Alfredo Oriani
Venerdì scorso, all’ Accademia Virgiliana, Marco Debenedetti (nipote dello scrittore e critico Giacomo, detto en passant) ha presentato il suo libro su Alfredo Oriani (1852-1909), che era uno scrittore estremamente prolifico e un uomo privo di buon senso.
Era, tra le altre cose, convinto che tutti ce l’avessero con lui: editori, politici, scrittori, critici, tutti accaniti a relegare nell’oscurità proprio lui, che era il più grande scrittore vivente… Insomma, un ego delle dimensioni di un’anguria, combinato con delle manie di persecuzione di tutto rispetto, un’incapacità completa di convivere con la realtà, un gran desiderio di gloria e un talento spaventosamente inuguale.
Scrisse di tutto un po’: trenta (grossi) volumi di romanzi, racconti, articoli, saggi, drammi teatrali, ranging dal capolavoro (Vortice, Gelosia) al misericordiosamente dimenticabile. E intanto, siccome nella tenuta di campagna dove si era rifugiato gli avanzava del tempo, scrisse anche un epistolario che, pubblicato, occupa un trentunesimo volume di seicento pagine.
Quando l’editore milanese Treves, interessato a pubblicare il suo saggio storico La Lotta Politica in Italia, gli chiese di modificare il titolo polemico e di eliminare l’ultimo capitolo, Oriani rispose che avrebbe tanto preferito di no. Treves gli fece capire come, a sua volta, preferisse proprio di sì… e Oriani? Abozzò? Nemmeno per idea. Cercò un compromesso? Ma giammai! Negoziò? Per carità! Scrisse a Treves (in Latino) che o il libro restava com’era o non se ne faceva nulla, e l’editore lo accontentò: non ne fece nulla. Oriani pubblicò a sue spese con un altro editore molto meno prestigioso, molto meno rilevante sulla scena culturale italiana, e il libro fu un disastro.
Quando Francesco Crispi acconsentì a riceverlo, passò tutto il tempo a litigarci e, apparentemente, non in quel modo che nei romanzi funge da burrascoso preludio a lunghe e durature amicizie, no.
Non è il genere di comportamento che conduca ad una diffusa e ammirata benevolenza: Oriani morì solo e complessivamente dimenticato nel 1909, a 57 anni. Al suo funerale c’era una manciata di persone appena. Poi, giusto per affossare definitivamente la sua reputazione, il Fascismo in cerca di legittimazione culturale lo elesse a precursore e artista emblematico. Ci furono un sacco di licei Alfredo oriani, un cacciatorpediniere Alfredo Oriani e, a guerra finita, decenni di silenzio completo.
Adesso lo si riscopre con cautela ma, prima che lo si riscopra troppo, diciamolo: Alfredo Oriani meriterebbe un romanzo tutto per sé. Madre autoritaria, fratello più amato e morto giovane, scrittura ossessiva, manie di persecuzione, esilio volontario in campagna, fiaschi giornalistici e teatrali, un figlio illegittimo, baruffe editoriali, errori clamorosi, velleità politiche, funerale desolato, gloria postuma (e dannosa)… mancano soltanto le crisi mistiche perché quest’uomo sembri uscito dalla penna di un autore russo!
Intanto, Marco Debenedetti dice che i suoi romanzi migliori (Vortice e Gelosia, già citati, in un ordine d’importanza aperto a dibattito) non sfigurano in un confronto con Flaubert. Se dicessi di non essere incuriosita, mentirei. Se qualcun altro lo fosse, qui c’è il sito della Fondazione Casa di Oriani, qui si parla del libro di Debenedetti e qui ci sono diverse opere di Oriani in formato elettronico (.pdf, .rtf o .txt a scelta) presso il mai abbastanza lodato Progetto Manuzio.