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Ott 25, 2017 - angurie    Commenti disabilitati su E Niente Limone, Grazie…

E Niente Limone, Grazie…

teaiOggi parliamo di tè al latte, volete?

A me piace tanto, il tè al latte. Ne bevo tanto, tutti i giorni: cinque o sei grosse tazze al dì – niente zucchero e tanto latte. È un’abitudine che ho acquisito secoli fa, durante la mia prima estate scozzese, e mi va benissimo così. Nessuna smania di disintossicarmi, né nulla del genere. Tuttavia, siccome una tazza di tè richiede qualche calma, di rado ne bevo nei bar dove, più spesso che no, capito di fretta.

Poi un giorno, qualche tempo fa, arrivo in un grazioso posto insieme a degli amici – uno di quei piacevoli caffè con i tavolini all’aperto È una pigra e soleggiata domenica, un pomeriggio senza impegni particolari, e quindi mi dico: perché no? Un tè al latte, grazie. L’amico che entra a ordinare per tutti  torna poco dopo, divertito e perplesso in parti uguali.

“Chiedono che cosa intendi con tè al latte. Io credevo che fosse abbastanza ovvio, ma sono così sconvolti dalla richiesta… mi sfugge qualche mistero?”

Spiego che non intendo niente se non l’ovvio – e A. torna dentro a rassicurare la barista: un tè normalissimo, con un po’ di latte.

LemonE poco dopo la signora arriva portando la teiera, un enorme bicchiere di latte bollente con un dito di schiuma e quattro tazze, ciascuna con la sua brava fetta di limone alta un dito. Anche la mia. E ci resta anche male, quando tutti solleviamo un sopracciglio.

“Ha detto tè con un po’ di latte,” ricorda severamente ad A. – e quando le spieghiamo che in effetti è così, ma il tè si prende col latte oppure col limone, e rigorosamente uno solo dei due, se ne va convinta di avere a che fare con una banda di squilibrati. Noi aspettiamo che sia rientrata nel caffè per sghignazzare, ma… insomma, siamo in campagna, ed è vero che da queste parti il tè si beve per lo più al limone – se e quando lo si beve affatto. È chiaro che la barista non ha mai incontrato prima quest’esotica eccentricità, il tè al latte…

E non ci penserei più se, qualche mese più tardi, in un altro paesotto, non mi capitasse una pausa forzata nelle prove. Insieme alla regista, me ne vado in cerca di tè. Troviamo un bar vicino al teatro, ordino due tè di cui uno al latte – e di nuovo mi si chiede che cosa intenda con quest’espressione marziana. E di nuovo la spiegazione produce una teiera, un bricco di latte e una tazza con la fetta di limone. Solo che è uno di quei posti con il bancone altissimo e, piccoletta che sono, mi accorgo del limone solo dopo averci versato sopra il latte e il tè… Teacups

E qualche tempo dopo, in un altro villaggio ancora, due giovanissime bariste mi fanno lo stesso numero – nello stesso bar, ma in due giorni successivi. E ogni volta sono occhiate dubbiose e bizzarre bevande calde… A nessuno pare mai albeggiare in mente che latte e limone, se lasciati insieme senza supervisione, finiscono per cagliare. O forse ci pensano e non vogliono far arrabbiare la squilibrata che beve il tè al formaggio?

Insomma, da allora ho imparato a chiedere tè al latte – senza limone, grazie. Però di solito aspetto un attimo per vedere la reazione: in caso di blank eyes mi affretto a specificare, altrimenti corro il rischio. E così facendo ho constatato che forse è una faccenda generazionale: più è giovane la persona dall’altra parte del banco, più facilmente si sconvolgerà davanti alla richiesta. I baristi dalla mia età in su, on the other hand, sanno di che si tratta senza traumi né patemi.

Oh dear. Il tè al latte è dunque cosa da over quaranta – almeno a queste latitudini? Sto dunque invecchiando? Si direbbe di sì – ma ciò non m’impedirà di continuare. Ormai è qualcosa a mezza via tra un’indagine sociologica e una crociata: un tè al latte. Senza limone, grazie.

E dalle vostre parti, o Lettori, che succede se ordinate un tè al latte?

