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Lug 8, 2016 - anglomaniac, posti    2 Comments

Visit Britain by Train

TrainEEssendosi estate e il fine settimana incipiente e tutto quanto, magari siete in vacanza, o Lettori… *

E se invece non ci siete affatto, ecco uno di quei post vacanzieri in esplorazione di viaggi vicari e meraviglie della Rete. Questa volta è una faccenda di treni in Inghilterra. Prima una piccola reminiscenza: se qualcuno di voi ha studiato e/o vissuto a Pavia, chances are che sia andato almeno una volta a prendere il gelato o la cioccolata calda con lo zabaione da Cesare. Per i non Pavesi né pavesizzati, Cesare è una latteria cum gelateria in Corso Garibaldi,  che fa queste cose peccaminosamente buone… Ai miei tempi, se ci si voleva sedere per bagolare bevendo la cioccolata calda, c’era questa saletta con i tavolini e i poster ferroviari alle pareti.

Ah, bei tempi. È ancora così? Chissà… Non  vado a Pavia da secoli. O Pavesi, ditemi: è ancora così? trainD

Ad ogni modo, nostalgie a parte, i poster ferroviari inglesi sono una delizia di un genere tutto suo. Illustrati per essere attraenti, con i colori irreali e nostalgici di un toy theatre, promettono destinazioni idilliache: spiagge spensierate, campagna perfetta, castelli, cattedrali, paesetti e città incantate, treni che volano su viadotti audacissimi e reminiscenze storico-letterarie**…

Basta cercare “vintage British railway posters” su Google per tuffarsi a visitare questa Gran Bretagna che non solo non c’è più – ma forse non c’è mai stata – a bordo di treni dai nomi romantici come the Night Scotsman, The Queen of Scots o The Cornish Riviera Express.

Train1Qui invece ne trovate una buona raccolta suddivisa per contea.

Buon viaggio immaginario su e giù per l’Isoletta.

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* Io no. Debutto in arrivo per qualcosa di cui parleremo e, di conseguenza, proveproveprove.

** Forse il mio preferito è “Breezy Kent Coast – Caesar’s Choice!”

Qualsiasi

Giu 1, 2016 - anglomaniac, romanzo storico, Storia&storie, teatro    Commenti disabilitati su History Plays – Romanzi Storici a Teatro

History Plays – Romanzi Storici a Teatro

Wolf_Hall_coverOh dolce Inghilterra, isoletta felice, dove i campi sono circondati da siepi di biancospino, il teatro è una religione, e i romanzi storici si adattano per il palcoscenico!

Sì – è una giornata così, abbiate pazienza. Ma il fatto è che è tutto vero: le siepi di biancospino, e il teatro e, soprattutto, i romanzi storici.

“E tu di che ti lamenti, o Clarina? Non hai portato in scena il Somnium Hannibalis, tu?”

Vero – ed è stato bellissimo. Ma è stato per una serie di casi, per un progetto scolastico, e quante volte succede? Quanti romanzi storici arrivano sul palcoscenico alle nostre latitudini? Ben pochi, per non dir quasi nessuno.

Sull’Isoletta è diverso. Cominciamo col dire che portare a teatro i romanzi in generale è una vecchia abitudine. Per dire, tanto il niente affatto storico Jane Eyre quanto lo storico Le Due Città furono adattati numerose volte, cominciando quando i rispettivi autori erano ancora abbondantemente in vita – ma allora era l’equivalente dell’adattamento cinematografico. La cosa bella è che l’arrivo del cinema non cambiò poi troppo le cose, perché il teatro in Inghilterra è davvero una religione, e agli Inglesi piace vedere le storie a teatro, indipendentemente dal cinema. Wolf Hall

Quindi sul palcoscenico arrivano cose di grande successo, come Wolf Hall di Hilary Mantel, insieme al seguito Bring Up The Bodies. Questa favolosa, complessa storia early Tudor incentrata sul ministro enriciano Thomas Cromwell (antenato di quell’altro Cromwell), ha vinto tutto quel che si poteva vincere, il Man Booker Prize e il Walter Scott tra gli altri – e nel 2013 Mike Poulton l’ha adattata per la Royal Shakespeare Company. E il fatto è che era già stata annunciata una miniserie della BBC, con Mark Rylance nel ruolo del protagonista – ma a nessuno è passato per la testa che questo dovesse essere un deterrente all’idea di un adattamento teatrale.

