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Va’ A Capire Il Bestseller

Rant ahead, vi avverto.

5165TA4QLKL__SL500_AA300_.jpgEdward Marston è un autore pluriseriale di gialli storici. Al presente ha in corso tre serie: le avventure di un architetto-detective nella Restoration London, le vicende di una spia al servizio del Duca di Marlborough ai primi del Settecento e i casi di un ispettore di Scotland Yard specializzato in crimini legati alle ferrovie. E almeno un paio di volumi di delitti ferroviari sono assurti al rango di bestsellers di categoria.

Francamente fatico a capire perché.

Di Marston ho letto più di quanto potessi desiderare: considero quattro corposi volumi, letti per intero, letti con cura e recensiti per la HNR una solida base per lamentarmi.

C’è per esempio il fatto che le tre serie, ambientazione storica a parte, sono singolarmente simili tra di loro. C’è sempre un protagonista brillante, retto e pieno di risorse, supremamente abile nella sua professione, ammirato da tutti e del tutto privo di difetti, dubbi o ombre di alcun tipo. Poi c’è la fanciulla, una creatura dolce, coraggiosa e a sua volta priva di difetti, che l’eroe salva rocambolescamente nel secondo o terzo volume, in circostanze che danno luogo a una mutua devozione. Dopo di questo, nessuno dei due avrà altri pensieri al di fuori dell’amato bene (e della carriere, nel caso di lui). Poi c’è il padre di lei, burbero ma onorevole e intelligente. Essendo stato salvato insieme alla figlia, ha avuto modo di concepire un’illimitata stima nei confronti del futuro genero. Poi ci sono servitori, subalterni e aiutanti, gente che svolge i compiti meniali, offre comic relief, fa le domande ovvie, canta senza posa le lodi dell’eroe e/o dell’eroina, e occasionalmente si lascia sfuggire l’informazione sbagliata in presenza della persona sbagliata. E infine ci sono i superiori dell’eroe, costantemente impegnati a ringraziare il cielo di avere messo una simile perla d’uomo sotto il loro comando, e i malvagi/assassini/nemici, gente pessimissimissima dalle motivazioni di cartapesta, che sogghigna e digrigna i denti, e non ha altra aspirazione se non liberarsi una volta per tutte dell’eroe. 51r9vnR0AFL__SL500_AA300_.jpg

E ci sono i dialoghi. Pagine su pagine di terrificanti dialoghi in cui ci si chiama continuamente per nome come nelle soap opera e si discute di a) particolari che tutti i partecipanti alla conversazione dovrebbero già conoscere; b) le gioie del santo matrimonio; c) il prezzo del tè, la misantropia del sergente, aneddoti sulle ferrovie, le molteplici perfezioni dell’eroe… Perché diavolo, nel bel mezzo di una campagna, il segretario del Duca di Marlborough dovrebbe spiegare al Duca di Marlborough la strategia del Duca di Marlborough? “Come Vostra Signoria sa bene…” Quando un dialogo inizia così, a me viene l’emicrania. Ma, a dire il vero, mi viene anche quando per ben quattro pagine l’eroina ricatta moralmente la sua fida cameriera che non vuole partire per l’Inghilterra – quattro pagine quattro di mutue dichiarazioni d’affetto, reticenti ammissioni di sogni premonitori, accenni alle innumeri doti dell’eroe assente, tentativi di sensata persuasione e “oh, non potrei mai andare senza di te, Beatrix, vuol dire che resterò a casa”. Sembra quasi di sentire la voce del responsabile editoriale: E’ fantastico, Ed, ma ci mancano almeno 10000 parole per raggiungere la lunghezza commerciale. Aggiungi qualche scena, vuoi?

E c’è il gioioso e sovrano disprezzo per qualsiasi genere di plausibilità. A parte la vaghezza dell’ambientazione storica, a parte l’occasionale errore, a parte l’improbabilità di fanciulle per bene che vanno e vengono da sole per la casa di giovanotti scapoli, è proprio la meccanica delle storie che mi lascia senza parole. Gente che passa da un esercito all’altro come se nulla fosse, gradi da ufficiale che piovono dal cielo, guardie che cercano dappertutto tranne nella stanza dove si trova nascosto l’eroe, gente che in conversazione con uno sconosciuto sospetto, rivela informazioni rilevanti, altra gente che passa dal campanile di una chiesa all’abbaino del palazzo di fronte senz’altro aiuto che una fune – salvo poi, appena dentro, sfondare una porta a spallate allertando così le guardie… Tanto gli Audaci Buoni quanto gli Spregevoli Malvagi mostrano una combinazione di improbabilità e idiozia che sconsola.

51tPT6PKwoL__SL500_AA300_.jpgSono ben lungi dall’avere finito con le mie doléances, ma vi siete fatti un’idea. Peggio di tutto, Marston non è un novellino. Marston dovrebbe essere uno scrittore esperto e prolifico, con un sacco di titoli alle spalle e una passata presidenza della Crime Writers’ Association. Non ho mai letto nessuno dei suoi lavori più vecchi, e al momento non mi sento molto incentivata a farlo. Come può uno scrittore esperto produrre questa roba dilettantesca e grossolana? Come può una casa editrice con un nome (Allison&Busby) mandare in stampa una storia mal concepita, mal scritta e mal eseguita? Ma forse dell’editore non dovrei meravigliarmi troppo, visto che a nessuno da A&B è parso grave mettere dei soldati di era napoleonica sulla copertina di un libro ambientato nel 1708. Dovrei piuttosto chiedermi tutt’altra cosa: com’è possibile che la gente legga con entusiasmo dei libri che partono da un’idea potenzialmente buona e poi la macellano senza il benché minimo riguardo per l’intelligenza del lettore?