 

Set 25, 2017 - angurie, Londra    Commenti disabilitati su Sigh…

Sigh…

SnoopyFlu2E naturalmente, essendo una mozzarella con un sistema immunitario da operetta, tre giorni a Londra – pur con bel tempo generale e la più leggera e breve delle pioggerelle – devo pagarla con la prima infreddatura della stagione. Bronchite, forse.

Tosse, raffreddore, mal di gola, febbre…

Immaginatemi ottusa, languida e molliccia, con la testa imbottita di cotone idrofilo, biglie di vetro e prosciutto cotto. Immaginatemi spiaggiata sul divano, avvilita, impaziente, con la sola consolazione della Meraviglia Soriana Minore (che prende molto sul serio il suo ruolo di gatto terapeutico) e di molte tazze di tè. Immaginatemi mentre non riesco nemmeno a leggere per più di dieci minuti di fila senza che mi venga il mal di testa. Immaginatemi tossibonda, rabbrividente e tutto quanto – e, di conseguenza, portate pazienza se non scrivo nulla di significativo.

Vi racconterò di Londra, del Globe, di una certa quantità di altre cose… Ve ne racconterò quando sarò di nuovo in grado di connettere.

Portate pazienza.

Torno a sprofondarmi sul divano.

See you.

 

Ago 23, 2017 - angurie    Commenti disabilitati su Ritorno ai Cunicoli e ai Draghi?

Ritorno ai Cunicoli e ai Draghi?

dnd_manuale_scatoalrossa_littleMolti e molti – ma proprio molti – anni fa, F ci convocò in tre: A, A e me.

“Ho un gioco nuovo,” ci disse. “Un gioco fantastico. Diverso da tutti gli altri!”

Il sabato pomeriggio ci trovammo a casa di F, che ci mostrò una scatola rossa con un drago illustrato sul coperchio. C’erano fascicoli rilegati in rosso, e dadi strambi, e fogli di carta e matite…

“Si chiama Dungeons and Dragons,” ci informò F, da dietro una barricata di cartoncino. “Io sono il Dungeon Master. Adesso dovete scegliere un personaggio per ciascuno, e poi…”

E poi immaginatevi questi tredici-quattordicenni che si lanciano nel loro primo gioco di ruolo. Persi per sempre. Per me, all’inizio della mia fase Tolkien, fu l’alba di un’ossessioncella – ma anche gli altri, pur gente più sensata, si entusiasmarono alquanto. D’altra parte, come non entusiasmarsi? Avventure, foreste, tesori magici, draghi, incantesimi, città fortificate*, whatnot – il tutto da sperimentare in prima persona, in metaforici panni immaginari…

ETDnDCome all’inizio di ET, gli adulti ci giravano attorno perplessi, domandando “chi vince?” a intervalli, mentre noi esploravamo il mondo e, occasionalmente, lo salvavamo. Pomeriggi interi, cene frettolose, lunghe serate e qualche volta, durante le vacanze, una gloriosa giornata intera, dal mattino a notte alta…

“Ma cos’è che fate, di preciso?” chiedeva ogni tanto un genitore – sempre più di rado, dopo avere scoperto che la domanda dava la stura a resoconti battuta per battuta dell’una o dell’altra scorribanda improbabile e/o spiegazioni di una meccanica di gioco obiettivamente complicata ad afferrarsi da “fuori”.GhostElf

E noi… gli anni passarono, acquisimmo un altro compagno di avventure, qualcun altro passò brevemente, ci disperdemmo in scuole diverse, io cominciai la scuola di teatro, poi venne l’università. E però non smettemmo di giocare finché qualcuno non cominciò a laurearsi. Solo allora abbandonammo i nostri cunicoli e i nostri draghi, interrompendo l’ultima avventura proprio mentre stavamo per fermare (o precipitare) Ragnarök***. No, davvero: il mio elfo fantasma** era in piedi su un espostissimo menhir, cercando di concludere un rituale complicato mentre i suoi compagni cercavano di impedire che una creatura malvagia ed enorme con le ali da pipistrello piombasse a impedirlo e… “Da-da-da-dum!” disse F. “Continua… Ci vediamo la prossima volta.”

