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Lug 11, 2014 - libri, libri e libri    4 Comments

Lezioni D’Italiano

BookclubImmaginate una sera a Graz.

Un grazioso caffè-ristorantino in Südtirolerplatz, con i tavolini sulla piazza.

E apriamo una parentesi per dire che Graz in luglio è tutt’altro posto rispetto a Graz in giugno o in settembre – un posto molto più vivace, soprattutto attorno alla Mehlplatz. Südtirolerplatz è un pochino più tranquilla, ma dicevamo: immaginateci questo ristorante con i tavolini e, a uno di questi tavolini, immaginate un gruppo costituito da una decina di persone. Quasi tutti anzianotti – un paio di uomini e il resto donne – più una giovane donna che parla ora un buon Tedesco con accento italiano, ora in Italiano, mentre il resto della tavolata fa del suo meglio per risponderle in varie sfumature di Italiano.

Immaginato? Bene, allora farete presto a concludere: corso d’Italiano, magari l’equivalente austriaco di una UTE, cena di fine corso…

E l’impressione viene rafforzata quando, al momento del dolce, la giovane insegnante produce una borsa di libri.

“Compiti delle vacanze!” annuncia allegramente, e comincia a distribuire.

E c’è la signora che non vuole storie d’amore, bitte, e quella che invece non vuole assolutamente nient’altro, e il signore che sembra avere già letto la maggior parte delle pur abbastanza numerose possibilità, e intanto voi, pur cercando di darvi un contegno, non solo origliate spudoratamente, ma vi mettete anche a sbirciare, cercando di capire se si tratta di versioni integrali o no – e forse in realtà alcune sono versioni ridotte e annotate, a giudicare dalle copertine…

Ed è a questo punto che vi ritrovate colti sul fatto – e no, non siete bravi ad essere colti sul fatto, così arrossite un pochino, vi schiarite la gola, fingete di essere impegnati a contemplare la facciata a torre della Barhemzigenkircke, o il filobus di passaggio, o qualsiasi altra cosa, e poi tornate a concentrarvi sulla conversazione al vostro tavolo, che tutto sommato è meglio.

Però nel frattempo qualche titolo e autore l’avete sentito, e va a finire che ci fate un post – perché vi pare che la selezione sia… interessante.

C’è Va dove ti porta il cuore – e la signora che voleva le storie d’amore lo ha già letto, e ha pianto tanto, e lo consiglia caldamente alle sue amiche.

C’è Pirandello – e non si capisce se la signora che lo prende senza battere ciglio sia particolarmente brava, particolarmente coraggiosa o particolarmente ignara.

C’è Camilleri, Un mese con Montalbano – offerto e accolto come se fosse ovvio che non se ne può fare a meno. Come se la caveranno gli Austriaci con il Siciliano immaginario – e come lo applicheranno alla conversazione quotidiana la prossima volta che vanno in vacanza sul lago di Garda – è una domanda di quelle da non dormirci su.

E c’è Goldoni, la Locandiera – che per qualche motivo sembra spaventare gli Austriaci più di tutto il resto messo insieme, nonostante le calde raccomandazioni dell’insegnante. Alla fine una signora di nome Roswitha propone di leggerlo in classe tutti assieme in autuno. Chissà se lo leggeranno ad alta voce…

E poi l’ultima cosa che cogliete è che il gruppo, probabilmente in omaggio all’italianità della serata, conclude la cena ordinando il tiramisù – e poi ve ne andate, perché c’è un limite a quanto si può continuare ad origliare dopo essere stati scoperti – ma tant’è.

Interessante selezione, non trovate? Qualcosa di classico, qualcosa di celeberrimo, qualcosa di contemporaneo, qualcosa di strappalacrime… nel complesso, un simpatico equilibrio tra solide letture e audience-pleasing. Non proprio quel che avrei scelto nella stessa situazione, ma tutto sommato capisco la logica.

E voi che dite? Se doveste consigliare delle letture alla vostra classe di stranieri, che cosa scegliereste?

Giu 25, 2014 - libri, libri e libri    3 Comments

Al Cuor (Del Lettor) Non Si Comanda

Certi libri siamo certi che ci piaceranno, ci pare proprio che debbano piacerci, vogliamo tanto che ci piacciano… e poi invece no.

71747-319x212-AngryGirlwithBookNon sto parlando tanto di quei titoli che ci vengono regalati o consigliati con zelo da amici e famigliari certi che debbano piacerci, quanto di quelli di cui ci convinciamo da soli.  Capita.