Mar 28, 2011 - libri, libri e libri    15 Comments

Otto Libri Miliari

Il secondo miglior complimento che si possa fare a uno scrittore è “Ho letto il tuo libro tutto d’un fiato”.

Il migliore in assoluto, quello che chiunque metta mai penna sulla carta sogna di sentirsi dire, è “Ho letto il tuo libro e ha lasciato in me un segno duraturo.” Tutti abbiamo, credo, dei libri miliari. Libri che – per contenuto o per forma, per merito o per circostanza, nel bene o nel male – hanno segnato altrettante tappe della nostra vita. E’ una lista in continua espansione, dall’infanzia in poi, e può comprendere i punti di svolta più singolari e le motivazioni più bizzarre.

Qui ci sono alcuni dei miei Libri Miliari, in un ordine vagamente cronologico.

– Il Piccolo Principe. Questo non mi ha segnata molto bene. Ero molto piccola e stiamo parlando di un’edizione illustrata, ma sono certa che la precoce overdose di saccarina ha contribuito a fare di me la cinica che sono. Mi ricordo che guardavo la Volpe e volevo chiederle perché diamine volesse farsi addomesticare. Ruined in infancy.

– Zanna Bianca. Non posso dire che mi sia piaciuto molto, ma è stato il primo libro “grosso e senza figure” che ho letto da sola, nell’estate dei miei cinque anni. La prima prova evidente che le parole e io ci capivamo benissimo da soli, senza nessun bisogno di adulti o illustrazioni, grazie.

– Il Deserto Dei Tartari. Più di vent’anni dopo, sono ancora stupita dall’influenza enorme che questo libro ha avuto nel dare forma al mio senso dell’attesa e delle attese.

– Le Commedie Gradevoli. Di George Bernard Shaw. Il mio primo idolo e modello. Se è vero che l’imitazione è la forma di adulazione più sincera, Shaw doveva sentirsi molto sinceramente adulato, all’epoca.

– Lord Jim. Sì, questo ve lo aspettavate. Mi ha segnata in più modi di quanti ne possa dire, mi ha aperto gli occhi sulla letteratura e sulla natura umana, mi ha fatto scoprire la bellezza della lingua inglese e, in generale, mi ha svezzata parecchio.

– Il Rosso E Il Nero. Folgorazione tecnica, perché non solo Stendhal era spietato con il suo protagonista, ma ne scriveva anche come se non gli piacesse troppo. Oh, il valore del distacco.

– La Battaglia. Di Patrick Rambaud. Leggendolo ho deciso che avrei scritto romanzi storici – e non è poco.

– The Brontes. Di Juliet Barker. Capitato in un momento difficile. Avete presente quella volta su un milione in cui una lettura casuale, come per incanto, sembra offrire proprio la risposta di cui c’era tanto bisogno? Ecco.

E voi? Quali sono i vostri libri miliari?

L’Itala Giuditta

Mi piace l’idea che ciascuno celebri l’Unità dedicando all’occasione un po’ di quel che sa fare meglio. Come sapete, io scrivo.

E dunque, Signore e Signori, Lettori Diletti, Italians, Citizens, Friends, non senza un pizzico di orgoglio vi presento la mia novella risorgimentale-steampunk che, si dà il caso, è anche il mio primo libro elettronico: L’Itala Giuditta – Opera Steampunk in Cinque Atti.

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L’Itala Giuditta.pdf

 

 

 

 

 

 

Vi si parla di moti, d’opera, di macchine volanti e di signore ostinate. Cliccate sul link per scaricare il PDF. Per ora c’è solo quello, ma si prevedono sviluppi.

E intanto che ci siamo, ecco anche il (piccolo) booktrailer:

Buon Centocinquantesimo!

 

Se poi voleste
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Feb 10, 2011 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Di Libri E Libroni

Di Libri E Libroni

SchuitenBook.jpgCome ve la cavate con quei libroni da molte, molte centinaia di pagine? Qual’è il libro più lungo che abbiate mai letto? E com’è andata? Intanto, in cerca d’ispirazione, leggete qui:

Da Historical Novel Review. N° 54 – Novembre 2010. Susan Higginbotham sull’invasione degli ultratomi.

Brevità… è bella, la brevità, bella nella sua semplicità, nella sua brevità. Eppure tanti sembrano a disagio con la brevità. Appartenete alla categoria? Ammettere il problema è il primo passo verso la soluzione, e allora passate in rassegna questi 12 sintomi per capire se il romanzo storico che state leggendo (o scrivendo) non sia magari appena un pochino troppo lungo…

1. In fase di pubblicazione il libro ha richiesto non solo un editor deputato all’acquisizione, un editor generale e un editor di revisione, ma anche un editor di continuità.

2. Non solo nessuno dei personaggi del primo capitolo è ancora vivo alla fine, ma nessuno – inclusi voi e i personaggi superstiti – si ricorda più chi diamine fossero.