Ma la prossima volta non venne più. E ci crediate o no, dopo vent’anni, quando capita che ci s’incontri, ne parliamo ancora. Adesso siamo gente adulta e serissima: ingegneri, insegnanti, editor, funzionari consortili, padri di famiglia – eppure discutiamo ancora dell’incantesimo che il mago stava per scagliare contro l’Ala Notturna. Però tu dovevi saltare giù, accidenti, non stare lì a farti alanotturnare! Ma come facevo a concludere il rituale…? E in genere concludiamo sperando che nessuno ci abbia sentito – e però sarebbe bello ritrovarci e portare a termine quell’avventura lì, salvare il mondo… chissà, magari, una volta o l’altra.

Ma son quelle cose che si dicono. In realtà piacerebbe molto a tutti e cinque, e tutti lo sappiamo benissimo – però non l’abbiamo mai fatto, né mai lo faremo.

Lex Arcana Prima edPerò la settimana scorsa ho avuto ospite per mezza giornata T, di anni quasi-dodici, e lui si è ricordato della mia scatola base di Lex Arcana – emersa, of all places, dalla pesca benefica del villaggio. E mai usata. E chissà, magari qualche volta. Se troviamo un master. Se troviamo qualcuno con cui giocare. E sembrava dover essere e restare un’altra di quelle cose che si dicono…

Ma T ha quasi dodici anni, non ha tempo per le cose che si dicono. “Che cosa ne dici se diamo un’occhiata a Lex Arcana? Solo un’occhiatina, eh?”

E poi naturalmente l’occhiatina si è trasformata in un’avventura in solitario e nella mia prima vaga esperienza da master (well, Demiurgo, che in effetti suona molto bene), e poi nella riesumazione delle mie vecchie schede di D&D, e in quella che una certa genitrice adesso definisce con un sospiro la nuova ossessione di suo figlio…

Perché adesso T si è entusiasmato, e quindi chissà. Forse ci saranno sviluppi. Forse – forse – sto tornando ai giochi di ruolo?

_________________________________

* Sì, lo so: suono terribilmente come Belle. Siete liberi di immaginarmi così mentre racconto questa storia.

** Lunga storia, come potete immaginare…

*** Decenni prima che diventasse di moda. Al nostro Master piaceva la mitologia nordica.

Ago 21, 2017 - angurie    Commenti disabilitati su Giddup!

Giddup!

E niente, si torna alla realtà… BTW_01_web

E sia ben chiaro: non è affatto una realtà di cui mi lamenti – anzi! – ma è quel senso di lunedì, you know. Tutto quel che si è accumulato mentre io navigavo e galoppavo beatamente in altri secoli e altri luoghi – e adesso mi aspetta in fila non particolarmente indiana. Sapete cosa? Magari l’anno prossimo organizzo la Reading Week in modo da ricominciare di martedì.

Ah well.

Realtà, si diceva.

Editing, traduzioni, storia locale, revisioni, lampade, la pesca benefica del villaggio, teatro, una mini visita guidata, ancora teatro…

Come dicevo: assolutamente nulla di cui lamentarsi. Credo che sia, più che altro, l’eco della memoria della vita precedente, quando dopo le ferie o le vacanze non c’era nulla di così interessante e piacevole a cui tornare. O il chiudersi dell’estate. O/E un filo di difficoltà nello strapparsi dai velieri, dai duelli e dalle battaglie. O il generale senso di lunedì di cui dicevasi…

Oh, piantala, Clarina: al lavoro!

E voi, o Lettori? Com’è il ritorno alla realtà?

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Lug 28, 2017 - angurie, romanzo storico    Commenti disabilitati su “Il Dado È Tratto,” Egli Scrisse

“Il Dado È Tratto,” Egli Scrisse

E poi mercoledì naturalmente ci sono stati problemi d’altra natura – ma fingiamo di nulla, eh?

E parliamo di dadi. Un tempo c’era (e credo non ci sia più) questo dissennato The Merit Badger Blog, dove si trovavano cose… bizzarre. Compreso questo inarrivabile ausilio per il romanziere storico.