A volte è una questione di autore. Siccome del tale ci è piaciuto tanto l’uno o l’altro libro, o un buon numero di libri, perché mai non dovrebbe piacerci anche il prossimo? A me è capitato con Conrad. Sull’onda dell’entusiasmo per LJ, Tifone, la Linea d’Ombra, il Negro del Narcissus e compagnia cantante, quando potei mettere le mani sul resto della sua bibliografia nella biblioteca di Humanities a Cardiff, non mi parve vero. Solo che poi, nel divorare romanzi, saggi e racconti mai tradotti in Italiano, arrivai alle collaborazioni con Ford Madox Ford. Ouch. Non potevo credere che non mi piacessero. Non potevo credere che fossero… be’, non c’è altra parola: brutti. È dura scoprire che il proprio eroe letterario non è sempre all’altezza di se stesso.

In fatto di Walter Scott, sono meno certa. Voglio dire, dopo il ciclo di Waverley, Old Mortality, Redgauntlet e Rob Roy, imbattermi in The Hearth of Midlothian fu dura. Non riuscivo ad andare avanti, non m’interessava nulla di nessuno dei personaggi… posso anche confessare di non averlo finito – ma il fatto che io l’abbia trovato mortalmente noioso non significa affatto che non sia un buon libro.

Altre volte è una questione di argomento, genere o ambientazione  – in una combinazione qualsiasi. Per me è spesso il periodo storico, e mi devo confessare anche recidiva. Edward Marston scrive romanzi ambientati in una varietà di secoli, uno più attraente dell’altro. Quattro ne ho voluti leggere, in crescente irritazione, prima di arrendermi all’idea che detesto il modo in cui scrive. Ma forse sto guarendo da questo genere di stupidità: la II Guerra Punica è la II Guerra Punica, e Annibale è Annibale, ma di Ben Kane mi è bastato un volume per decidere che non toccherò nemmeno con un palo da barca il resto di una trilogia in cui la trama balzellon-balzellona di coincidenza in reazione immotivata, e gli anacronismi spuntano da tutte le parti. E anche di Patrizia Debicke non leggerò mai più nulla, dopo essermi lasciata attirare in trappola da L’Uomo dagli Occhi Glauchi – un po’ per il quadro di Tiziano, un po’ per l’epoca e un po’ per il giovane Lord Burleigh – e averlo trovato scritto da non dirsi. E abbiate pazienza se torno a Conrad, ma quando mi si è parlato di La Storia Segreta del Costaguana, di Juan Gabriel Vàsquez, incentrato sul Conrad di Nostromo, e su una serie fittizia di eventi ispiratori, ho reagito come i gabbiani di Nemo: Mio!  Silly of me, a ben pensarci. Che posso dire? Gli autori sudamericani non sono, ma proprio non sono la mia tazza di tè – quale che sia l’argomento. meh-cat

Poi invece capita che il libro non abbia nulla che non va – solo che non è quel che ci si aspettava. Come Foe, di Coetzee, che mi aspettavo molto più incentrato su Defoe, e invece più che altro rimescola le carte nella storia di Robinson Crusoe. Per carità – è un molto ben scritto, e intreccia alcuni dei miei temi prediletti in fatto di arte&vita, narrativa, finzione e verità… per cui proprio non arrivo a immaginare perché diamine non mi sia piaciuto – ma resta il fatto che, per quanto l’abbia iniziato con le migliori intenzioni, non mi è piaciuto.

E suppongo che questa casistica non debba valere soltanto per la narrativa, ma devo dire che con la saggistica mi capita molto di rado. In realtà, l’unico caso eclatante che mi viene in mente è la biografia di Teodora di Paolo Cesaretti. E badate, mi avevano anche avvertita – ma non capivo come la biografia di un’imperatrice bizantina potesse non piacermi. E invece. Magniloquente, contorta, gonfia e psicanaliticheggiante – a riprova di due fatti: prima, non tutto è oro quel ch’è bizantino; e poi bisognerebbe dar retta agli amici che non sempre condividono i nostri gusti, ma di sicuro li conoscono.

Come dicevo, capita. Brucia molto più dell’analoga situazione con un libro che si è preso in mano senza particolari aspettative, e rende più difficile accantonare la lettura infelice. E allora magari si tiene duro lo stesso, per senso del dovere, o perché si spera, insistendo, che le cose cambino, o perché si vuole essere proprio certi. Oppure si esercita il terzo diritto imprescrittibile del lettore e si piant lì – ma, ripeto, con qualche bruciorino di stomaco, che diavolo…

E voi? Vi capita di non riuscire a farvi piacere qualcosa, per quanto lo vogliate? E nel caso, che fate? Tenete duro o abbandonate?

Giu 20, 2014 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Metti Un Pomeriggio D’Estate Un Lettore

Metti Un Pomeriggio D’Estate Un Lettore

Solstizio torna e l’estate rimena…

No, d’accordo – basta così. Ma ciò non toglie che domani sia estate. Tempo di letture estive,.