13206633E però, badate bene, in scena non ci arrivano soltanto best-seller di vastissima presa. Di Ros Barber e del suo The Marlowe Papers avevamo parlato tempo fa: romanzo in versi sciolti, una delle migliori variazioni che abbia mai letto sulla teoria marloviana del vero autore – e a me la teoria marloviana non piace granché, ma questo è talmente ben fatto da piacermi molto nonostante la premessa. Anche TMP ha vinto un certo numero di premi, ma stiamo parlando di un romanzo in versi incentrato su una teoria più che un po’ bislacca… Non c’è paragone con i numeri di Wolf Hall, e le probabilità di arrivare in televisione o – men che meno – al cinema, sono pressoché inesistenti. E però anche TMP è arrivato in scena. Una piccola compagnia indipendente ha lavorato con l’autrice all’adattamento, un atto unico/monologo, con un attore solo in scena e musica period dal vivo. Questa non è una produzione sontuosa come quella della RSC, Catturaè chiaro – ma la qualità è ugualmente altissima, e il play sta riscuotendo molto successo. Adesso è a Brighton, e poi girerà – e chissà che in autunno non si riesca a pescarlo a Londra…

Perché Laggiù i romanzi storici si leggono, si adattano, si portano in scena, e si vanno a vedere con entusiasmo – in grande o in piccolo. Capite perché dico che è un’Isoletta felice?

Feb 12, 2016 - anglomaniac, Arte Varia, elizabethana, Storia&storie    Commenti disabilitati su Vite Immaginate

Vite Immaginate

UnknownVi ricordate uno sketch di tanti anni fa, in cui si vedeva un Raimondo Vianello in costume rinascimentale che posava per un ritratto, mentre Sandra Mondaini si lamentava della spesa folle di avere ingaggiato un pittore maiuscolo e costoso come Tiziano? O forse era Leonardo – devono essere passati trenta o trentacinque anni, per cui non mi sentirei di giurare sui particolari. Ad ogni modo, il marito protestava che si trattava di denaro ben speso – in immortalità, e la moglie era molto acida in proposito. Fade to un museo moderno, con un gruppo di visitatori in contemplazione del ritratto. “Leonardo da Vinci/Tiziano,” annunciava la guida. “Ritratto d’ignoto.” Ulteriori – seppure incorporei – brontolamenti della moglie, buio, risate.

Solo che io, essendo quel che sono fin da bambina, lo trovavo triste. L’idea del ritratto sopravvissuto senza nome e senza identità, del committente defraudato della sua fetta di immortalità, mi metteva malinconia… E a dirla tutta, qualche forma di questa malinconia mi coglie sempre di fronte ai Ritratti d’Ignoti nei musei e nei libri d’arte. Di solito rimedio cercando d’immaginare chi, cosa, dove e come – il che, a parte tutto il resto, è sempre un buon esercizio e/o un bel gioco.

Ad ogni modo, da decenni non avevo più pensato all sketch di cui vi dicevo – fino ai primi di dicembre, quando ho scoperto l’esistenza di Imagined Lives, Portraits of Unknown People, un piccolo libro pubblicato dalla National Portrait Gallery nel 2011. Credo di avervi già detto molte volte come la NPG sia uno dei miei musei prediletti – e adesso lo è ancora di più, considerando che ha preso una manciata di ritratti d’ignoti e poi ha commissionato a otto romanzieri dei bozzetti biografici per gli ignoti soggetti. ImaginedLives

John Banville, Tracy Chevalier, Julian Fellowes, Alexander McCall Smith, Terry Pratchett, Sarah Singleton, Joanna Trollope e Minette Walters hanno messo insieme un’incantevole collezione di piccole biografie, lettere, narrazioni in prima persona e lemmi d’enciclopedia in una varietà di voci e stili. Sono piccole cose, nemmeno racconti veri e propri – ma sono incantevoli. E il librino aggiunge delle bellissime riproduzioni dei ritratti, per intero e per dettagli, più informazioni sui singoli quadri e un saggio di Tranya Cooper, curatrice della Portrait Gallery, su come l’identità del soggetto di un ritratto possa andare perduta, malinterpretata e, in qualche caso, recuperata.