Bloccati su un dettaglio? Incerti su una data? Dubbiosi su un uso o costume? Timorosi di sconfinare nell’anacronismo? Sursum corda, o Romanzieri Storici: ecco un’elegante soluzione low-tech che vi permetterà di dimenticare (nell’ottantadue per cento dei casi o giù di lì) fonti, documentazione, fatti acclarati e ogni altro tedioso ostacolo per la vostra libertà creativa!

Dado.jpg

Ecco. C’è chi ha il dado da venti, chi usa il dado da brodo, e poi c’è questo: tre colpi di forbice, un nulla di colla, qualche lancio – ed eccoci liberi dall’ottantatre-punto-tre-periodo-per-cento dei rovelli. Be’, forse un po’ meno, considerando che “ci penserai più avanti” in fondo rimanda solo il rovello alla stesura successiva – ma allora si potrà lanciare di nuovo il dado e i calcoli si fanno troppo complicati per me…

Non badate. Sarà il caldo. Immaginatemi che mi allontano canterellando sottovoce: ‘Twas brillig ♫

 

Lug 24, 2017 - angurie    Commenti disabilitati su Di Nuovo a Casa (ma non come se fossi stata via…)

Di Nuovo a Casa (ma non come se fossi stata via…)

Il sipario si apre su un lunedì mattina di tardo luglio – calduccio ma con promessa di nuvole a venire. Imaginary Door

Upstage left si apre una porticina immaginaria e ne entra la Clarina affannatissima, con una locandina arrotolata, un modellino di scenografia e una pila di tragedie greche sottobraccio.

la Clarina (si guarda attorno dubbiosamente) – Ah, finalmente!

Senza Errori di Stumpa – Ehi!

C. (sobbalza e si morde la lingua, lasciando tragedie e tutto quanto in un mucchio disordinato) – Yikes!

SEdS – Ehi, ma dov’eri finita?

C. – Ma si fa così? Non sei contento di rivedermi?

SEdS – Si può sapere dov’eri?

C. – Non–

SEdS – È una settimana che ti cerco!Che ti aspetto! Che ti chiamo – come Cathy nella notte ventosa!

C. – Non ho potuto–

SEdS – Mi hai piantato qui con tutti quei romanzi di cappa e spada. Gente armata e pericolosa e mica sempre tanto in quadro!

C. – Non ho potuto accedere, Blogo.

SEdS – I Lettori venivano, e chiedevano di te, e io non… eh? Che vuol dire che non potevi accedere? E avvertire? Telefonare? Un sms, una lettera, un telegramma, un piccione viaggiatore…!

C. – In che lingua vuoi che ti traduca “Non Potevo Accedere”?  (S’inginocchia a raccogliere le robe franate)

SEdS – Ehi!

FallNuovo sussulto della Clarina, nuovo crollo tragico…

C. – Ma cosa?!

SEdS – Non sono stato io!

C. Sì, invece. Hai strillato, io mi sono morsa la lingua e–

SEdS – Non quello. Com’è che non potevi accedere? Non sono stato io. Non ho fatto nulla. Non ti ho chiusa fuori. Non…

C. – Rilassati, Blogo. Non è colpa tua, stavolta. È solo che Tiglath Pileser è andato un pochino in deliquio, e il San Tecnico era al mare.

SEdS – Tiglath Pileser il computer nuovo?

C. – Conosciamo molta altra gente così nomata?

SEdS – Tiglath Pileser il Computer Nuovo ce l’hai da quanto? Un mese? È prestino per cominciare con i deliqui…

C. – Er… Potrebbe non essere stata tutta colpa sua.

SEdS – Che cosa hai combinato?

C. – Credevo di far bene…

SEdS – …Disse Romeo, dopo aver fatto infilzare Mercuzio a morte. Trag

C. – Er… yes, well. (Cambiando platealmente discorso) E non mi chiedi nemmeno che cosa faccio con tutta questa roba?

SEdS – Ah sì: che cosa fai con tutta questa roba?

C. – Non te lo dico! Non ancora. Cose a venire. Cose belle. Vedrai, vedrai, vedrete – tu e i Lettori…

Se avesse polmoni e bulbi oculari, SEdS sospirerebbe e leverebbe gli occhi al cielo. Ah well, la Clarina è tornata. Stiamo a vedere che succede, volete?

Sipario.