3. Cominciate a individuare un’inequivocabile correlazione tra le vostre sessioni di lettura e le sedute dal fisioterapista.

4. Le compagnie aeree si ostinano a considerare il libro come un collo di bagaglio a mano.

5. In libreria il lettore dice al commesso: “Non so il titolo né l’autore, e non mi ricordo bene di che cosa parli, ma è un libro molto, molto grosso.” E il commesso capisce al volo di che libro si parla.

6. I lettori lamentano non tanto la mancanza di un un albero genealogico o di una lista dei personaggi, ma di un indice analitico.

7. Sul vostro forum letterario preferito, il vostro status, alla voce “sto leggendo” indica lo stesso libro per più di sei mesi – e non perché vi siate dimenticati di aggiornarlo.

8. In conversazione, cominciate a suddividere la vostra vita in “Prima che iniziassi a leggere X” e “Dopo avere iniziato a leggere X”.

9. Membri della famiglia con il pallino del fai-da-te si offrono di aggiungere un buon, solido arco rampante allo scaffale dove riponete questo specifico romanzo.

10. Una volta finito il romanzo sentite la necessità di trovarvi qualche hobby per riempire l’improvvisa abbondanza di ore vuote.

11. Il vostro circolo di lettura, una volta finito questo romanzo, decide di passare a Guerra e Pace, tanto per cambiare ritmo con qualcosa di breve.

12. Avete aggiunto “Finire Questo Romanzo” alla vostra lista di Dieci Cose Da Fare Prima Di Morire.

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Susan Higginbotham ha deciso che presto leggerà quella saga multigenerazionale da mille pagine che da cinque anni prende polvere sul suo scaffale. Uno di questi giorni lo farà. O forse l’anno prossimo. O forse quando andrà in pensione.

 

Feb 1, 2011 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Robinson Crusoe Day

Robinson Crusoe Day

crusoe.jpgOggi negli Stati Uniti è Robinson Crusoe Day. Oggi nelle scuole e nelle biblioteche si leggono e drammatizzano brani del libro, i corsi per manager propongono giochi di ruolo ispirati alla capacità di sopravvivenza, gli intervistatori radiofonici chiedono ai loro ospiti qual’è la persona, l’oggetto, il libro, il disco che vorrebbero portarsi su un’isola deserta, i blog di qualunque natura postano post ispirati al celebre naufrago – a sua volta ispirato a un naufrago vero, Alexander Selkirk, che su un’isola trascorse quattro anni (invece dei ventotto del romanzo), prima di essere salvato.

Selkirk, in realtà, non fece naufragio: venne abbandonato nell’arcipelago di Juan Fernandez dal suo capitano (uno di quei corsari inglesi con patente reale) perché era un piantagrane che predicava ammutinamento. In quella che era alla maggior parte degli effetti pratici una condanna a morte, il capitano lo lasciò a terra con un moschetto, un po’ di polvere da sparo, attrezzi da falegname, un coltello e una Bibbia. Per quattro anni Selkirk sopravvisse perché, oltre ad essere un piantagrane, era ingegnoso, determinato e pieno di risorse. Poi, il I febbraio del 1709, venne recuperato da una nave inglese.Alexander_Selkirk_Title_Page.jpg

Con un’avventura simile da raccontare, divenne celebre. La sua storia diventò una serie di articoli celebri, un libro di memorie e poi un romanzo, quando Defoe se ne impadronì facendone un apologo dell’umana capacità di sopravvivere e creare – sulla base dell’ingegno e della volontà, più che della forza fisica.

Figura letteraria e tema sono tanto consoni alla mentalità anglosassone da avere un loro giorno. Da noi forse no, ma chi non ha letto questa storia, magari in una versione abbreviata e illustrata, presa a prestito dalla biblioteca della scuola? E chi, nell’infanzia, non ha giocato almeno una volta a Robinson Crusuè – come diceva il mio maestro delle elementari – simulando il trionfo dell’uomo su questa ancestrale paura, il ritrovarsi soli e privi di risorse?

Un colpo di nostalgia? O una curiosità? Qui c’è una pagina da cui è possibile scaricare i files zippati di diversi classici della letteratura. Scendendo in basso – sulla destra – trovate anche Robinson Crusoe (i titoli sono in ordine alfabetico).

Per chi volesse fare esercizio d’Inglese, invece, qui c’è il testo originale presso il Gutenberg Project.

Gen 28, 2011 - libri, libri e libri    3 Comments

Le Fragole Della Signora Elton

jane-austen.jpgAh, Jane Austen, scrittrice meravigliosa e, quando vuole, fine umorista! E sperimentatrice, anche. Volete vedere uno stream-of-conversation? Volete un pezzettino di caratterizzazione superlativa? Volete una sorridente, piccola indagine sulla natura umana? Ebbene, allora, seguiamo i personaggi di Emma, e in particolare la detestabile Signora Elton, invitati nel magnifico giardino del Signor Knightley per una giornata di piccola agricoltura: la raccolta delle fragole, appunto. Per chi non avesse letto Emma, la Signora Elton è la moglie del Vicario, una detestabile, garrula e pretenziosa creatura, con un’alta opinione di sé e maniere atroci, molto condiscendente nei confronti di tutti – e in particolare dell’eroina eponima, la nubile Emma.