Cominciamo col riprendere la nostra buona vecchia definizione:

Non tanto il genere di libro che ci si porta in vacanza, quanto quello che, in qualche modo, costituisce una specie di vacanza di per sé. Cose gaiamente avventurose, improbabili e divertenti che paiono narrate in technicolor. Spensierate avventurone concepite, tutto sommato, come un lungo pomeriggio di make-believe.

E continuiamo riportando i link agli analoghi post dell’anno scorso e di quello prima.

Ciiò detto, vediamo un po’…

ZendaInizierei con l’avvocato Anthony Hope, del cui Prigioniero di Zenda abbiamo parlato domenica scorsa. Perché in realtà Hope ha scritto anche un certo numero di altre cose – tra l’altro un seguito, intitolato Rupert of Hentzau, dal nome del villain del primo volume, altre storie ambientate a Zenda, altre cose ruritaniane (vale a dire ambientate in altri staterelli fittizi, come la Kravonia e Aureataland), e i deliziosi Dolly Dialogues, una raccolta di bozzetti sulla vita londinese tardovittoriana – originalmente illustrati da Arthur Rackham nella prima pubblicazione in volume. Ora, direte voi, che cosa si trova? Be’, parecchio sul Project Gutenberg e, con un po’ di fortuna, qualcosa di tradotto. Per esempio, una riedizione De Agostini del Prigioniero, datata ai primi anni Novanta. Magari bisogna dedicarsi al prestito interbibliotecario, ma non dovrebbe essere terribilmente difficile. Se siete mantovani, alla Teresiana hanno edizioni anni Venti de Il Romanzo del Re e Il Romanzo della Regina… 77cc36c622a02f61cf8f7110.L._SY445_

Poi potremmo passare ad A.E.W. Mason, compagno di scuola di Hope a Dulwich College*, parlamentare, playwright di moderato successo, ufficiale nella Prima Guerra Mondiale, agente del constrospionaggio e romanziere avventuroso. Il suo titolo più celebre è senz’altro Le Quattro Piume, storiellona di coraggio, codardia, false apparenze e redenzione da cui ogni decennio qualcuno trae un film. Però ci sono anche i gialli dell’ispettore Hanaud e il mio prediletto, l’elisabettiano** Fire Over England. Per una volta, trovate una certa quantità di traduzioni in giro per biblioteche, compresi quattro gialli raccolti in un volume Mondadori datato 1985. Se volete gli originali, Gutenberg Australia o Gutenberg e basta.

TeyPerò mi viene in mente che non ho mai incluso in queste liste Josephine Tey/Gordon Daviot – e invece ne vale la pena. Ci sono i gialli dell’Ispettore Grant, ma ci sono anche altre cose, come l’incantevole The Privateer, romanzo storico con Henry Morgan come protagonista (che a mio timido avviso è perfetto da leggersi accanto al Captain Blood di Sabatini), il più amaro Kif, il play Richard of Bordeaux, che catapultò al successo un giovane John Gielgud… I gialli li trovate persino in libreria, ripubblicati l’anno scorso da Mondadori. Per tutto il resto, c’è Gutenberg Australia. beau-geste-book

E infine, Percival Christopher Wren, che con questo nome da romanzo, è un personaggio che di per sé meriterebbe una storia. Insegnante e (forse) ufficiale in India, (forse) legionario straniero, ripetutamente e misteriosamente sposato – e sempre straordinariamente riservato su tutto quanto. Se ne avete mai sentito parlare, odds are che sia per via di Beau Geste, avventurona anglo-desertica, con tre orfani di buona famiglia che si arruolano nella Legione in seguito a un furto di gioielli… ah, tutto molto intricato e avventuroso, e magari avreste anche visto il vecchio film con Gary Cooper. Ad ogni modo, questa volta niente Gutenberg. For once and for a wonder, c’è una traduzione Mursia del 2012, che rischia persino di essere ancora in catalogo. Se volete l’originale, lo si trova (insieme ai suoi seguiti) in giro per biblioteche, oppure su Amazon, in genere per una manciatina di centesimi.

E per quest’anno, ecco qui. Regnolini balcanici, Inghilterre passate o inesistenti, mari, deserti… Vi sembra una collezione abbastanza avventurosa per i pomeriggi estivi? E mi raccomando: non dimenticatevi i ghiaccioli.

________________________________________

* Sì, quello fondato da Ned Alleyn.

** Lo so, lo so… Anche qui c’è un film, con Laurence Olivier e Vivien Leigh.

 

Dieci Libri Che Vorrei Rileggere (E Chi Può Dire Se Mai Ci Riuscirò?)

Jades-reading-list-600x436Questo post nasce da… be’, diverse cose.

In primo luogo, qualche tempo fa, P. mi aveva scritto di avere deciso di dedicarsi per un po’ alle riletture di almeno qualcuno di quei libri che le erano piaciuti tanto, e di cui aveva nostalgia…

Mi era sembrata una di quelle idee belle e irrealizzabili, considerando una To Read List lunga come il mio braccio e un’incapacità di resistere di fronte ad ogni libro che si disturbi a sbattere metaforicamente le ciglia davanti a me. Irrealizzabile – ma bella.