 

Giu 12, 2017 - angurie    Commenti disabilitati su Stagnum Habemus

Stagnum Habemus

be3b972893a74ee607920ea8a3c18a60Vi ricordate, o Lettori, del mio stagno letterario?

Non credo – perché sono passati due anni e non ne ho mai più parlato – benché avessi chiuso il post promettendo nuovi episodi in materia…

Ebbene, non ci crederete – e francamente dubito che vi siate rosicchiati le unghie nell’attesa – ma rieccoci qui: Lo Stagno Letterario, Parte II.

Allora, cominciamo col dire che ci sono voluti tempo, pazienza e una certa quantità di fede. Per lunga pezza, nonostante i miei sforzi, lo stagno non ha fatto grandi sforzi per somigliare alle polle e fontane del Giardino Segreto, o alla fontana nella storia delle Tre Melarance – e men che meno alla Serpentine in Peter Pan a Kensington Gardens, alla polla incantata di MacDonald, o al bacile divinatorio e boschivo di Tolkien. Figuriamoci poi alla Polla Sacra di Forster o ai laghetti di Henry James…

IMG-20160809-WA0004Il fatto si è che, per prima cosa e per quanto mi sforzassi, non c’era verso di sigillare in modo soddisfacente il buco nella vasca di terracotta, e lo stagno perdeva sempre. Ma con quello mi ero decisa a convivere, e i problemi erano decisamente altri. Tutti gli stagni, mi si dice, vanno attraverso cicli di acqua torbida e verdastra – e poi tornano limpidi, e poi tornano torbidi, e via dicendo. Il mio… mica tanto. E sì che ho provato, credete: ho aggiunto piante ossigenanti e giacinti d’acqua, mi sono procurata l’apposito chiarificante… Ma nulla da fare: tra le ninfee, i giacinti e le lenticchie d’acqua, lo stagno restava torbidiccio e non straordinariamente bello a vedersi.

“Prova a metterci dei pesci,” mi si diceva. “Mettici qualche pescetto e vedrai che lo stagno trova il suo equilibrio.”

Consiglio saggio, I’m sure – ma i gatti? Ci sono due gatti, qui – una anzianotta e, sospetto, ormai disinteressata, ma DSCN1175l’altra invece è provvista d’istinto venatorio in abbondanza e per di più affascinata dallo stagno persino quando è disabitato… figurarsi se ci fossero dentro dei pescetti!

E poi le ninfee… Oh, le ninfee. Non so, ma io mi aspettavo che le ninfee fiorissero. E invece no. Per due anni non han fatto che produrre foglie, foglie, foglie – ma nemmeno l’ombra di un fiore. Confesso che alle volte, just for colour’s sake, baravo e mettevo a galleggiare sull’acqua qualche zinnia decapitata…

Sigh.

Poi…

Dovete sapere che l’inverno passato lo stagno è rimasto all’aperto – il che è vero della maggior parte degli stagni, ma non avrebbe dovuto esserlo del mio, piccoletto e smantellabile nei mesi freddi… sennonché qui per anni di mesi freddi non ce ne sono stati, e smantellare lo stagno è una seccatura, e io sono pigerrima, e così ho continuato a procrastinare lo smantellamento finché il freddo non è arrivato per davvero e lo stagno si è ghiacciato irreparabilmente.

Hic jacet, mi sono detta, incerta se riprovarci a primavera. Dopo tutto era stato uno stagno un pochino deludente, giusto? Torbido, verdognolo, infiorente… diciamolo: bruttino.

20170612_094917Ma a primavera, ecco la sorpresa: giacinti e lenticchie e piante ossigenanti avevano reso l’anima – ma le ninfee e una delle piante da bordo erano ancora vive… Non ho avuto il coraggio di lasciarle morire. Mi sono procurata un’altra vasca – meno bella ma senza buchi – e delle nuove piante ossigenanti*, ho suddiviso, rinvasato e fertilizzato le ninfee, e…

E non lo so. In qualche modo devo avere fatto qualcosa di giusto, o devo avere compiaciuto la divinità delle polle domestiche: lo stagno prospera, e non è mai stato così bello. Acqua limpida, foglie vigorose e, soprattutto… fiori! La ninfea che vedete nelle foto è l’ultimo esempio – il terzo a partire dall’inizio della stagione e non l’ultimo, a giudicare dai boccioli. Bellino, non trovate?20170612_094923

Eugè.