E adesso, fragole (traduzione mia):240px-Illustration_Fragaria_vesca0.jpg

La Signora Elton, in tutto il suo apparato di felicità, con il suo cappello a tesa larga e il suo cestino, era  prontissima a guidare tutti nel raccogliere, nell’accettare e nel discutere – e a nessuno era consentito di parlare o pensare ad altro che alle fragole – e alle fragole soltanto. “Il frutto migliore d’Inghilterra – e piacciono a tutti – e fanno così bene! Ma che magnifiche aiuole, e della migliore qualità – e che delizia raccogliersele da soli – e il solo modo di godersele davvero – e la mattina è il momento migliore – e non ci si stancherebbe mai – e tutte le qualità sono buone – ma le fragoline di bosco sono infinitamente superiori – e non c’è paragone – e le altre si possono a mala pena mangiare – e le fragoline di bosco sono così difficili da trovare – e quelle del Cile sono preferibili – ma quelle selvatiche sono le più saporite – e il prezzo delle fragole a Londra – e che abbondanza attorno a Bristol – e a Maple Grove – e la coltivazione – e quando rifare le aiuole – e non ci sono due giardinieri che dicano la stessa cosa – e non c’è una regola assoluta – e non c’è modo di far cambiare idea a un giardiniere – e che frutto delizioso – ma da mangiare in piccole quantità – e non buone come le ciliegie – e mirtilli più dissetanti – e l’unico fastidio è doversi chinare per raccoglierle – e che sole cocente – e che stanchezza mortale – e non si resiste – e bisogna andarsi a sedere all’ombra.

emmabrockwc2.jpgIn poche righe Zia Jane cattura l’universale esperienza della raccolta delle fragole, con l’entusiasmo che declina mano a mano che il sole comincia a scottare e le ginocchia a protestare – e il carattere della Signora Elton, con la sua conversazione che procede fatua, sentenziosa e inarrestabile: non vi sembra di sentirla mentre conciona a voce troppo alta di fragole, fragole e nient’altro che fragole, impermeabile ai piccoli sospiri e al levare di occhi al cielo degli altri giardinieri dilettanti?

Ah, Jane Austen!

Gen 11, 2011 - Digitalia, libri, libri e libri    Commenti disabilitati su Il Crepuscolo Degli Sbirciatori

Il Crepuscolo Degli Sbirciatori

Secondo l’agenzia di analisi del mercato editoriale Nielsen BookScan, nel 2010 la vendita di romanzi rosa in formato elettronico è balzata a coprire il 14% dell’intero mercato di genere nei paesi anglosassoni – contro il 2% del mercato generale (per il quale non si aspettano cifre comparabili molto prima del 2015).

Perché?

NBS azzarda due ipotesi: la prima è che è più facile trovare e-romanzi rosa a basso prezzo, comprese le novità di catalogo. Molti editori digitali vendono i loro romanzi rosa a 0.99 Dollari – o Sterline, dipende dal lato della Tinozza. Possibilissimo e legittimo, ma la seconda ipotesi è più intrigante: è praticamente impossibile capire quello che sta leggendo il vicino di posto armato di ereader. Non ci sono copertine dalla grafica imbarazzante o titoli inequivocabili, cosicché il lettore si sente più libero di indulgere al suo colpevole gusto per la narrativa rosa anche in pubblico. I pendolari (o forse più che altro le pendolari, trattandosi di questo specifico genere) e la gente che legge prevalentemente in luoghi pubblici costituirebbero una fetta di mercato sufficiente da far esplodere le cifre con questa forma di lettura più anonima…

In realtà, immagino che le due spiegazioni si complementino bene a vicenda – e bisogna ricordare che nei paesi anglosassoni c’è molta più gente che legge sui mezzi di trasporto, nei bar e in pubblico in generale, ma l’idea mi affascina. Una sorta di variante editoriale di “Niente sesso, siamo inglesi”…

E però questo mi fa riflettere sul fatto che la diffusione degli ereader porterà all’estinzione degli Sbirciatori, quella specie (a cui non mi vergogno di appartenere) di gente che, più o meno senza parere, fa incredibili acrobazie per capire che cosa stanno leggendo i compagni di scompartimento, fila, sala d’attesa… E’ una conseguenza inattesa e un po’ triste. Verrà il giorno in cui l’unico modo di sapere che cosa legge il prossimo sconosciuto, sarà chiederglielo spudoratamente. In realtà la cosa potrebbe incoraggiare le conversazioni letterarie in treno, ma in qualche modo ne dubito…

Gen 10, 2011 - libri, libri e libri    11 Comments

In Guardia, Signore!