Poi è capitato che l’estate scorsa, proprio di questi tempi, mentre scrivevo Acqua Salata e Inchiostro, abbia ripreso in mano Lord Jim – e l’abbia riletto più o meno di straforo, tra una battuta e l’altra, a bocconi e spizzichi, gettando occhiate ansiose da sopra la spalla, e sperando che la TRL non mi vedesse.

E l’altro giorno è successo di nuovo: per l’ultimo appuntamento di Ad Alta Voce, in tema di peccati, vizi & trasgressioni, ho letto tra l’altro un brano di A Dead Man in Deptford – e mi sono resa conto che goodness, ho davvero voglia di rileggerlo.

Ma… la Lista, il lavoro, le commissioni, la HNR, le conferenze, gli impegni… non sembra molto probabile che trovi il tempo – e se anche lo trovassi, temo che cominciare con una rilettura significhi soltanto aprire un cancello pericoloso – brutte chine, metafore assortite, e tutto quanto. Perché non è come se Burgess e Conrad fossero due casi isolati…

E tuttavia, immaginiamo di non avere limiti di tempo, di disporre di molteplici set occhi-mani-cervello, di non necessitare di sonno, eccetera, eccetera, eccetera… Immaginiamo di poter rileggere a piacimento, e buttiamo giù una piccola lista – un’altra! – di riletture ideali. Considerando che Lord Jim l’ho riletto, e che di A Dead Man in Deptford ho già detto…

1. La Trilogia del Mare, di Golding. E già cominciamo male, a tre per volta. Conrad a parte, forse i miei titoli prediletti in fatto di mare. Divorati nel giro di tre giorni e tre notti piuttosto senza respiro, nella mia stanza di collegio, a Pavia.

2. Guareschi. Di male in peggio, perché qui sono proprio tanti. Non so, mi viene in mente il Mondo Piccolo, varie cose di Don Camillo, Vita con Giò… solo per citarne qualcuno. Guareschi lo leggevo con mia nonna – e ogni volta che F. me ne legge o cita un pezzetto, mi viente un colpo di nostalgia.

3. Count Belisarius, di Robert Graves. Non foss’altro che per nostalgia di come aspettavo che fosse sera per tornare a leggere… Questo generale barbaro, più fedele all’Impero dei Bizantini stessi, e la lealtà così mal ricompensata. È così perfettamente il mio genere di storia, che difficilmente potrebbe esserlo di più. E quanto ho detestato Antonina…

4. Barnaby Rudge. Magari non tutto, ma cose come l’assalto a Newgate, la folla, le fiamme… Quei libri da cui si riemerge a tratti con la sensazione di annusare odor di bruciato. Ma qui forse entriamo in territorio pericoloso, perché pretendere da una rilettura le stesse impressioni di una prima lettura può rivelarsi la via del disastro.

5. Camera con Vista. Il mio Forster predilettissimo, nonché il primo libro che mi sono comprata a Cardiff come terapia per la nostalgia di casa. A parte tutto il resto, è incantevole.

6. L’Opera al Nero. L’unico libro della Yourcenar che desideri rileggere sul serio. È passato un sacco di tempo, ma ricordo una storia cupa, un protagonista in ricerca perenne, un senso di urgenza…

7. Guerra e Pace. Mi sono resa conto pensandoci che l’unica lettura completa risale a quasi venticinque anni fa, e il successivo senso di familiarità è dovuto tutto e soltanto all’opera di Prokofjev… forse sarebbe tempo di riprenderlo in mano.

8. The Player’s Boy, di Bryher. Lettura relativamente recente, ma il senso di un mondo che tramonta, di occasioni mancate, di rimpianti e di irreparabilità… Oh, che volete che vi dica? Ciascuno è sentimentale a modo suo.

9. Narciso e Boccadoro. Ebbene si, ho avuto un periodo Hesse – anche se tengo a chiarire che Siddharta non mi è mai, mai e book readingmai piaciuto. Questo in particolare – letto in un momento particolare, associato a bei ricordi e con una manciatina di spunti e di scene che poi hanno fatto ritorno in altri modi – lo rileggerei volentieri – per tutta una collezione di motivi sbagliati.

10. La Fattoria degli Animali. Non so a chi diavolo fosse saltato in mente d’infilarlo nella biblioteca scolastica di una seconda media… Ne ho ricordi piuttosto vividi (povero Gontrano!), ma forse sarebbe il caso di dargli un’occhiata più adulta…

E in realtà questa era soltanto la punta dell’iceberg, e mi sono limitata ai romanzi e non ho nemmeno cominciato con la saggistica. E questo è il motivo di fondo per cui è alquanto improbabile che mi dia alle riletture, e però, però, però…

E voi? Rileggete? Rileggereste? Che cosa rileggereste?