Non so troppo bene che cosa ho fatto per meritarlo, ma finalmente ho uno stagno dall’aria quanto meno burnettian-melarancese. Di questo passo, forse, nel giro di un altro annetto o due, possiamo aspirare a qualcosa di forsteriano?

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* Avrei voluto anche dei nuovi giacinti, ma non ne ho trovato uno a prezzo d’oro. Qualcuno ha idea di dove possa trovare qualche giacinto d’acqua in quel di Mantova?

Giu 5, 2017 - angurie    2 Comments

E lo Spirito di Giugno (per non parlar del tè)

TeacupsÈ una ventosa mattina di tarda primavera e la Clarina, tanto per fare qualcosa di originale, siede al computer e traffica su traduzioni, articoli, scene aggiuntive e altre cose che altra gente, altrove, sta attendendo. Per motivi di varia natura, la Clarina sta ascoltando colonne sonore di film shakespeariani di Branagh. Patrick Doyle, avete presente?

Non nobis, Domine Domine… ♫

Ecco, così.

Entra R. stage left e…

R. – Ti sei già procurata un secondo tè?

la Clarina (vaghissima e distratta) – Eh?

R. – Ti sei già procurata un secondo tè?

C. (dedicando qualche neurone in più alla faccenda – ma non molti…) – Se mi sono già procurata un “secondo me”? In che senso?

R. – No, non un “secondo te”, un secondo tè. Tazza di tè. Quella cosa che si beve, you know. Che tu bevi serialmente…

La Clarina collassa sulla tastiera in una crisi di cachinni. In realtà il secondo tè l’ha già preso, ma non ha né la forza né la volontà di fermare R. che interpreta la reazione a modo suo e parte per procurare altro tè. In fondo il concetto di “troppo tè” non ha nulla a che fare con la realtà come la conosciamo, giusto?

SdKE mentre la Clarina cachinna, odesi voce disincarnata.

Lo Spirito di Kit – Ma guardati! Guarda in che condizioni. Ed è solo giugno… I primi di giugno.

C. (guarda su) – Giugno…?

SdK – Sì, quel mese che viene quando maggio finisce completamente.

C. – So che cosa è giugno, grazie.

SdK – E allora? Ti eri persa qualche giorno?

C. – Può essere. Giugno, dear me. Di già. E il mission statement. E gli articoli. E le scene aggiuntive. E il piano del corso, e la recensione, e il gruppo di scrittura…

SdK – E il romanzo…

C. – E il romanzo!

SdK – E hai per caso controllato se è uscito il bando per il concorso della Historical Novel Society?

C. – Uh… no!

SdK – E nel caso, ce l’avresti un racconto pronto?

C. – No…

SdK – E i due plays e mezzo che hai in coda?

C. – Oh povera me…

SdK – E magari qualcosa che porti in scena me, anziché lo Spirito del Bardo? Perché noto che per mettere in scena lui il tempo l’hai trovato…

C. – Oh, fa silenzio. A te non scrivo mai nulla, vero? Solo… what? Tre racconti, tre romanzi, un play e mezzo e un quarto*, un monologo, una traduzione…

SdK – Ay well, in uno dei romanzi non sono nemmeno il protagonista, uno l’hai abbandonato definitivamente e l’altro è fermo a metà da… quant’è, due anni? E comunque non divagare. Il punto è che sei indietro sul ruolino di marcia. Indieterrimo, considerando che l’estate è dietro l’angolo e–

C. – In realtà è già qui… Ti ho mai parlato delle mie stagioni personali che non hanno nulla a che fare con solstizi&equinozi – o almeno non molto? E, a ben pensarci, ci ho mai postato su?

SdK – Reitero il concetto: non divagare. Sono i primi di giugno, hai oceani interi di cose da fare e guarda come sei messa: ti perdi i mesi, ti dimentichi tutto, non capisci quel che ti si dice…

C. – Non esageriamo, vuoi? È solo… Probabilmente è una situazione momentanea dovuta alla carenza di tè. teac

Right on cue, entra R., stage left.

