti tali!

    • E per la verità, non serve nemmeno che sia il mondo in generale a cambiare: i teatri inglesi chiaramente non sono gli Stati Uniti né l’Europa… quel che importa è che sia il mondo del protagonista a franargli irreparabilmente sotto i piedi.

      Che gente di buon cuore sono gli scrittori, eh? 😉