Giu 11, 2014 - libri, libri e libri    2 Comments

Caccia Al Tesoro

106538347404460751_BSs0iTR8_c“Non hai visto A Dead Man in Deptford, vero?”

“No…”

“Davvero davvero davvero?”

“Non l’ho trafugato per leggerlo di nascosto, se è questo che intendi.”

“No, ma davvero non l’hai visto?”

“Hm… Com’è fatto?”

“Paperback, costa nera, copertina nera con illustrazione dal giallo al rosso… Anzi, aspetta – no. Quella è la copertina della biografia di Riggs. Copertina… Mi pare che ci sia una variazione di qualche tipo del ritratto, e delle foglie, e forse…”

“Fa lo stesso, tanto la copertina non la vedo da qui, giusto? Ma la costa è nera?”

“Sì, di quello sono sicura: costa nera.”

Ed è così che ci si mette in due, su e giù dalle scalette, scaffale per scaffale, costa nera per costa nera, avanti e indietro per parecchie pareti di libreria, distribuite su diverse stanze – e talvolta in doppia fila. Senza contare le pile – perché ci sono diverse pile qua e là, ad altezza ginocchio.

“Certo che se tu tenessi i libri in qualche parvenza di ordine…”

“Di solito so dove ho le cose.”

“Vedo…”

“Ho detto di solito. E comunque questo è stato di sopra per un secolo… no, lascia stare quella pila lì: c’è da Pasqua, e ADMiD l’ho ripreso in mano più di recente.”

“Di sopra?”

Era di sopra. Poi una sera l’ho portato a lezione per leggerne un pezzo, e poi… er.”

“Poi non l’hai rimesso a posto. Figures. E questo è successo dopo Pasqua?”

“O forse prima, a ben pensarci…”

“Il che significa che potrebbe essere in una qualsiasi delle pile?”

“Oh dear.”

E riprende la ricerca – estesa anche alle pile.

“In base a quale logica hai suddiviso questi scaffali per colore?”article-0-0072D12F00000578-830_468x312

“Oh, così – mi è venuto l’uzzolo, un paio di anni fa.”

“E come fai a ritrovare un libro sulla base del colore?”

“Se c’è qualcosa che tendo a ricordarmi, è il colore della costa. E comunque, credi che l’ordine per colore sia davvero peggio dell’ordine del tutto casuale?”

“Ma che cos’hai contro un ordine vagamente sensato? Magari non servirebbero questi safari. Oh… eccolo!”

“Dove?”

“No, scusa. Altro Burgess.”

“Pittikins.”

“Be’, sai che cosa ti dico? Non c’è.”

“Ma certo che c’è. L’ho visto di recente…”

“Non l’hai prestato a qualcuno?”

“No…”

“A qualche allievo, magari?”

“Ma no.”

“Come i racconti di Crane – che poi non si sono più rivisti?”

“Questo è in Inglese, non credo che…”

“E Crane invece in che lingua era?”

“Oh… già. Ma questo sono sicura di non averlo prestato. Sicurissima.”

E dopo un po’ inevitabilmente si rimane da soli, perché la gente si stanca dei safari. E una volta rimasti da soli, si ricomincia a cercare e cercare e cercare, solo che da soli si è più inclini a distrarsi, sfilare un libro o l’altro, cominciare a sfogliare… Insomma, sono certa che sapete come funziona. Passa un’oretta buona prima che si arrivi a scendere – però lo si fa brandendo trionfalmente A Dead Man in Deptford.

index“E dov’era?”

“Di sopra. Più o meno dov’è sempre stato.”

“Lo avevi rimesso a posto?”

“Eh sì. Sono talmente abituata ad appoggiare le cose dove capita, che quando, for a wonder, le rimetto a posto, non le trovo più.”

“Non succederebbe, se tu rimettessi a posto più spesso. Mi domando però come abbiamo fatto a non vederlo prima, visto che… aspetta un momento, la costa è bianca!”

“Er…”

“Avevi detto che la costa era nera. Che di quello eri sicura. Che se c’è una cosa che tendi a ricordarti, è il colore della costa…”

“Sssssì, ma può darsi che mi si sbagliata un pochino.”

E che bisogna dire? A volte sarebbe il caso di accettare con rassegnazione il fatto di non avere memoria visiva. E di non coinvolgere gli innocenti in questo genere di caccia al tesoro – perché poi gli innocenti cui pare di aver perso mezz’ore alla ricerca di coste del colore sbagliato fanno commenti acidi.

E comunque niente mi toglierà mai di mente l’idea che ai libri – o almeno a certi libri – piaccia da matti farsi desiderare e giocare a nascondino.