R. – Secondo me non è il secondo tè – ma ecco qui.

La Clarina domina un secondo convulso d’ilarità, prende il suo terzo tè e R. esce. Nel frattempo lo Spirito di Kit è uscito dal fondo, come (fortunatamente) ha l’abitudine di fare ogni volta che arriva qualcuno. Tuttavia, prima di sparire del tutto…

SdK (offstage) – E hai bisogno di ascoltare proprio questa musica?

C. – Da domani, Boito & Gounod, vuoi?

E siccome il Mefistofele e il Faust son tratti da Goethe, lo SdK non si degna nemmeno di rispondere – e possiamo considerarlo definitivamente uscito. La Clarina sorseggia tè e intanto scrive con una mano sola. Il gruppo di scrittura, il piano del corso, la recensione, le scene aggiuntive, gli articoli, il mission statement… Sarà bene che la Clarina si dia da fare, don’t you think?

________________________

* E no, non è la stessa cosa che uno e tre quarti.

Mag 22, 2017 - angurie, Shakespeare, teatro, Utter Serendipity    Commenti disabilitati su Di Mais, di Bardi e di Fantasmi

Di Mais, di Bardi e di Fantasmi

SiWQualiEtàFuture

Foto Michela Dal Porto

E così Shakespeare in Words a Poggio Rusco è andato bene.

Nonostante tutti i guai e gli intralci che abbiamo collezionato lungo la strada, non solo lo abbiamo fatto due volte in rapida successione – per le scuole e per il pubblico generale – ma lo abbiamo fatto nella nuova versione, completa di prologo con la pozza di sangue e lo Spirito del Bardo (che, dopo tutto, non ha lasciato accadere nulla di troppo brutto)…

Non avete idea del piacere di sentire centottanta giovani implumi delle scuole brusire un pochino e poi via via zittirsi, catturati interamente da quel che vedono e sentono… ah.

E ce ne sarebbero tante da raccontare, sulla preparazione di questa due-giorni poggese – ma lasciate che ve ne dica una soltanto. Una che… er.

Allora, il prologo nuovo. Il prologo nuovo si compone di due parti: prima un’altra cosa e poi un dialogo tra lo Spirito (disincarnato) del Bardo e il Coro. E questo dialogo, nella maniera in cui accadono queste cose, è stato aggiunto… non moltissimo tempo prima della rappresentazione. Allora la sera di cui vi parlo, immaginateci in una sala prove di fortuna mentre lo leggiamo per la prima volta, questo dialogo: la vostra affezionatissima nel ruolo del Coro e G. in quello dell’Invisibile Shakespeare. E c’è un punto in cui, per ottime e sensate ragioni, Shakespeare chiede notizie del Gran Turco in Turchia.  Ma… Granturco

Tentato di abbattere il Grano Turco?” legge G., soprappensiero.

Attimo di sobbalzi generali e bizzarre immagini mentali, e…

“No, no, no,” dico io. “Non Grano Turco: Gran Turco!”

E si ricomincia.

Tentato di abbattere il Gran Turco?”

Ed è qui che colgo gli sguardi perplessi. Molti sguardi perplessi e qualche risatina. Oh.

“Dite che sia pericoloso?” domando timidamente…

E la risata esplode.

“Moltissimo!” boccheggia uno dei musici nuovi. E ha ragione, perché Gran Turco suona esattamente come granturco, e dite la verità: se sentite gran turco – senza poter vedere le maiuscole – a che cosa pensate: al sovrano dell’Impero Ottomano ai tempi di Shakespeare, o al mais? E Abbattere il gran turco vi suggerisce immagini di colpo di stato a Istanbul o di mietitura mal fatta?

Gran TurcoE mentre colgo tutto ciò e scoppio a ridere a mia volta,, mi si materializza in mente l’immagine di Ugo Foscolo e del suo Ajace Re de’ Salamini

Quante volte mi sono chiesta come diamine avesse potuto, se non gli fosse venuto in mente o che altro… Yes well, apparentemente adesso lo so.

