Provvidenza 2, Peste 0

PSvotoParlavasi di romanzi storici… oh, right: da queste parti ne parliamo spesso – ma, di recente, se ne parlava qui. E, nei commenti, con B. si strologava sui Promessi Sposi – che piacciono a entrambe, ma a B. più che a me. E mugugnavo, come di consueto, per la conversione dell’Innominato, per Santa Lucia Perfettissima Mondella, per il Cardinale Borromeo – e per l’onnipresente Provvidenza&Carità…

Tutto vero, ha risposto B. – ma soprattutto:

per me la cosa più inaccettabile ed inverosimile resta la sopravvivenza alla peste dei nostri. Considerando come l’epidemia falcidiò la popolazione europea, lo trovo assai improbabile…

A ben pensarci, da un punto di vista medico e statistico, B. ha tutte le ragioni: proprio loro due devono sopravvivere separatamente e poi ritrovarsi giusto in tempo per la pioggia salvifico-batttesimale? Improbabilino anzichenò – e tuttavia…

Non ricordo se abbiamo già parlato della Hermiston Theory di Stevenson… forse un accenno a proposito del Capitan Fracassa? Ad ogni modo, a proposito del suo incompiuto Weir of Hermiston, Stevenson sosteneva che, per andare a finir male, una storia deve cominciare a finir male dalla prima pagina.

rlsNon perché le sciagura debbano cominciare a capitare a pagina 1 – ma perché, nel raggiungere la fatidica paroletta di quattro lettere, il lettore deve scuotere malinconicamente il capo e dirsi che sì, in realtà non poteva finire diversamente… C’è dunque una specie di forza di gravità, nelle storie, che inizia presto a rotolare a valle, verso un certo tipo di finale?

L’editore Charpentier e la moglie di Theophile Gautier sostenevano di sì: come poteva un libro scintillante e gaio come Le Capitaine Fracasse finire con un desolato suicidio nella cripta di famiglia? Era orribile, sosteneva Mamade Grisi. Avrebbe sconcertato i lettori, diceva Charpentier. Stevenson non era ancora nato, all’epoca, ma di lì a qualche decennio l’avrebbe pensata allo stesso modo.

Come poi questo dovesse applicarsi a Hermiston non è chiaro, perché il romanzo è rimasto incompiuto… Il protagonista Archie Weir, malinconico sognatore d’animo gentile, sembra appartenere alla schiera di coloro che non sono equipaggiati per prosperare… Se dovessi dire come inizia a finire questo libro, direi: maluccio. Roderick Hudson

Quella gente come Lord Jim, come James Sands, come Daisy Miller e Roderick Hudson*, come Enjolras e compagnia, come Johnny Nolan: li incontriamo e, senza nemmeno accorgercene, cominciamo subito a farci un’idea. Qualche capitolo, e ne siamo certi: non può finir bene. Doomed people. Mi viene in mente la volta in cui, qualche decennio fa, leggendo il primo capitolo della prima stesura di un mio romanzo, un amico arrivò al punto in cui entrava in scena uno dei protagonisti e, dopo una riga di descrizione, profetizzò: “Hm. Questo qui muore giovane.” Ed essendo una fanciulla ingenua e acerba, spalancai gli occhi in tutta sorpresa – perché era assolutamente vero…

Ma d’altra parte, non è soltanto questione del personaggio: è la storia nel suo complesso, è l’atmosfera, sono le idee su cui la storia è costruita. Poteva Sigognac, dopo varie centinaia di pagine di scanzonate avventure, lasciarsi morire tra le tombe degli antenati? Poteva Lord Jim, dopo aver dato tante disastrose prove di non saper venire a patti con la realtà, invecchiare felice insieme a Jewel? Ed ecco allora che torniamo ai Promessi Sposi: poteva Manzoni, dopo averci assicurato ad nauseam, che la Provvidenza bada alle sue pecorelle, lasciar morire di peste Renzo o Lucia – o entrambi?

PSFinePoi va detto che in tutto ciò c’è probabilmente una vasta quantità di senno di poi, e che un lettore smaliziato sa riconoscere i segni molto presto, e che non è sempre stato così – e che, stando ai famigliari, Stevenson aveva in mente un lieto fine per Archie e Christina…**

Ma a quest’ultimo particolare non so se credere. Può lo scrittore che teorizzava il finale triste da pag. 1 aver pensato di far prosperare Archie Weir? Ne sarei un pochino delusa – allo stesso modo in cui, pur sopportandola pochino, sarei molto sconcertata di veder morire di peste Lucia Perfettella.