In questo articolo Duncan Noble fa dello spirito, ma in realtà il duello è un pittoresco e usatissimo device – non solo nei romanzi storici, e per ottimi motivi. Il duello non è soltanto un sistema di violenza ritualizzata – de facto una forma socialmente accettabile (o quanto meno tollerata) di omicidio – ma è anche inquadrato in una serie di convenzioni che rendono praticamente impossibile sottrarvisi, perché lo stigma sociale associato al disonore è più forte di quello associato all’omicidio. Non c’è che dire, una struttura del genere offre possibilità narrative illimitate.Scaramouche.jpg

Lo sapeva bene Rafael Sabatini, che di duelli ne metteva ovunque e in abbondanza… certo, scrivendo cappa&spada un’abbondante dose di singolar tenzoni è de rigueur, ma scriverne così tanti con qualche parvenza di varietà è già di per sé una piccola impresa. Scaramouche, forse il più conosciuto dei suoi (numerosissimi) romanzi è l’esempio tipico dello schema descritto da Noble: il Protagonista si trova a malpartito duellando goffamente con l’abilissimo e titolato Malvagio; tra un’avventura e l’altra il protagonista prende lezioni di scherma dall’equivalente tardo-settecentesco di un maestro jedi; il protagonista affronta il malvagio in un nuovo duello e, forte della sua nuova superiorità, lo sconfigge – vendicando nel contempo il suo fraterno amico, slealmente ucciso dal Malvagio a pag. 12. Il fatto che il secondo duello si concluda con un’agnizione non disturba affatto nel rendere Scaramouche un classico del suo genere.

RupertVSRassendyll.jpgChe i duelli, come le disgrazie, non vengano mai da soli è una costante: guardate Clarissa, tragico romanzone settecentesco di Richardson, la cui trama viene messa in moto dallo scosiderato duello tra il fratello della protagonista e il malvagio e fascinoso Lovelace, e si conclude con un (insolito) suicidio per mezzo di duello, in cui Lovelace, pentito e in cerca di espiazione, si fa deliberatamente uccidere dal suo avversario. Oppure considerate Il Prigioniero di Zenda, in cui il buon Rudolph e il malvagio Rupert duellano ripetutamente, a parole e in punta di spada, fino all’incontro fatale nel penultimo capitolo del seguito. Ne I Fratelli Corsi, Lucien piomba a Parigi per battersi e vendicare il fratello ucciso in duello, e le due occasioni incorniciano una storia turistico-goticheggiante, che spazia tra la Corsica selvaggia e il preternaturale legame tra gemelli. Versioni meno drastiche si trovano ad ogni passo in Georgette Heyer – per esempio in Patch and Powder, i cui due duelli parentetici inquadrano la trasformazione del giovane Philip da ragazzotto di campagna a gentiluomo di mondo. Anche per D’Artagnan, ne I Tre Moschettieri, si può dire che i duelli siano una prova iniziatica, visto che in una mattinata riesce a raccogliere una sfida da ciascuno dei suoi futuri inseparabili amici – e risolverà l’impasse da conflitto d’interessi unendosi al terzetto in una sorta di duello collettivo contro le guardie del Cardinale. La dimensione iperbolica e la moltiplicazione al cubo sono così tipicamente, allegramente dumasiane che quasi non vale la pena di parlarne, ma si può confrontare con The Jewel di Thomas Urquhart, il cui protagonista Crichtoun comincia la sua carriera italiana liberando Venezia da un micidiale duellatore di professione, e la conclude – o meglio se la trova drasticamente conclusa – in un improbabile duello uno-contro-dieci in un vicolo buio a Mantova.

Non è poi detto che i duelli debbano essere due: Sigognac, ovvero Capitan Fracassa, diventa uno spadaccino formidabile perché non ha altro da fare che allenarsi, e la sua abilità gli salva la vita numerose volte nel corso del romanzo. I protagonisti de Il Duello di Conrad, addirittura passano le rispettive carriere napoleoniche e post-napoleoniche a duellare ogni volta che le loro strade s’incrociano, ma Conrad essendo Conrad, lo schema è molto diverso.

dickensduel.jpgLa costante è meno certa al di fuori del romanzo di genere, se vogliamo. Il Barry Lindon di Thackeray inizia le sue vicissitudini con un duello, mentre i fratelli Durie concludono in punta di spada la loro ventennale discordia nell’ultimo capitolo de Il Signore di Ballantrae, così come Sir John Chester e Sir William Haredale in Barnaby Rudge. In Ragione e Sentimento si duella offstage, ma non c’è nulla di romantico o pittoresco: quando il Colonnello Brandon sfida Willoughby non è per amore di Marianne ma per un’altra faccenda più sordida, e le Dashwood reagiscono con inorridito sconcerto.

Gente come Alan Breck Stewart e Cyrano de Bergerac, duella serialmente e con ppassione, ma qui occorre forse distinguere fra agguati e battaglie da una parte, e dall’altra il duello propriamente detto e fortemente ritualizzato: tutti conosciamo particolari come il guanto di sfida, la convocazione dei secondi, la scelta delle armi che spetta all’offeso, la presenza del chirurgo, l’incontro all’alba in luogo deserto, l’offerta di riconciliazione, i dieci passi… L’intera faccenda era minutissimamente regolata da codici scritti e usanze non scritte: ci si uccideva in buona forma, e non rispettare le regole era disdicevole quanto non onorare una sfida.

Chi sembra ossessionato dai duelli, e non certo con la pittoresca allegria di un Dumas o di uno Hope,Onegin_by_Repin.jpg sono i Russi. In Guerra e Pace Pierre duella con Dolokhov, in Padri e Figli ci sono Kirsanov e Bazarov (e Turgenev ha al suo attivo anche il racconto I Duellanti), ne Il Duello di Chekhov Laevskij e Von Koren ne fanno un pasticcio, mentre Evgeni Onegin uccide in un duello alla pistola il suo amico Lenskij… Pushkin, d’altronde, infila duelli un po’ ovunque: La Figlia del Capitano, Il Prigioniero del Caucaso, Lo Sparo, Il Convitato di Pietra… nessuno si stupì troppo quando lui stesso morì in duello*.