È, lo ripeto per l’ennesima volta, tutto un po’ malinconico – perché queste persone, o coloro che hanno commissionato i loro ritratti, credevano di ipotecare una fettina di immortalità, e invece guardate com’è andata a finire. Ritratto d’ignoto. Nobildonna ignota. Musicista… Ma è di gradevolissima (e rapida) lettura, è bello a  vedersi, dà da pensare e accende storie a sciami.

E se a questo punto siete incuriositi, lo trovate qui.

 

Gen 6, 2016 - anglomaniac, musica, Natale    Commenti disabilitati su Noi Siam Tre Re d’Oriente

Noi Siam Tre Re d’Oriente

3.kings(1)Ed eccoci qua.

Ci risiamo: ieri sera era la Dodicesima Notte, e oggi è l’Epifania. Fino a oggi possiamo far finta che si ancora dicembre, ma domani… eh.

E allora, a titolo di congedo, ecco un’ultima carola prima di chiudere le Natalizietà per quest’anno. Epifania, Re Magi, King’s College di Cambridge…

In realtà la carola in questione è americana e ottocentesca: parole e musica del Reverendo Hopkins, anno 1857:

We three kings of Orient are
Bearing gifts we traverse afar
Field and fountain, moor and mountain
Following yonder* star

O Star of wonder, star of night
Star with royal beauty bright
Westward leading, still proceeding
Guide us to thy Perfect Light

Born a King on Bethlehem’s plain
Gold I bring to crown Him again
King forever, ceasing never
Over us all to reign

Frankincense to offer have I
Incense owns a Deity nigh
Prayer and praising, all men raising
Worship Him, God most high

Myrrh is mine, its bitter perfume
Breathes of life of gathering gloom
Sorrowing, sighing, bleeding, dying
Sealed in the stone-cold tomb

Glorious now behold Him arise
King and God and Sacrifice
Alleluia, Alleluia
Earth to heav’n replies

O Star of wonder, star of night
Star with royal beauty bright
Westward leading, still proceeding
Guide us to Thy perfect light

E da venerdì, archiviati Senso di Sipario, lucette e carole, si torna alla normalità. Felice Epifania, o Lettori.

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* Ciao, M.!

Nov 6, 2015 - anglomaniac, Storia&storie, tradizioni    Commenti disabilitati su Fuoco Alle Polveri

Fuoco Alle Polveri

Poco più di quattrocento anni orsono, come ieri, per la precisione attorno a mezzanotte, una pattuglia di guardie era impegnata a perlustrare i sotterranei della Camera dei Lord, a Westminster.

C’era una lettera anonima che parlava di cospirazioni, di cattolici, di gesuiti… E Giacomo VI e I, figlio di una regina cattolica decollata e re protestante di un’Inghilterra inquieta, non era tipo da prendere alla leggera una cosa del genere.

gunpowder plot, guy fawkes, bonfire night, v for vendetta, alan moore, john miltonE si direbbe che non avesse tutti i torti, perché nei sotterranei i soldati trovarono un uomo a guardia di trentasei barili di polvere da sparo.

L’uomo era Guy Fawkes, un ex soldato cattolico, cospiratore e aspirante regicida, e i trentasei barili erano tutt’altro che uno scherzo. Se Fawkes li avesse fatti esplodere, l’intero palazzo sarebbe crollato, seppellendo tutti al suo interno…

Fawkes fu comprensibilmente arrestato, e i suoi compagni tentarono di fuggire, ma non andarono lontano. Ci fu una battaglia vera e propria tra soldati e mancati regicidi, e alla fine solo in sette sopravvissero per raggiungere Fawkes davanti a una corte e poi sul patibolo. Impiccati e squartati.