Voi che ne dite, o Lettori? Ci sono storie che secondo voi non potrebbero finire altrimenti? E storie che invece dovrebbero?

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* Isabel Archer, on the other hand…

** Mi par di ricordare che a qualche punto la BBC ne abbia tratto uno sceneggiato. Sarei curiosa di sapere come finisce.

Provvidenza 2, Peste 0ultima modifica: 2018-01-24T11:52:46+01:00da laclarina
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2 Commenti

  • Visto che sono già coinvolta spero di non annoiare nessuno se proseguo nell’interessante discussione.
    Mi scuso in anticipo con Chiara perchè tirerò in ballo un libro da…milioni copie… ben sapendo ( leggendo il blog), che non è il genere di romanzi che lei predilige. Inoltre non è neppure un romanzo storico.
    Dalla mia posso addure, a parziale giustificazione, che questo libro mi è stato regalato e non sia mai che un romanzo rimanga a prender polvere in libreria senza esser letto! Poi l’ho letto dopo quasi vent’anni dalla sua prima pubblicazione, quindi…sono innocente.
    Mi riferisco a L’uomo che sussurrava ai cavalli . La morte di Tom è per me un epilogo davvero inaccettabile. Non rispetta nè le premesse nè le promesse. Tutti ci aspettiamo che sbocci una duratura e felice storia d’amore con Annie, non certo che Tom venga schiacciato dagli zoccoli di Pilgrim. E’ tamente inaccettabile che lo stesso Robert Redford, accetta il ruolo nel film solo a patto che si stravolga il finale, con la complicità di regista e sceneggiatore… Stendiamo un velo pietoso su ciò che penso di un film che, tratto da un romanzo, non rispetti la trama originaria! E’ ancora peggio di un finale deludente. Ma ci stiamo spostando troppo dall’argomento in oggetto.
    Tornando a I Promessi Sposi, non solo la sopravvivenza alla peste di Renzo e di Lucia è improbabile, ma soprattutto la sopravvivenza di quasi tutti i buoni e la morte di molti dei cattivi… Insomma, questa peste così selettiva nel salvare alcuni e punire altri è epidemiologicante comica. Anche in Mondo senza fine di Ken Follet la sopravvivenza di Caris alla peste è inverosimile. Madre Caris si occupa personalmente, come infermiera, di tutti i malati di peste ospitati all’ospedale del convento, con il solo riparo di una pezzuola di lino su naso e bocca. Ed esce indenne da una pestilenza così tremendamente contagiosa che dura parecchi mesi.
    Però ad un bel romanzo si perdona anche questo. E’ come la pizza verace napoletana che cuoce a quattrocento gradi per un minuto e mezzo. A volte il cornicione esce un po’ bruciacchiato, ma è talmente buono il resto che.. va bene così.

    • Non avendo letto L’UcSaC (e non scusarti – succede! ;-)) non so pronunciarmi su promesse e promesse – ma ho piena fiducia nella tua capacità di giudizio: sembra proprio un po’ un caso di quel che Gautier voleva fare al povero Signognac: una tragedia ingiustificata appiccicata alla fine di un libro che andava in tutt’altra direzione? E difatti i lettori sobbalzano – e non nella maniera in cui uno scrittore si augura di farli sobbalzare. La brusca virata nella sceneggiatura è, in effetti, molto significativa. Poi non lo so… È Nicholas Sparks, vero? Come vanno a finire, in media, i suoi libri? Ha un affezionato pubblico di lettrici addestrate a procurarsi i kleenex quando arrivano al penultimo capitolo? Magari il finale era già programmato e la storia è sfuggita di mano all’autore molto prima del finale… Non saprei.

      Quanto ai buoni vivi e i cattivi morti… è un effetto collaterale di Provvidenza&Carità: il buon Dio provvede alle sue pecorelle, i buoni sono premiati, i malvagi sono puniti… Lo strumento non è precisissimo at large, è chiaro – ma lo è quando si tratta dei protagonisti, perché altrimenti il tema del romanzo ne uscirebbe compromesso. Più o meno è la stessa partita – solo che stavolta finisce Messaggio 15 – Epidemiologia 1…