Il che ci porta a distinguere rapidamente tra duello all’arma bianca (al primo o all’ultimo sangue) e duello alla pistola, nel quale ogni tanto qualcuno scarica nobilmente in aria – a volte con risultati imprevisti: l’eponimo Flashman ottiene del tutto immeritatamente** la stima del Duca di Wellington, mentre ne La Montagna Incantata Settembrini ottiene solo di farsi dare del codardo dall’avversario risparmiato – che comunque procede a suicidarsi. MacDonald Fraser e Thomas Mann erano due scrittori molto diversi.

Tybalt&Romeo.jpgA teatro si duella abbastanza: se gli attori sanno quel che fanno, un po’ di scherma in scena è bella a vedersi, oltre che altamente drammatica. Shakespeare ci dava dentro – citiamo soltanto Amleto e Romeo e Giulietta (che ha a sua volta due duelli focali in rapidissima successione), e in Zastrozzi The Master of Discipline, di Walker, si duella talmente tanto che nei teatri piccoli chiedono al pubblico di non alzarsi mai durante lo spettacolo: si vede che lo spettatore decapitato è cattiva pubblicità***… Però ci vuole cautela: poche cose sono buffe come vedere gente che mena goffamente spade di latta, e un duello mal coreografato può assassinare uno spettacolo. Più sicuri sono i duelli offstage: uno contro cento alla Torre di Nesle, nel Cyrano, Ruy Blas che si libera di Don Sallustio nella stanza accanto per non impressionare troppo la Regina, o il minacciato duello tra Gerald Arbuthnot e Lord Illingworth, scongiurato dalla madre di Gerald che si getta tra i due gridando “Gerald, no: è tuo padre!!!”***

Credo che chiuderò citando anomalie come il duello al coltello di Cavalleria Rusticana, e i maestri d’armi, categoria professionale di riguardo**** cui sono stati dedicati almeno due romanzi – uno di Dumas e uno di Perez Reverte, il cui Capitano Alatriste, d’altronde, è uno spadaccino a pagamento.

Insomma, un buon duello offre ogni genere di possibilità: azione, scontro climatico, un pittoresco sistema di smaltimento personaggi, lutti misti assortiti, compimento di vendetta, motivazione di vendetta, caratterizzazione, sfoggio di dettagliata conoscenza storica in fatto di armi, uso delle stesse, regole, codici d’onore, social mores, eccetera, fattori catalitici o scatenanti, svolte della trama, rivelazioni e agnizioni… Che cosa non si può fare con un duello, accessorio versatile e buono per tutte le stagioni?

_______________________________________________________________

* Capitava: Tolstoj ebbe le sue (non letali) disavventure in materia, così come Mark Twain…

** Flashman non è un bravo ragazzo: paga profumatamente l’armiere per far inceppare la pistola del suo (molto più abile e giustamente offeso) avversario, e quando “scarica in aria” colpisce per caso il tappo di una bottiglia: il Duca ne deduce, sbagliando, che Flashman avrebbe potuto uccidere facilmente il suo aversario e non l’ha fatto.

*** Dunque, Wilde aveva detto (tra molte altre cose) che occorre avere un cuore di pietra per non ridere sulla morte della Piccola Nell dickensiana. Aveva ragione, a mio parere. Tuttavia, dopo la prima di Una Donna Senza Imprtanza, un critico di cui mi sfugge il nome disse che la scena “No, Gerald!” meritava di essere immortalata in litografia a colori a tiratura altissima, ed affissa in ogni angolo di Londra a imperituro ludibrio del suo autore. Aveva ragione anche lui.

**** In Francia, ancora nel Settecento, vent’anni di attività come maestro d’armi conducevano a un titolo nobiliare…

Dic 14, 2010 - libri, libri e libri    2 Comments

I Promessi Sposi From Abroad

bethroted.jpgDietro consiglio di Renzo, sono andata a spulciare tra le recensioni di The Betrothed (I Promessi Sposi) su Amazon.

Posto che ce n’è solo una trentina (chiaramente non è il libro più letto nel mondo anglosassone), è interessante vedere che cosa ne pensano dei lettori non eccessivamente influenzati dallo status di monumento nazionale  di cui i PS godono da noi – o dalla troppo spesso deleteria lettura obbligatoria imposta a scuola.

A dire il vero, quasi tutte le recensioni iniziano citando la rilevanza storica e letteraria dei PS in Italia, e il fatto che tutti gli Italiani istruiti hanno letto questo libro. C’è persino chi lo consiglia come lettura preparatoria a un viaggio in Italia, sostenendo che è un ottimo argomento di conversazione con gli indigeni… Francamente, se qualcuno di voi ha preso parte o assistito a una conversazione del genere mi piacerebbe averne notizia. E dettagli.