C’era mancato proprio poco e, nello spirito degli scampati pericoli, il 5 di novembre divenne un giorno di celebrazioni, scampanamenti, gratitudine, sollievo e… fuochi.

Per diversi secoli gli Inglesi – at Home e nelle colonie – hanno commemorato con falò e fuochi d’artificio il fallito regicidio, e bruciato pupazzi con le fattezze di Guy Fawkes cantando ditties di questo genere:

Don’t you Remember,gunpowder plot, guy fawkes, bonfire night, v for vendetta, alan moore, john milton
The Fifth of November,
‘Twas Gunpowder Treason Day,
I let off my gun,
And made’em all run.
And Stole all their Bonfire away.

Poi negli ultimi decenni la tradizione ha cominciato a declinare, scoraggiata più o meno attivamente da una generale scarsa simpatia per i falò incontrollati, i roghi in effigie, l’esuberanza pirotecnica nelle strade, le risse e il sentimento anticattolico – tutto assai poco politically correct. D’altra parte, già da parecchio tempo i due ultimi elementi non erano più necessariamente connessi: certuni Isolani mi raccontavano di faide falò/falò, con furti di legna*, inseguimenti e dispetti vari, che duravano attraverso le decadi…

Per cui dubito alquanto che, di questi tempi, i fuochi d’artificio della Bonfire Night esplodano in uno spirito terribilmente anticattolico – tanto più che in letteratura e nella cultura popolare c’è tutto in filone di simpatia nei confronti di Guy Fawkes.

Si parte da un Milton diciassettenne, si passa per il romanziere vittoriano William Harrison Ainsworth, per i teatrini di carta di Pollock e per un certo numero di Penny Dreadfuls, e si finisce con l’arrivare ad Alan Moore e al suo V – e sempre Fawkes appare come una brava persona, un interessante ribelle, un eroe d’azione, un esempio di lotta al regime…

Per cui, se intendete far saltare in aria un parlamento (con o senza sovrano in dotazione), non state a preoccuparvi troppo della vostra fama postuma. Che abbiate successo o meno, non è del tutto improbabile che, col passare dei secoli, vi ritroviate un certo numero di simpatizzatori, romanzi, film, teatrini di carta, gente che indossa la vostra maschera nelle strade e, nel mondo anglosassone, persino una Gunpowder Plot Society

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* E non c’entra la berserker fury che secondo Carlyle era tipica dell’animo britannico. Queste cose succedono dalle mie parti con i falò della Vecchia attorno all’Epifania. Lo spettacolo di sonnacchiosi villaggi rivali che si rubano, sabotano e incendiano preventivamente le pire nella più vikinga delle maniere non manca mai di sconcertarmi un pochino…

La Vendetta di Lady Caroline

E con questo titolo da romanzo gotico, in realtà, rispondo alla mail di F., che mi chiede lumi su Lady Caroline Lamb, citata un paio di post orsono.

CaroLambLady Caro era una bellezza celebre, ben nata e maritata ancor meglio, colta e brillante – di quel genere di brillantezza che a volte non lascia presagire troppo bene. Per Byron, conoscerla e cominciare a corteggiarla fu tutt’uno, ma lei dapprincipio non ne voleva sapere. Lo trovava mad, bad and dangerous to know. Poi Byron non era tipo da arrendersi, e traboccava di fascino, e forse Caro non diceva del tutto sul serio. Fatto sta che nel 1812, per qualche mese, i due condussero un appassionato affair in quel genere di discrezione secondo cui tutti sapevano, tutti sussurravano e nessuno diceva ad alta voce. La faccenda finì per ennui di Byron – ma stavolta fu Caro a non accettare no come risposta. Raccolta e consolata dal marito nella quiete dell’Irlanda, la signora cominciò una campagna di ur-stalking. A parte le prevedibili lettere di suppliche, insulti e minacce, a parte i tentativi di introdursi in casa di lui, a parte i messaggi recapitati nei modi più improbabili, Caro rivelò un talento persecutorio fuori dal comune. Essendo perfettamente in grado di falsificare stile e grafia di Byron, riuscì a pubblicare delle poesie sotto suo nome e a farsi mandare da amici comuni un ritratto in miniatura… E se siete tentati di dispiacervi per Byron, potete farne a meno, visto che lui replicò colpo su colpo senza particolari esitazioni. Era il genere di gioco cui si gioca in due, e anche lui sapeva imitare – se non la grafia – lo stile di Caro.