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L’Odissea Del Capitan Fracassa

"Le Capitaine Fracasse" by Théophile...Il Capitan Fracassa, Gautier cominciò a prometterlo ai lettori nel 1836 – quando non aveva ancora nemmeno cominciato a scriverlo.

Quel che voleva fare era scrivere una storia tra picaresca e barocca, ispirandosi a gente come Scarron e Scudery… Solo che forse non voleva poi troppo, perché quando nel 1845 firmò un contratto con un editore per una pubblicazione a puntate (e percepì un lauto anticipo), trascurò di spiegare che del romanzo non esisteva ancora una singola parola. E mentre Gautier tergiversava, l’editore Buloz cominciò a innervosirsi, e alla fin fine la faccenda approdò in tribunale nel 1851. Ci fu una conciliazione che Gautier mandò a monte – a quanto pare perché era un incoercibile procrastinatore – e sarebbe finita male se non fosse intervenuto un banchiere appassionato di letteratura, a risarcire l’anticipo e pagare le spese processuali.

Gautier era, si direbbe, di quelli che non imparano mai nulla: dal 1853 al 1856, seguitò a promettere e ripromettere le Capitaine Fracasse dalle pagine della Revue de Paris, di cui nel frattempo era diventato direttore… E in realtà il romanzo aveva cominciato anche a scriverlo, solo che – solo che…

Chissà come sarebbe andata a finire, se non fosse stato per un altro editore, Gervais Charpentier – uomo più energico e più accorto, che propose a Gautier di pubblicargli il romanzo, prima a puntate e poi in volume, pagandolo… be’, con l’equivalente editoriale del sistema a cottimo.

Magari sembra un po’ brutale, ma funzionò.  Finalmente il buon Gautier ci si mise di buzzo buono, ma i guai erano lungi dall’essere finiti. Mano a mano che si avvicinava alla fine, il nostro eroe si ritrovava di umore sempre più cupo, e fu con qualche esitazione che porse l’ultimo capitolo manoscritto alla sua lettrice sperimentale, la moglie Ernestina Grisi.

Théophile Gautier, his wife Ernestina Grisi-Ga...E Madame Grisi Gautier, che fino a quel punto il libro l’aveva adorato, rimase esterrefatta nel leggere il finale che suo marito aveva in mente: il povero Sigognac, dopo avere ucciso in duello Vallombrosa e rinunciato per sempre a Isabella, se ne tornava a casa, più rovinato e più infelice che mai, scendeva nella cripta e si lasciava morire tra le tombe degli avi. Fine.

Ora, Ernestina era la sorella di quell’altra Grisi, e sapeva come coniugare arte drammatica e ricatto morale: furon pianti e furono bronci a non finire perché, diceva, un libro come quello non poteva finire in maniera tanto tragica e cupa… Fa venire in mente Stevenson che, a proposito del suo (incompiuto) Weir of Hermiston, avrebbe scritto, di lì a un quarto di secolo, che un libro, per andare a finir male, deve cominciare a finir male fin dalla prima pagina.

Ecco, Ernestina era in inconsapevole accordo con Stevenson, in questo, e riteneva che LCF non fosse il libro giusto per un finale del genere. Un altro che la pensava così era Charpentier, certo che il pubblico non avrebbe gradito una repentina virata in tragedia e dotato di oratoria persuasiva – o forse di molta capacità d’insistere.

Andò a finire che Gautier cedette alle pressioni congiunte, ai pianti di Ernestina e alla market-savviness di Charpentier, e modificò il finale nel modo che sappiamo, senza duelli fatali e senza suicidi, e il giorno di Natale del 1861 i lettori della Revue Nationale et étrangère si ebbero come regalo la prima puntata di Le Capitaine Fracasse – che cominciava a finir bene fin dalla prima pagina.

Il finale roseo uscì sulla rivista nell’estate del Sessantatre, seguito di poco dalla prima edizione in volume. Il successo fu enorme, con quattro ristampe soltanto nel 1864, e nel 1866 Charpentier investì felicemente in un’edizione di lusso illustrata da Gustave Doré, nientemeno.

Poi ci furono gli adattamenti teatrali, i film…

E viene da chiederselo: se Gautier avesse tenuto duro, se Ernestina avesse pianto di meno, se Charpentier avesse ceduto al suo autore e gli avesse lasciato scrivere il suo finale “logico e triste e vero”, davvero il pubblico sarebbe rimasto deluso e disgustato? Se il finale fosse stato diverso, come sarebbe andata a finire la storia di questa storia?

 

 

 

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Il Viaggio di Shakespeare

DaudetPoche cose mi rendono scettica come sentir descrivere un libro in termini di “non succede niente, ma è scritto così bene…” D’altronde, si sa, sono ossessionata dalla fabula. Per cui, se qualcuno mi avesse detto che ne Il Viaggio di Shakespeare di Léon Daudet “non succede quasi niente, ma è scritto così bene…” probabilmente non avrei sfiorato il libro in questione nemmeno con l’orlo della veste.