Però, resta il fatto che l’impressione generale dei lettori angloamericani sembra essere di notevole entusiasmo. Un lettore confonde la Storia della Colonna Infame con un incompiuto, e un altro spiega che Renzo è un pescatore, ma sono dettagli trascurabili rispetto alla scoperta che almeno quattro o cinque Americani hanno letto i PS più di una volta. Non conosco le traduzioni che circolano, ma so che le più diffuse sono due, non particolarmente recenti. Nonostante questo, Là Fuori apprezzano la vicenda, i personaggi, il Seicento, l’umanità e lo humor di Don Lisander, e più d’uno si dispiace che un autore così meraviglioso non abbia scritto altri romanzi.

Un lettore paragona l’accuratezza storica di Manzoni a quella di Scott, a tutto vantaggio del Nostro, anche se le lunghe digressioni sulla peste sono considerate una deviazione gratuitina anzichenò dalla storia. A una mente anglosassone contemporanea, il fatto che quasi un quarto del libro sia dedicato a qualcosa che non è la trama del libro appare come una mancanza di purpose e intento*. E’ facile immaginare che Hugo riceva critiche dello stesso genere.

Per quanto riguarda i personaggi, non sorprende che l’Innominato e Gertrude riscuotano particolare simpatia, essendo le figure più strettamente romanzesche. Anche Don Abbondio sembra popolare, e Renzo non dispiace. Lucia viene descritta più di una volta come slightly weak, ma nel complesso Oltreoceano sembrano disposti a simpatizzare con gli innamorati che non riescono a sposarsi, benché siano spesso eclissati da altra gente scritta con più energia.

La trama viene vista (abbastanza a ragione) come un concentrato di elementi tipici del genere: i giovani innamorati, il tirannico nobiluomo con gli scagnozzi, il religioso-mentore con tratti di santità, il religioso connivente col malvagio, la monacata a forza, la guerra sullo sfondo, le sommosse, il malvagio redento… A qualcuno dei miei lettori piacerà sapere che anche all’estero la conversione dell’Innominato (The Unnamed) fa levare più di un sopracciglio**, così come la figura del Cardinal Borromeo e la generale santità di tutti i religiosi provvisti di vera vocazione.

La forte componente religiosa sembra spiazzare-annoiare un po’ qualche lettore (tranne il signore che, avendo letto l’intero tomo mentre era bloccato in un albergo in Asia, è uscito dall’esperienza con una migliore comprensione e maggiore simpatia nei confronti del Cattolicesimo). Non è una gran sorpresa: alzi la mano chi non ha mai, ma proprio mai, levato gli occhi al cielo all’ennesima pia esclamazione sui prodigi della Provvidenza. D’altra parte, alcune delle osservazioni in materia sono stock material, coerenti con l’immagine generale del Cattolicesimo in ambito protestante. A dire il vero, mi aspettavo di peggio.

Si sprecano i paragoni internazionali: Tolstoj, Hugo, Cervantes, Scott – per rilevanza in relazione alla rispettiva identità nazionale o per argomento e portata, ma l’opinione comune sembra essere che Manzoni è un grande scrittore.

Non è particolarmente soprendente nemmeno che il  commento più negativo venga da un Italiano, secondo il quale i PS sono un libro noioso e patetico, che generazioni d’incolpevoli studenti italiani hanno dovuto OBBLIGATORIAMENTE*** leggere e considerare un capolavoro – invece di dedicarsi ai veri capolavori, tipo Shakespeare, Proust e Dostoevskij… Dalla veemenza con cui condanna i PS al cestino della carta straccia, immagino che questo lettore sia molto giovane e/o traumatizzato da insegnanti di Lettere men che ideali.

Una dimostrazione in più del fatto che le letture scolastiche possono fare più danno che beneficio. Mi piacerebbe pescare una trentina di Italiani che hanno letto i PS a scuola e poi non li hanno più sfiorati con l’orlo della veste, e compararne le opinioni con le recensioni degli Inglesi e Americani di Amazon. Scommettete che l’esercizio sarebbe molto istruttivo?

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* Questo, francamente, lo penso un po’ anch’io che – come ognun sa – sono ossessionata dalla fabula.

**  Sono affascinata dall’argomentazione di una signora secondo cui l’entusiasmo del CFB per la conversione dell’Innominato non è vero zelo religioso, ma una dimostrazione dell’irresistibile fascino del potere: al CFB non fa un baffo che altra gente di minor conto al seguito dell’Innominato si converta del pari, perché l’importante è la conversione del pezzo grosso con tante malefatte sulla coscienza…

*** Maiuscole sue.

 

Nov 12, 2010 - libri, libri e libri    Commenti disabilitati su 12 Titoli Che Mi Fanno Sospirare

12 Titoli Che Mi Fanno Sospirare

Si parlava di titoli, ricordate? Sono dell’idea che un titolo azzeccato possa contribuire non poco alle fortune di un libro, ma di certo un titolo infelice affossa qualsiasi cosa. Ci sono favolosi titoli – decisamente migliori del libro a cui sono appiccicati, che restano in mente secoli dopo che avete dimenticato il titolo del libro, o addirittura il libro non lo avete letto affatto, ma il titolo è talmente bello che vi rodete le mani per non averci pensato per primi…

Quali sono i vostri titoli preferiti? Non i titoli dei vostri libri preferiti, badate bene: solo i titoli.