E a volte non ne sentiva nemmeno il bisogno: a un “Remember me!” che lei riuscì in qualche modo a scarabocchiare su un libro che gli apparteneva, il nostro poeta rispose con questa amabile sestina:

Remember thee! Remember thee!
Till Lethe quench life’s burning stream
Remorse and shame shall cling to thee,
And haunt thee like a feverish dream!
Remember thee! Ay, doubt it not.
Thy husband too shall think of thee!
By neither shalt thou be forgot,
Thou false to him, thou fiend to me!Glenarvon

E intanto i mesi e gli anni passavano, e la faccenda diventava sempre meno privata, e la buona società mormorava, e i due si scambiavano colpi bassi con ossessiva ferocia… finché, nel 1816, Caro pubblicò – e qui arriviamo al punto – un romanzo gotico intitolato Glenarvon. Glenarvon è, vedete, la storia di una nobile fanciulla che non può sposare l’amatissimo cugino, vien data in moglie a un uomo che impara ad amare e poi però cade vittima delle seduzioni dell’eponimo ribelle irlandese fascinoso&tormentato, nonché seduttore seriale dalle identità multiple – nessuna di esse una brava persona.

Abbondano infanticidi, intrighi, maledizioni, duelli, tradimenti, agnizioni, crepacuore di varia natura, spettri e maledizioni e Glenarvon, perseguitato dallo spettro vindice di un monaco che gli ripete in continuazione “Hell awaits its victim,” impazzisce, si suicida – e muore in due tempi, perché a una bella scena di terrificante agonia non si dice mai di no.

Ora, forse tutto ciò non sarebbe stato poi troppo scandaloso, se non fosse stato per due particolari: in primo luogo, Glenarvon era un ritratto particolarmente malevolo di Byron – why, era l’atto di creazione dell’eroe byroniano fuori dall’opera di Byron, cosa che forse l’originale avrebbe anche potuto apprezzare, se non si fosse trattato di una drammatizzazione tanto crudele quanto trasparente di fatti fin troppo reali. Inutile dire che non solo Byron non ci faceva una gran figura, ma nella caratterizzazione, nella trama, nello stile – in tutto – si annusava un certo qual sentore di feroce parodia. E sospetto che l’assalto letterario fosse quel che rodeva di più, perché nel 1816 Byron non aveva più granché in fatto di reputazione da difendere – con tutta la pena che si era dato per distruggersela da sé. Glenarvon però dovette pungere a giudicare dal commento che sopravvive: “E ho letto il Glenarvon di Caro Lamb. Maledizione.”*

ByronIn secondo luogo, Caro non si era accontentata di sparare metaforicamente su Byron. Intelligente, aguzza e dotata di opinioni robuste, aveva colto l’occasione per fare a pezzetti molto piccoli l’alta società, la monarchia, il Reggente, un paio di governi, la repressione delle rivolte irlandesi… Donna imprudente.

È difficile per noi capire non solo la furia dell’alta società, ma la sua esitazione nel decidere quale tra i due peccati di Caro fosse il peggiore: l’imperdonabile cattivo gusto di un’adultera che scrive un romanzo kiss-and-tell** o la sfacciataggine abissale di una nobildonna che si fa taglientissime beffe del suo ambiente. Alla fine fine, benché fossero entrambi peccati capitali, fu la satira sociale a rovinare l’autrice, e Caro fu socialmente condannata. Un’offesissima Lady Jersey cominciò con l’escluderla dall’esclusivissimo circolo Almack – e bisogna avere letto Austen e Heyer per capire la gravità del gesto. Dopodiché fu la rovina. Ostracizzata e ridicolizzata, Caro si ritirò in campagna. Mai troppo stabile di suo, finì i suoi giorni tra alcol, laudano e attacchi di follia. Il solo a non abbandonarla fu il pur divorziato marito.