E avrei fatto malissimo.

Perché ancora non so se davvero non succeda niente (oddìo, fino a pagina 50 non abbiamo fatto molto più che attraversare la manica senza incidenti: non il più fulmineo degl’inizi), ma il linguaggio, il linguaggio… ah, il linguaggio! Gli squarci descrittivi, i personaggi tratteggiati di sghembo, il fluire dei minimi moti dell’immaginazione di Shakespeare! Questo William di vent’anni non pensa davvero: immagina. Non vede direttamente: tutto ciò che guarda passa attraverso la lente distorcente di una fantasia di poeta. E pensieri, mare, vento, ricordi, germi di personaggi si fondono in questo linguaggio iridescente, questa danza di ritmi cangianti. Absolutely dazzling.

Ecco il nostromo deforme, Calibano in boccio: “Solo ai suoi occhi, Fred oscurava l’estasi dorata della natura, il disco infinito, scintillante, azzurro e verde del cielo e dell’acqua confusi. Diventava lo spirito del male e del brutto, il destino rabbioso che sorveglia la culla dei bambini, i semi delgli alberi, i ciottoli che faranno la roccia, presagendo la loro distruzione nel germe stesso delle cose.”

Un temporale, anzi una Tempesta, giusto per movimentare il passaggio: “Il colore del mare era cambiato. Era nero come il cielo, attraversato da mobili strisce d’argento, perché il moto delle onde aumentava. La pioggia cessava di colpo per riprendere poi con maggior violenza e i lampi si succedevano senza tregua, in un frastuono assordante. Come uccelli d’oro, fendevano lo spazio. William ne osservava il volo furioso, la traiettoria fiammeggiante, la nascita, la morte e la traccia postuma del loro passaggio. Qualche volta una mosca azzurra, una scintilla violetta annunciavano questi grandi protagonisti, e lo scarto violento dell’aria sembrava infinito; a volte era un chiarore pallido seguito da un fremito dell’etere. Si manifestava così quella rabbia, cui corrispondeva quella delle onde, scosse, ritorte, attorcigliate, scarmigliate, in lunghe strisce e frange, in forma fantastica di cavalloni, tutta una galoppata di nebbia e di schiuma.”

Sì, lo so: oltre a Shakespeare stesso c’è Victor Hugo, qui, come nume tutelare. E devo dire che la traduzione di Donatella Dini è superlativa: tutto splende, barbaglia, crepita, luccica… devo assolutamente procurarmi l’originale e vedere da che cosa è partita e che cosa ne ha fatto.

La quarta di copertina dell’edizione Robin descrive questo libro come un romanzo picaresco, leggi “collezione d’incidenti”: William viaggerà per l’Europa raccogliendo impressioni destinate a dar vita ai suoi personaggi, e bisognerà vedere se, alla lunga, 365 pagine di questo reggeranno. Per ora, (nel senso della scorsa notte fino alle 3) mi accontento di essere dazzled.

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Mar 10, 2014 - grilloleggente, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Udite Udite

Udite Udite

LocandinaMercoledì sera, alla biblioteca Zamboni di Roncoferraro, secondo appuntamento per Ad Alta Voce.

Dopo la godereccia serata letterario-culinaria del mese scorso, questa volta leggiamo e parliamo di tutt’altro.

Il tema è Singolare Femminile: Storie di Donne. Perché la letteratura è piena di favolosi personaggi femminili – creati con uguale maestria da donne e da uomini – e allora pareva interessante esplorare un po’ il genere…

Come al solito, è possibile scegliere un libro inerente al tema e leggerne qualche pagina, è possibile partecipare alla discussione senza leggere, è possibile ascoltare e basta – a piacere. Perché Ad Alta Voce non è un gruppo di lettura tradizionale, e non si basa sulla discussione di una lettura comune – ma, al contrario, sull’accostamento imprevisto di letture diverse. Punti di vista diversi, interpretazioni diverse, tagli diversi, secoli diversi, stili diversi… la ricchezza dell’esperienza consiste proprio nel vedere il tema attraverso un prisma letterario che ha tante facce quanti sono i lettori e gli ascoltatori.

A parte tutto il resto, è una ricetta sicura per stimolare curiosità, domande, confronto, discussione – e per scoprire libri nuovi.

Per cui, se siete da queste parti e se vi va una serata di libri un po’ diversa dal consueto, vi aspettiamo mercoledì sera, alle 21, presso la biblioteca Zamboni di Roncoferraro. Nel frattempo, potete scaricare la cartolina con le date e i temi in pdf, e seguire novità e preparativi sulla pagina Facebook del progetto.