Però forse ho avuto più fortuna o più buon senso dell’Ugo nazionale, ed è andata a finire che lo Spirito del Bardo chiede notizie del Sultano, dopo tutto…

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Mag 17, 2017 - angurie, Shakespeare, teatro    Commenti disabilitati su Shakespeare in Words a Poggio Rusco – e lo Spirito del Bardo

Shakespeare in Words a Poggio Rusco – e lo Spirito del Bardo

È notte alta, e la Clarina, anziché dormire come la gente normale fa a notte alta, siede alla tastiera di Tiglath Pileser – cartoon-shakespeareil suo nuovo computer – e lavora con furibonda frenesia al disegno luci di Shakespeare in Words. E lavora e impreca, e impreca e lavora. E a un tratto, con quella peculiare impressione di sentirsi osservati, la Clarina leva lo sguardo dallo schermo e…

Clarina (getta uno strillo inverecondo) – !!!

Sopra lo schermo aleggia e fluttua, come un Gatto del Cheshire elisabettiano, lo Spirito del Bardo con un sorriso da un orecchio all’altro.

Spirito del Bardo – Non strillare, o Clarina…

C – E tu non comparirmi così, pittikins! Se avessi avuto una tazza di tè, me l’avresti fatta rovesciare tutta sulla tastiera!

SdB – Ma non ce l’hai…

C – Del tutto irrilevante. Avrei potuto averla. Vorrei molto averla. Può darsi che vada a farmene una.

SdB – A quest’ora? E già che ci siamo, perché stai lavorando al disegno luci a notte alta tra martedì e mercoledì, quando giovedì c’è la prova generale e venerdì e sabato lo spettacolo? Non dovrebbe essere pronto da un pezzo, il disegno luci?

C – Era pronto.

SdB – E poi? Hai cambiato idea?

C (ringhia) – Stendiamo un tulle misericorrrrrrrrrde, vuoi?

SdB – È qualcosa su cui farai un altro post in futuro?

C – In un futuro lontano, quando avrò sviluppato un sense of humour in proposito.

SdB – Sì, sì, la condizione naturale del teatro, eccetera. Henslowe e tutto quanto.

C – Sarà. Al momento vorrei tanto emigrare. A St. Helena, o in qualche altro posto senza teatri.

SdB – Dici sempre così… E comunque ti terrò la man sul capo.

C – Così, senza che nemmeno te lo chieda?

SdB – Visto che mi porti in scena…

C – Oh, il prologo nuovo. Ti piace, allora?

SdB – Non è troppo abominevole.

C – Why, thanks! E quindi mi terrai la man sul capo di tua spontanea volontà?

SdB – Come ho detto.

C – E questo significa che non permetterai che capiti nulla di troppo brutto?

SdB – Questo, invece, non l’ho detto.

C – Ma…

SdB – Ma io lo faccio per te. Non vorrai mica rilassarti, vero?

C – Per caso ti pare che non ce ne siano già capitate abbastanza? I musici, la regista, la nuova Giovanna, le luci…

SdB – Ma io lo faccio per te. Lo sai che cosa succede a rilassarsi troppo?

C – Non saprei: magari ogni tanto si dorme qualche ora?

SdB – Tut tut… (getta uno sguardo al disegno luci in fieri sullo schermo) Lo sai che non hai tolto la quarzina gialla di sinistra tre combinazioni fa, vero?

C – Quale quarzina… oh! Ma allora questa luce non è più qui, e se il Coro deve entrare da destra… che numero ha questo faretto adesso? È quello ambra? Ho sbagliato un’altra volta – pittikins, pittikins, pittikins!

SdB – E poi dice che non sono d’aiuto… -uto… -uto… -uto…

Lo SdB sparisce gradualmente, lasciandosi dietro per ultimo il sorriso da un orecchio all’altro. Fatica sprecata: la Clarina manco nota gli effetti speciali, tanto è presa dal suo nuovo disegno luci – che comunque non sarà pronto prima della prova generale… e poi, comunque, chi può dire se, una volta messo alla prova, funzionerà davvero?

Venite a scoprirlo, e a sentire lo Spirito del Bardo, e a vedere la nuova versione di Shakespeare in Words sabato 20 maggio, alle ore 21, al Teatro Auditorium di Poggio Rusco – Mantova:

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