Questo ha l’aria di significare che bisogna essere cauti nello scegliere i propri bersagli, e mentre lo scandalo sentimentale tutto sommato ammacca ma non uccide, inimicarsi i propri pari è fatale. Forse, se Caro si fosse limitata a sparare su Byron, a sua volta assai poco popolare nel suo ambiente… ma d’altra parte era una donna – e senza voler salire sulle scatole di detersivo, Jane Austen aveva ragione nel dire che una donna pagava i suoi errori a un prezzo molto più alto di quello che si esigeva da un uomo… Morale? La vendetta per via di romanzo (gotico o meno), come molte altre cose, è meglio meditarla per bene – con un occhio alle conseguenze.

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* In originale rende di più: I’ve read Caro Lamb’s Glenarvon too. God damn.

** Byron fu più grafico nel descrivere l’impresa come un caso di fuck-and-publish… Mi sa che non l’avesse presa tanto bene.

Giu 19, 2015 - anglomaniac, Londra, posti    Commenti disabilitati su Un salto alla Tate Britain

Un salto alla Tate Britain

Snow Storm: Hannibal and his Army Crossing the Alps exhibited 1812 by Joseph Mallord William Turner 1775-1851

JMW Turner, Annibale attraversa le Alpi (tempesta di neve)

Cominciamo con quei post estivi che ogni tanto si fanno. Una volta, qualche anno fa, parlavamo di vacanze virtuali, ricordate? un giringiro per i più bei musei d’Europa da visitarsi via mouse.

Ebbene, quest’oggi aggiungiamo un altro favoloso museo: la Tate Britain. Sì, lo sospettavate dal titolo e dal Turner qui sopra – perché. tra l’altro, la Tate ospita nella Clore Gallery una meravigliosa e ricchissima collezione di Turner… E in effetti non è proprio dietro l’angolo, ma c’è di buono questo ottimo sito, che vi consente di sperimentare abbastanza da vicino la commistione di grande arte, ricerca e divulgazione che caratterizza la Tate.

Qui potete navigare attraverso le collezioni, guardare video, leggere articoli e blog, sbirciare dietro le quinte di mostre ed eventi, seguire corsi gratuiti di storia e filosofia dell’arte, e un’infinità di altre cose interessanti… La Tate è meravigliosa a questo modo, con un ricchissimo programma di corsi, mostre, workshops, conferenze, concerti e magnifiche idee, come la rotazione di mini-mostre tematiche e le mini-conferenze settimanali, in cui dipendenti, curatori e volontari illustrano al pubblico le loro opere preferite.

Insomma un museo da sogno, splendidamente organizzato attorno a una serie di bellissime collezioni, vivo, attivo e stimolante – e per di più in buona parte gratuito. Un luogo splendido in cui passare del tempo – anche solo virtualmente.

 

 

Giu 7, 2015 - anglomaniac, musica    Commenti disabilitati su Rollicum Rorum ♫

Rollicum Rorum ♫

SergeantDunque, il testo è di Thomas Hardy, e credo che fosse nella versione originale di The Trumpet-Major – quella pubblicata a puntate – sotto il titolo di The Sergeant’s Song.  E fin qui è una buffa filastrocca antibonapartista – ed è molto inglese far dello spirito su avvocati, parroci, giudici e donne e nel frattempo uno sberleffo a Napoleone…

Dopodiché Gerald Finzi ha musicato il tutto per includerlo in Earth and Air and Rain, infilandoci questo passo gaio e questo irresistibile ritornello:

E  non è difficile capire perché il nonsense abbia finito col prevalere sul Sergente – anche se, a dire il vero, l’idea di un sergente primi Ottocento che canta questa faccenda non mi dispiace affatto…

Anyway, nel caso in cui vi pungesse l’uzzolo di canticchiare*, qui c’è il testo:

When Lawyers strive to heal a breach
And Parsons practise what they preach:
Then little Boney he’ll pounce down,
And march his men on London town!
Rollicum-rorum, tol-lol-lorum,
Rollicum-rorum, tol-lol-lay!