Feb 23, 2014 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Libro

Libro

Ho trovato questo fantastico video che mostra, in un montaggio di fotografie*, il processo di costruzione materiale di un libro, dalla realizzazione delle illustrazioni, alla stampa, alla cucitura a mano, alla fabbricazione della carta per la copertina. Ci sono giorni in cui vorrei saper fare qualcosa del genere… Qualcosa di manuale, raffinato, preciso, complesso e bello.

Buona domenica a tutti!

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* La didascalia dice più di 3000 fotografie… sarà un errore di battitura o è davvero possibile montare più di 3000 fotografie in meno di 5 minuti? Se sì, sono affascinata.

Feb 19, 2014 - grilloleggente, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Sbirciatori

Sbirciatori

readUna volta, parecchi anni fa, ero seduta nella sala d’attesa della stazione ferroviaria di Nantes, aspettando una coincidenza particolarmente scomoda, ed ero immersa nella lettura di una biografia di Henri de La Rochejaquelein. Ero tanto presa, in effetti, da impiegare una vita ad accorgermi di qualcuno accovacciato sul pavimento a poca distanza dalle mie ginocchia, intento a frugare in una borsa sportiva. E frugare. E frugare. E frugare…

Alla fine, getto un’occhiatina surrettizia e vedo un ragazzo occhialuto, su per giù mio coetaneo, che finge di frugare nella sua borsa, ma di fatto cerca disperatamente di vedere che cosa la sottoscritta stia leggendo. Allora, con un gran sorriso, sollevo il libro in modo da mostrargli la copertina… lui, colto sul fatto, sobbalza, arrossisce, afferra la sua borsa aperta e scappa via correndo di traverso. Ma prima di scappare, getta uno sguardo al titolo. Dalla mia fila di sedie e da quella di fronte si leva un coro di risatine, e io torno alla mia lettura.

Fine dell’aneddoto.

Però, sapete? Il ragazzo francese non aveva nessun motivo di sobbalzare e scappare: anch’io non posso fare a meno di cercar di vedere che cosa legge il prossimo in treno, in aereoporto, nella sala d’aspetto del veterinario. È più forte di me. Mi giro senza parere, fingo di allacciarmi una scarpa, rischio di slogarmi i bulbi oculari, assumo interessanti sfumature di carminio quando vengo presa in castagna…

Appartenevamo alla stessa tribù degli Sbirciatori.over_shoulder_train.jpg

Curiosità? Sì e no. La tentazione di inquadrare una persona sulla base di ciò che legge è forte. E so benissimo che un singolo libro non è significativo, meno ancora in una situazione di passaggio… voglio dire, in viaggio a volte si leggono strane cose: i libri che abbiamo comprato per regalarli a qualcun altro, o l’unica cosa decente che abbiamo trovato al Duty Free, o il libriccino piccolo che stava nel bagaglio a mano, o un prestito di un compagno di viaggio… oppure no. Non è detto. Non è significativo. Eppure lo si fa – e diciamo la verità: ci si diverte un sacco.

Adesso, in tutto questo, interviene l’avvento dell’ereader.

Leggevo tempo fa che in Inghilterra la diffusione dell’ereader ha visto una crescita notevole delle vendite di romanzi rosa. Ora, sull’Isoletta si legge molto in pubblico*, e leggere per via elettronica cancella l’imbarazzo delle copertine… er, purpuree. Dopo tutto, con un ereader in mano, chi può dire se stia leggendo Kant o Barbara Cartland?

Il che, di per sé, è una divertente variazione editoriale del buon vecchio “Niente sesso, siamo inglesi!”, ma non promette molto bene per il futuro degli Sbirciatori. Magari in Italia si tratta di un futuro ancora piuttosto lontano, ma verrà il giorno in cui l’unico modo di sapere che cosa legge il prossimo sconosciuto sarà chiederglielo spudoratamente. O sbirciare da sopra la spalla – perché in realtà non è come se non capitasse anche quello**…

reading 2Oh, d’accordo – mettiamola così: la loro vita diventerà più complicata, ma gli Sbirciatori non spariranno del tutto. Resteranno solo i più tosti, i più determinati e sprezzanti del pericolo. I veri Sbirciatori,se vogliamo. E sarà interessante vedere se si tratterà di irriducibili del cartaceo o di digitalizzati.

Personalmente, sono digitalizzata senza estremi – e bibliotimida. Dubito che potrei mai chiedere all’estraneo in treno che cosa sta leggendo: come sbirciatrice mi vedo destinata all’estinzione.

E voi?

 

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* Statistica tanto personale quanto approssimativa: di rado mi è capitato di contare meno di sei lettori di libri in un qualsiasi vagone affollato della metropolitana di Londra. In genere sono ben più numerosi. E poi ci sono le riviste e i giornali.

** Fino a qualche tempo fa capitava anche che l’ereader stesso diventasse soggetto di conversazione. “Scusi, è un Kindle, quello che sta leggendo? Posso chiederle…?”

 

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