Ecco i miei, confinandomi ai romanzi e in ordine assolutamente sparso:

* Per Favore Non Mangiate Le Margherite – anche se forse non è proprio quello che si dice un romanzo. Di Jean Kerr – un’autrice teatrale americana degli Anni Cinquanta e seguenti. Forse vi ricorderete non tanto di lei, quanto del film con Doris Day e David Niven tratto da questo libro – e potrei sbagliarmi, ma mi sa che ci fosse anche una serie televisiva. Ad ogni modo, è un titolo irresistibilmente nonsense.

* La Luna E I Falò – Pavese, e qui siamo al discorso che si diceva: non è che il libro sia nella mia lista dei Memorabili, ma evoca immagini notturne, luci che si mescolano, crepitare di fiamme, sentore di fumo e di rugiada… e sarà meglio che mi fermi qui, ma ci siamo capiti. 

* Il Vento Tra I Salici – Kenneth Grahame e idem come sopra. Evocativo, poetico, delicato, serotino. L’originale The Wind in the Willows ha il beneficio aggiuntivo dell’allitterazione, ma persino in traduzione suona proprio bene.

* Col Ferro E Col Fuoco – cambiamo genere del tutto con un Sienkiewicz meno conosciuto*. Titolone epico e cadenzato che suona come un verso senario (ancor più nell’originale polacco Ogniem i mieczem). Il super editor americano Sol Stein consiglia di strologarsi un titolo originale, memorabile, con un duplice strato di significato e magari in forma di pentametro iambico, e scherza solo in parte: ritmo e facilità di pronuncia rendono il titolo più facile da ricordare. Quando poi, come qui, si utilizza un modo di dire assurto a figura retorica, direi che si è fatto centro.

* I Tamburi Della Pioggia – vedi sopra, tutto sommato, ma un pizzico più inconsueto. E’ un’ottima cosa quando il titolo risveglia la curiosità del lettore. Che poi si tratti anche di un particolare cruciale della storia lo si scoprirà leggendo: decorativo, attraente e significativo.

* Musica In Una Lingua Straniera – di Crumey. Qui siamo sul sofisticato-cerebrale. Il senso emergerà leggendo, ma intanto questo apparente sfasamento di significato è interessante di per sé. “Ma come? Non si dice sempre che la musica è il linguaggio universale?” Appunto. Procedimento contrario, se vogliamo, a quello di Sienkiewicz.

* Cento Colpi Di Spazzola Prima Di Andare A Dormire – esempio da manuale di titolo migliore del libro**. Siamo di nuovo sulla decostruzione del luogo comune e dell’immagine consolidata. Reader Beware: questa prescrizione semi-ottocentesca da brave fanciulle sta per assumere un significato moooooolto diverso.

* L’Ombra Del Vento – Posto che Ruiz Zafòn non mi piace alla follia, questo titolo è semplicemente meraviglioso per forza evocativa, per poeticità dell’immagine. Un altro emistichio carico di suggestioni – e se poi ha un legame relativo con la storia, pazienza: è talmente bello!

* La Figlia Del Tempo – questo invece appartiene al genere citazioni. E’ Shakespeare a dire che la verità è figlia del tempo – concetto perfetto per un giallo bizzarro in cui strana gente “scopre”, con qualche secolo di ritardo, che Riccardo Terzo non era il mostro che si tende a credere. Josephine Tey è stata una precorritrice (forse persino un’iniziatrice) del furore di narrativa neo-riccardiana che ancora arde nel mondo anglosassone. Dieci punti in più per avere pescato il suo titolo proprio da Shakespeare, uno dei più accaniti anneritori di Riccardo. Giustizia poetica, anyone?

* Ritratto Di Signora / Ritratto Dell’Artista Da Giovane / Camera Con Vista – che sono tre libri diversissimi, ma il concetto dietro il titolo è lo stesso: espressione di uso consolidato in un tutt’altro campo applicata a una storia (nel suo complesso nei primi due casi, nel suo complesso e a un plot device nel secondo).

* Il Giuoco Delle Perle Di Vetro – è bello, singolare, incuriosisce ed è descrittivo senza parere, visto che il Giuoco in questione è un aspetto fondamentale della trama e, al tempo stesso, un elemento simbolico all’interno della storia. Naturalmente il secondo aspetto non è merito del titolo, ma l’insieme suona molto bene.

* La Linea D’Ombra – bellissima immagine per una storia iniziatica, carica di quelle connotazioni di dubbio e di ambiguità che in Conrad sono sempre centrali.

E bisogna dire che l’ombra mi piaccia proprio, perché, fuori concorso non essendo stato tradotto, cito anche The Book Of Air And Shadows, brutto libro scritto in bello stile che ho comprato a dispetto delle recensioni negative, indotta da nient’altro che il fascino del titolo. Dove si vede una di due cose, immagino: o io sono irreparabilmente squadrellata, o il titolo conta davvero.

E adesso è il vostro turno: quali sono i vostri titoli preferiti? Quali sono i titoli che vi sono piaciuti più del relativo libro? Quelli che vi hanno sorpresi, incuriositi, fatto dire: ah, diavolo di uno scrittore!*** Sono curiosa…

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* E che a me, francamente, piace più di Quo Vadis? Polonia, Seicento, Battaglie…

** In proposito, vi consiglierei questo post di Bottega Di Lettura.

*** O, più probabilmente, diavolo di un editor!