When Justices hold equal scales,
And Rogues are only found in jails;
Then little Boney he’ll pounce down,
And march his men on London town!
Rollicum-rorum, tol-lol-lorum,
Rollicum-rorum, tol-lol-lay!

When Rich Men find their wealth a curse,
And fill therewith the Poor Man’s purse;
Then little Boney he’ll pounce down,
And march his men on London town!
Rollicum-rorum, tol-lol-lorum,
Rollicum-rorum, tol-lol-lay!

When Husbands with their Wives agree,
And Maids won’t wed from modesty;
Then little Boney he’ll pounce down,
And march his men on London town!
Rollicum-rorum, tol-lol-lorum,
Rollicum-rorum, tol-lol-lay!

E buona domenica, tol-lol-lorum, tol-lol-lay…

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* Ve lo dico perché la sto canticchiando dall’altra sera, quando ho ritrovato il mio CD di Finzi… È catchy come poche cose al mondo. Siete avvertiti.

Mag 20, 2015 - anglomaniac, LeggerMangiando, teatro    Commenti disabilitati su MangiarLeggendo: i Sandwich al Cetriolo di Algy Moncrieff

MangiarLeggendo: i Sandwich al Cetriolo di Algy Moncrieff

Expo, giusto?

Cose mangerecce in ogni dove… E allora, mi chiedo, perché noi no?

Dopo tutto nei romanzi e a teatro si mangia spesso e volentieri, giusto?

E allora che ve ne parrebbe se, a partire da oggi, ce ne andassimo settimanalmente in esplorazioni letterario-culinarie? Non faccio promesse sulla durata della faccenda: intanto cominciamo, poi si vedrà.

10123_2E cominciamo da Oscar Wilde, e dall’Importanza di Chiamarsi Ernesto, in cui si prende il tè due volte nel giro di tre atti, si sgranocchiano lingue di gatto, si beve limonata e ci si scambiano innumerevoli inviti a cena – con e senza musica. Principe di questa abbondanza culinaria è Algy Moncrieff, l’uomo che non sopporta chi non è serio in fatto di pasti. E infatti il primo tè lo si prende proprio a casa sua, accompagnato da pane e burro (nelle case migliori, I’ll have you know, la torta proprio non usa più) e sandwich al cetriolo fatti preparare espressamente per la terribile Zia Augusta. In realtà poi i sandwich Lady Bracknell non li vedrà nemmeno, avendoli Algy divorati prima dell’arrivo degli ospiti… E allora l’impassibile cameriere Lane interverrà lamentando la straordinaria mancanza di cetrioli al mercato.

Ora, se avete soggiornato per qualsiasi quantità di tempo nelle Isole Britanniche, odds are che i sandwich in questione li abbiate assaggiati. Altrimenti non inorridite, per favore: fatti come si deve sono assolutamente deliziosi, leggeri e molto freschi. Di ricette ne esistono molte, ma vediamo di andare sul semplice e sul tradizionale, volete?

Per dodici piccoli sandwich*:

– Sei fette di pane bianco da tramezzini (quello soffice e non gommoso, per capirci)
– Mezzo cetriolo sbucciato (o intero – dipende dalla dimensione)- Sale
– Pepe bianco
– Burro (non salato) a temperatura ambiente

Tagliate i cetrioli a fettine, metteteli in un colino, salateli e lasciateli dove sono per una decina di minuti. Intanto imburrate CucumberSandwichleggermente le vostre fette di pane. Recuperate i cetrioli, scolateli per bene, asciugateli delicatamente con la carta da cucina e poi disponeteli su metà del pane, sovrapponendo un poco le fettine. Cospargete di pepe bianco – senza esagerare, e coprite con il resto del pane imburrato. Infine tagliate ciascun sandwich in quattro – a triangolini, quadratini o rettangoli – facendo attenzione a non lasciar sfuggire le fettine di cetriolo.

Servite subito con il tè. Se dovete aspettare, coprite i sandwich con un tovagliolo leggermente umido.

Semplice, no? Esistono variazioni che richiedono il pane scuro invece di quello bianco, oppure fanno marinare le fette di cetriolo nell’aceto per un po’, oppure sostituiscono il formaggio spalmabile al burro, o ancora condiscono il cetriolo con una spruzzata di limone e foglie di menta… Gli Americani mettono (gasp!) la maionese invece del burro – ma non è colpa loro: è che sono nati sul lato sbagliato della Tinozza.

Sperimentate, sperimentate – ma fate attenzione al pepe. A suo tempo, per un debutto dell’Importanza, preparammo (preparai) davvero un piatto di questi arnesi per la prima scena. Essendo Lady Bracknell, non arrivai ad assaggiarne nemmeno l’ombra, ma il nostro Algernon, che doveva mangiarne a quattro palmenti, per poco non si strozzò con il pepe. D’altra parte, Jack/Ernest gli aveva appena chiuso una mano nel pianoforte, per cui… Debutto interessante – ma mi si disse che, pepe a parte, i  sandwich erano buoni.

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* Sto assumendo che abbiate qualche ospite per il tè.

 

Feb 9, 2015 - anglomaniac, Lingue    2 Comments

Le Lingue Abitano In Case Diverse

Button2Questo non è un corso d’Inglese…

A parte tutto il resto, dura soltanto quattro incontri da un’ora e mezza. Chi impara anche solo le basi di una lingua in sei ore? Yes well, forse si potrebbe anche provare – ma non sono certa di vederne la logica* – e comunque non è quello che vogliamo fare qui.

Quello che vogliamo è rimuovere un po’ di preconcetti disastrosi dalla strada di chi vuole imparare o sta imparando l’Inglese.

2. L’Inglese è complicato: be’, no… la grammatica di base è davvero piuttosto facile – e per di più, si raggruppa attorno a una certa quantità di meccanismi. Ci sono modi di semplificare l’apprendimento individuando questi meccanismi e imparando ad applicarli in varie aree – come il lessico, la grammatica e la temutissima pronuncia…

2. Imparare l’Inglese (o il Tedesco, o il Cinese, o il Sanscrito…) equivale a tradurre dall’Italiano in Inglese e viceversa: oh no, no, no. Le lingue originano, cambiano e funzionano in modo diverso. Sono il frutto e il riflesso di mentalità e storie diverse. Abitano in case diverse, per l’appunto. E afferrare questo concetto può cambiare radicalmente il modo di apprendere.

3. Studiare l’Inglese (o il Tedesco, o il Cinese, o il Sanscrito) è un cilicio. Tutta quella grammatica, tutte quelle ridicole frasi con il libro che è sul tavolo, e la mucca pezzata di mio zio… Ugh! Be’, non è detto. Si può anche fare diversamente. La grammatica serve – e non ci sono vere scorciatoie, ma chi dice che la si possa imparare soltanto a forza di tabelle e mucche pezzate? Perché non assorbire invece la grammatica, la sintassi, i modi idiomatici – e insieme la mentalità sottesa a tutto quanto – leggendo?

Potrebbe essere interessante – che ne dite?

Silvana Ranzoli e io non offriamo apprendimento super-rapido, incantesimi, miracoli o scorciatoie. Quel che abbiamo in mente è un metodo, una prospettiva, una serie di idee. Un modo per migliorare e accelerare lo studio dell’Inglese e uno sguardo nuovo sul funzionamento di una lingua che non serve solo a chiedere da che parte è Trafalgar Square…

Se la prospettiva vi stuzzica, qui c’è la locandina:

LocBozza

Informazioni e particolari, li trovate sul sito di Borgocultura, qui.

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* E mentre scrivevo questo, confesso che parte della mia mente è partita a immaginare situazioni in cui qualcuno potrebbe voler (o dover) imparare le basi di una lingua in sei ore. Sono saltate fuori alcune storie interessanti…

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